LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto da
 Catapano Domenico avverso l'ordinanza emessa il 17  luglio  1995  dal
 tribunale di Potenza;
   Sentita la relazione fatta dal consigliere dott. Walter Celentano;
   Lette  le  conclusioni  del p.m. con le quali chiede il rigetto del
 ricorso.
                           Premessa in fatto
   L'ordinanza  del  tribunale  di  Potenza  (indicata  in  epigrafe),
 confermativa  in grado di appello di quella emessa dal giudice per le
 indagini preliminari, ha disatteso, ritenendola priva  di  fondamento
 giuridico,  la  tesi  prospettata dall'appellante Catapano secondo la
 quale la misura della custodia  cautelare  in  carcere,  disposta  ed
 applicata dal g.i.p. dopo l'esercizio dell'azione penale da parte del
 pubblico  ministero  con  la  richiesta di rinvio a giudizio, sarebbe
 rimasta priva di efficacia ai sensi dell'art. 302 cod. proc. pen. per
 l'omesso interrogatorio di esso imputato nel termine  previsto  dalla
 norma dell'art. 294, primo comma, del codice.
   Con   il  proposto  ricorso  per  cassazione  lo  stesso  Catapano,
 impugnando ex art. 606 lett. b) e c) l'ordinanza,  per  violazione  e
 falsa  applicazione  delle  suindicate norme, e puntualizzando che la
 misura della custodia cautelare in carcere era  stata  applicata  nei
 suoi  confronti  il  27  maggio  1995  a conclusione della fase delle
 indagini preliminari ed allorche' il p.m. in data 8 maggio 1995 aveva
 gia'  richiesto  il  rinvio  a giudizio, ed altresi che il g.i.p. non
 aveva inteso far luogo all'interrogatorio di esso imputato  ritenendo
 di non dover procedere a tale atto, secondo il disposto dell'art. 294
 cit.,  proprio  per  l'avvenuta  chiusura  della  fase delle indagini
 preliminari, ripropone la questione gia' risolta  in  senso  negativo
 dal tribunale.
   Egli   pone   in   rilievo  che  "l'interrogatorio  costituisce  un
 potere-dovere del giudice" essendo esso "indispensabile strumento  di
 difesa"  e,  a  sostegno  della violazione e falsa applicazione delle
 norme del codice di procedura penale che egli addebita al  tribunale,
 deduce:
     che la disciplina delle misure cautelari sia di ordine generale e
 che  essa riguardi tutte le fasi del procedimento, cosi' che tanto la
 norma dell'art. 294 in tema di interrogatorio della persona in  stato
 di  custodia  cautelare,  quanto  quella  dell'art.  302  in  tema di
 estinzione della misura per omesso interrogatorio  della  persona  in
 stato  di custodia cautelare, sarebbero da interpretare oltre il dato
 letterale, ossia superando l'espressione "nel  corso  delle  indagini
 preliminari"  in  esse  contenuta  e  che  indurrebbe  a far ritenere
 diversa la disciplina dell'interrogatorio per la  persona  sottoposta
 alle   indagini  e  per  l'imputato  nonche'  limitato  l'obbligo  di
 procedervi alla sola fase delle indagini preliminari;
     che, interpretate le norme secondo la lettera e  dunque  in  modo
 restrittivo,   verrebbe   in   essere,   in  relazione  all'attivita'
 difensiva, una "palese disparita'  di  trattamento"  tra  i  soggetti
 secondo  il tempo - se nel corso delle indagini preliminari o dopo la
 chiusura di tale fase e in uno al promovimento dell'azione penale con
 la richiesta di rinvio a giudizio - in cui la misura cautelare  fosse
 disposta  ed  applicata,  onde sarebbe da ritenere costituzionalmente
 illegittima, per contrasto con le garanzie di cui agli artt. 3  e  24
 della  Costituzione,  la  disciplina  dettata  dalle suindicate norme
 degli artt. 294 e 302 del cod. proc. pen.
                       Considerazioni in diritto
   Alla  prima  prospettazione  del  ricorrente  non  sembra   potersi
 accedere   perche'   non  soltanto  lo  specifico  dato  letterale  -
 l'espressione "nel corso  delle  indagini  preliminari"  presente  in
 entrambe  le  norme  in funzione di disciplina - appare insuperabile,
 bensi' anche quello normativo e  di  principio  generale  secondo  il
 quale  - come questa Suprema Corte ha gia' rilevato - (v. la sentenza
 delle S.U. penali 18  giugno  1993  ric.  Dell'Omo  ed  altri)  -  la
 perenzione  di  un  titolo puo' aversi soltanto nei casi tassativi in
 cui la legge espressamente  la  prevede,  esclusa  ogni  applicazione
 analogica o estensiva delle relative norme.
   Per  di piu', puo' ritenersi che il suddetto dato letterale sia del
 tutto  coerente  tanto  con  le  finalita'  espressamente   assegnate
 all'interrogatorio  dalla  stessa norma dell'art. 294 n. 3 quanto con
 la collocazione sistematica delle norme stesse  -  questa  e  l'altra
 dell'art. 302 - e, ancora, con l'altra norma dell'art. 279 del codice
 che  richiama  in  se'  quella  dell'art.  91  delle  disposizioni di
 attuazione, dalla quale e' dato evincere in tutta chiarezza, anche in
 correlazione con  la  diversificata  attribuzione  di  competenza  in
 ordine  alle  misure cautelari, l'intento del legislatore di limitare
 la previsione dell'interrogatorio, anche agli effetti della eventuale
 caducazione  della  misura  per l'omissione dello stesso, alle misure
 disposte ed applicate nella fase delle indagini preliminari.
   L'ordinanza  impugnata  non  potrebbe  essere  annullata  sotto  il
 profilo  della  proposta censura di violazione o erronea applicazione
 delle suindicate norme (artt. 294 e 302) del codice di procedura.
   Diviene allora rilevante l'altra prospettazione e,  puo'  ritenersi
 non  manifestamente  infondato  il  dubbio di costituzionalita' delle
 norme stesse  -  l'una  in  connessione  con  l'altra  -  prospettato
 anch'esso dal ricorrente.
   E  non  soltanto rispetto al parametro dell'eguale trattamento, che
 pure sembra venire in questione ed  assumere  rilevanza  sol  che  si
 consideri  in  qual  misura  proprio la natura di strumento di difesa
 espressamente assegnato  all'interrogatorio  dalla  stessa  legge  di
 delega  (art.  2 n. 5) per l'emanazione del nuovo codice di procedura
 penale, e proprio le sue finalita', quali indicate nell'art. 294 n. 3
 (verifica  dei  presupposti   per   l'applicazione   della   custodia
 cautelare,  nuova  valutazione  degli  stessi,  secondo  le possibili
 risultanze dell'interrogatorio,  in  relazione  anche  soltanto  alle
 esigenze   cautelari)   indurrebbe   a   far   ritenere  insuperabile
 l'effettivita' della garanzia dell'interrogatorio anche allorche'  il
 pubblico  ministero  abbia  investito  del  procedimento  il  giudice
 mediante il promovimento dell'azione penale e secondo le  indicazioni
 dell'art. 405.
   Garanzia  che  assumerebbe  rilievo  in  relazione ad una finalita'
 duplice: introdurre anche in tal caso le suddette  nuove  valutazioni
 in ordine ai presupposti della custodia cautelare, segnatamente sotto
 il  profilo  delle  esigenze  cautelari;  consentire  all'imputato di
 apprestare  le  sue  difese,  in  vista   dell'udienza   preliminare,
 eventualmente in stato di liberta'.
   La  considerazione  dell'interrogatorio,  secondo  la  norma  della
 stessa legge delega, quale strumento di difesa indurrebbe  insomma  a
 far  ritenere non soddisfatta dalle norme in questione la garanzia di
 eguale  trattamento  rispetto  alla  medesima  situazione  costituita
 dall'applicazione  di  una misura di custodia cautelare, in relazione
 ai fondamentali diritti di liberta' personale e di difesa.
   Non e' dunque manifestamente infondato ritenere  che  tali  diritti
 restino  non  adeguatamente garantiti se, alla stregua delle norme in
 questione, l'imputato assoggettato fuori della  fase  delle  indagini
 preliminari  ad  una  misura cautelare restrittiva della sua liberta'
 personale puo' restare in stato di custodia  cautelare  -  anche  per
 quel  solo  periodo  di  tempo  che  la  norma  dell'art. 418 n. 2 ha
 indicato per la fissazione dell'udienza preliminare (e' il  caso  del
 ricorrente  Catapano), ov'egli potra' richiedere di essere sottoposto
 all'interrogatorio (art. 422  n.  3)  -  senza  essere  in  grado  di
 prospettare al giudice le sue ragioni di difesa.
   Dubbio  di  legittimita'  che  investe  anche  la  mancata conferma
 dell'automatismo dell'estinzione della misura di  custodia  cautelare
 per  omesso  interrogatorio.    Questo, gia' introdotto nel codice di
 procedura del 1930 (all'art.   365) dalla legge n.  398  del  1984  e
 assurto  - anche alla stregua della direttiva dell'art. 2 n. 60 della
 legge delega del l987 - a principio giuridico volto a  rafforzare  le
 esigenze sia dell'immediato controllo giurisprudenziale sul permanere
 delle  condizioni di applicabilita' della misura coercitiva sia della
 dialettica  processuale e attraverso questa della garanzia di difesa,
 risulta,  infatti,  escluso,  con  pregiudizio  di  dette   esigenze,
 allorche'  l'applicazione  della  misura  di  custodia  cautelare sia
 intervenuta oltre la fase delle indagini preliminari, e segnatamente,
 com'e' per il caso di specie, dopo la  sola  richiesta  di  rinvio  a
 giudizio.
   Le  considerazioni  svolte  rendono  manifesto  che la questione di
 legittimita' costituzionale e' posta con riferimento, oltre che  agli
 artt.  3  e  24,  anche all'art. 76 della Costituzione per violazione
 della direttiva di cui all'art. 2 n. 5 della legge delega n.  81  del
 1987.