Ricorso della regione Veneto, in persona del presidente pro-tempore
 della  Giunta  regionale,  autorizzato  mediante  deliberazione della
 Giunta stessa n. 1427 in data 3 aprile 1996, rappresentata e  difesa,
 per  mandato  a  margine  del presente atto, dagli avv.ti prof. Mario
 Bertolissi del foro di  Padova  e  Luigi  Manzi  del  foro  di  Roma,
 elettivamente  domiciliata presso lo studio dell'avv. Luigi Manzi, in
 Roma, via F. Confalonieri n. 5, contro la  presidenza  del  Consiglio
 dei  Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, per
 regolamento di competenza in relazione:
     1) agli inviti, datati 22  febbraio  1996,  indirizzati  agli  ex
 consiglieri  ed  assessori  regionali  del  Veneto  Umberto  Carraro,
 Maurizio Creuso, Bortolo Mainardi, Mirco Marzaro e Giulio Veronese ai
 sensi  dell'art.  5  primo  comma,  del  decreto-legge  n.  453/1993,
 convertito  nella legge n. 19/1994, della procura regionale presso la
 Sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte dei conti (doc. 1);
     2) agli inviti, datati 22  febbraio  1996,  indirizzati  agli  ex
 consiglieri  ed  assessori regionali del Veneto Gianfranco Cremonese,
 Pierantonio Belcaro, Aldo Bottin, Giorgio Carollo, Antonio  Bogoni  e
 Camillo  Cimenti ai sensi dell'art. 5, primo comma, del decreto-legge
 n.  453/1993,  convertito  nella  legge  n.  19/1994,  della  procura
 regionale presso la sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte
 dei conti (doc. 2);
     3)   agli   inviti,  datati  22  febbraio  1996,  indirizzati  ai
 consiglieri Fabrizio Comencini, Giorgio Bragaja e  Ottavio  Contolini
 ai  sensi  dell'art.  5,  primo comma, del decreto-legge n. 453/1993,
 convertito nella legge n. 19/1994, della procura regionale presso  la
 sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte dei conti (doc. 3);
     4)  agli  inviti,  datati  22  febbraio 1996, indirizzati agli ex
 consiglieri ed assessori regionali del Veneto Roberto Bissoli,  Luigi
 Covolo,  Vittorio  Guillon-Mangilli, Carlo Alberto Tesserin e Luciano
 Falcier, ai sensi dell'art. 5,  primo  comma,  del  decreto-legge  n.
 453/1993,  convertito nella legge n. 19/1994, della procura regionale
 presso la sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte dei conti
 (all. 3-bis);
     5) agli inviti, datati 22  febbraio  1996,  indirizzati  agli  ex
 consiglieri  regionali del Veneto Gian Pietro Favaro e Giuseppina Dal
 Santo ai  sensi  dell'art.  5,  primo  comma,  del  decreto-legge  n.
 453/1993,  convertito nella legge n. 19/1994, della procura regionale
 presso la sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte dei conti
 (all. 3-ter);
     6)  all'invito,  datato  22  febbraio  1996,  indirizzato  all'ex
 consigliere   regionale   del  Veneto  Mariella  Andreatta  ai  sensi
 dell'art. 5, primo comma, del decreto-legge n.  453/1993,  convertito
 nella  legge  n.  19/1994,  della procura regionale presso la sezione
 giurisdizionale per il Veneto della Corte dei conti (all. 3-quater).
                               F a t t o
   1. - Con una serie di atti di invito, posti in essere in attuazione
 del dettato dell'art. 5, primo comma, del decreto-legge n.  453/1993,
 convertito  nella  legge  n.  19/1994, la procura regionale presso la
 sezione giurisdizionale per  il  Veneto  della  Corte  dei  conti  ha
 sollecitato  a ex consiglieri ed ex assessori della Regione Veneto la
 presentazione di "eventuali deduzioni e documenti", nel quadro di una
 iniziativa volta ad accertare, a loro carico, la sussistenza  di  una
 responsabilita' patrimoniale amministrativa.
   Negli  atti di invito poc'anzi indicati - contro i quali e' diretto
 il presente conflitto di attribuzioni e dalla cui lettura si  possono
 estrapolare i piu' minuti contorni del fatto - si legge, tra l'altro,
 che  appunto  "lo  scrivente Ufficio ha ... avviato verifiche tese ad
 accertare l'eventuale sussistenza, nella specie,  di  un  danno  alle
 finanze dell'ente pubblico", e cio' sulla scorta (a) di notizie avute
 dalla  Procura  della  Repubblica  di Venezia e (b) delle perizie dei
 consulenti  tecnici  Tomasin  e  Amodei-Maccarrone,  le  quali  hanno
 evidenziato   "sia   lo   squilibrio   economico,   che  le  numerose
 irregolarita'  amministrativo-contabili  della   gestione   dell'ente
 beneficiario"  (v.,  ad  es.,  doc.  1):  trattasi  di Veneto Teatro,
 servizio costituito nell'ambito della Associazione Teatri Antichi del
 Veneto (associazione di diritto privato tra enti pubblici proprietari
 di  teatri  storici),   avente   "l'esclusivo   scopo   di   produrre
 direttamente,  organizzare  e  gestire  circuiti  di distribuzione di
 spettacoli   sul   territorio   regionale;   promuovere,   ricercare,
 coordinare iniziative produttive e di ricerca teatrale di enti locali
 ed associazioni varie, nonche' di partecipazione a singole produzioni
 di  spettacoli ecc." (a.t.a.v. - Venetoteatro, Relazione 1993, da cui
 possono trarsi indicazioni utili per comprendere quale sia  stato  il
 ruolo  svolto dall'istituzione beneficiaria dei contributi regionali:
 doc. 5 e doc. 6, questo secondo recante "Per  una  storia  di  Veneto
 Teatro 1980-1992");
   Cio' che conta - nella prospettiva che ci riguarda - e' l'ulteriore
 puntualizzazione  argomentativa  della  Procura regionale, secondo la
 quale "il quadro delineato e', da un lato, quello di un ente incapace
 di realizzare le proprie finalita'  se  non  al  prezzo  di  continue
 perdite  di esercizio e della lievitazione della situazione debitoria
 fino alla dichiarazione  di  fallimento.  Dall'altro  lato  viene  in
 rilievo una gestione contabile irregolare e illegale che non consente
 una verifica attendibile, soprattutto per quel che concerne i costi".
 Sicche',  "sulla base della situazione richiamata, deve dedursi, che,
 illegittimamente si e'  proceduto  ad  erogare  contributi  a  Veneto
 Teatro,  stante  la mancanza, da parte dell'ente, sia del presupposto
 di un'adeguata capacita' finanziaria e tecnico-organizzativa (cio'  a
 partire    quanto    meno   dall'esercizio   1988/89   tenuto   conto
 dell'accumulo, a tale data, di rilevanti  perdite  d'esercizio),  che
 quello  di  una  trasparente e regolare tenuta della documentazione e
 delle scritture contabili".
   Tali considerazioni - si badi - non  sono  suffragate  dal  dettato
 normativo  espresso  dalla  legislazione  regionale  di  riferimento,
 bensi' connesse al seguente assunto della Procura: "E'  da  ritenere,
 infatti,  come  per casi simili, insita anche nel sistema individuato
 dagli articoli 3 e 4 della legge regionale n. 52/84 la regola secondo
 la quale alla concessione di contributi pubblici (nella specie per lo
 svolgimento delle attivita' contemplate  nelle  citate  disposizioni)
 puo'  addivenirsi  solo  in presenza dei menzionati presupposti" (v.,
 ancora, doc. 1).
   2.  -  L'iniziativa  della  procura  regionale  presso  la  sezione
 giurisdizionale  per  il  Veneto della Corte dei conti non e' rimasta
 confinata - ne' poteva, verosimilmente, esserlo, date le implicazioni
 istituzionali  che  necessariamente  comporta  -  nell'ambito   della
 personale  esperienza di ciascun destinatario. E poiche', pur essendo
 prevalentemente indirizzata a colpire ex consiglieri ed ex assessori,
 ha raggiunto anche attuali componenti del Consiglio  regionale,  cio'
 ha   determinato  tra  l'altro  il  blocco  di  alcune  significative
 attivita' delle commissioni: ad esempio, quella di riparto del  fondo
 sociale  regionale  per  l'anno  1996  poiche',  a  causa di "recenti
 contestazioni fatte da parte della magistratura contabile  ad  alcuni
 consiglieri regionali ... questa commissione ... ritiene di investire
 l'Ufficio  di  Presidenza  affinche'  sollevi nelle sedi opportune il
 problema della responsabilita' patrimoniale del consigliere regionale
 che nell'esercizio delle sue fuuzioni da' un parere  sul  riparto  di
 fondi  ad  enti  pubblici  e  privati  sul quale non puo' avere alcun
 controllo  amministrativo"  (nota   del   presidente   della   quinta
 commissione  consiliare datata 21 marzo 1996: circostanza nella quale
 il Consiglio puo' dirsi aver avuto conoscenza di taluno almeno  degli
 atti impugnati ex art. 39 della legge n. 87/1953) (doc.  7).
   Investito  della questione, il Consiglio regionale ha approvato una
 mozione in data 3 aprile 1996 (doc. 8), con la quale ha impegnato  la
 Giunta  regionale  a  sollevare  il presente conflitto, sulla base di
 alcune chiare premesse:
     a)  che  la  richiesta  della  procura  regionale   muove   dalla
 considerazione  secondo cui "gli artt. 3 e 4 della legge regionale n.
 52/1984 abbiano un significato diverso da quello  che  risulta  dalla
 loro interpretazione letterale e logico-sistematica, ritenendo che la
 Regione   dovesse   esigere  dall'ente  finanziato  non  solo  quanto
 espressamente previsto dalla legge regionale in questione (esibizione
 di programma di attivita'), ma anche la produzione di  documentazione
 contabile  di  dettaglio e l'espletamento di una preventiva attivita'
 di verifica prodromica all'erogazione del contributo";
     b)   che   "il   procuratore   regionale   presso   la    sezione
 giurisdizionale  per  il Veneto postula in tal modo l'esistenza di un
 differente dettato normativo, non voluto dal  legislatore  regionale,
 come  documentato  negli  atti  preparatori  della  legge, e che cio'
 integra  per  un  verso  una attivita' di carattere legislativo e per
 altro verso una disapplicazione della legge regionale n. 52/1984  che
 esorbita  dai compiti istituzionali propri della giurisdizione (Corte
 cost., sent. n. 285/90)";
     c) che  "l'invito  come  sopra  formulato,  oltre  a  configurare
 l'invasione  di  competenza  sopra  indicata,  finisce  altresi'  per
 svuotare di ogni contenuto la garanzia costituzionale di cui all'art.
 122 della Costituzione, rendendo  assoggettabile  alla  giurisdizione
 della  Corte  dei  conti  attivita'  che  i  componenti del Consiglio
 regionale e della Giunta regionale svolgono in via istituzionale".
   E', dunque, sotto questi molteplici ed articolati  aspetti  che  la
 Regione  Veneto  propone  il  presente  ricorso  per  regolamento  di
 competenza perche' ritiene i suindicati atti di invito della  Procura
 regionale presso la sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte
 dei   conti   invasivi  di  proprie  attribuzioni  costituzionalmente
 protette.
                             D i r i t t o
   1. - Per evitare  possibili  equivoci  e,  innanzi  tutto,  che  si
 ritenga - infondatamente - che la questione dedotta si sostanzi nella
 richiesta di un sindacato su errori in iudicando piuttosto che - come
 e'  invece  -  su un difetto assoluto di giurisdizione del magistrato
 contabile (cui  senz'altro  appartiene,  quantomeno  nell'ottica  del
 conflitto di attribuzioni, l'iniziativa assunta ai sensi dell'art. 5,
 primo comma, del decreto-legge n. 453/1993, convertito nella legge n.
 19/1994),  e'  necessario soffermarsi su alcuni aspetti della vicenda
 idonei  a  dimostrare  il  percorso  logico   (psicologico)-giuridico
 seguito  dalla  Procura  regionale  nel  prospettare,  in vista della
 emissione della citazione a giudizio, l'addebito per  responsabilita'
 patrimoniale amministrativa.
   2.  - Il dettato normativo di riferimento e' costituito dalla legge
 regionale del Veneto 5 settembre  1984,  n.  52  (recante  "Norme  in
 materia di promozione e diffusione di attivita' artistiche, musicali,
 teatrali  e  cinematografiche":  doc.  9),  la  quale  - nel disporre
 erogazioni finanziarie - individua due distinte categorie di soggetti
 beneficiari:
     a) "enti e istituzioni di rilevante importanza", elencati  quindi
 in  modo  tassativo nell'allegato A) alla legge regionale (Ente Arena
 di Verona, Ente Autonomo La Fenice  di  Venezia,  Teatro  Sociale  di
 Rovigo,  Teatro  Comunale  di  Treviso,  Ente  Orchestra da Camera di
 Padova, Solisti Veneti, Veneto Teatro, Comune di  Padova  per  Teatro
 Verdi,  Comune  di  Vicenza  per  manifestazioni  musicali nel Teatro
 Olimpico,  Ente  Autonomo  "La  Biennale"   di   Venezia,   Orchestra
 Filarmonica Veneta, Comune di Verona per Estate Teatrale Veronese).
   Piu'  precisamente,  la  legge dispone che la Regione "ne favorisce
 l'attivita' mediante l'erogazione di un contributo  annuo"  (art.  3,
 primo comma) e che il contributo - determinato dalla Giunta regionale
 nell'ambito  di  un  "piano  di contributi" (ex art. 14, primo comma,
 lett. a) - e' corrisposto sulla base di "una relazione sull'attivita'
 svolta anche ai fini della determinazione dell'entita' del contributo
 da concedere per l'anno successivo" (art. 4, primo comma).  La  legge
 prevede,  quindi, che "entro la stessa data" (del 30 novembre di ogni
 anno) "dette istituzioni presentano anche il programma dell'attivita'
 per l'anno successivo" (art. 4, secondo comma);
     b)   enti   locali,   singoli   o   associati;   enti,  istituti,
 associazioni,  fondazioni,   cooperative   senza   fine   di   lucro;
 aggregazioni  dei  soggetti  (diversi dagli enti locali) a larga base
 rappresentativa nel territorio regionale (artt. 5,  primo  comma;  7,
 primo comma e 9, primo comma).
   Relativamente  a  questa seconda categoria di soggetti beneficiari,
 il legislatore regionale ha stabilito - dettando con cio'  un  regime
 giuridico  obiettivamente  differenziato - che questi presentino "una
 relazione  illustrativa  delle  finalita'  e   delle   modalita'   di
 realizzazione  del programma per il quale e' richiesto il contributo"
 (art. 11, primo comma, lett. a), nonche' "un  preventivo  dettagliato
 delle  entrate e delle spese" (art. 11, primo comma, lett. b); mentre
 l'erogazione del contributo e' disposta  in  unica  soluzione  previa
 presentazione di idonea documentazione attestante l'attivita' svolta"
 (art.  12,  terzo  comma).  Inoltre  -  a conferma del doppio binario
 seguito - soltanto con riferimento a questi soggetti e'  prevista  la
 facolta'  di  revoca  del  contributo:  ad  esempio,  quando "vengano
 accertate irregolarita' nella contabilizzazione  della  spesa"  (art.
 12, sesto comma, lett.  c).
   3.  - E' sufficiente un simile breve richiamo del dettato normativo
 per  individuare   alcune   differenze   macroscopiche   di   regime,
 riguardanti essenzialmente:
     gli  elementi  conoscitivi richiesti: piu' rigorosi e dettagliati
 per i soggetti di cui agli artt. 5, 7 e 9;
     il tempo dell'erogazione del contributo: in  via  preventiva  per
 gli  enti  e  le istituzioni di rilevante importanza (art. 3), in via
 successiva o a consuntivo per gli altri soggetti (artt. 5, 7 e 9);
     la revoca delle assegnazioni: previste soltanto  per  i  soggetti
 diversi  dagli enti e istituzioni di rilevante importanza (artt. 5, 7
 e 9).
   Quanto all'aspetto che ha finito per assumere il piu' significativo
 rilievo - vale a dire i controlli, non contemplati nei riguardi degli
 enti ed istituzioni di cui all'allegato A) della legge  regionale  n.
 52/1984  -,  la  spiegazione  relativa  alla  soluzione accolta la si
 ritrova chiaramente  esplicitata  nella  relazione  illustrativa  del
 disegno  di  legge  (di  quella  che  poi  sarebbe  divenuta la legge
 regionale  n.  52/1984),  stando  alla  quale  alle  istituzioni   di
 rilevante  importanza  (di cui agli artt. 3 e 4: e' ad essi che si e'
 espressamente riferito il Procuratore  regionale),  "in  ossequio  ai
 criteri  di  cui  si  e'  detto, si prevede di erogare annualmente un
 contributo che rappresenta il concorso della Regione alla loro vita e
 alla  loro  attivita',  con  esclusione   di   qualsiasi   forma   di
 condizionamento.  L'individuazione di tali enti e istituti risponde a
 criteri  del  tutto  trasparenti:    sarebbe  infatti  difficile  per
 chiunque negare che gli elenchi di cui si e' detto comprendano quanto
 di  piu'  importante esprima oggi, in fatto di istituzioni culturali,
 la comunita' veneta".
   Ed il carattere inequivoco del  dettato  legislativo  in  esame  e'
 corroborato,  altresi',  dalla  dichiarazione  resa  dal  consigliere
 Morandina nel corso della seduta del 27 luglio  1984,  a  parere  del
 quale   "spesso,  anche  l'introduzione  di  relazioni  finali  sulle
 attivita' non e' sufficiente  a  documentare,  come  dovrebbe  essere
 documentato   a   una   istituzione   come   la  Regione,  che  eroga
 finanziamenti in qualche caso consistenti,  la  documentazione  reale
 delle  attivita'.  Ecco perche' noi proponevamo la sostituzione delle
 relazioni con la vera e propria  fornitura  di  documentazione  sulle
 attivita' svolte" (doc. 10). Il che non avvenne.
   D'altra  parte,  v'e'  da  dire  che  -  nel  solco  di  una prassi
 consolidata - dall'esame della legislazione regionale del  Veneto  si
 ricava:  che il riferimento normativo alla attivita' di un dato ente,
 in vista del suo finanziamento,  sottintende  un  mero  richiamo  dei
 compiti  statutari  del  medesimo,  ritenuti  coerenti  con l'opzione
 legislativa della Regione (v., ad es., art.  1,  primo  comma,  legge
 regionale  n.  17/1983  e  n.    21/1988);  che  la  distinzione  dei
 contributi a seconda che siano in conto capitale, in conto interessi,
 per spese correnti ecc. e' - se voluta  -  espressamente  contemplata
 dal legislatore (v., ad es., art. 4, legge regionale n. 77/1979; art.
 16,  legge  regionale n. 55/1982; art. 9, legge regionale n. 46/1985;
 mentre l'art. 3, primo comma, legge regionale n.  52/1984,  parla  di
 "contributo  annuo",  senza  specificazione alcuna); che l'obbligo di
 rendicontazione puo' estrinsecarsi  in  forme  differenziate  e  deve
 essere  comunque  indicato  (v.,  ad es., art. 14, primo comma, legge
 regionale n. 23/1973; art. 14, primo, settimo e ottavo  comma,  legge
 regionale  n.  77/1979;  art.  19, primo comma, ultimo periodo, legge
 regionale n. 31/1985; art. 9,  primo  comma,  ultimo  periodo,  legge
 regionale  n.  46/1985;  mentre  la  legge  regionale  n. 50/1982 non
 contempla - al pari di quella di cui qui si discute -  alcun  obbligo
 di rendicontazione ad opera dei beneficiari).
   4.  -  Ci  si  e'  soffermati  sul  contenuto specifico della legge
 regionale n. 52/1984 e sul significato assolutamente inequivoco degli
 artt.  3 e 4, considerati nel contesto di  un'ulteriore  legislazione
 regionale del Veneto, richiamata in via esemplificativa, allo scopo -
 gia'  evidenziato - di ricostruire il percorso logico (psicologico) -
 giuridico  seguito  dalla  procura  regionale   presso   la   sezione
 giurisdizionale  per  il  Veneto  della  Corte dei conti: la quale ha
 ignorato  il  regime  giuridico  della  legge  regionale  come  tale,
 perche',   essendo   aggirata   nei   suoi   contenuti,   essa  viene
 sostanzialmente disapplicata nei  suoi  chiarissimi  dettati  (almeno
 nella  circostanza,  per  quanto se ne possa discutere, e' senz'altro
 applicabile  il   broccardo   secondo   cui   in   claris   non   fit
 interpretatio).
   La spiegazione dell'accaduto c'e' e la si rinviene considerando gli
 esordi   degli   atti   di  invito,  i  quali  fanno  invariabilmente
 riferimento - come si e' visto (sub  n.  1  del  fatto)  -  (a)  alle
 notizie  avute  dalla  procura della Repubblica di Venezia e (b) alle
 perizie  dei  consulenti  tecnici,  nominati  rispettivamente   dalla
 Regione Veneto e dalla medesima procura della Repubblica.
     (a)  Orbene,  va  in  primo  luogo osservato che la procura della
 Repubblica di Venezia ha pensato bene di rivolgersi, per  avere  lumi
 sul  punto,  alla  Ragioneria generale dello Stato, dal momento che -
 sono le sue parole - ai sensi della legge  regionale  del  Veneto  n.
 52/1984  "si e' rilevato che alcuni Enti ovvero Istituti - dichiarati
 di rilevante importanza culturale,  individuati  nell'allegato  A)  e
 nell'art.  3  - titolo II - non sembrano essere assoggettati ad alcun
 tipo  di  controllo  da  parte  della  Regione  Veneto,  non  essendo
 contemplato nella citata legge alcun obbligo di rendicontazione circa
 l'utilizzazione  dei  contributi" (cosi' nella nota 23 novembre 1992,
 n. 665/92: doc.  11); e si e' chiesta - nel precisare il quesito - se
 non  si  potesse  estendere  in via analogica il regime dettato dalla
 legge regionale n. 52/1984 per gli enti e soggetti di cui agli  artt.
 5,  7  e  9;  pure  a quelli individuati ex lege e disciplinati dagli
 artt. 3 e 4 oppure "se  la  Regione  Veneto  sia  comunque  tenuta  a
 sottoporre  gli  Enti  di  cui all'allegato A), a controlli secondo i
 principi generali di contabilita' pubblica" (ivi).
   Nel fornire la risposta, la ragioneria generale dello Stato ha,  in
 conclusione,  affermato  che,  "al riguardo, pur prendendo atto della
 diversa  disciplina  cui   il   legislatore   regionale   ha   inteso
 assoggettare  i  vari  tipi  di  enti  beneficiari  delle provvidenze
 previste dalla normativa in esame, deve in ogni caso ritenersi che la
 Regione sia comunque tenuta ad una  puntuale  verifica  dell'utilizzo
 dei  contributi  da  essa  erogati  agli  Istituti  in  questione, in
 ossequio ai principi di buona  amministrazione  cui  la  stessa  deve
 comunque  uniformare  la  propria attivita' nel rispetto dell'art. 97
 della Costituzione".
   Ed ha soggiunto - con una ulteriore emblematica  evidenziazione  di
 una  pretesa che collide con prerogative costituzionali della Regione
 - che "cio' comporta che, indipendentemente da quanto  normativamente
 previsto  dall'art. 4, della legge in esame, circa l'obbligo da parte
 degli Istituti di presentare  alla  Giunta  regionale  una  relazione
 annuale    sull'attivita'    svolta,   in   cui   dovrebbero   essere
 dettagliatamente  evidenziati  gli  impegni  assunti  a  fronte   dei
 contributi  regionali  introitati,  la  Regione  puo' in ogni momento
 legittimamente richiedere ai beneficiari elementi informativi atti  a
 suffragare  il  legittimo  e  puntuale  impiego dei fondi agli stessi
 erogati" (nota 5 marzo 1993, prot. n. 103949: doc. 12).
     (b) Analogo punto di vista e' stato manifestato nelle  consulenze
 tecniche  e  nelle  deposizioni  rese,  in  specie, dai dirigenti del
 Ministero del tesoro Giulio Di Clemente e Santo Rosace, i quali hanno
 negato la sussistenza, sul punto, di precise disposizioni  di  legge,
 fatto salvo il riferimento all'art. 97 della Costituzione (doc. 13).
   Quanto  alla  testimonianza  del  consulente  tecnico Tomasin (doc.
 14),  e'  agevole  osservare  che  le  varie  affermazioni  non  sono
 suffragate  da  puntuali  richiami  normativi,  di  giurisprudenza  e
 dottrina, e che si confonde, tra l'altro, la fattispecie in esame con
 quella - semplicemente incomparabile - relativa al  "controllo  sulla
 gestione  finanziaria  degli  enti a cui lo Stato contribuisce in via
 ordinaria" (di cui all'art. 100, secondo comma, Cost.):  considerando
 la  quale  e'  possibile,  peraltro,  rettificare dichiarazioni circa
 l'assoggettamento necessitato alla contabilita' pubblica da parte  di
 chi  ottiene  stabilmente  sovvenzioni pubbliche, se e' vero - com'e'
 vero - che sono soggette al controllo ex  art.  100,  secondo  comma,
 Cost.  anche  "le  imprese commerciali e anche vari enti pubblici che
 non hanno un bilancio preventivo, con la impostazione e  la  funzione
 giuridico-economica  che  tale  documento  ha nelle aziende pubbliche
 ..." (come osserva Bennati, Manuale di contabilita' di Stato, Napoli,
 1987, 670).
   5. - Giunti a questo punto, e' piuttosto  agevole  dare  conto  dei
 molteplici   parametri  costituzionali  con  cui  l'iniziativa  della
 procura regionale presso la sezione  giurisdizionale  per  il  Veneto
 della  Corte  dei  conti  collide  (ed e' appena il caso di rilevare,
 incidentalmente, come l'assunto qui criticato muova oltretutto da  un
 presupposto  in  radice  errato:  che  le  attivita' teatrali debbano
 essere  realizzate  solo  allorche'  i ricavi quantomeno compensino i
 costi; mentre e' massima di esperienza che le stesse  -  come  quelle
 culturali  in  genere  - debbono essere sostenute con contributi che,
 corrisposti ex ante oppure ex post,  sono  sempre  a  ripiano  di  un
 deficit   finanziario   ineliminabile:      v.  infatti,  da  ultimo,
 l'intervista a Uto Ughi, Povera Italia che distrugge la  sua  musica,
 in  la  Repubblica,  9  aprile 1996, 35; per non dire delle attivita'
 circensi di cui Togni e Orfei minacciano la chiusura proprio a  causa
 della mancata corresponsione di sovvenzioni|).
   Infatti,   stando   alla   ricostruzione   delineata  sulla  scorta
 dell'analisi degli  atti  che  direttamente  o  indirettamente  hanno
 sostanziato il presente conflitto, e' emerso che:
     a)  la Regione Veneto ha incontestabilmente previsto (artt. 3 e 4
 della  legge  n.  52/1984)  che  "enti  e  istituzioni  di  rilevante
 importanza"  (tra i quali rientra Veneto Teatro; ma anche La Biennale
 e La Fenice di Venezia, il  cui  prestigio  addirittura  mondiale  e'
 fuori discussione) siano finanziati sulla base della presentazione di
 un  mero  programma  di  attivita'.  Tale  conclusione e' suffragata:
 dalla medesima legge regionale n. 52/1984, che prevede controlli piu'
 penetranti a carico di altri beneficiari di  contributi;  dai  lavori
 preparatori  del  relativo  disegno  di  legge; dalle prescrizioni di
 altre leggi regionali ed altresi'  dalle  ammissioni  espresse  della
 Ragioneria  generale  dello Stato e della procura della Repubblica di
 Venezia in sede di formulazione del quesito (v. sub n. 4);
     b)  l'ulteriore  dettato  normativo   enucleato   dalla   procura
 regionale presso la sezione giurisdizionale per il Veneto della Corte
 dei  conti  (a  parere  della  quale  "e'  da ritenere ... insita nel
 sistema  ...    la  regola  secondo  la  quale  alla  concessione  di
 contributi  pubblici  addivenirsi  solo  in  presenza  dei menzionati
 presupposti":   "capacita'  finanziaria  e  tecnico-organizzative"  e
 "trasparente e regolare tenuta della documentazione e delle scritture
 contabili",  da  esigere  comunque a carico degli enti finanziati: v.
 sub n. 1 della  parte  in  fatto)  discende  dalla  pura  e  semplice
 allegazione  dell'art.  97 Cost., il quale puo' rappresentare - nella
 fattispecie  -  unicamente  una  norma-parametro  alla  cui   stregua
 sindacare le scelte operate dal legislatore regionale con gli artt. 3
 e 4 della legge n. 52/1984;
     c)  in realta', cosi' facendo, la procura regionale ha avviato la
 propria attivita' postulando l'esistenza  di  una  norma  diversa  da
 quella voluta dal legislatore regionale; tant'e' vero che la condotta
 degli  ex consiglieri ed ex assessori puo' essere censurata dal punto
 di  vista  della  contabilita'  pubblica  soltanto  se   si   ritiene
 sussistente  la  disposizione desunta dall'art. 97 Cost. (violando la
 quale risulterebbe violato  un  dovere  d'ufficio),  non  voluta  dal
 legislatore  regionale,  e  non  invece  nel caso in cui si ritengano
 operanti - per cio' che espressamente dispongono - i citati artt. 3 e
 4 della legge regionale n. 52/1984;
     d) senonche', in tal modo, la procura regionale  ha  disapplicato
 la  legge regionale ed applicato (peraltro scorrettamente) una regola
 costituzionale,  che  puo'  essere   azionata   soltanto   investendo
 dell'eventuale questione di legittimita' il giudice delle leggi.
   Infatti,  qui si e' verificato - sia pure con modalita' differenti:
 implicitamente e non con dichiarazione espressa -  quel  che  codesta
 ecc.ma  Corte  ha  censurato  con  la  sent. n. 285/1990, la' dove ha
 affermato che non spetta al  giudice  penale  disapplicare  le  leggi
 regionali,  ancorche'  costituzionalmente  illegittime,  poiche' cio'
 concretizza  un  "errore"  che  cade  "sui   confini   stessi   della
 giurisdizione e non sul concreto esercizio di essa".
   Pertanto,  gli  atti  di  invito indicati in epigrafe si pongono in
 contrasto  con  specifiche  prerogative  del  legislatore  regionale,
 tutelate  dagli  artt.  117  (ambito  materiale)  e 127 Cost. (ambito
 procedimentale).
   Ma non basta. Sussiste, altresi',  un  contrasto  con  il  disposto
 dell'art.  122,  quarto  comma, Cost., la cui sfera di operativita' -
 stando alla giurisprudenza costituzionale - e' delimitata, quanto  al
 titolo  normativo: a) dalla Costituzione; b) dalla legge e dagli atti
 aventi forza di legge dello Stato (non dalla legge regionale e  dallo
 statuto).  Quanto  alle  funzioni,  esso  riguarda:  a)  la  funzione
 legislativa; b) la funzione di indirizzo politico e di controllo;  c)
 la  funzione  di  autoorganizzazione  interna; e le funzioni suddette
 possono estrinsecarsi in atti di  natura  formalmente  legislativa  o
 amministrativa.
   Ora,  non  par  dubbio che, nel caso, la condotta di consiglieri ed
 assessori,  coerente  con  la  legge  regionale,    non  puo'  essere
 censurata;  e,  se  censurata,  cio'  determina  l'insorgere  di  una
 violazione diretta di clausole costituzionali (degli artt. 117 e 127,
 come si e' detto poc'anzi), che rappresentano il titolo piu'  elevato
 cui  e'  connessa  la  guarentigia posta dall'art. 122, quarto comma,
 Cost.: come ha riconosciuto codesta ecc.ma Corte tra l'altro  con  la
 sent. n. 100/1986.
              Istanza di sospensione degli atti impugnati
     (art. 40, legge n. 87/1953 - art. 28, norme integrative 1956)
   Ferma  restando  l'evidente lesione di attribuzioni riservate dalla
 Costituzione alla Regione, nei limiti poc'anzi evidenziati,  si  deve
 aggiungere  che  la  lesione  predetta e' cosi' radicale e gravida di
 conseguenze da pregiudicare, d'ora in  poi,  il  funzionamento  degli
 organi  ed  apparati  che  sono chiamati ad operare nell'ambito delle
 procedure di spesa.
   Piu' precisamente, come evidenziato nella parte in  fatto  (sub  n.
 2), le commissioni consiliari chiamate ad esprimere il proprio parere
 in  ordine al riparto di risorse anche assai consistenti (nell'ordine
 di numerose decine di miliardi) hanno  deciso  di  soprassedere,  dal
 momento  che  la  loro attivita' potrebbe essere sindacata un domani,
 sulla scorta di norme regolatrici  estranee  al  dettato  legislativo
 regionale, dalla Corte dei conti.
   Sotto  questo  aspetto,  non  si  puo' negare che sussistano quelle
 gravi ragioni che la legge ritiene giustificative della richiesta  di
 sospensione degli atti che hanno determinato il conflitto: essendo in
 gioco  il funzionamento dei supremi organi regionali e l'interesse di
 coloro che attendono che  la  Regione  assuma  le  determinazioni  di
 legge.