LA CORTE DI APPELLO
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  promosso da
 Rusiello Oreste con dichiarazione di ricusazione presentata  in  data
 13 dicembre 1995.
                    Fatto e motivi della decisione
   Con  ordinanza  del 29 settembre 1995 il g.i.p. presso il tribunale
 di Napoli, dott. Laura Triassi,  convalidava  l'arresto  di  Rusiello
 Oreste,  indagato  per  detenzione  abusiva  di  una pistola ed altri
 reati, e cosi come chiesto  dal  p.m.  disponeva  l'applicazione  nei
 confronti   dello  stesso  della  misura  coercitiva  della  custodia
 cautelare in carcere.  Successivamente  il  procedimento  passava  ad
 altro   magistrato,   che   sulla  richiesta  del  procuratore  della
 Repubblica emetteva nei confronti del Rusiello  decreto  di  giudizio
 immediato; quindi quest'ultimo chiedeva ed otteneva di essere ammesso
 al giudizio abbreviato ed all'udienza del 13 dicembre 1995 presentava
 dichiarazione  di ricusazione nei confronti della dottoressa Triassi,
 incaricata della trattazione di quel giudizio. Copia dell'istanza era
 trasmessa  a  questa  Corte  da  parte   del   giudice   ricusato   e
 successivamente  il  difensore del Rusiello presentava nell'interesse
 del suo assistito una memoria illustrativa, con  la  quale  insisteva
 perche' si riconoscesse l'incompatibilita' della dottoressa Triassi a
 giudicare  nel  processo  per  il  quale  era  stata  designata ed in
 subordine si  sollevasse  questione  d'illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  34  c.p.p.  nella  parte  in cui non prevede che non possa
 partecipare  al  giudizio  abbreviato  il  giudice  per  le  indagini
 preliminari  che  abbia  applicato una misura cautelare nei confronti
 dell'imputato. La trattazione  del  procedimento  veniva  fissata  in
 camera  di consiglio per l'udienza odierna, in cui il p.g. ha chiesto
 di dichiarare l'inammissibilita' dell'istanza ed in  via  subordinata
 di   portare   la   questione   sollevata   all'esame   della   Corte
 costituzionale, laddove la difesa  ha  insistito  per  l'accoglimento
 delle sue richieste.
   Tanto  premesso,  rileva la Corte che non ha fondamento l'eccezione
 del procuratore generale, secondo cui la  proposta  dichiarazione  di
 ricusazione sarebbe inammissibile, perche' presentata direttamente al
 giudice  ricusato,  laddove  secondo  l'art.  38 c.p.p. occorreva che
 l'atto venisse tempestivamente depositato presseo la  cancelleria  di
 questa Corte.
   Al  riguardo  vi  e' innanzitutto da osservare che il secondo comma
 dell'art. 38 sopra citato sembra ammettere  la  possibilita'  che  in
 certi  casi  l'istanza  venga  presentata direttamente al giudice che
 s'intende ricusare laddove dispone che "se la causa  e'  sorta  o  e'
 divenuta nota durante l'udienza, la dichiarazione di ricusazione deve
 in  ogni  caso essere proposta prima del termine dell'udienza".  Ma a
 parte tale argomento di ordine letterale vi sono ragioni di carattere
 logico che contrastano l'interpretazione  restrittiva  che  e'  stata
 proposta.  Ed  invero  non  puo'  non  considerarsi che non sempre e'
 possibile per l'imputato conoscere in  anticipo  la  persona  che  e'
 chiamata  a  giudicarlo,  come  pure  che in presenza di uno stato di
 privazione della liberta' puo'  risultargli  addirittura  impossibile
 recarsi di persona presso la cancelleria della corte di appello.  Ne'
 il  problema  puo'  ritenersi risolto con la prevista possibilita' di
 avvalersi di un procuratore speciale, perche'  soprattutto  quando  i
 tempi sono ristretti puo' essere estremamente difficoltoso per chi e'
 detenuto  reperire  una  persona che possa validamente rappresentarlo
 nel compimento di un atto cosi personale e delicato quale  quello  in
 questione.
   Per  tutto  quanto  detto deve quindi concludersi che se e' mancata
 all'imputato la possibilita' di far valere in anticipo le cause della
 dedotta incompatibilita' nulla  impedisce  che  la  dichiarazione  di
 ricusazione   sia  da  lui  presentata  direttamente  in  udienza  al
 magistrato chiamato a giudicare.
   Nella specie non risulta dagli atti che il Rusiello abbia saputo in
 anticipo che il magistrato chiamato a definire il giudizio abbreviato
 era lo stesso che aveva ordinato la sua custodia in carcere e  quindi
 per  i  motivi  precedentemente  esposti  sarebbe ingiusto dichiarare
 l'inammissibilita' della sua istanza.
   Infondata e' anche la richiesta difensiva, volta  ad  ottenere  che
 questa corte dichiari la sussistenza dell'incompatibilita' denunciata
 mediante   interpretazione   estensiva  della  sentenza  della  Corte
 costituzionale n. 432/1995, che ha dichiarato illegittimo  l'art.  34
 c.p.p.  nella  parte  in cui non prevede che non possa partecipare al
 giudizio dibattimentale il giudice per le  indagini  preliminari  che
 abbia   applicato   una  misura  cautelare  personale  nei  confronti
 dell'imputato.  Ed  invero  il  carattere   tassativo   delle   cause
 d'incompatibilita'  previste  dall'articolo sopra citato non consente
 d'interpretare la norma in maniera estensiva o analogica.  E  siccome
 nella menzionata decisione della Corte costituzionale si fa esclusivo
 riferimento all'incompatibilita' rispetto al giudizio dibattimentale,
 e'  evidente  che  non  e'  possibile estendere gli effetti di quella
 decisione al caso in esame, che riguarda invece la compatibilita' del
 giudice  che  abbia  disposto  a  carico  dell'imputato  una   misura
 cautelare a trattare poi il giudizio abbreviato.
   Esclusa  la  possibilita'  di  un  interpretazione  estensiva resta
 quindi da  vedere  se  debba  o  meno  accogliersi  la  richiesta  di
 sollecitare un intervento del giudice delle leggi.
   Ebbene,  rileva  anzitutto  la  Corte  che la questione proposta e'
 sicuramente  rilevante.  La  dottoressa  Triassi,  infatti,  ebbe  ad
 emettere  nei  confronti del Rusiello ordinanza di custodia cautelare
 quale giudice per le indagini preliminari, sicche' in base  al  testo
 attuale  dell'art.  34  c.p.p.  nulla  le impedirebbe di essere lei a
 definire il richiesto giudizio abbreviato, laddove vi sarebbe  invece
 la necessita' di una sua sostituzione ove si dovesse pervenire ad una
 pronuncia che estenda anche al giudice del giudizio abbreviato quella
 stessa  incompatibilita'  che  e'  stata ravvisata con riferimento al
 giudizio dibattimentale.
   Oltre  che  rilevante  la   questione   si   presenta   anche   non
 manifestamente   infondata,   donde   la   necessita'  che  la  Corte
 costituzionale si pronunci al riguardo.  Ed  invero,  nel  dichiarare
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  34 c.p.p. nella parte in
 cui non prevede che non possa partecipare al giudizio  dibattimentale
 il  giudice delle indagini preliminari che abbia applicato una misura
 cautelare personale, il giudice delle leggi ha basato tale  decisione
 su  alcuni  principi  che  sembrano attagliarsi pienamente anche alla
 situazione in esame. In particolare quello secondo il quale l'art. 34
 mira ad impedire che la valutazione conclusiva sulla  responsabilita'
 dell'imputato  sia,  o  possa apparire, condizionata dalla cosiddetta
 forza di prevenzione, ossia da quella naturale tendenza  a  mantenere
 un  giudizio  gia'  espresso o un atteggiamento gia' assunto in altri
 momenti decisionali dello  stesso  procedimento.  Come  pure  l'altro
 basilare  principio  secondo il quale la valutazione dei gravi indizi
 di colpevolezza fatta dal giudice  ai  fini  dell'applicazione  delle
 misure  cautelari  personali  comporta la formulazione di un giudizio
 non di mera legittimita', ma di merito sulla fondatezza dell'accusa.
   Proprio perche' richiede una valutazione contenustica dei risultati
 delle indagini, secondo la Corte  costituzionale  l'applicazione,  da
 parte  del  giudice,  di  una  misura  cautelare  personale induce la
 convinzione che ove sia poi chiamato a giudicare nel dibattimento  lo
 stesso  magistrato,  questi sia, o possa apparire, condizionato dalla
 sua precedente decisione.  E la stessa considerazione  ad  avviso  di
 questa  Corte non puo' non valere per l'ipotesi in cui sia incaricato
 della trattazione del giudizio abbreviato lo stesso giudice  che  nel
 corso delle indagini preliminari ha applicato all'imputato una misura
 cautelare personale.
   Vi   e'   anzi   da   dire  che  in  questo  caso  il  pericolo  di
 condizionamento e' maggiore, perche' mentre nel dibattimento la prova
 e' raccolta dal giudice nel contraddittorio  tra  le  parti,  con  la
 possibilita'  di  acquisire  elementi  di  giudizio  nuovi rispetto a
 quelli assunti nella fase delle indagini  preliminari,  nel  giudizio
 abbreviato,  invece,  la responsabilita' e' valutata allo stato degli
 atti e quindi molto spesso in base a quegli stessi elementi che  sono
 serviti  in  precedenza  per  decidere dell'applicazione delle misure
 cautelari.
   In ragione di tutto questo, nella parte  in  cui  non  sancisce  la
 dedotta  incompatibilita'  l'art.  34  c.p.p.  sembra  non  garantire
 l'esigenza del giusto  processo  che  e'  componente  essenziale  del
 diritto inviolabile di difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione
 e  pertanto,  sembrando  la  norma  in  questione in contrasto con un
 principio di rilevanza costituzionale, si rende necessario sospendere
 il processo perche' sulla questione  si  pronunci  il  giudice  delle
 leggi.
   In  attesa  di  tale  pronuncia  e'  il  caso di disporre, ai sensi
 dell'art.   41, comma 2, c.p.p.  che  il  giudice  ricusato  sospenda
 temporaneamente    ogni    attivita'    processuale   nei   confronti
 dell'imputato, salvo il compimento degli atti urgenti.