IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa r.g. n. 5240/1994,
 promossa da D'Andrea Giuseppe  &  C.  S.n.c.,  Ingino  Giovanni,  con
 l'avv.    G.  Ingino,  v.  Cernuschi,  1,  Milano,  contro Brigel TMT
 Dolciaria S.a.s., con  l'avv.  A.  Dagliani  e  V.  Salerno,  via  C.
 Battisti, 19.
   Il  tribunale,  letti  gli  atti  e  documenti di causa, sentito in
 camera di consiglio il giudice relatore;
                               F a t t o
   All'odierna udienza collegiale nessuna delle parti e'  comparsa  ed
 il tribunale si e' riservato di provvedere.
                             D i r i t t o
   Il collegio solleva d'ufficio la questione di costituzionalita' del
 primo  comma  dell'art. 181 del c.p.c. quale novellato dalla legge 20
 dicembre 1995, n. 534, che, nel convertire in legge il  decreto-legge
 18  ottobre 1995, n. 432, ha aggiunto all'art. 4 del decreto, dopo il
 primo comma, il seguente:
   "Il primo comma dell'art. 181 del codice  di  procedura  civile  e'
 sostituito  dal  seguente:  Se  nessuna  delle parti comparisce nella
 prima udienza, il  giudice  fissa  una  udienza  successiva,  di  cui
 cancelliere da' comunicazione alle parti costituite. Se nessuna delle
 parti  comparisce  alla  nuova udienza, il giudice, con ordinanza non
 impugnabile, dispone la cancellazione della causa dal ruolo".
                       Rilevanza della questione
   La rilevanza della questione nel giudizio a quo risiede  nel  fatto
 che,  per  effetto  del richiamo operato dall'art. 309 del c.p.c.  al
 primo comma dell'art. 181 del c.p.c., la mancata  comparizione  delle
 parti nel corso del giudizio e, dunque, anche all'udienza collegiale,
 determina  in  base  al  novellato art. 181 non piu' la cancellazione
 immediata della causa dal ruolo, ma la fissazione di nuova udienza di
 cui il cancelliere deve dare notizia alle parti non comparse.   Dalla
 costituzionalita'  o  meno della norma in oggetto, dunque, dipende la
 necessita' per il giudice remittente di fissare nuova udienza  ovvero
 di cancellare la causa dal ruolo.
   Come  e'  noto,  la legge n. 353 del 26 novembre 1990, all'art. 16,
 modificando il precedente testo del primo  comma  dell'art.  181  del
 c.p.c.  (di tenore identico a quello attualmente reintrodotto), aveva
 previsto che "se nessuna delle parti comparisce nella  prima  udienza
 davanti al giudice istruttore, questi, con ordinanza non impugnabile,
 dispone la cancellazione della causa dal ruolo".
   Anche  questa  disposizione, al pari delle altre della legge n. 353
 recante "Provvedimenti  urgenti  per  il  processo  civile",  ha  poi
 subi'to  il  noto  iter  per  effetto  del  quale l'entrata in vigore
 complessiva della legge, prevista originariamente per  il  1  gennaio
 1992, venne via via proposta e frammentata.
   Per quanto qui interessa, deve ricordarsi che per effetto dell'art.
 2,  quinto  comma,  della  legge  4  dicembre  1992,  n. 477, recante
 disposizioni sull'efficacia di norme della legge 21 novembre 1991, n.
 374, istitutiva del giudice di pace, e della legge 26 novembre  1990,
 n.  353,  contenente provvedimenti urgenti per il processo civile, il
 novellato testo dell'art. 181 fu applicabile sin dal 1  gennaio  1993
 ai giudizi instaurati dopo tale data, quale quello in oggetto; mentre
 per   effetto  del  d.-l.    n.  121  del  21  aprile  1995,  recante
 modificazioni alla previgente disciplina transitoria della  legge  n.
 353, fu estesa la disciplina novellata dell'art. 181 anche ai giudizi
 pendenti prima di quella data.
              Non manifesta infondatezza della questione
      La  questione  di  legittimita'  costituzionale  del primo comma
 dell'art. 181 del c.p.c. quale  novellato  dalla  legge  20  dicembre
 1995,  n.  534,  e'  da  valutarsi,  a  giudizio  del  collegio,  non
 manifestamente infondata con riguardo all'art. 97 della Costituzione.
   Alla luce dell'insegnamento  di  codesta  Corte,  l'art.  97  della
 Costituzione,  nello stabilire che i pubblici uffici sono organizzati
 secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati  il  buon
 andamento  e  l'imparzialita'  dell'amministrazione,  non  ha  inteso
 riferirsi ai soli organi della  pubblica  amministrazione,  ma  anche
 agli  organi  dell'amministrazione  della  giustizia  (Corte cost., 7
 maggio 1982, n. 86; 19 gennaio 1989, n. 18).
   Il nuovo testo dell'art. 181 del c.p.c. ripropone, dopo un  periodo
 di  diversa  disciplina,  l'originario  testo, volto ad assicurare ai
 procuratori costituiti l'avviso a cura della cancelleria di una nuova
 udienza in caso di mancata comparizione degli stessi alla precedente.
   Come si evince  dalla  relazione  al  Senato  della  Repubblica  al
 progetto  della  legge  n.  353/1990,  l'innovazione all'art. 181 del
 c.p.c. in quella sede  prevista  fu  determinata  da  un  intento  di
 "concentrazione   del   giudizio"   che,   peraltro,   non  implicava
 compromissione  delle  garanzie  difensive,  atteso  che,   comunque,
 integra   rimaneva   la   possibilita'  per  le  parti,  in  caso  di
 cancellazione della causa dal ruolo, di riassumere  il  giudizio  nel
 termine perentorio di un anno, ai sensi dell'art. 307 del c.p.c.
   Al  contrario,  come  emerge  dai lavori preparatori della legge n.
 534/1995, la reintroduzione dell'originario testo dell'art.  181  del
 c.p.c. non e' stata il frutto di un'attenta e ragionata analisi delle
 conseguenze  cui  aveva  dato  luogo  il  mutamento precedente, ma ha
 costituito  un  sostanzialmente  immotivato  cambiamento   di   rotta
 rispetto     all'obiettivo     della    concentrazione    processuale
 originariamente  auspicato  (cfr.    in  particolare   le   generiche
 affermazioni del rappresentante del Governo, sottosegretario di Stato
 Edilberto  Ricciardi  che,  nella  seduta della Commissione Giustizia
 della Camera dei deputati del  6  dicembre  1995,  alle  perplessita'
 avanzate  dai  deputati  Soda  e  Reale rispondeva sostenendo che una
 richiesta in tal senso  era  "pervenuta  al  Governo  da  molte  sedi
 giudiziarie";   cfr.   anche  la  non  maggiore  attenzione  prestata
 all'innovazione cosi' introdotta dall'aula del Senato,  ove  il  solo
 sen.  Andreotti,  nella  seduta del 30 novembre 1995, mostrava alcune
 perplessita' per la scelta ... lessicale "della  parola  "comparisce"
 in  luogo  della  piu'  corretta locuzione "compare"", suscitando gli
 applausi di un collega senatore, secondo il resoconto sommario  della
 seduta).
   E'  ben  vero  che  l'attuale  testo di legge reintroduce quello in
 vigore  sin  dal  1940,  della  cui  compatibilita'  con   la   Carta
 costituzionale, per quanto e' dato sapere, non si era mai dubitato.
   Ma,  a  giudizio del tribunale, la discrezionalita' del legislatore
 nel momento della codificazione e' ben diversa da quella di cui  puo'
 e  deve  essere  guidato  nel  momento  in  cui,  dopo  una  modifica
 legislativa, reintroduce il sistema anteriormente vigente, ritornando
 sui propri passi.
   A parere del tribunale, infatti, la  reintroduzione  di  una  norma
 (specie  se di natura processuale, atteso il carattere di tendenziale
 stabilita' e certezza che queste dovrebbero rivestire) dopo un  breve
 periodo  di  mutamento  dovrebbe  essere  il  frutto  di un ragionato
 ripensamento  dopo  una  verifica  "sul  campo"  di  effetti negativi
 dell'originaria modifica; al contrario, nel caso che occupa, pare  di
 poter dire che, dopo aver sperimentato gli opportuni e fausti effetti
 della   modifica   originariamente  apportata,  che  contribuivano  a
 conseguire un obiettivo di concentrazione processuale quale auspicato
 dalla citata relazione al Senato della Repubblica, il legislatore  e'
 irragionevolmente  ed  immotivatamente  tornato al sistema anteriore,
 pur potendo, dal confronto dei due sistemi, chiaramente intendere  la
 contrarieta' al buon andamento degli uffici della norma che si andava
 a ripristinare.
   Ed   infatti,   sulla   base   dell'esperienza   (di  quest'ufficio
 giudiziario, che non puo', su  tale  punto,  non  essere  identica  a
 quella  degli  altri  uffici del Paese) relativa all'applicazione del
 regime dell'immediata cancellazione della causa dal ruolo in caso  di
 mancata  comparizione  delle  parti,  il  tribunale  puo' serenamente
 affermare che la percentuale di riassunzioni (originate,  dunque,  da
 cancellazioni  non frutto di un definitivo intento di abbandono della
 lite, ma causate da disguidi dei procuratori, non comparsi in udienza
 per mero errore o per impedimenti) e' stata  del  tutto  marginale  e
 quasi  irrilevante  (tale  da  poter essere indicata, sia pure con il
 timore  di  formulare  cifre  in  mancanza  di   dati   verificabili,
 orientativamente in misura non superiore all'1%).
   Per  questi sporadici casi, il modesto disagio per i procuratori di
 proporre e notificare un'istanza di riassunzione (disagio,  peraltro,
 generalmente  -  salvo  il caso assolutamente marginale della mancata
 comparizione  di   entrambe   le   parti   per   forza   maggiore   -
 "sanzionatorio"  di una carenza di diligenza), appariva di gran lunga
 superato    dal    vantaggio    per    il    complessivo    andamento
 dell'amministrazione.
   I  vantaggi  per  il corretto fluire degli uffici giudiziari che la
 reintroduzione dell'originario testo dell'art. 181  cancella  possono
 cosi' sommariamente indicarsi:
     a)  notevoli  risparmi  di  tempo ed energie lavorative, connessi
 all'eliminazione dell'attivita' di  comunicazione  dell'ordinanza  di
 fissazione della nuova udienza.
   Nella   vigenza  del  sistema  cancellato  dalla  norma  della  cui
 costituzionalita' si dubita, in ogni caso di mancata comparizione  il
 giudice poteva immediatamente cancellare la causa dal ruolo. Oggi, al
 contrario,  dovra' fissare nuova udienza; della stessa il cancelliere
 dovra' dare comunicazione alle  parti  costituite,  predisponendo  un
 biglietto  di  cancelleria  per  gli  avvisi; la comunicazione dovra'
 essere consegnata agli ufficiali giudiziari che, per ciascuna  causa,
 dovranno  curarne  la notificazione a tutti i procuratori costituiti;
 il fascicolo relativo alla causa rinviata ai sensi  dell'art.  181  o
 309  del  c.p.c.,  anziche'  essere  riposto  tra  quelli delle cause
 cancellate, dovra' essere nuovamente inserito tra quelli della  nuova
 udienza, annotato sul ruolo di udienza, portato nuovamente al giudice
 nel  giorno  stabilito  per  la  stessa, e solo all'esito della nuova
 mancata comparizione, e per il caso di  rituale  notificazione  della
 precedente ordinanza, potra' dar luogo alla cancellazione;
     b)  maggiore concentrazione del processo, non esposto, almeno per
 quanto riguarda le cause per le quali non si applichino le  modifiche
 di  cui  alla  legge  n.  353 (cause cd. "vecchio rito"), come troppo
 spesso accade, allo stillicidio di rinvii ai sensi dell'art. 309  del
 c.p.c. e successive istanze di differimento dei procuratori;
     c) maggiore certezza sui dati statistici degli uffici giudiziari,
 troppo  spesso "gonfiati" dalla pendenza di cause in realta' definite
 ed in attesa del solo formale provvedimento di cancellazione, il  che
 impedisce  una  seria  attivita'  organizzativa,  di programmazione e
 razionalizzazione delle forze disponibili.
   Cio', a giudizio del  tribunale,  "implica  un  intralcio  costante
 all'attivita'  giudiziaria,  incompatibile  col  principio  del  buon
 andamento dell'amministrazione della  giustizia  e  non  giustificato
 dalle   finalita'  che  la  norma  intende  realizzare"  (cfr.  Corte
 costituzionale 19 gennaio 1989, n. 18).