IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile, iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato, discussa alla udienza collegiale del giorno 11 gennaio 1996, promossa con atto di citazione notificato in data 13 novembre 1992 a ministero dell'aiutante ufficiale giudiziario addetto all'Ufficio unico notifiche della corte d'appello di Milano, dalle Fin-Brokers S.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Salvatore Modica, come da mandato in calce all'atto di citazione, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, attore, contro Batori Riccardo, contumace e convenuto. All'odierna udienza collegiale, nessuna delle parti e' comparsa, ed il tribunale si e' riservato di provvedere. D i r i t t o Il collegio solleva d'ufficio la questione di costituzionalita' del primo comma dell'art. 181 c.p.c. quale novellato dalla legge 20 dicembre 1995, 534 che, nel convertire in legge il d.-l. 18 ottobre 1995, n. 432, ha aggiunto all'art. 4 del decreto, dopo il primo comma, il seguente: "Il primo comma dell'art. 181 del codice di procedura civile e' sostituito dal seguente: "Se nessuna della parti comparisce nella prima udienza, il giudice fissa una udienza successiva, di cui il cancelliere da' comunicazione alle parti costituite. Se nessuna delle parti comparisce alla nuova udienza, il Giudice, con ordinanza non impugnabile, dispone la cancellazione della causa dal ruolo"". Rilevanza della questione La rilevanza della questione nel giudizio a quo risiede nel fatto che, per effetto del richiamo operato dall'art. 309 c.p.c. al primo comma dell'art. 181 c.p.c., la mancata comparizione delle parti nel corso del giudizio e, dunque, anche all'udienza collegiale, determina in base al novellato art. 181 non piu' la cancellazione immediata della causa dal ruolo, ma la fissazione di nuova udienza di cui il cancelliere deve dare notizia alla parti non comparse. Dalla costituzionalita' o meno della norma in oggetto, dunque, dipende la necessita' o meno per il giudice remittente di fissare nuova udienza ovvero di cancellare la causa dal ruolo. Come e' noto, la legge n. 353 del 26 novembre 1990, all'art. 16, modificando il precedente testo del primo comma dell'art. 181 c.p.c. (di tenore identico a quello attualmente reintrodotto), aveva previsto che "se nessuna delle parti comparisce nella prima udienza davanti al giudice istruttore, questi, con ordinanza non impugnabile, dispone la cancellazione della causa dal ruolo". Anche questa disposizione, al pari delle altre della legge 353 recante "Provvedimenti urgenti per il processo civile", ha poi subito il noto iter per effetto del quale l'entrata in vigore complessiva della legge, prevista originariamente per il 1 gennaio 1992, venne via via posposta e frammentata. Per quanto qui interessa, deve ricordarsi che per effetto dell'art. 2, comma 5, della legge 4 dicembre 1992, n. 477, recante disposizioni sull'efficacia di norme della legge 21 novembre 1991, n. 374, istitutiva del giudice di pace e della legge 26 novembre 1990, n. 353, contenente provvedimenti urgenti per il processo civile, il novellato testo dell'art. 181 fu applicabile sin dal 1 gennaio 1993 ai giudizi instaurati dopo tale data; per effetto del d.-l. n. 121 del 1995, recante modificazioni al previgente testo relativo alla disciplina transitoria prevista nella legge n. 353 del 1990, la nuova formulazione dell'art. 181 c.p.c. e' stata estesa a tutti i giudizi pendenti ancorche' radicati prima del 1 gennaio 1993, quale e' quello in esame. Non manifesta infondatezza della questione La questione di legittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 181 c.p.c. quale novellato dalla legge 20 dicembre 1995, 534, e' da valutarsi, a giudizio del Collegio, non manifestamente infondata con riguardo all'art. 97 della Costituzione. Alla luce dell'insegnamento di codesta corte, l'art. 97 della Costituzione, nello stabilire che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione, non ha inteso riferirsi ai soli organi della pubblica amministrazione, ma anche agli organi dell'amministrazione della giustizia (Corte cost., 7 maggio 1982, n. 86; 19 gennaio 1989, n. 18). Il nuovo testo dell'art. 181 c.p.c. ripropone, dopo un periodo di diversa disciplina, l'originario testo, volto ad assicurare ai procuratori costituiti l'avviso a cura della Cancelleria di una nuova udienza in caso di mancata comparizione degli stessi ad una precedente udienza. Come si evince dalla relazione al Senato della Repubblica al progetto della legge n. 353/90, l'innovazione all'art. 181 c.p.c. in quella sede prevista fu determinata da un intento di "concentrazione del giudizio", che, peraltro, non implicava alcuna compromissione delle garanzie difensive, atteso che, comunque, integra rimaneva la possibilita' per le parti, in caso di cancellazione della causa dal ruolo, di riassumere il giudizio nel termine perentorio di un anno, ai sensi dell'art. 307 c.p.c. Al contrario, come emerge dai lavori preparatori della legge n. 534/1995, la reintroduzione dell'originario testo dell'art. 181 c.p.c. non e' stata il frutto di un'attenta e ragionata analisi delle conseguenze cui aveva dato luogo il mutamento precedente, ma ha costituito un sostanzialmente immotivato cambiamento di rotta rispetto all'obiettivo della concentrazione processuale originariamente auspicato (cfr. in particolare le generiche affermazioni del rappresentante del Governo - sottosegretario di stato avv. Edilberto Ricciardi che, nella seduta della Commissione giustizia della camera dei deputati del 6 dicembre 1995 alle perplessita' avanzate dai deputati Soda e Reale rispondeva che una richiesta in tal senso era "pervenuta al Governo da molte sedi giudiziarie"; si veda anche la non maggiore attenzione prestata all'innovazione del dibattito in aula al Senato ove l'unico intervento che si segnala e' quello del sen. Andreotti il quale mostrava perplessita' sull'uso lessicale del termine "comparisce" in luogo di "compare"). E' ben vero che l'attuale testo di legge reintroduce quello in vigore sin dal 1940, della cui compatibilita' alla Corte costituzionale, per quanto e' dato sapere, non si era mai dubitato. Ma, a giudizio del tribunale, la discrezionalita' del legislatore nel momento della codificazione e' ben diversa da quella da cui puo' e deve essere guidato nel momento in cui, dopo una modifica legislativa, reintroduce il sistema anteriormente vigente, ritornando sui propri passi. A parere del tribunale, infatti, la reintroduzione di una norma (specie se di natura processuale, atteso il carattere di tendenziale stabilita' e certezza che queste dovrebbero rivestire) dopo un breve periodo di mutamento dovrebbe essere il frutto di un ragionato ripensamento dopo una verifica "sul campo" di effetti negativi dell'originaria modifica; al contrario, nel caso che occupa, pare di poter dire che, dopo aver sperimentato gli opportuni e fausti effetti della modifica originariamente apportata, che contribuivano a conseguire un obiettivo di concentrazione processuale quale auspicato dalla citata relazione al Senato della Repubblica, il legislatore e' irragionevolmente ed immotivatamente tornato al sistema anteriore, pur potendo, dal confronto dei due sistemi, chiaramente intendere la contrarieta' al buon andamento degli uffici della norma che si andava a ripristinare. Ed infatti, sulla base dell'esperienza (di quest'ufficio giudiziario, che non puo' su tale punto non essere identica a quella degli altri uffici del paese) relativa all'applicazione del regime dell'immediata cancellazione della causa dal ruolo in caso di mancata comparizione delle parti, il tribunale puo' serenamente affermare che la percentuale di riassunzioni (originate, dunque, da cancellazioni non frutto di un definitivo intento di abbandono della lite, ma causate da disguidi dei procuratori, non comparsi per mero errore o per impedimenti in udienza) e' stata del tutto marginale e quasi irrilevante (tale da poter essere indicata, sia pure con il timore di formulare cifre in mancanza di dati verificabili, orientativamente in misura non superiore all'1%). Per questi sporadici casi, il modesto disagio per i procuratori di proporre e notificare un'istanza di riassunzione (disagio, peraltro, generalmente - salvo il caso assolutamente marginale della mancata comparizione di entrambe le parti per forza maggiore - "sanzionatorio" di una carenza di diligenza), appariva di gran lunga superato dal vantaggio per il complessivo andamento dell'amministrazione. I vantaggi per il corretto fluire degli uffici giudiziari che la reintroduzione dell'originario testo dell'art. 181 cancella possono cosi' sommariamente indicarsi: a) notevoli risparmi di tempo ed energie lavorative, connessi all'eliminazione dell'attivita' di comunicazione dell'ordinanza di fissazione della nuova udienza. Nella vigenza del sistema cancellato dalla norma della cui costituzionalita' si dubita, in ogni caso di mancata comparizione il giudice poteva immediatamente cancellare la causa dal ruolo. Oggi, al contrario, dovra' fissare nuova udienza; della stessa il cancelliere dovra' dare comunicazione alle parti costituite, predisponendo un biglietto di cancelleria per gli avvisi; la comunicazione dovra' essere consegnata agli ufficiali giudiziari che, per ciascuna causa, dovranno curarne la notificazione a tutti i procuratori costituiti; il fascicolo relativo alla causa rinviata ai sensi dell'art. 181 o 309 c.p.c., anziche' essere riposto tra quelli delle cause cancellate, dovra' essere nuovamente inserito tra quelli della nuova udienza, annotato sul ruolo di udienza, portato nuovamente al giudice nel giorno stabilito per la stessa, e solo all'esito della nuova mancata comparizione, e per il caso di rituale notificazione della precedente ordinanza, potra' dar luogo alla cancellazione; b) maggiore concentrazione del processo, non esposto, almeno per quanto riguarda le cause per le quali non si applichino le modifiche di cui alla legge n. 353 (cause "vecchio rito"), come troppo spesso accade, allo stillicidio di rinvii ai sensi dell'art. 309 c.p.c. e successive istanze di differimento dei procuratori; c) maggiore certezza sui dati statistici degli uffici giudiziari, troppo spesso "gonfiati" dalla pendenza di cause in realta' definite ed in attesa solo del formale provvedimento di cancellazione, il che impedisce una seria attivita' organizzativa, di programmazione e razionalizzazione delle forze disponibili. Cio', a giudizio del tribunale, "implica un intralcio costante all'attivita' giudiziaria, incompatibile col principio del buon andamento dell'amministrazione della giustizia e non giustificato dalle finalita' che la norma intende realizzare" (cfr. Corte cost. 19 gennaio 1989, n. 18).