ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  670, primo
 comma, del codice penale, promossi con ordinanza emessa il  28  marzo
 1995  dal  Pretore di Firenze e con due ordinanze emesse il 17 giugno
 1995 dal giudice per le indagini preliminari  presso  la  Pretura  di
 Firenze,  rispettivamente iscritte ai nn. 481, 692 e 693 del registro
 ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 nn.  37 e 44, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  20  marzo 1996 il giudice
 relatore Francesco Guizzi;
   Ritenuto che nel corso di tre distinti procedimenti penali a carico
 di Achleitner Reimhard, Bekir Fetie' e Ramadani  Femi,  imputati  del
 reato di cui all'art. 670, primo comma, del codice penale, il Pretore
 di  Firenze  ha sollevato, una volta quale giudice del dibattimento e
 altre due quale giudice  per  le  indagini  preliminari,  altrettante
 questioni di costituzionalita' della suddetta norma incriminatrice;
     che la contravvenzione punitiva della mendicita', come osserva il
 giudice   a   quo,  e'  posta  a  tutela  dei  beni  giuridici  della
 tranquillita' e del decoro della civile convivenza;
     che  tali  offese  sussisterebbero  sia nel caso della mendicita'
 aggravata da forme particolari (vessatorie, ripugnanti,  petulanti  o
 fraudolente:   art.  670,  secondo  comma),  sia  in  quello  in  cui
 s'impieghino minori (art. 671);
     che  non  vi  sarebbe,  invece,  offesa  della  morale  e   della
 tranquillita'  pubblica  ogni  qual  volta  l'accusato  versi  in una
 situazione di bisogno non riconducibile a sua colpa;
     che in tali ipotesi la mendicita' si  risolverebbe,  infatti,  in
 una semplice e legittima richiesta della solidarieta' altrui, fondata
 sul sentimento della carita';
     che  ben  diversa  sarebbe  la  situazione  di coloro che abbiano
 volontariamente   rifiutato   i   mezzi   predisposti   dallo   Stato
 nell'assolvimento dei suoi compiti istituzionali;
     che  la  previsione  incriminatrice  di  cui  all'art. 670, primo
 comma, del codice penale sarebbe  in  contrasto,  pertanto,  con  gli
 artt. 2, 3, e 27, terzo comma, della Costituzione, perche' violerebbe
 i  principi  costituzionali  di  solidarieta', di uguaglianza e della
 finalita' rieducativa della pena;
     che la fattispecie riserverebbe lo stesso trattamento punitivo  a
 soggetti  che  si trovino in condizioni del tutto diverse senza tener
 conto della peculiare situazione di coloro che manchino dei mezzi  di
 sostentamento per ragioni non imputabili alla propria condotta;
     che  siffatto  trattamento  non  sarebbe  adeguato,  perche'  non
 finalizzato a rieducare quanti, loro malgrado, sono in una condizione
 d'indigenza superabile soltanto attraverso l'altrui solidarieta';
     che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 concludendo per la non fondatezza della questione sollevata;
   Considerato che, concernendo identica questione,  i  giudizi  vanno
 riuniti e decisi congiuntamente;
     che  questa  Corte, con sentenza n. 519 del 1995, successiva alla
 pronuncia   delle   ordinanze   di    rimessione,    ha    dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  670,  primo  comma,  del
 codice penale;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;