ha pronunciato la seguente
                               ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  del decreto-legge 12
 maggio  1995,  n.  165   (Disposizioni   urgenti   per   l'attuazione
 dell'articolo  68  della Costituzione) e dell'art. 15, secondo comma,
 della legge 23 agosto 1988,  n.  400  (Disciplina  dell'attivita'  di
 Governo  e  ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  6  giugno 1995 dal Tribunale di
 Napoli nel procedimento civile vertente tra Silvia Maria  Costagliola
 Guarente  ed altre e Vittorio Sgarbi ed altra, iscritta al n. 414 del
 registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di costituzione di Silvia Maria Costagliola Guarente
 ed altri nonche' l'atto di intervento del  Presidente  del  Consiglio
 dei ministri;
   Udito  nella  udienza pubblica del 5 marzo 1996 il giudice relatore
 Enzo Cheli;
   Udito l'Avvocato dello Stato Carlo Salimei per  il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
   Ritenuto  che nel corso della causa civile nella quale Silvia Maria
 Costagliola  Guarente  ed  altri  congiunti  del  magistrato  Gennaro
 Costagliola,  gia'  giudice  per  le  indagini  preliminari presso il
 Tribunale di Napoli, deceduto il 22 aprile 1994, hanno  convenuto  in
 giudizio  il dott.  Vittorio Sgarbi, deputato, nonche' la S.p.A. Reti
 Televisive Italiane, chiedendone  la  condanna  al  risarcimento  dei
 danni  per  lesioni  alla  reputazione  e all'identita' personale che
 assumevano arrecate al loro congiunto con due trasmissioni televisive
 e un'intervista apparsa su un quotidiano, il Tribunale di Napoli, con
 ordinanza del 6 giugno 1995, ha sollevato, in riferimento agli  artt.
 70  e  77,  secondo  e  terzo comma, della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale del decreto-legge 12 maggio 1995, n. 165,
 e dell'art. 15, secondo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
     che il giudice rimettente, ritenendo -  a  seguito  di  eccezione
 sollevata  dal convenuto - di dover fare applicazione della procedura
 prevista dall'art. 3, secondo  comma,  del  decreto-legge  impugnato,
 osserva  che  esso  costituisce l'ottava reiterazione dell'originario
 decreto 15 novembre 1993, n. 455, cui sono succeduti i  decreti-legge
 nn. 23, 176, 447, 535 e 627 del 1994; nn. 7 e 69 del 1995;
     che,  ad avviso del giudice a quo, il fenomeno della reiterazione
 di tali provvedimenti, che sono intervenuti in  materia  che  attiene
 alle  garanzie  costituzionali  dei  parlamentari e alla tutela di un
 diritto fondamentale, quale  e'  quello  relativo  alla  salvaguardia
 della  reputazione,  contrasta  con l'art. 77 della Costituzione, dal
 momento che l'emanazione di un nuovo decreto-legge dopo  la  scadenza
 del  termine  per  la  conversione  perpetua, sia pure con effetto ex
 nunc, la disciplina prevista dal decreto decaduto, in violazione  del
 limite  temporale  di  vigenza dei decreti-legge, fissato in sessanta
 giorni dall'art. 77;
     che il giudice contesta anche la violazione  dell'art.  70  della
 Costituzione  dal  momento che l'attivita' legislativa deve essere di
 norma esercitata dalle Camere, e solo eccezionalmente -  in  presenza
 di presupposti tassativi - dal Governo con atti provvisori;
     che  nell'ordinanza  si censura, infine, l'art. 15 della legge n.
 400 del 1988, che vieta la reiterazione del decreto-legge in caso  di
 voto  negativo  di  una  delle Camere, nella parte in cui non prevede
 anche il  divieto  di  riprodurre,  con  la  presentazione  di  altro
 decreto-legge,  la normativa gia' prevista in un decreto decaduto per
 mancata conversione nel termine di sessanta giorni,  consentendo  che
 la  funzione  legislativa  sia esercitata dal Governo senza limiti di
 tempo, in violazione degli artt. 70 e 77 della Costituzione;
     che  nel  giudizio  davanti  alla Corte ha spiegato intervento il
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
 dall'Avvocatura  generale  dello Stato, per chiedere che le questioni
 sollevate siano dichiarate inammissibili o infondate;
     che si sono costituite in giudizio le parti private Silvia Maria,
 Anna, Rosanna, Roberto,  Paola  e  Simonetta  Costagliola  che  hanno
 depositato  memoria  chiedendo  che  la Corte dichiari irrilevanti le
 questioni sollevate.
   Considerato che il decreto-legge 12 maggio 1995,  n.  165,  non  e'
 stato  convertito  in legge entro il termine di sessanta giorni dalla
 sua pubblicazione,  come  risulta  dal  comunicato  pubblicato  nella
 Gazzetta Ufficiale n. 161 del 12 luglio 1995;
     che   il   suddetto   decreto-legge   e'   stato   reiterato  dal
 decreto-legge 8 novembre 1995, n. 466 e dal decreto-legge  8  gennaio
 1996,  n.  9,  entrambi non convertiti nel termine di sessanta giorni
 dalla  rispettiva  pubblicazione,   come   risulta   dai   comunicati
 pubblicati  nella Gazzetta Ufficiale n. 7 del 10 gennaio 1996 e n. 59
 dell'11 marzo 1996;
     che, nelle more del giudizio, e' intervenuto il decreto-legge  12
 marzo  1996,  n.  116,  che  ha introdotto una nuova disciplina della
 materia,  per  piu'  aspetti  diversa  da  quella  del  decreto-legge
 impugnato  e  delle  successive reiterazioni, anche con riguardo alla
 procedura da seguire nel caso  in  cui  venga  sollevata  l'eccezione
 concernente   l'applicabilita'   dell'art.  68,  primo  comma,  della
 Costituzione;
     che,  essendo  mutato  nella  nuova   disciplina   il   contenuto
 precettivo   essenziale  del  decreto-legge  impugnato,  non  risulta
 possibile trasferire  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dello   stesso   decreto-legge  al  decreto-legge  n.  116  del  1996
 attualmente in vigore, in base al principio enunciato da questa Corte
 nella sentenza n. 84 del 1996, dovendosi, invece, restituire gli atti
 al  giudice  a  quo  al  fine  di  valutare  l'incidenza  dello   ius
 superveniens nel giudizio pendente dinanzi a lui;
     che la questione sollevata nei confronti dell'art. 15 della legge
 n.  400  del  1988,  per la sua stretta correlazione - secondo quanto
 prospettato nell'ordinanza di rinvio - con la  questione  concernente
 il   decreto-legge   n.  165  del  1995,  non  puo'  essere  valutata
 indipendentemente dall'esame di quest'ultima.