IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza visti gli atti del procedimento penale contro Fimmano' Diego, Bistone Claudio, De Giorgi Cristian, De Giorgi Salvatore, Scapecchi Andrea, imputati; Premesso che nell'attivita' di indagine preliminare svolta dalla procura della Repubblica del tribunale di Rovigo questo giudice ha emesso misura cautelari personali nei confronti degli attuali imputati. In seguito veniva, dapprima, revocata quella relativa a De Giorgi Salvatore e, successivamente, dopo che reiterate istanze di revoca/sostituzione delle misure venivano respinte, con ordinanza del 19 gennaio 1996, disposta la rimessione in liberta' di Bistonte Claudio ex art. 89 d.P. R. n. 309/1990 e, con provvedimento del 17 gennaio 1996, sostituita la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari per Scapecchi Andrea e Fimmano' Diego. Nel frattempo, il p.m. chiedeva il rinvio a giudizio di tutti gli imputati e all'udienza preliminare del 31 gennaio 1996 i difensori di Bistonte Claudio e Scapecchi Andrea, unitamente ai loro assistiti, chiedevano che il procedimento fosse definito con il rito abbreviato e il p.m. prestava il suo consenso. Diversamente i difensori di De Giorgi Cristian, De Giorgi Salvatore, e Fimmano' Diego non avanzavano analoga richiesta, con la conseguenza che veniva disposta la separazione della posizione di Scapecchi Andrea e Bistonte Claudio e, ritenuta la completezza delle indagini effettuate, questo giudice accoglieva la richiesta di rito abbreviato (per gli altri imputati veniva disposto il rinvio dell'udienza preliminare per la discussione). A questo punto, i difensori di Scapecchi Andrea e di Bistonte Claudio sollecitavano la proposizione di questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 c.p.p. invocando la omogeneita' tra il caso deciso dalla Corte costituzionale con sentenza 15 settembre 1995 n. 432 - e cioe' incompatibilita' del g.i.p. che abbia emesso misura cautelare personale, a partecipare al giudizio dibattimentale - e quello prospettato in questa sede. Questo g.i.p. ritenendo di accogliere la questione prospettata sotto il profilo del contrasto dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. con l'art. 3, primo comma, 24, secondo comma, 101, secondo comma della Costituzione la dichiarava non manifestamente infondata e disponeva la separazione degli atti relativi agli imputati Scapecchi e Bistonte. All'odierna udienza anche il difensore di Fimmano' Diego chiedeva che il procedimento fosse definito con il rito abbreviato e, con il consenso del p.m. questo giudice riteneva il procedimento relativo definibile sulla base dello stato degli atti. Lo stesso difensore del Fimmano', peraltro, sollecitava la proposizione della questione di costituzionalita' dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. che, come gia' deciso nella precedente ordinanza di questo g.i.p. relativa a Scapecchi Andrea e Bistonte Claudio, deve essere ulteriormente disposta. Al riguardo, va rilevato come con la sentenza n. 432/1995 la Corte costituzionale (sulla scia dei principi contenuti nelle decisioni n. 496 del 26 ottobre 1990 e n. 401 del 12 novembre 1991 con le quali era stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale della stessa norma nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio con rito abbreviato il g.i.p. che abbiano emesso ordinanza ex art. 544, secondo comma, c.p.p. e 509, quinto comma, c.p.p.) abbia ritenuto che la decisione emessa dal g.i.p. ai sensi dell'art. 273 c.p.p., riguardando un giudizio di merito (sia pure prognostico e allo stato degli atti) sulla colpevolezza dell'indagato - tanto che si spinge fino a prefigurare l'iter logico che portera' il giudicante a determinare l'entita' della pena e la sua eventuale sospensione - non puo' non riflettersi sulla serenita' ed imparzialita' del giudizio qualora il giudice sia chiamato a decidere nel merito del processo. Secondo la Corte, vi e' il pericolo che "la valutazione complessiva sulla responsabilita' dell'imputato sia, o possa apparire condizionata dalla cosiddetta forza della prevenzione, e cioe' da quella naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento". I principi sui quali la Corte ha fondato tale decisione rendono inevitabile e doverosa la prospettazione alla stessa del dubbio di costituzionalita' dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. con riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che non possa procedere al rito abbreviato il g.i.p. che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato. E cio' tantopiu' a fronte della stessa affermazione della Corte costituzionale contenuta nella sentenza n. 401 del 1991 secondo la quale l'espressione "giudizio" contenuta nell'art. 34, secondo comma, c.p.p. comprende qualunque tipo di giudizio e, quindi, anche il giudizio abbreviato: peraltro, l'influenza condizionante della precedente valutazione di merito operata dal g.i.p. in sede di emissione di misure cautelari, appare ancor piu' evidente nel caso di giudizio abbreviato se solo si consideri che si tratta di un giudizio sulla base dello stato degli atti - gli stessi che almeno in gran parte sono stati posti a fondamento dell'emissione della misura - e senza alcun arricchimento probatorio, eventualmente favorevole all'imputato, conseguente all'istruttoria dibattimentale. Invero, se vi e' incompatibilita' a partecipare al dibattimento del giudice che ha emesso le misure cautelari per le ragioni enunciate dalla Corte nella predetta sentenza, ad analoga conclusione deve giungersi nel caso in cui il processo si svolga nelle forme del rito abbreviato, dovendo essere garantito all'imputato la terzieta' e l'imparzialita' del giudice. Diversamente, vi sarebbe una ingiustificata disparita' di trattamento e conseguente violazione dell'art. 3, primo comma della Costituzione, tra l'imputato che, sottoposto a misura cautelare, il quale al dibattimento non puo' essere giudicato dal giudice che l'abbia disposta e l'imputato, che nella stessa situazione, viene giudicato con il rito abbreviato dallo stesso giudice che ha emesso la misura. Ne consegue che a causa della compressione del diritto di difesa che discende inevitabilmente dalla situazione suesposta, e' ravvisabile il contrasto dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. nell'attuale formulazione anche con l'art. 24 della Costituzione. Infine, tenuto conto che l'art. 101, secondo comma, della Costituzione stabilisce che il giudice e' sottoposto soltanto alla legge, nella fattispecie delineata si ravvisa un contrasto anche con tale norma costituzionale, posto che essa esclude anche solo la possibilita' che il giudice possa essere influenzato nelle proprie determinazioni da valutazioni gia' compiute. Con riferimento, quindi, all'attuale procedimento, la questione prospettatata e rilevante con riferimento all'imputato Fimmano' Diego nei cui confronti questo giudice ha emesso nel corso delle indagini preliminari la misura della custodia cautelare in carcere. Nei confronti anche di tale imputato, va quindi disposta, previa separazione degli atti, la sospensione del procedimento ex art. 23 legge n. 87/1953.