Ricorso per conflitto di attribuzioni della provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della Giunta provinciale pro-tempore dott. Carlo Andreotti, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n. 4776 del 19 aprile 1996 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 22 aprile 1996 (rep. n. 62026) rogata dal notaio dott. Pierluigi Mott del collegio notarile di Trento e Rovereto (all. 2) - dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri, 5, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione che non spetta allo Stato di dettare con proprio decreto dsposizioni in materia di trasporto scolastico nonche' per il conseguente annullamento del decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 2 febbraio 1996 (all. 3), avente tale oggetto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1996, nel suo insieme e in ciascuna delle singole disposizioni per violazione: degli artt. 8, nn. 18 e 27, e 16 dello Statuto di autonomia e relative norme di attuazione, con particolare riferimento al d.P. R. 1 novembre 1973, n. 687, e al d.P. R. 19 novembre 1987, n. 527; degli artt. 117 e 118 della Costituzione; dell'art. 83, comma primo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285; dell'art. 17 della legge n. 400 del 1988. F a t t o La ricorrente provincia e' titolare di potesta' legislativa primaria e di potesta' amministrativa sia in materia di assistenza scolastica che in materia di comunicazioni e trasporti di interesse provinciale, ai sensi dell'art. 8, n. 27) e n. 18), nonche' dell'art. 16 dello Statuto speciale di autonomia. D'altronde entrambe le materie sono altresi' assegnate alle generali competenze legislative ed amministrative delle Regioni ordinarie degli artt. 117, primo comma, e 118, primo comma, della Costituzione. Alle competenze statutarie e' stata data piena attuazione con d.P. R. 1 novembre 1973, n. 687 e con d.P. R. n. 527 del 1987. In base al primo, in particolare, spettano alla provincia (art. 1) tutte le attribuzioni gia' esercitate dallo Stato a favore degli alunni sia delle scuole elementari che secondarie che materne. Si consideri anche che il d.P. R. n. 616 del 1977 ha chiarito (art. 42) che la materia assistenza scolastica comprende "tutte le strutture, i servizi e le attivita' destinate a facilitare, mediante erogazioni e provvidenze in danaro o mediante servizi individuali o collettivi, a favore degli alunni di istituzioni scolastiche pubbliche o private, l'assolvimento dell'obbligo scolastico nonche' ... la prosecuzione degli studi". Non puo' dunque esser dubbio che anche il trasporto scolastico rientra nella materia. D'altra parte, anche per l'aspetto della materia che si possa considerare come parte dei trasporti la competenza e' pur sempre, come detto, provinciale. Infatti in attuazione della disposizione statutaria che assegna alla provincia ogni competenza in materia di comunicazioni e trasporti di interesse provinciale, compresi la regolamentazione tecnica e l'esercizio degli impianti di funivia, il d.P. R. n. 527 del 1987 ha operato un trasferimento pieno delle funzioni inerenti alla materia. E si noti che la competenza provinciale comprende anche i profili relativi alla sicurezza, come si evince ad esempio - in materia di linee ferroviarie e tranviarie - dall'art. 2 del predetto decreto, ove espressamente si riconosce "la normativa provinciale in materia di sicurezza dei trasporti" pur con il vincolo di osservanza delle "prescrizioni tecniche contenute nella normativa statale". La provincia di Trento ha disciplinato la materia dei servizi di trasporto urbani ed extraurbani per alunni con la legge provinciale 9 luglio 1993, n. 16, che, nella piu' recente versione recata dall'art. 8 della legge provinciale n. 1 del 1996, attribuisce alla Giunta provinciale (e non ai comuni) il compito non solo di istituire e di gestire tali servizi mediante contratti di trasporto stipulati con imprese private, ma anche di disciplinare con proprio atto "le caratteristiche dei servizi nonche' i criteri e le modalita' della loro organizzazione". Inopinatamente interviene ora nella materia il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione del 2 febbraio 1996, qui impugnato, recante - come si trattasse di una legge cornice - Disposizioni in materia di trasporto scolastico. Esso stesso identifica in premessa la propria materia come quella dell'art. 42 del d.P. R. n. 616 del 1977, ovvero come quella della assistenza scolastica, altrettanto espressamente si riferisce "alla realizzazione di servizi sociali in generale e del trasporto scolastico in particolare" e prende atto "delle attribuzioni riservate in materia ai comuni". Sembra palese che non solo di cio' avrebbe dovuto prendere atto, ma anche della evidente competenza regionale e provinciale alla disciplina del servizio, e della altrettanto evidente incompetenza propria. Invece, la premessa del decreto sembra affermare la propria competenza sulla base del richiamo all'art. 83 del nuovo codice della strada "che disciplina l'immatricolazione in uso proprio degli autobus e dei veicoli per trasporto specifico di persone". Ma in effetti, tale disposizione testualmente afferma che per i veicoli ora detti "la carta di circolazione puo' essere rilasciata soltanto a enti pubblici, imprenditori, collettivita', per il soddisfacimento di necessita' strettamente connesse con la loro attivita', a seguito di accertamento effettuato dalla Direzione generale della M.C.T.C. sulla sussistenza di tali necessita', secondo direttive emanate dal Ministero dei trasporti con decreti ministeriali". Appare chiaro che la competenza del Ministero dei trasporti si limita alla fissazione delle direttive alla Direzione generale per il rilascio della carta di circolazione, a seguito dell'accertamento sulla sussistenza delle esigenze connesse con la attivita' dei richiedenti. Invece, il decreto qui impugnato non contiene per nulla tali direttive ma - come e' evidente dal suo stesso titolo - contiene invece agli artt. 1 e 6 una disciplina del servizio di trasporto scolastico, nella quale sono stabiliti gli operatori, le modalita' e le caratteristiche del servizio, con conseguente ed esplicita abrogazione di tutte le disposizioni comunque contrarie o incompatibili con le "norme" del decreto stesso (art. 7). E' dunque manifesto il carattere invasivo del decreto impugnato, che si addentra nella disciplina di un servizio la cui regolamentazione e' sotto ogni profilo riservato alla competenza legislativa ed amministrativa provinciale. Naturalmente, tale carattere invasivo non vi sarebbe - quanto meno per la ricorrente provincia - qualora si dovesse ritenere che esso, in relazione alle competenze statutarie ed alla particolare legislazione della provincia, non e' destinato a trovare applicazione nell'ambito del territorio provinciale. Va osservato tuttavia che di una eventuale non applicazione non c'e' traccia nel decreto, e che i riferimenti contenuti nella premessa al codice della strada inducono piuttosto a ritenere che, nella prospettiva del Ministero emanante, esso debba trovare ovunque applicazione. In tali condizioni, tuttavia, il decreto ministeriale impugnato e le singole disposizioni di esso sono illegittime e lesive delle prerogative costituzionali della ricorrente per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1. - Arbitrario esercizio da parte del Ministero dei trasporti di poteri normativi spettanti alla provincia autonoma di Trento. Come detto in narrativa, la disciplina dei servizi di assistenza scolastica e dei servizi di trasporto, in ogni loro profilo, spetta alla potesta' primaria della provincia autonoma di Trento. Appare dunque manifesto il carattere illegittimamente invasivo del decreto impugnato, in quanto reca una propria disciplina, arbitrariamente sostituendosi all'esercizio delle competenze provinciali, e ponendo agli enti interessati alla gestione del servizio limiti e restrizioni ulteriori e diversi rispetto a quelle derivanti dalle regole proprie di circolazione dei veicoli. Che il contenuto del decreto qui impugnato sia tale appare facilmente. Gia' l'art. 1, comma 1, pretende di stabilire che il servizio puo' essere effettuato "dai comuni" (si ricorda che nella provincia di Trento il servizio e' invece in primo luogo provinciale) soltanto con scuolabus o miniscuolabus "immatricolati in uso proprio, a nome dei comuni stessi, a titolo di proprieta', usufrutto, patto di riservato dominio, locazione con facolta' di compera (leasing)", mentre il comma 2 stabilisce che i veicoli "possono essere utilizzati, oltre che dagli alunni della scuola dell'obbligo, anche dai bambini frequentanti gli asili nido e le scuole materne" a condizione che per ogni due file di posti da questi occupati vi sia un posto a lato del corridoio "destinato, durante il trasporto, ad accompagnatore maggiorenne responsabile della custodia e della assistenza dei bambini stessi". Secondo l'art. 2, comma 1, se il volume vuole affidare il servizio a terzi "dovra' rilasciare apposita licenza di noleggio ovvero concessione esclusivamente per servizio di linea per scuolabus o i miniscuolabus da destinare a tale servizio ed immatricolati a nome dei terzi stessi". Il secondo comma, d'altronde vieta ad un comune di affidare in appalto il servizio fatto con mezzi del comune stesso o di dare in comodato tali mezzi. L'art. 3 pretende di limitare l'utilizzo dei mezzi per scopi diversi dal trasporto casa-scuola ad "attivita' scolastiche o parascolastiche programmate ed autorizzate od approvate dalle locali autorita' scolastiche" e ad "attivita' ricreative o culturali programmate dai comuni e destinate ai ragazzi frequentanti le scuole dell'obbligo site nel comune", ma con ulteriore limitazione "agli alunni iscritti al locale istituto scolastico da individuarsi a mezza apposita elencazione attestante l'appartenenza all'istituto". E il "personale di bordo", secondo l'art. 4, comma 2, "deve essere in grado di dimostrare che si tratta di gita culturale, d'istruzione o per attivita' sportive", e "che sia stata programmata ed ordinata (sic) dalla competente autorita' scolastica". Gli artt. 5 e 6 ammettono - meno male - che un comune possa agire per l'altro nell'ambito delle forme associative previste dalla legge n. 142 del 1990. Ma in ogni modo ogni volta che i mezzi escano anche per un metro dal territorio comunale (il che peraltro potrebbe accadere "solo nei casi previsti dagli artt. 3, 5 e 6", secondo l'art. 4, comma 1), essi devono essere "dotati di cronotachigrafo", e questo deve essere, come e' sembrato opportuno precisare, "efficiente e funzionante". L'art. 7 infine "abroga" - per sua espressa dizione - non solo le precedenti "circolari", ma inoltre "tutte le disposizioni comunque contrarie ed incompatibili con le norme del presente decreto". Si noti che, dato il contrasto con lo statuto e con le norme di attuazione, una simile normativa ministeriale apparirebbe illegittima ed invasiva anche se essa trovasse puntuale supporto in una disposizione di legge: questa infatti non potrebbe che risultare essa stessa illegittima, in quanto trasferisce allo Stato ed al Ministero dei trasporti funzioni che le norme di rango costituzionale ed attuativo assegnano all'autonomia provinciale. In realta' tuttavia, la normativa qui impugnata e' altresi' (come subito sotto argomentato) priva di qualunque fondamento legislativo. 2. - Generale assenza di fondamento normativo della normativa regolamentare emanata. Come sopra ricordato, il solo fondamento legislativo richiamato dal decreto qui impugnato consiste nell'art. 83 del nuovo codice della strada, secondo il quale in relazione agli autobus ed ai veicoli per trasporto specifico di persone in uso proprio "la carta di circolazione puo' essere rilasciata soltanto a enti pubblici, imprenditori, collettivita', per il soddisfacimento di necessita' strettamente connesse con la loro attivita', a seguito di accertamento effettuato dalla Direzione generale della M.C.T.C. sulla sussistenza di tali necessita', secondo direttive emanate dal Ministero dei trasporti con decreti ministeriali". Come appare chiaramente, la competenza statale si riferisce ad una precisa attivita' amministrativa (il rilascio della carta di circolazione), rilascio che secondo la legge puo' avvenire soltanto a favore di certi soggetti (tra cui tutti gli enti pubblici), soltanto per certi fini (il soddisfacimento di necessita' strettamente connesse con la loro attivita') e soltanto previo accertamento sulla sussistenza di tali necessita', sulla base di direttive emanate dal Ministero. Le direttive, in particolare, non possono essere concepite che come atti indirizzati agli uffici del Ministero stesso, rivolti ad indirizzare la loro attivita' amministrativa, e nel caso specifico il rilascio della carta di circolazione e in particolare l'accertamento della sussistenza della necessita' che lo giustifica. Non e' qui il luogo per valutazioni sul merito di tale disciplina, che affida all'amministrazione il compito di valutare la sussistenza della "necessita'"; fatto sta comunque da un lato che l'accertamento di tale necessita' non puo' significare intromissione dell'amministrazione statale nel servizio, ma soltanto verifica che il soggetto richiedente abbia titolo a richiedere l'immatricolazione del veicolo per uso proprio, dall'altro che in ogni modo la disciplina statale non affida al Ministero altro compito che quello di dettare direttive per il rilascio della carta di circolazione sulla base dell'accertamento della necessita' in relazione alla quale detto rilascio e' richiesto. Nulla di tutto cio' e' contenuto nel decreto qui impugnato che, al di fuori di qualunque previsione di legge, e sulla base soltanto di presunte "esigenze prospettate da piu' comuni", e di una non meno presunta ma certo incomprensibile "opportunita'" che i comuni stessi "realizzino i propri servizi a beneficio della collettivita' senza precostituire i limiti o vincoli ingiustificati", pretende di stabilire una completa disciplina del servizio, in un momento successivo alla immatricolazione ed al rilascio della carta di circolazione, sia quanto ai profili gestionali sia (anche se in realta' molto limitatamente) quanto ai profili della sicurezza: senza che per alcuno dei due aspetti vi sia la benche' minima investitura di potere verso il Ministero. Sembra infatti evidente che la normativa qui contestata, come sopra esposta, e' composta di norme sulla cui opportunita' in assoluto ed in relazione alle concrete condizioni operative del servizio non e' qui a discutere, le quali non hanno peraltro nulla a che vedere con le direttive da rivolgere agli uffici per il rilascio della carta di circolazione, previa verifica della necessita' di utilizzo. Ora, che il Ministero si sia mosso a tale disciplina nell'ambito di un volenteroso (e paternalistico) sforzo di riempire un presunto vuoto normativo puo' bene essere. Ma altrettanto e piu' chiaro sembra che esso ha preteso di esercitare competenze che non gli sono assegnate ed ha introdotto nell'ordinamento un atto privo di base normativa, illegittimamente invadendo la competenza legislativa ed amministrativa delle Regioni ed in particolare della ricorrente provincia autonoma di Trento. 3. - Violazione dell'art. 17 della legge n. 400 del 1988. L'atto qui impugnato si presenta esso stesso come un atto normativo, tanto che esso, come detto, non solo reca le nuove disposizioni in materia di trasporto scolastico, ma contiene altresi' la clausola finale volta alla abrogazione di tutte le precedenti disposizioni incompatibili con le norme del decreto stesso. E tali qualificazioni hanno tanto piu' valore in quanto perfettamente corrispondono alla lettera ed alla sostanza dei disposti. Esso non e' dunque l'atto previsto dall'art. 83 del codice della strada, ma un alcunche' di diverso e privo di base giuridica. Infatti, per i poteri normativi dei Ministri vale non solo il generale principio di legalita', ma altresi' la regola specifica espressa dal comma 3 dell'art. 17 della legge n. 408/1988, secondo il quale "con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro ..., quando la legge espressamente conferisca tale potere". Ma se anche, a giudizio della provincia autonoma di Trento contro ogni evidenza, si volesse ritenere che l'art. 83 del codice della strada istituisce un potere normativo in capo al Ministro, ugualmente sarebbe da lamentare il mancato rispetto delle forme proprie della produzione normativa da parte dei Ministri. Infatti un atto normativo emanato con decreto ministeriale altro non e' che un regolamento ministeriale, da assoggettare alle regole procedurali poste per tali tipi di atti dalla legge n. 400 del 1988, all'art. 17. Secondo tale disposizione, i regolamenti ministeriali non solo devono essere comunicati al Presidente del Consiglio prima della loro emanazione ma, soprattutto "sono adottati previo parere del Consiglio di Stato", nonche' "sottoposti al visto della Corte dei conti". Ne' varrebbe obiettare che l'atto qui impugnato non si definisce ne' si considera un vero e proprio "regolamento". Infatti, non puo' credersi che per evitare il rispetto della normativa ora richiamata basti di evitare di usare il nome, quando di regolamento si tratta in sostanza. In altre parole, l'intento normativo proprio della legge n. 400 del 1988 non e' certo quello di stabilire una particolare procedura per gli atti denominati espressamente "regolamento", ma appare quello di stabilire una procedura propria per gli atti normativi che la legge consenta ai Ministri; quando un atto pone norme secondarie atte ad entrare nell'ordinamento giuridico esso ha natura regolamentare e deve essere emanato secondo la procedura stabilita dalla legge n. 400. Comunque considerato, il decreto impugnato appare dunque illegittimo e lesivo delle prerogative costituzionali della ricorrente.