IL TRIBUNALE PER I MINORENNI Ha pronunciato la seguente ordinanza nei confronti di B. D. nato a Rapallo (Genova) il 10 dicembre 1976, ivi residente in via Bella Vista 5/10; difeso di fiducia dall'avv. Francesco Gallingani del foro di Genova sostituito dall'avv.ssa Lucia Pascucci del foro di Genova; Vista l'istanza, presentata nell'interesse del B. D., volta ad ottenere l'affidamento in prova al servizio sociale del predetto, in relazione ad un residuo di pena di mesi uno e giorni 8 di reclusione determinato con provvedimento del tribunale di sorveglianza per i minorenni di Genova, in data 20 ottobre 1995, riguardante la conversione della sanzione sostitutiva della liberta' controllata in pena detentiva; Visti gli atti del procedimento di sorveglianza; Considerate le risultanze della documentazione acquisita; degli accertamenti svolti, della trattazione e della discussione di cui al processo verbale di udienza; Dato atto delle conclusioni del p.m. contrarie all'affidamento in prova al servizio sociale del B. Udite le ragioni del difensore; O s s e r v a Il presente procedimento scaturisce indirettamente dalla sentenza del tribunale per i minorenni di Genova, in data 23 novembre 1994, con la quale il minorenne B. D. veniva condannato alla pena di mesi 4 di reclusione e L. 200.000 di multa in relazione a reati di tentato furto e di ricettazione. La pena detentiva veniva convertita in mesi 8 di liberta' controllata e, con successiva ordinanza del 10 febbraio 1995, il magistrato di sorveglianza determinava nei confronti del condannato le prescrizioni del caso. Intervenuta la notizia dell'arresto del giovane, colto nella flagranza del reato di furto aggravato, e della successiva condanna per direttissima, si provvedeva a sospendere la misura della liberta' controllata e a trasmettere gli atti al tribunale di sorveglianza. Con provvedimento in data 20 ottobre 1995 il predetto tribunale conveniva, ai sensi dell'art. 66 della legge n. 689/81, la liberta' controllata residua in mesi uno e giorni 8 di reclusione da espiarsi nelle forme ordinarie e, successivamente, il ragazzo veniva raggiunto dall'ingiunzione di costituirsi in carcere emessa dalla Procura minorile per scontare la suddetta pena. A seguito dell'istanza, presentata dal legale del B. di affidamento in prova al servizio sociale, il Procuratore della Repubblica presso questo Tribunale sospendeva l'ingiunzione di costituzione in carcere e trasmetteva gli atti al competente Tribunale di sorveglianza. All'odierna udienza, in sede di discussione, il p.m. avuto riguardo al tenore letterale dell'art. 67 della legge 24 novembre 1981, n. 689, che prevede l'inapplicabilita' delle misure alternative alla detenzione per il condannato in espiazione di pena detentiva per conversione effettuata ai sensi dell'art. 66 della legge citata, si esprimeva in senso contrario all'accoglimento dell'istanza A sommesso avviso di questo Collegio, avuto riguardo all'impossibilita' di superare in via interpretativa il rigido divieto di cui al menzionato art. 67, sussistono tutti i presupposti per sollevare la questione di costituzionalita' della predetta norma, limitatamente alla situazione del condannato minorenne, con riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione. Ed infatti, benche' la legge n. 689/81 abbia, almeno in parte, tenuto presente la specificita' della condizione minorile (si veda in particolare la disposizione di cui all'art. 75), l'art. 67 non consente di differenziare in alcun modo il condannato minorenne da quello adulto con la conseguenza di un trattamento in fase esecutiva indifferenziato a fronte di situazioni soggettive totalmente diverse. Nel caso di specie la rilevanza della questione e' immediatamente percepibile in quanto il B. (giovane dai trascorsi assai discutibili), in applicazione dell'art. 67, si vedrebbe riaperte le porte del carcere minorile proprio in un momento in cui, ad avviso del servizio sociale, starebbe sperimentando un positivo reinserimento sociale svolgendo regolare attivita' lavorativa nell'ambito della ditta paterna e, specificamente, recandosi giornalmente a lavorare con il proprio genitore che si occupa di ristrutturazione dei caseggiati (si veda sul punto la relazione dell'Ufficio di servizio sociale minori di Genova in data 12 dicembre 1995). In altre parole, laddove non ci trovassimo in una situazione di pregressa inosservanza delle prescrizioni inerenti alla liberta' controllata; ben potrebbe il B. vedersi ammesso all'istituto dell'affidamento in prova al servizio sociale disciplinato dall'art. 47 e segg. dell'ordinamento penitenziario. Ritiene altresi' il Collegio che in questa sede possano essere riproposti alcuni degli argomenti sviluppati nell'ordinanza, emessa in data 30 maggio 1991 da questo stesso Tribunale, allorquando si era sollevata la questione di costituzionalita' dell'art. 79, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, relativamente agli artt. 47, 48 e 50 della predetta legge, con riguardo all'art. 3, primo comma, della Carta costituzionale. Nell'occasione si era sottolineata l'evoluzione giurisprudenziale verificatasi nella materia del diritto penale minorile grazie anche agli interventi della Corte costituzionale. In particolare si era ricordata la sentenza n. 46/1978 laddove il "giudice delle leggi" era intervenuto con una sentenza interpretativa di rigetto sottolineando come la disposizione della c.d. Legge Reale sospettata di incostituzionalita' (art. 1 della legge n. 152/1975) poteva essere interpretata nel senso che per i minori poteva essere considerato superabile il rigido e indiscriminato divieto di concessione della liberta' provvisoria. Sembra potersi affermare che, nella fattispecie in esame, i termini della questione siano analoghi essendo l'interprete posto di fronte ad un automatismo che impedisce valutazioni e prognosi individualizzate che tengano conto delle possibilita' di recupero del "giovane adulto" il quale ha commesso il reato per il quale e' stato condannato in eta' minore. Alle considerazioni in qui proposte puo aggiungersi che, in tempi piu' recenti rispetto a quelli della sentenza menzionata, la legislazione internazionale e' intervenuta piu' volte per evidenziare la particolarita' della condizione minorile in ambito penale. La dichiarazione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite di New York del 29 novembre 1985 (piu' nota sotto la denominazione di "Regole di Pechino") ha rimarcato non solo la necessita' di "un trattamento efficace, equo ed umano" laddove il minore venga in conflitto con la legge penale (art. 1, terzo comma) ma, tra l'altro, anche l'esigenza di prevedere un potere "discrezionale" da parte degli organi giudicanti "appropriato ai diversi livelli dell'amministrazione della giustizia minorile, sia nell'istruttoria che nel processo e nella fase esecutiva". Tale impostazione ha trovato ulteriore autorevole conferma nella Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e' resa esecutiva in Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176. L'art. 40 della suddetta Convenzione evidenzia, tra l'altro, la necessita' che il minore "riconosciuto colpevole di un reato penale" si veda assicurato il diritto ad un trattamento "che tenga conto della sua eta' nonche' della necessita' di facilitare il reinserimento nella societa' e di fargli svolgere un ruolo costruttivo in seno a quest'ultima". I principi menzionati (che, in una certa misura, possono rappresentare un'estrinsecazione in ambito penale minorile dei principi fondamentali enunciati nell'art. 3 della nostra Carta costituzionale) costituiscono, insieme a numerosi altri, il fondamento del nuovo processo penale minorile (d.P.R. n. 448/1988) il quale, pur non potendo costituire una organica disciplina della materia del diritto penale in campo minorile, ha introdotto una nuova normativa che ha inciso non soltanto sulla procedura strettamente intesa ma anche sul diritto sostanziale. Irrisolto e' invece rimasto il problema dell'introduzione nella nostra legislazione di un ordinamento penitenziario minorile, con il risultato che e' ancora vigente l'art. 79 ord. pen. ove, come noto, si prevede che l'ordinamento penitenziario degli adulti si applica anche nei confronti dei minorenni sottoposti a misure penali "fino a quando non sara' provveduto con apposita legge". Nella materia delle sanzioni sostitutive il d.P.R. n. 448/1988 ha apportato rilevanti novita' allargando in maniera consistente l'area di applicabilita' della liberta' controllata e della semidetenzione, venendo cosi' ad incidere sulla legge n. 689/1981, ma non ha preso in considerazione una modifica dell'art. 67 della stessa legge, norma scarsamente conosciuta e di non frequentissima applicazione. La ormai perdurante insensibilita' del legislatore alle problematiche che si sono evidenziate comporta, almeno nello specifico ambito normativo preso in considerazione con il presente provvedimento, il gia' menzionato negativo fenomeno dell'assoluta parificazione tra adulti e minori e la conseguente totale disarmonia tra i principi enunciati nella Costituzione e nella legislazione internazionale e la normativa vigente. Gli stessi richiami della Corte costituzionale (si veda la sentenza n. 125/1992) alla necessita' che il legislatore provvedesse tempestivamente a varare una normativa ricca di quegli adattamenti e di quei correttivi richiesti nel settore penitenziario dalla specificita' della condizione minorile sono rimasti inascoltati. In tale situazione ritiene doveroso questo Collegio prospettare l'illustrata questione di costituzionalita' tenuto conto del fatto che, come risulta dalle argomentazioni fin qui sviluppate, l'art. 67 della legge n. 689/1981 appare violare i principi di uguaglianza di cui all'art. 3 della Carta costituzionale.