LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha emesso la seguente ordinanza sui ricorsi depositati il 1 febbraio 1993 e 7 aprile 1993 dall'Elite Wood s.r.l. e Cavada Giuseppe e Bortolotti Elena iscritti ai n. 391/93 e 1152/93 di prot. gen. avverso avviso di liquidazione n. 1363, volume 89, dell'ufficio del registro di Padova. Uditi, il relatore sig. Pietro Albertin e per il ricorrente il dott. Fabio Calore giusta delega ed il rappresentante dell'ufficio Paola Vitale. Ritenuto in fatto ed in diritto Con verbale di assemblea 26 giugno 1992 al n. 49514 di rep. notaio Giovanni Battista Todeschini di Padova la Elite Wood s.r.l. deliberava di aumentare il capitale da 20 milioni a L. 2.500.000.000. Con la medesima delibera l'assemblea dei soci stabiliva che tale aumento di capitale fino a concorrenza di L. 2.004.000.000 avveniva mediante conferimenti di immobili di proprieta' dei sig.ri Cavada Giuseppe e Bortolotti Elena. Con successivo atto, in pari data al n. 49515 di rep. notaio Todeschini i proprietari di detto immobile sottoscrivevano la parte dell'aumento di capitale corrispondente al deliberato aumento e ne effettuavano il conferimento. Le parti stabilivano che l'atto di conferimento di immobili alla "Elite Wood s.r.l." era sospensivamente condizionato alla omologazione del verbale di aumento di capitale. Nell'atto veniva espressamente chiesta l'applicazione della direttiva del Consiglio CEE del 17 luglio 1969, n. 335, art. 7. L'atto di conferimento, sottoposto a condizione sospensiva, veniva registrato a tassa fissa il 6 luglio 1992. Il tribunale di Bolzano in data 17 luglio 1992 omologava la delibera di aumento del capitale della Elite Wood s.r.l. ed in data 23 luglio 1992 veniva presentata denunzia di avveramento della condizione sospensiva all'ufficio del registro di Padova. Con avviso di liquidazione n. 1363 vol. 89 l'ufficio registro liquidava, a carico della "Elite Wood s.r.l.", essendosi avverata la condizione, l'imposta relativa al conferimento di immobili del valore di L. 2.004.000.000 vale a dire L. 78.560.000 per registro (4%) - L. 32.060.000 per trascrizione (1,60%) L. 8.020.000 per catastali (0,40%). Per il medesimo avviso veniva liquidato a carico dei conferenti Bortolotti Elena e Cavada Giuseppe INVIM per L. 102.300.000. Con due distinti ricorsi classificati ai nn. 391/93 e 1152/93 le parti impugnavano l'avviso di liquidazione sostenendo che i conferimenti ai sensi della direttiva comunitaria n. 335 del 17 luglio 1969, sarebbero assoggettabili ad imposta unica, con aliquota non superiore all'1% sul valore del conferimento. A sostegno delle proprie tesi i ricorrenti richiamano la giurisprudenza formatasi in ordine all'applicabilita' nell'ordinamento interno, della normativa comunitaria, ribadendo che con sentenza n. 170/84 la Corte costituzionale ha precisato che il regolamento della C.E.E. prevale rispetto alle confliggenti statuizioni del legislatore interno ed ancora che "esigenze fondamentali di eguaglianza e certezza giuridica postulano che le norme comunitarie debbano avere piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutti gli stati membri, senza la necessita' di leggi di ricezione e adattamenti". Basta che le disposizioni delle direttive C.E.E. soddisfino i requisiti di immediata applicabilita'. I ricorrenti evidenziano che tale indirizzo e' stato dalla Corte costituzionale ribadito con sentenze n. 113 del 1985, n. 64 del 1990 e 168 del 1991. Fanno notare in particolare che l'ultima sentenza (168/1991) statuisce la diretta applicabilita' proprio della direttiva del Consiglio C.E.E. del 17 luglio 1969, che disciplina le imposte indirette che possono gravare la raccolta di capitali alla quale senz'altro possono riconoscersi i due requisiti di "incondizionata" in quanto la sua efficacia e' tale da "non lasciare margine di discrezionalita' agli stati membri sulla loro attuazione" ed e' "sufficientemente precisa" in quanto la fattispecie astratta ivi prevista e il contenuto del precetto ad essa applicabile, sono determinati con compiutezza. Chiedono di annullare l'avviso di liquidazione impugnato e di dichiarare immediatamente applicabile la disciplina di cui alla direttiva del Consiglio C.E.E. del l7 luglio 1969 n. 69/335/CEE concernente la raccolta di capitale, nei suoi artt. 4, 7 e 10 e conseguentemente di non applicare le norme dell'ordinamento interno in contrasto con le stesse. L'ufficio del registro nelle deduzioni precisa che l'imposta di registro e un'imposta d'atto e come tale soggetta alla normativa vigente al momento della formazione dell'atto. Ritiene legittimo il proprio operato con riferimento all'art. 4 n. 2 della tariffa parte prima dell'allegato al d.P.R. n. 131/1986, nonche' agli artt. 2 e 13 del d.lgs. n. 347/1990 e all'art. 31 del d.P.R. n. 643/1972. Chiede il rigetto dei ricorsi. O s s e r v a La Commissione riuniti i due ricorsi per connessione oggettiva e soggettiva deve decidere se la norma comunitaria possa prevalere su quella interna. Sull'argomento si e' espressa la Corte costituzionale con sentenza n. 168 dell'8 aprile 1991 che nel riassumere il proprio orientamento gia' espresso in precedenti sentenze in materia di imposta di registro ha precisato tra l'altro che la diretta applicabilita' nell'ordinamento interno delle direttive comunitarie non discende dalla qualificazione formale della fonte, ma richiede il riscontro di alcuni presupposti sostanziali, in particolare la prescrizione della direttiva deve essere incondizionata - in modo da non lasciare margine di discrezionalita' agli stati membri nell'attuazione della stessa - e sufficientemente precisa - nel senso che la fattispecie ed il precetto applicabile devono essere determinati compiutamente in tutti i loro elementi -. La ricognizione in concreto di tali presupposti costituisce l'esito di una interpretazione della direttiva comunitaria e delle sue singole disposizioni che il giudice nazionale e quindi le commissioni tributarie possono effettuare direttamente ovvero rimettere alla Corte di giustizia ai sensi dell'art. 177, secondo comma del Trattato di Roma. Nella controversia si dibatte sulla diretta applicabilita' nell'ordinamento giuridico italiano della disposizione, contenuta nella direttiva n. 335 del 17 luglio 1969 della Comunita' economica europea, secondo la quale gli Stati membri possono esentare dall'imposta sui conferimenti o assoggettare ad un'unica aliquota non superiore all'1% le operazioni di raccolta di capitali e sulla conseguente non applicabilita' delle norme di legislazione interna che prevedono l'applicazione dell'imposta del 4% (art. 4, lett. A) n. 2 della parte prima delle tariffe allegate al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, nonche' l'INVIM (art. 2 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643) e le imposte ipotecarie e di trascrizione (d.P.R. n. 347/1990), ai conferimenti immobiliari in societa'. Appare evidente a questa Commissione il diverso contenuto precettivo della disposizione della direttiva comunitaria in questione, rispetto alle disposizioni indicate nella sentenza n. 168/1991 della Corte costituzionale - concernente i prestiti obbligazionari -. Tale sentenza contiene un precetto negativo - di esclusione - idoneo a raggiungere direttamente negli ordinamenti degli stati membri il risultato prefissosi dal legislatore comunitario e cioe' l'esclusione di ogni forma di imposizione sugli atti deliberativi di emissione di obbligazioni. La direttiva comunitaria, invece, contiene la prescrizione positiva di una imposta sui conferimenti caratterizzata da unicita' e da aliquota non superiore all'1% e proprio per tale contenuto positivo non puo' operare nell'ordinamento interno dei singoli Stati membri, se non come vincolo di risultato per il legislatore nazionale a cui carico viene posto, nell'ambito dell'ordinamento comunitario, l'obbligo di rimodellare il sistema impositivo dei conferimenti immobiliari secondo le caratteristiche indicate dalla direttiva. E' necessario l'intervento del legislatore nazionale anche per delineare con discrezionalita', fermo restando in tetto dell'aliquota dell'1%, quale debba essere il tipo d'imposta unica cui mira la normativa comunitaria, quale sia il suo presupposto, come si debba determinare la base imponibile e quali siano i soggetti passivi di essa. La necessita' di un ampio intervento del legislatore nazionale, attuativo della direttiva comunitaria, porta ad escludere che la stessa presenti quelle caratteristiche di incondizionatezza alle quali secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunita' europee e della Corte costituzionale, e' subordinata la sua diretta applicabilita' nell'ordinamento dello Stato italiano. Nella controversia in discussione devono per contro trovare piena applicazione le norme interne che disciplinano l'imposta di registro e le altre imposte indirette sui conferimenti immobiliari e di esse pertanto diviene rilevante esaminare l'eventuale contrasto con i principi della Costituzione. Nell'ipotesi di conferimenti di immobili a societa' di qualsiasi tipo, le norme interne che prevedono l'assoggettamento all'imposta di registro, all'INVIM, all'imposta ipotecaria e catastale, appaiono in contrasto con i principi informatori contenuti nella legge con la quale il Governo e' stato delegato ad emanare le disposizioni occorrenti per la riforma del sistema tributario (legge n. 825/1971) ed in particolare, con il disposto degli artt. 7 e 17 della citata legge delega, il primo dei quali - in tema di imposta di registro, ipotecaria e catastale - stabilisce che la riforma debba adeguarsi alla direttiva comunitaria n. 335/69 che, come gia' evidenziato, prevede che gli stati membri possano, in via alternativa, o esentare dall'imposta i conferimenti di immobili a societa', o assoggettarli all'aliquota unica non superiore all'1%, mentre l'art. 17 delega il Governo ad emanare testi unici, sempre nel rispetto dei principi direttivi stabiliti dalla legge delega e quindi nel rispetto delle direttive contenute nell'art. 7. Il legislatore delegato, superando i criteri direttivi fissati dal delegante, ha invece sottoposto i conferimenti ad imposta di registro con aliquota del 4%; ha inoltre assoggettato la medesima operazione ad INVIM e ad imposta catastale ed ipotecaria. A parere di questa Commissione le norme tributarie sopra richiamate, nella parte in cui assoggettano a registro, INVIM, imposta ipotecaria e catastale i conferimenti immobiliari in favore di societa' di qualsiasi tipo, violano il disposto dell'art. 76 della Costituzione, non essendosi il Governo attenuto ai principi direttivi fissati con la legge-delega.