IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza di promozione di giudizio di leggittimita' costituzionale nel procedimento di atti relativi alle lesioni patite da Cazzetta Luca, art. 590 c.p., denuncia-querela del 19 dicembre 1992; E s p o n e Il 19 dicembre 1992 veniva presentata denuncia-querela da Mancuso Clorinda, madre esercente la patria potesta' sul minore Cazzetta Luca, per il reato di cui all'art. 590 c.p., nei confronti dei medici che avevano avuto in cura il figlio Cazzetta Luca dopo un incidente stradale del 16 luglio 1992. Veniva allegata consulenza medica di parte in cui si rilevava come, in presenza del politrauma, non fosse stata somministrata idonea efficacia terapia antibiotica (penicillina) tale da impedire l'insorgere di cancrena gassosa che portava all'amputazione della gamba, ponendo a rischio la stessa vita della parte lesa. In base a consulenza medica di parte, il p.m. richiedeva l'archiviazione il 12 novembre 1993. La persona offesa si opponeva con rituale opposizione il 4 dicembre 1993. Il g.i.p. respingeva l'archiviazione il 18 gennaio 1994 chiedendo ulteriori indagini. Il p.m. rinnovava la richiesta di archiviazione il 2 marzo 1994. La persona offesa si opponeva il 28 marzo 1994. Il g.i.p. respingeva la richiesta di archiviazione l'8 aprile 1994 chiedendo ulteriori specifiche indagini. Il p.m. rinnovava la richiesta di archiviazione il 21 giugno 1994. La persona offesa si opponeva facendo istanza di incidente probatorio. Il g.i.p. respingeva la richiesta di archiviazione il 19 luglio 1994 chiedendo al p.m. di valutare l'opportunita' di incidente probatorio, come richiesto dalla parte offesa. Il p.m. rinnovava la richiesta di archiviazione, richiamando le conclusioni della propria consulenza, il 15 novembre 1994. La parte offesa si opponeva all'archiviazione il 26 novembre 1994, rinnovando la richiesta di perizia in sede di incidente probatorio. Il g.i.p. respingeva la richiesta di archiviazione, riproponendo l'opportunita' di incidente probatorio "per una completa disamina della questione medica", il 16 gennaio 1995, alla luce della consulenza di parte e delle sue ulteriori deduzioni. Il p.m. riproponeva la richiesta di archiviazione rilevando testualmente che "in tale contesto ogni consulenza a largo raggio ex art. 359 e 360 c.p.p. non puo' sortire alcun effetto", il 28 marzo 1995. La parte offesa, il 28 aprile 1995, si opponeva alla richiesta di archiviazione chiedendo formalmente una perizia con incidente probatorio ex art. 551, terzo comma, c.p.p. Il g.i.p. respingeva la richiesta di archiviazione chiedendo una specifica indagine tecnica, il 6 luglio 1995, di fronte all'insanabile divergenza tecnica delle consulenze del p.m. e della persona offesa. Il p.m. rinnovava la richiesta di archiviazione, in base alle proprie consulenze svolte, il 22 novembre 1995. La parte offesa si opponeva alla richiesta di archiviazione l'11 dicembre 1995, facendo rilevare che il p.m. non aveva preso in considerazione la formale richiesta di incidente probatorio ex art. 551 (terzo comma) c.p.p. e non aveva inoltre emesso il decreto motivato di cui all'art. 394 (secondo comma) c.p.p. Dalle risultanze dell'iter procedimentale non appare, a questo punto, manifestamente infondata in relazione agli artt. 3, 24, 111, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 551, terzo comma, 394, secondo comma e 393 c.p.p., nella parte in cui si crea una disparita' di trattamento fra imputato, p.m. e persona offesa e viene violato il diritto al contraddittorio della parte offesa opponente, in quanto, pur essendole attribuita la qualifica di parte, abilitata quindi ad esercitare in ogni fase del procedimento tutti i diritti e facolta' che la legge le consente (art. 90 c.p.p.), deve mediare la sua richiesta di incidente probatorio attraverso il pubblico ministero, senza poter ottenere dal giudice per le indagini preliminari la deliberazione circa le sue osservazioni e le sue richieste. Per altro verso, al giudice e' impedito del pari di motivare adeguatamente qualora ritenga che, dall'espletamento delle indagini proposte anche alla luce della consulenza tecnica della parte offesa e dal richiesto incidente probatorio, possano giungere elementi essenziali per la scelta fra l'archiviazione e l'imputazione coatta. Pertanto viene coartato il principio dell'indipendenza del giudizio del giudice, che e' terzo fra le parti, ed e' infine leso il fondamentale principio di economia processuale come emerge chiaramente, nel caso di specie, dall'attuale situazione di stallo del procedimento, che ben poteva avere sollecita risoluzione demandando ad una perizia tecnica imparziale l'accertamento dell'effettivo stato dei fatti. Preliminarmente e' opportuno sgombrare il campo dal richiamo ad altri principi fondamentali presenti nel codice di procedura che tuttavia, nel caso di specie, non vengono a spostare il termine del problema. Come affermato dalla Cassazione, non e' configurabile conflitto di competenza fra pubblico ministero e g.i.p. in ordine all'eventuale difforme oponione sulla necessita' di ulteriori indagini (Cass. I, sent. 953 del 7 giugno 1990). Per altro verso il potere di avocazione e' solo una garanzia contro l'inerzia del pubblico ministero, ma non viene in alcun modo a porre rimedio all'eventuale violazione di altri principi quale il diritto di uguaglianza e di contraddittorio, in quanto e' pur sempre affidato alla stessa parte attraverso il controllo della Procura Generale su organi ad essa funzionalmente connessi. La Cassazione evidenzia che l'avocazione e' un meccanismo di controllo che si articola, da un lato, nell'obbligo del g.i.p. di comunicare la data di fissazione dell'udienza al Procuratore Generale, il quale potra' disporre l'avocazione a norma dell'art. 412 secondo comma c.p.p. e compiere le indagini indicate e dall'altro attribuisce allo stesso g.i.p., in caso di inerzia del Procuratore Generale e di reiterazione della richiesta di archiviazione, il potere di imporre al p.m. l'obbligo di formulare l'imputazione, dando impulso ex ufficio alla procedura che condurra' alla fissazione dell'udienza preliminare (Sez. I, sent. 4525 del 5 marzo 1991). Mentre per il procedimento pretorile di fronte all'inerzia del p.m. o del procuratore generale avocante, la Cassazione afferma che al g.i.p. non resta che aderire alla richiesta di archiviazione o disporre la restituzione degli atti al procuratore generale per la formulazione dell'imputazione (Cass. I, sent. 3217 del 25 luglio 1991), precisando tuttavia (Cass. Sez. I, sent. 3407 del 28 ottobre 1991) che la procedura deve sempre concludersi con un'ordinanza motivata. Il controllo apprestato non appare efficace nel procedimento pretorile in quanto manca l'obbligo di fissare la camera di consiglio (Cass. Sez. Un., sent. 10 del 3 luglio 1992, Cass. Sez. Un., sent. 24 del 3 luglio 1995; contra, Cass. V, sent. 1944 del 20 gennaio 1993). La possibilita' per il g.i.p. presso la Pretura di non fissare la camera di consiglio e di decidere de plano non lo esime, tuttavia, dal concludere la procedura, specificamente in caso di opposizione, con ordinanza motivata, che deve contenere la specifica indicazione, in concreto, degli elementi di fatto e delle ragioni giuridiche in base alle quali ha scelto l'archiviazione piuttosto che l'imputazione coatta. Nel caso di opposizione all'archiviazione, il g.i.p. nel motivare dovra' anche prendere in considerazione le istanze probatorie dell'opponente, dando conto della superfluita' delle indagini suppletive richieste dalla parte (Cass. II, sent. 315 del 15 aprile 1992), pertanto al momento di provvedere il giudice dovra' valutare e motivare specificamente sull'ammissibilita' dell'opposizione e sulla infondatezza della notizia di reato (Cass. VI, sent. 253 del 12 febbraio 1991) mentre nel caso in cui ritenga debba essere iniziata l'azione penale, ugualmente, il g.i.p. dovra' concludere la procedura con ordinanza motivata che "deve contenere la specifica indicazione in concreto degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto in base ai quali egli ritiene che l'azione penale debba essere iniziata" (Cass. V, Sent. 1944 del 20 gennaio 1993), nel caso di carenza di tale atto il provvedimento viene ritenuto illegittimo dalla Cassazione che "non puo' non annullare con rinvio in caso di ricorso". In presenza di opposizione della parte offesa si e' dinnanzi ad un rapporto a tre soggetti: indagato, pubblico ministero e parte offesa. La persona offesa e' parte in quanto ha il diritto di proporre opposizione (Cass. V, ord. 1517 del 28 gennaio 1992); e' destinataria obbligata dell'avviso della camera di consiglio a seguito di opposizione (Cass. V, ord. 166 del 24 marzo 1992) e puo' proporre temi e mezzi di prova; la parte offesa e' titolare di un vero e proprio diritto di intervento nel procedimento di archiviazione (Cass. I, sent. 3247 del 5 luglo 1995). Il g.i.p. ha il dovere di prendere in cosiderazione le istanze probatorie dell'opponente. Pertanto, di fronte all'opposizione, il g.i.p., per archiviare, deve verificare e delibare circa l'inammissibilita' e infondatezza della notizia criminis (Cass. II, sent. 1011 del 4 marzo 1993); due sono pertanto le condizioni per il g.i.p. per archiviare (Cass. VI, sent. 253 del 12 febbraio 1991 e Cass. I, sent. 774 del 9 marzo 1994), in difetto di tale condizione vi e' violazione del principio del contraddittorio, se non si esperisce la proceduta camerale (Cass. VI, sent. 1777 del 16 giugno 1995). La Cassazione ha riconosciuto che il decreto di archiviazione, in quanto puo', avere conseguenze dannose per l'offeso dal reato, puo' essere da questo impugnato (Cass. I, sent. 1542 del 14 maggio 1991), pur affermando che, contro il provvedimento di archiviazione, alla persona offesa e' consentito il ricorso per Cassazione solo per violazione dei diritti di difesa e non per vizio di motivazione (Cass. VI, sent. 2918 del 22 agosto 1994); resta fermo che il g.i.p. deve in ogni caso motivare adeguatamente (Cass. I, sent. 2986 del 26 giugno 1995). Nel procedimento di tribunale, in caso di reiterazione della richiesta di archiviazione, il g.i.p. con il potere di imporre al p.m. l'obbligo di formulare l'imputazione da' impulso ex ufficio alla procedura che condurra' alla fissazione dell'udienza preliminare, nella quale lo stesso g.i.p. potra' deliberare ex art. 422 c.p.p. indicando alle parti temi nuovi o incompleti e, terminata la discussione, il g.i.p. ammette le prove indicate sia dal p.m. sia dalla parte civile quanto ne risulti manifesta la decisivita' ai fini dell'accoglimento della richiesta. Appare pertanto pienamente attuato non solo formalmente, ma in concreto, l'effettivo contradduttorio. Ne consegue che il g.i.p. presso il Tribunale non e' privato della facolta' di decidere, motivando adeguatamente, in quanto puo' egli stesso, in sede di udienza preliminare, ammettere le prove richieste dalle parti per formulare il suo motivato giudizio. Nel procedimento pretorile non e' obbligatoria la camera di consiglio ex art. 127 c.p.p., pertanto il contraddittorio e' solo cartolare senza una sua instaurazione effettiva con la comparizione delle parti e loro dibattito. Non e' prevista del pari l'udienza preliminare, onde viene ad essere previsto solo sulla carta e non in concreto un effettivo contraddittorio, con violazione del diritto attribuito formalmente alla parte offesa, le cui richieste rimangono sempre mediate attraverso l'impulso del p.m., senza possibilita', in nessuna fase, di deliberazione diretta sulle richieste della parte offesa. In particolare, dopo l'opposizione, sulla richiesta di incidente probatorio della parte offesa pur se il giudice lo ritiene ammissibile, necessario e indispensabile per la valutazione dell'alternativa fra archiviazione e imputazione coatta, questo non e' previsto dall'attuale normativa, creando un'indubbia situazione di disparita' fra i soggetti del procedimento. Nella disciplina dell'incidente probatorio sono numerosi i riferimenti ai riconosciuti diritti della parte offesa: la richiesta di incidente probatorio promossa dal p.m. deve indicare la persona offesa ed il suo difensore (art. 393, comma secondo, c.p.p.); il giudice fa notificare l'avviso dell'udienza per l'assunzione dell'atto probatorio alla persona offesa ed ai difensori; all'udienza in camera di consiglio e' chiamato a partecipare anche il difensore della parte offesa (art. 401 c.p.p.) e la persona offesa ha il diritto di assistere e partecipare attivamente all'incidente probatorio come ha ritenuto la stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 559 del 1990; in altri casi di espletamento di procedure incidentali, la parte offesa puo' assistere previa autorizzazione del giudice (art. 401, comma terzo, c.p.p.); al difensore della parte offesa e' sempre consentito di intervenire quando vi e' da assumere prove dichiarative, chiedendo al giudice di rivolgere le relative domande (art. 401, comma quinto, c.p.p.); la persona offesa, al pari della persona sottoposta alle indagini, ha diritto di assistere all'incidente probatorio quando riguarda l'audizione dei testimoni (art. 401, comma terzo, c.p.p.); l'eventuale sentenza pronunciata in relazione ad un elemento probatorio assunto con incidente probatorio, durante il quale il danneggiato dal reato o la persona offesa non e' stata messa in condizione di partecipare all'incidente probatorio stesso, non ha efficacia di giudicato relativamente agli effetti previsti dall'art. 652 c.p. Appare pertanto evidente che il legislatore ha voluto dare ampio spazio alla tutela della persona offesa nel corso delle indagini preliminari, per cui non appare legittimo che i suoi diritti vengano limitati imponendo la mediazione del p.m. in caso di richiesta di incidente probatorio ai sensi dell'art. 394, comma primo, c.p.p. Infatti il legislatore garantisce il diritto di partecipare all'incidente probatorio negandogli pero' la possibilita' di promuoverlo al pari delle altre parti del processo. La Corte costituzionale con la sentenza n. 559 del 1990 ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 401 c.p.p. in riferimento agli artt. 23 e 24 della della Costituzione con il riconoscimento implicito del diritto della persona offesa di partecipare all'incidente probatorio anche attraverso un consulente tecnico in base alla considerazione che esiste "un rapporto di complementarieta' tra le garanzie apprestate alla persona offesa nella fase delle indagini preliminari e quelle riconosciute alla parte civile nella fase successiva all'esercizio dell'azione penale". Infatti "dal momento che la parte offesa puo' poi assumere, se danneggiata dal reato, il ruolo di parte civile, la partecipazione all'assunzione di prove che, nell'ambito della fase delle indagini preliminari, e' dato riconoscerle, va funzionalmente considerata come anticipazione di quanto ad essa spettera' una volta che la costituzione di parte civile sia stata formalizzata". Ne deriva quindi che la parte offesa, nelle fasi delle indagini preliminari deve godere degli stessi diritti che le spetterebbero nell'eventuale fase processuale successiva. E' stato ritenuto dal giudice di merito (Pretura Torino, sent. 16 gennaio 1990, annotata da Giur. Italiana anno 1990, pag. 161) che l'espletamento di una perizia mediante incidente probatorio va disposto quando la perizia appaia prova indispensabile cosi' da rendere altrimenti impossibile l'emissione del decreto di citazione a giudizio. Con la sentenza n. 77 del 1994 la Corte costituzionale ha inoltre dichiarato costituzionalmente illegittimita' gli artt. 392 e 393 c.p.p. nella parte in cui non consentono che, nei casi previsti dalla prima parte di tale disposizione, l'incidente probatorio possa essere richiesto ed eseguito anche nella fase delle indagini preliminari. Ne deriva che nei procedimenti penali di competenza del tribunale la parte civile, se costituita all'udienza preliminare, nonostante si trovi ancora nella fase processuale delle indagini preliminari, ha il potere di chiedere al g.i.p., come parte civile costituita, l'eventuale incidente probatorio. Invece nel procedimento pretorile la mancanza di tale udienza preliminare viene a creare una disporita' di trattamento evidente tra due situazioni identiche ma di competenza di due autorita' giudiziarie diverse, in quanto viene in ogni caso negata la possibilita' alla parte offesa, futura parte civile, di proporre, in una qualsiasi fase prima del rinvio a giudizio, l'incidente probatorio in via autonoma. Di fronte alla possibilita' della parte offesa di fare opposizione e di richiedere l'incidente probatorio, dal combinato disposto degli artt. 551, terzo comma, e 394, secondo comma, c.p.p. emerge che questa non ha in concreto la possibilita' di ottenere, pur essendo parte, una decisione del giudice sulle proprie richieste, dovendo sempre mediare la sua posizione attraverso un'altra parte a differenza di quanto previsto per il pubblico ministero e l'indagato. Tale disparita' di trattamento non appare sanata dalla possibilita' del ricorso in cassazione che puo' essere fatto solo per violazioni formali al suo diritto di intervento (la Cassazione ha affermato l'esistenza di un vero e proprio diritto di intervento della persona offesa nel procedimento di archiviazione quando abbia fatto la prevista dichiarazione di cui all'art. 408, secondo comma, c.p.p., Cass. V, sent. 155 del 1 aprile 1993) ne' dal decreto motivato del p.m. che respinge la sua istanza di incidente probatorio che assume forme di provvedimento interno di parte. La scarsa incisivita' di tale decreto appare evidente nel caso di specie in cui il p.m. non ha neppure emesso tale provvedimento, che appare peraltro avere esclusivamente i caratteri di atto formale e non di sostanziale tutela della parte offesa. D'altro lato, il g.i.p. deve adeguatamente motivare nel caso di opposizione all'archiviazione, come gli e' imposto dai principi generali dell'ordinamento e dell'art. 111 della Cost. Nel caso di specie, il giudice e' privato della possibilita' di motivare adeguatamente, in quanto il p.m., con la sua inerzia nel prendere in considerazione le ragioni della parte offesa, estrinsecate in una consulenza di parte in contrasto con la propria, priva di elementi essenziali di giudizio il giudice. Di fronte a due consulenze di parte, contrastanti ma pur sempre ammissibili per l'ordinamento, il giudice non puo' ex ufficio assumere gli elementi che ritiene essenziali per dirimere la controversia tecnica. Inoltre, dal combinato disposto dalle norme appare evidente che si presuppone la concordanza di posizioni di pubblico ministero e parte offesa, cosa che non e' sempre vera, come nel caso di specie. Per di piu', nel caso di divergenza di opinioni, viene dato un peso ingiustificatamente maggiore a quella del p.m. rispetto a quella di un'altra parte, pur qualificata come tale. Si aggiunga poi che, non essendo stati identificati da parte del p.m. indagati specifici dopo tre anni di accertamenti e consulenze, tutta la vicende si trova in ogni caso monca rispetto al diritto inalienabile di difesa di coloro che verrebbero individuati, solo con un'imputazione coatta del g.i.p., qualora si ritenesse che lo stesso non abbia la possibilita' di alternative diverse dall'archiviazione e dall'imputazione coatta stessa. In tal modo, con la richiesta obbligata di rinvio a giudizio, sarebbe ulteriormente violato nei loro confronti il diritto di difesa e il diritto al contraddittorio. Come correttamente propone una delle attuali due parti, il mezzo dell'incidente probatorio appare idoneo a dare una risposta conclusiva sulla vicenda, in tempi tecnici accettabili e in ossequio al principio di economia processuale che ha ispirato il procedimento pretorile. Si e' pertanto venuto a creare una situazione di stallo che non puo' avere adeguata soluzione nell'archiviazione, che allo stato non appare ancora delineabile, o nell'imputazione coatta allo stato non praticabile mancando elementi tecnici essenziali di giudizio sugli elementi caratterizzanti della notizia criminis. L'inattivita' di una parte che impedisce al giudice di motivare adeguatamente, lede il principio del contraddittorio, dell'indipendenza del giudizio del giudice ed il fondamentale principio di economia processuale. Infatti, mentre il g.i.p. del Tribunale puo' nell'udienza preliminare, che si svolge in tempi brevi, dopo la chiusura delle indagini, ammettere le prove indicate dalle parti; mentre il giudice dibattimentale puo', in carenza di elementi probatori forniti dalle parti, disporre ex ufficio le indagini e le prove necessarie per formare, in piena autonomia, un giudizio motivato sulla questione proposta, il g.i.p. presso la Pretura viene costretto, dall'atteggiamento di una delle parti, a non poter acquisire le indagini ritenute indispensabili da un'altra parte, che e' a sua volta illegittimamente vincolata alle decisioni del p.m. nel concreto esercizio del diritto di contraddittorio, pur riconosciutole in via autonoma dall'ordinamento. Poiche' nel caso di incidente probatorio, nel quale si proceda a perizia, la persona offesa ha interesse a far valere i diritti propri delle parti private mediante la nomina di un consulente di parte e la sua partecipazione configura un vero e proprio diritto, l'impossibilita' per la persona offesa di promuovere direttamente l'incidente probatorio, costituisce un'indebita disparita' di trattamento rispetto alle altre parti.