IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  di rinvio degli atti alla
 Corte costituzionale letti  gli  atti  del  procedimento  n.  1664/95
 r.g.g.i.p.  (cui veniva unito in data 16 gennaio 1996 il procedimento
 n.  9712/95  r.g.n.r. Ignoti e 233/95 r.g.g.i.p. Ignoti) pendente nei
 confronti di:
     1) Bertossi Enrico nato il 14 maggio1959 a Udine, ivi  residente,
 via Sesto Sylvis n. 29/04;
     2)  Zaccuri Natale nato il 25 settembre 1939 a Motta San giovanni
 (Reggio Calabria), residente a Udine, via Morosina n. 4;
     3) Zanfagnini Pietro  nato  il  7  novembre  1932  a  Udine,  ivi
 residente, largo del Pecile n. 26;
     4)  Suraci  Giuseppe  nato  il  30  marzo 1941 a Reggio Calabria,
 residente a Udine, via Pallanza n. 8/4;
     5) Mussato Claudio nato il 27 marzo 1944 a Udine, ivi residente a
 Udine, via Caprera n. 22/A;  persone  sottoposte  ad  indagini  quali
 sindaci  pro-tempore del comune di Udine lo Zanfagnini per il periodo
 dal 4 novembre 1992 all'11 novembre 1992 e il Mussato dal  23  agosto
 1993  al  10  maggio  1995;  quali assessori comunali con delega alle
 pubbliche fognature il Bertossi del 1  gennaio  1990  al  3  novembre
 1992,  lo  Zaccuri dal 12 novembre 1992 al 31 agosto 1993 e il Suraci
 dal 1 settembre 1993 al 20 settembre 1994, in ordine:
     1) allo scarico della pubblica fognatura, sfioratore di piena del
 comune di Udine nel territorio del comune di Pradamano nell'alveo del
 torrente Torre, senza aver richiesto la prescritta autorizzazione;
     2) agli scarichi di pubblica  fognatura  eccedenti  i  limiti  di
 accettabilita'  stabiliti  dalla  tabella  A  allegata  alla legge n.
 319/1976 e dalla tabella A1 del piano regionale di risanamento  delle
 acque  avvenuti  in  data  26 giugno 1993, 26 luglio 1993 e 20 luglio
 1994.
   Vista la richiesta del pubblico  ministero  pervenuta  in  data  28
 febbraio  1995 che instava per il giudizio di costituzionalita' degli
 artt. 3 e 6  d.-l.  16  gennaio  1995  n.  9  e,  in  subordine,  per
 l'archiviazione  del procedimento non essendo il fatto previsto dalla
 legge come reato, ai sensi dell'art. 554 codice procedura penale;
   Premesso in fatto che dalle relazioni di analisi  commissionate  ad
 un  chimico dal comune di Pradamano emergeva il superamento alla data
 dei campionamenti (26 luglio 1993 e 20 luglio 1994)  da  parte  delle
 acque   si   scarico  dello  sfioratore  di  piena  dell'impianto  di
 depurazione comunale di Udine, zone torrente Torre, mai  autorizzato,
 dei limiti di accettabilita' previsti, eccedendo piu' parametri tanto
 il  limite  posto  dalla  tabella  A  allegata alla legge n. 319 cit.
 quando il limite della tabella A1 del Piano generale  di  risanamento
 delle acque della regione Friuli-Venezia Giulia;
   Premesso   inoltre  che  gli  accertamenti  esperiti  originati  da
 denuncie,  in  particolare  del  sindaco  del  comune  di  Pradamano,
 direttamente investito dal fenomeno e documentate sin dall'anno 1990,
 hanno  consentito  di  rinvenirne  la  causa nel collettore orientale
 dall'impianto fognario del comune di  Udine,  il  quale,  durante  le
 piogge,   consente   abbondanti  tracimazioni  delle  acque  fognarie
 sfocianti nell'alveo del torrente Torre, con  conseguenti  vistosi  e
 perduranti fenomeni di inquinamento idrico, all'origine di un nutrito
 contenzioso intercomunale;
   Premesso  altresi'  che dalle recenti indagini disposte nell'ambito
 del procedimento n.  9712/95  r.g.n.r.  Ignoti  e  233/95  r.g.g.i.p.
 Ignoti  (riunito in data 16 gennaio 1996 al presente) emergeva che in
 data 19 dicembre 1986 con deliberazione del consiglio comunale  della
 citta'  di  Udine  n.  356  d'ord.  n. 48559 p.g. veniva approvato il
 progetto generale della fognatura urbana datato 20 febbraio 1986,  in
 conformita'  alle  cui  previsioni la Giunta comunale con delibera n.
 3987 d'ord.  e n. 85684 p.g. dd. 3 ottobre 1995 approvava il progetto
 esecutivo dei lavori di ridimensionamento del tratto  del  collettore
 orientale  di  sfioro  verso  il  torrente Torre, appunto fonte degli
 scarichi qui in esame, "al fine di eliminare le  esondazioni  che  si
 determinano in corrispondenza del tratto terminale del collettore";
   Premesso  infine che in data 15 novembre 1995 il sindaco del comune
 di Udine con nota  n.  98778  domandava  al  sindaco  del  comune  di
 Pradamano   il  rilascio  dell'autorizzazione  allo  scarico  per  lo
 sfioratore di piena denominazione "collettore  orientale  che  sversa
 nel  torrente  Torre  in comune di Pradamano parte delle acque reflue
 convogliate dalla rete fognaria del comune di Udine...";
                             O s s e r v a
   La condotta sopra descritta, in virtu' di un consolidato  indirizzo
 giurisprudenziale  interpretativo  degli  artt.  1,  9  e 14 legge n.
 319/1976,  appariva  suscettibile   di   integrare   la   fattispecie
 penalmente  sanzionata  dall'art.  21,  terzo comma, legge cit. sulla
 base dell'assunto che tutti gli scarichi (da insediamenti produttivi,
 da insediamenti civili nuovi non recapitanti in pubblica fognatura  e
 derivanti   da   pubblica   fognatura)   devono   essere  autorizzati
 espressamente e specificamente ex art. 21, primo comma,  legge  cit.,
 con  la  generalizzata necessita', la cui omissione e' punita appunto
 dall'art.  21,  terzo  comma,  del  rispetto   degli   standards   di
 accettabilita'  legislativi,  una volta cessato il regime transitorio
 di adeguamento graduale degli scarichi nei tempi e nei  modi  fissati
 dai  singoli  P.G.R.A.,  limiti  gia'  integrabili  dalla  disciplina
 regionale ai sensi  dell'art.  14  legge  cit.  solo  in  senso  piu'
 restrittivo  (cfr.  Cass. 2 febbraio 1994 n. 1215,  ric.  p.m. contro
 Vannicola; Cass. 25 giugno 1993 n. 958, ric. p.m.  contro  Bruschini;
 Cass.  25  giugno 1993 n. 963, ric. Battistessa piu' 1; Cass. 3 marzo
 1992 n. 2331, ric. p.m. contro Aloisi, specificamente pronunciate  in
 materia di scarichi di pubbliche fognature).
   Il   sistema   e'  stato  profondamente  alterato  dalle  modifiche
 successivamente apportate da una serie di norme che,  a  partire  dal
 d.-l.  15 novembre 1993 n. 454 perpetuato sino al d.-l. 17 marzo 1995
 n. 79, finalmente convertito in legge 17 maggio 1995  n.  172,  erano
 primariamente  dirette  a  ridisciplinare  proprio gli scarichi delle
 pubbliche fognature (e degli insediamenti civili che  non  recapitano
 in  pubbliche  fognature),  pur  essendosi  ampliate, nel corso delle
 varie novellazioni, ad introdurre sostanziose immutazioni  pure  agli
 scarichi da insediamenti produttivi.
   In  particolare,  per quanto qui rileva, da un lato l'art. 1, d.-l.
 n. 79/1995, sostituendo l'art. 14, secondo comma, legge n.  319/1976,
 ha  mantenuto  l'attribuzione  in  capo  alle  regioni  del potere di
 disciplinare gli  scarichi  delle  pubbliche  fognature  in  sede  di
 redazione   dei   rispettivi   piani   di  risanamento  delle  acque,
 conformandosi ai dettami della direttiva 91/271/CEE del Consiglio del
 21  maggio  1991  (escluso  il  potere  di  incidere  sui  limiti  di
 accettabilita'  definiti  "inderogabili",  per  i parametri di natura
 tossica, persistente e bioaccumulabile) e salva l'applicabilita',  in
 via  transitoria e nelle more di tale definizione, delle prescrizioni
 gia'  adottate  e,  in  particolare,  delle  direttive presenti nella
 delibera 30 dicembre 1980 del  Comitato  interministeriale  (art.  1,
 terzo comma, d.-l. n. 79/1995); dall'altro lato l'art. 3 del d.-l. in
 esame, sostituendo in toto l'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976,
 ha   depenalizzato    l'inosservanza  dei  limiti  di  accettabilita'
 stabiliti dalle regioni ai sensi del (nuovo) art. 14, secondo  comma,
 per tale condotta introducendo una sanzione amministrativa pecuniaria
 da  lire  tre  milioni  a  lire trenta milioni, inapplicabile secondo
 quanto stabilito  dalla  legge  di  conversione  "nei  confronti  dei
 pubblici   amministratori   che   alla  data  di  accertamento  della
 violazione dispongano di progetti esecutivi cantierabili  finalizzati
 alla depurazione delle acque".
   Trattasi  di  disposizione  che,  per  quest'ultima  parte,  pareva
 affetta da gravi e plurimi vizi di legittimita'  costituzionale,  per
 violazione  degli  artt.  3,  9,  secondo  comma, 32, 10, 25, secondo
 comma, e 77 della Costituzione, gia' sottoposti al vaglio della Corte
 costituzionale con ordinanza di  questo  ufficio  dd.  6  marzo  1995
 (iscritta  al  n.   301 R.O.) in relazione all'allora vigente art. 3,
 primo  comma,  decreto-legge  16  gennaio  1995  n.  9,  recentemente
 restituita  per  un  nuovo  esame della rilevanza della questione nel
 giudizio principale (Corte costituzionale ord. 15/29 dicembre 1995 n.
 535)  attesa  la  mancata  conversione  in  legge  nei  termini   del
 decreto-legge  n.  9/1995  e  le  modifiche introdotte, appunto, alla
 complessiva disciplina dal  sopravvenuto  decreto-legge  n.  79/1995,
 convertito in legge n. 172/1995.
   Rileva  sul  punto  questo  ufficio  che il tenore della norma gia'
 precedentemente   impugnata   per   vizio   di   legittimita'    pare
 identicamente riprodotta nella sua sostanza dall'art. 3, primo comma,
 d.-l.  17 marzo 1995 n. 79, convertito in legge 17 maggio 1995 n. 172
 che, salvo alcune modifiche ininfluenti ai fini  in  esame  ("...  e'
 punita  con  la  sanzione  amministrativa  da lire tre milioni a lire
 trenta milioni" anziche'    "...  e'  punita  con  la  sola  sanzione
 amministrativa  da  lire  tre  milioni  a  lire trenta milioni, salvo
 diversa   disposizione   della   legge   regionale")   ha    ribadito
 l'intervenuta  depenalizzazione  del  superamento  dei limiti fissati
 dalle regioni (e nelle more  di  tale  fissazione  di  quelli  sinora
 vigenti),   fatta  eccezione  per  i  parametri  di  natura  tossica,
 persistente e bioaccumulabile (che, peraltro, non vengono in  rilievo
 nella  presente  vicenda)  e  l'applicabilita'  a tali condotte della
 sanzione amininistrativa nella misura su indicata:   scelta  che,  in
 virtu'  dell'autorevole  orientamento  interpretativo  della Corte di
 cassazione  (S.U.  27  giugno  1994  n.  7394),   comporta   altresi'
 l'esenzione   da   qualsiasi  sanzione  (sia  di  natura  penale  che
 amministrativa) per i fatti di violazione  dei  limiti  tabellari  da
 parte  dei  titolari  delle  pubbliche fognature consumati sino al 17
 marzo  1995  (data  di   scadenza   dell'ultimo   decreto-legge   non
 convertito) atteso il tenore dell'art.1 legge n. 689/1981 e l'assenza
 di  ogni  disposizione  transitoria  nella  legge n. 172/1995 tale da
 rendere applicabile anche per il passato,  ai  fatti  commessi  prima
 dell'entrata  in  vigore  del  decreto-legge  n.  79/1995,  la  nuova
 sanzione amministrativa prevista dall'art. 3, primo comma, sicche' le
 condotte di tal natura mantenute sino al  17  marzo  1995  resteranno
 indenni da ogni sanzione, sia essa penale sia amministrativa.
   Alla  luce,  pertanto,  delle modifiche solo formali presenti nella
 legge ora in vigore, si valuta di riproporre in termini rafforzati la
 questione  di  costituzionalita'  di   tale   norma,   qui   reputata
 ininfluente  l'introduzione  nell'art.  3,  primo comma, ultima parte
 legge  n.  172/1995  in  sede   di   conversione   della   causa   di
 inapplicabilita'   della   sanzione   "nei   confronti  dei  pubblici
 amministratori  che  alla  data  di  accertamento  della   violazione
 dispongano   di  progetti  esecutivi  cantierabili  finalizzati  alla
 depurazione delle acque",  riferendosi,  la  stessa  a  parere  della
 scrivente,   all'inapplicabilita' della nuova sanzione amministrativa
 sulla quale l'Autorita' giudiziaria non ha alcuna  competenza  e  non
 gia'  di  una  sanzione  penale  (che non viene piu' in rilievo per i
 fatti pregressi ai sensi dell'art. 2, secondo comma, cod. pen.),  qui
 contestandosi la scelta legislativa di fondo di degradare ad illecito
 amministrativo  la  condotta,  sicche'  solo nell'eventualita' di una
 preliminare declaratoria di illegittimita' della norma  la  questione
 della  cantierabilita'  dei  progetti  di depurazione potra' assumere
 attualita' nel giudizio penale; e reputata  altresi'  irrilevante  la
 questione  dell'inammissibilita'  dell'apparente  impugnazione di una
 norma penale di favore, atteso che l'intervento domandato alla  Corte
 non   mira   alla  creazione  di  una  nuova  fattispecie  penale  ma
 all'eliminazione di un (supposto) regime di favore per una  categoria
 di  persone  -  pubblici  amministratori  - introdotto in deroga alla
 disciplina generale, ripristinando pure per essi  un  reato  previsto
 dalla   norma   previgente  di  cui  qui  si  denuncia  l'irrazionale
 abrogazione e modifica, sotto il vigore della quale la  condotta  era
 stata  per  la  gran  parte  tenuta  (cioe'  ante 15 settembre 1993),
 sicche' neppure puo'  porsi  un  problema  di  assenza  dell'elemento
 soggettivo  del reato e di buona fede in capo alle persone sottoposte
 ad indagni.
   Non  si  valuta,  al  contrario,  di  ripresentare   la   questione
 originaria  di legittimita' dell'art. 6, secondo comma, decreto-legge
 n. 9/1995, pur sostanzialmente riprodotto dall'art. 6, secondo comma,
 decreto-legge n. 79/1995, convertito in legge n. 172/1995, attesto il
 tenore del nuovo art. 9, ult. comma,  legge  n.  319/1976  introdotto
 dall'art.  6, primo comma, legge n. 172/1995 che equipara al rilascio
 dell'autorizzazione  allo  scarico  l'approvazione  dell'impianto  di
 pubblica fognatura, nel caso intervenuto, per quanto gia'  precisato,
 nell'anno 1986.
   La  questione  di costituzionalita' dell'art. 3, primo comma, prima
 parte, d.-l. 17 marzo 1995 n. 79, convertito in legge 17 maggio  1995
 n. 172 si ripropone, invece, per i seguenti motivi.