LA CORTE D'APPELLO
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nel procedimento penale di
 ricusazione proposto dall'imputato Tigranate Giovanni  nei  confronti
 del  dott.  Paolo  Carti'  presidente della quarta sezione penale del
 Tribunale di Milano davanti al quale  pende  giudizio  a  carico  del
 medesimo;
   Vista    la    richiesta   del   p.g.,   il   quale   ha   rilevato
 l'inammissibilita'  della  dichiarazione   di   ricusazione   e,   in
 subordine,  si  e'  rimesso  ad  un rilievo d'ufficio della questione
 d'illegittimita' costituzionale dell'art. 34 c.p.p.;
   Decidendo in sede di valutazione dell'ammissibilita';
                             O s s e r v a
   La ricusazione e' stata proposta con riferimento  al  fatto  che  i
 giudici ricusati hanno fatto parte, prima del giudizio, del tribunale
 del  riesame  che  ha respinto la impugnazione proposta dal Tigranate
 contro un provvedimento restrittivo della liberta' personale adottato
 dal g.i.p. di Milano nei  suoi  confronti.  Non  vi  e'  dubbio  che,
 secondo la giurisprudenza costituzionale (cfr. C. cost. n. 502/1991),
 tale  ipotesi  non ricade sotto il divieto di cui all'art. 34 c.p.p.;
 sotto   tale   profilo   la   ricusazione   risulterebbe   senz'altro
 inammissibile stante la tassativita' dei casi in cui essa e' prevista
 dalla  legge,  mentre  non  puo'  aver  alcun  rilievo  la tardivita'
 eventuale posto che il termine di tre giorni non ha  mai  iniziato  a
 decorrere   per   la  inesistenza  del  momento  iniziale,  ravvisato
 dall'art. 38 c.p.p., nel sorgere ovvero nella conoscenza della  causa
 di ricusazione, nella specie, come si e' rilevato, inesistente.
   La  Corte  non  puo'  tuttavia  esimersi  dal  considerare  che  la
 ricusazione in esame e' stata proposta sulla  base  di  una  invocata
 incostituzionalita' della norma che, nella ricordata interpretazione,
 non  ravvisa  incompatibilita' fra le partecipazioni al tribunale del
 riesame  e  quella  al  tribunale  del  merito:  infatti  se  venisse
 ravvisata  tale illegittimita' costituzionale sorgerebbe, dal momento
 della pronuncia in proposito dalla  Corte  costituzionale,  un  nuovo
 motivo  di  incompatibilita' avente effetto sul processo in corso (in
 quanto norma processuale ordinamentale).
   La  questione  risulta  gia'  sollevata  in  altre  sedi,  (con  la
 conseguente  possibilita'  che  il giudizio a carico del Triganate ne
 venga comunque influenzato) a  seguito  della  sentenza  della  Corte
 costituzionale  n.  432/1995  la quale, decidendo un caso diverso, ha
 comunque espressamente mutato in materia significativa il  precedente
 orientamento  in materia di incompatibilita' di funzioni giudiziarie,
 nell'intento di garantire la piu' ampia esplicazione del  diritto  di
 difesa  e  di  tenere  conto  della ratio legis della recente legge 8
 agosto 1995, n. 332; significativo, in particolare, e' il  fatto  che
 la   Corte   citi,   tra   le  decisioni  antecedenti  "alla  diversa
 conclusione" cui oggi essa perviene, proprio la sentenza 502 del 1991
 in tema di art. 309 del  c.p.p.,  che  appare  quindi  superata,  nel
 giudizio della Corte, in base alla nuove argomentazioni.
   Ritiene  in  sostanza  la Corte costituzionale che il magistrato il
 quale abbia giudicato in una fase antecedente al giudizio  di  merito
 non  possa partecipare a quest'ultimo quando la sua prima valutazione
 non  sia  stata  di  mera  legittimita'  ma  si  sia  estesa  ad  una
 valutazione,  sia  pure parziale, del merito "circa l'idoneita' delle
 risultanze delle  indagini  preliminari  a  fondere  un  giudizio  di
 responsabilita' dell'imputato".
   Nella  sentenza  della  Corte  costituzionale sono utilizzati anche
 altri argomenti piu' strettamente riferibili al caso allora in  esame
 (che  riguardava  la incompatibilita' del g.i.p.), ma il principio di
 fondo  sopra  enunciato  pare  decisamente  dotato  di  una   portata
 estensibile  ad ogni caso di duplicazione nell'esercizio, da parte di
 un solo magistrato,  di  funzioni  attinenti  al  merito  in  momenti
 diversi.  Tale  considerazione,  ed  avvisi di questa Corte, dimostra
 all'evidenza la non manifesta infondatezza della questione, mentre la
 rilevanza di essa nel caso  in  esame  e'  gia'  stata  ricordata  in
 precedenza,  e  deriva  comunque  dal  fatto  che,  in concreto,   il
 tribunale del riesame di cui faceva parte il magistrato oggi ricusato
 compi' pregnanti  valutazioni  sul  merito  del  giudizio,  per  cui,
 qualora  la  Corte  costituzionale ritenesse fondata la questione, la
 ricusazione proposta dal Tigranate diverrebbe ammissibile.
   La  Corte  deve  quindi  rimettere  la  decisione  sulla   indicata
 questione  alla  Corte  costituzionale,  sospendendo  il procedimento
 incidentale (pronuncia sulla ricusazione) pendente davanti ad essa.