IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi riuniti nn. 1757 e 2006 del 1995, proposti da Guido Licio, rappresentato e difeso dall'avv. Nicolo' Gesmundo e presso il medesimo elettivamente domiciliato in Bari, via A. da Bari, 35, contro la regione Puglia, in persona del presidente pro-tempore della Giunta regionale, rappresentata e difesa dall'avv. Ida Maria Dentamaro, e con domicilio eletto presso il medesimo, in Bari, piazza Garibaldi n. 23; Per l'annullamento col ricorso n. 1757/1995: A) del provvedimento della regione Puglia, Assessorato riforme istituzionali, settore personale, Ufficio stato giuridico, prot. n. 30/11627/P, a firma del dirigente del settore (dott. A. Di Summa), con il quale e' stata rigettata l'istanza del ricorrente per il trattenimento in servizio fino al 70 anno di eta', previa revoca del riscatto degli anni di Universita', presentata in data 6 marzo 1995; B) del provvedimento della regione Puglia, Settore organizzazione e gestione delle risorse umane, comunicato con nota del 6 luglio 1995, prot. n. 30/1420/P, con cui e' stato disposto il collocamento a riposo del ricorrente a far data dal 31 agosto 1995; Col ricorso n. 2006/1995: della deliberazione della Giunta regionale della Puglia n. 3686 dell'8 agosto 1995 con la quale si respinge l'istanza del ricorrente volta al trattenimento in servizio fino al settantesimo anno di eta' e si conferma che lo stesso sara' collocato in quiescenza dal 1 settembre 1995, con conseguente cancellazione, in pari data, dai ruoli regionali; Visti i sopra menzionati ricorsi, con i relativi allegati; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti delle cause; Relatore alla pubblica udienza del 12 dicembre 1995 il cons. Renato Fiandaca e uditi altresi' l'avv. Nicolo' Gesmundo per il ricorrente e l'avv. Vito Aurelio Pappalepore in sostituzione dell'avv. Dentamaro per la resistente regione Puglia; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue. F a t t o Il ricorrente, dirigente regionale in servizio presso la regione Puglia, con qualifica di coordinatore dell'Ufficio del genio civile di Bari, espone di aver presentato domanda, in data 6 marzo 1995, con la quale chiedeva di essere trattenuto in servizio fino al settantesimo anno di eta'. Assumeva esso istante di aver maturato alla detta data, una anzianita' di servizio utile a pensione di anni 42 (essendo entrato in ruolo in data 1 ottobre 1959), comprensivi pero' di cinque anni, pari al corso legale degli studi di laurea in ingegneria, ammessi a riscatto con decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 7787 del 18 febbraio 1981. Esso istante infatti proveniva dai ruoli statali del detto ministero, ed era di poi transitato in quelli della regione. Con la detta domanda l'ing. Guido dichiarava di revocare la domanda relativa all'ammissibilita' a riscatto del detto periodo del corso legale degli studi universitari, di talche', non raggiungendo col solo servizio effettivo il tetto massimo di anni 40, egli aveva diritto a permanere in servizio fino al raggiungimento del detto tetto massimo, e, comunque, non oltre i settanta anni di eta'. Nel senso della revocabilita' della domanda di riscatto dei periodi utili a pensione si era infatti da tempo attestata la giurisprudenza della Corte dei conti, che aveva considerato tale domanda sempre revocabile, fino a che la domanda stessa non avesse conseguito effetti concreti con la effettiva liquidazione del trattamento pensionistico. La domanda veniva tuttavia rigettata con provvedimento del responsbile del settore personale della regione del 19 aprile 1995, prot. n. 30/11627/P, e con successivo fonogramma del 6 giugno 1995, si confermava che alla data del 31 agosto 1995 il dirigente in parola doveva cessare dal servizio attivo. Per l'annullamento dei detti provvedimenti insorgeva, col ricorso n. 1757/1995, l'ing. Licio Guido, che li impugnava per violazione dei principi in materia di riscatto dei periodi utili a pensione ex art. 13 del d.P. R. n. 1092/1973, violazione della legge regionale della Puglia 31 dicembre 1991, n. 16 (art. 1) che consentiva la permanenza in servizio dei dirigenti regionali ai fini del conseguimento del massimo della pensione. Essendo infatti in facolta' del dipendente riscattare i periodi di servizio, l'istanza di riscatto poteva esser legittimamente revocata, almeno fino al momento di conseguimento effettivo della pensione, con diritto anche alla restituzione dei contributi versati. Venuta meno la considerabilita' dei detti periodi ai fini pensionistici, che legittimamente esso istante doveva essere trattenuto in servizio fino al raggiungimento del massimo della pensione calcolando il servizio effettivo e, comunque, non oltre il settantesimo anno di eta'. Con motivata ordinanza n. 368 del 26 luglio 1995 questa Sezione accoglieva la richiesta di sospeniva proposta in via incidentale dal ricorrente e, attesa la necessita' di una sollecita definizione del ricorso nel merito, fissava direttamente l'udienza di merito al 15 novembre 1995, non essendosi costituita l'Amministrazione regionale. Con successivo ricorso, notificato in data 11 agosto 1995 e rubricato al n. 2006/1995 l'ing. Guido ha impugnato la delibera di g.r. n. 3686 dell'8 agosto 1995 con la quale la Giunta regionale, prendendo nuovamente ed autonomamente in considerazione la domanda del Guido "nell'ambito delle proprie competenze esclusive", successivamente all'intervento dell'ordinanza cautelare n. 368/1995 di questo tribunale, la ha definitivamente rigettata, confermando il collocamento a riposo del Guido alla data del 1 settembre 1995, con conseguente cancellazione, in pari data, dal ruolo regionale. Il Guido ripeteva sostanzialmente, arricchendole, le considerazioni e le doglianze gia' espresse col precedente gravame, lamentando altresi' l'elusione del provvedimento cautelare gia' ottenuto nel ricorso n. 1757/1995. Si costituiva in giudizio la regione Puglia (che si e' poi costituita anche nel precedente ricorso) resistendo al gravame e sostenendone la totale infondatezza alla luce della legislazione vigente. Con ordinanza n. 397 del 30 agosto 1995 questo tribunale ha sospeso l'efficacia del nuovo provvedimento di reiezione dell'istanza di revoca del provvedimento di riscatto degli anni di laurea e del contestuale collocamento a riposo. Entrambi i ricorsi sono stati chiamati all'udienza del 15 novembre 1995. La regione Puglia ha insistito per l'infondatezza dei ricorsi proposti (dei quali ha chiesto in via preliminare la riunione) attesto che la lettera dell'art. 1 della legge regionale n. 16 del 31 dicembre 1991 (volta a disciplinare il trattenimento in servizio dei dirigenti regionali che non raggiungano il massimo della pensione) parla espressamente di servizi "riscattabili e ricongiungibili", quale base di computo per gli anni utili a pensione ai fini dell'eventuale trattenimento in servizio. Parte ricorrente ha replicato insistendo per l'accoglimento del ricorso e sottolineando che all'atto della pubblicazione della legge regionale, il Commissario di Governo, a nome del Governo centrale, aveva aggiunto la seguente clausola "Il Governo ha peraltro osservato che le disposizioni dell'art. 1 devono trovare applicazione nel rispetto delle condizioni di cui alla normativa statale di riferimento, in relazione anche ai principi riferiti dalla Corte costituzionale con sentenza n. 186/1990". Orbene i principi della legislazione statale in riferimento, e cioe' il d.-l. n. 413/1989, convertito in legge n. 37/1990 erano nel senso della computabilita' solo dei servizi formalmente riscattati, non gia' di quelli comunque "riscattabili". E nella specie la domanda di riscatto era stata formalmente revocata, il che doveva rendere privi di effetti la domanda a suo tempo presentata da esso istante e lo stesso decreto ministeriale che il riscatto aveva concesso. Ove poi la norma regionale fosse da interpretarsi in maniera restritti va, la stessa veniva censurata per illegittimita' costituzionale, in quanto confliggente con parametri costituzionali di ragionevolezza ed eguaglianza, che imponevano un eguale trattamento di situazioni consimili. Entrambi i ricorsi sono stati discussi all'udienza pubblica del 12 dicembre 1995 nella quale i procuratori delle parti hanno insistito nelle rispettive posizioni. Indi in pari data il Collegio ha riservato entrambe le cause per la decisione. D i r i t t o Il ricorrente impugna, con il primo ricorso, la nota in data 19 aprile 1995 dell'Assessorato regionale al personale con la quale e' stata respinta la sua istanza volta alla revoca della domanda di riscatto del corso legale degli studi di laurea ed il susseguente fonogramma in data 6 luglio 1995 con il quale il medesimo Dirigente del settore personale confermava che - a sensi della legge n. 421/1992 - esso ing. Guido doveva cessare dal servizio a far data dal 31 agosto 1995. Con il successivo gravame, avente n. 2006/1995, l'ing. Guido ha poi impugnato la delibera della Giunta regionale n. 3686 dell'8 agosto 1995 con la quale la Giunta, dopo l'intervento dell'ordinanza cautelare di questo tribunale di sospensiva dei summenzionati provvedimenti, ha confermato, con sua motivazione, il provvedimento del dirigente del settore personale, confermando la reiezione della domanda presentata dal Guido e il suo collocamento a riposo per raggiunti limiti di eta' a far data dal 1 settembre 1995, dandone altresi' atto che il Guido aveva beneficiato del biennio della permanenza in servizio oltre il sessantacinquesimo anno di eta' ai sensi del d.-l. n. 503/1992 applicativo della legge delega n. 421/1991. Il ricorrente fonda la sua domanda giudiziale sul presupposto della revocabilita' della domanda di riscatto e/o ricongiungimento dei servizi pre-ruolo e, nella specie, del corso legale degli studi di laurea, a suo tempo presentata all'Amministrazione di appartenenza (il Ministero dei lavori pubblici) a sensi dell'art. 13 del d.P. R. 29 dicembre 1973, n. 1092 ed accolta dal predetto Ministero con d.m. 18 febbraio 1981, prodotto in atti. A sostegno della fondatezza dell'istanza avanzata, e della conseguente impugnativa giurisdizionale il ricorrente richiama il recente e fermo orientamento della Corte dei conti, sezione Controllo Stato e Sezioni giurisdizionali pensionistiche a star del quale la domanda di riscatto di periodi di servizio pre-ruolo ovvero dei periodi comunque ammissibili a riscatto, quali quelli afferenti la durata complessiva del corso degli studi di laurea, sia sempre revocabile dal dipendente, ancorche' sia stato emanato il provvedimento di riscatto, fino a quando, con il provvedimento effettivo di erogazione della pensione, la domanda stessa abbia sortito effetti concreti sul trattamento pensionistico del dipendente (in tali sensi, Corte dei conti, Sezione Controllo Stato, 30 gennaio 1991, n. 12; id. 6 marzo 1991, n. 27, Corte Conti Sezione IV Pens. Mil. 6 aprile 1992, n. 78863). La regione Puglia si oppone all'accoglimento della domanda proposta, rilevando da un canto la tardivita' dell'impugnativa, in quanto sarebbe fuori termine rispetto alla nota del dirigente del settore personale di comunicazione del rigetto dell'istanza (del 19 aprile 1995) e dall'altro la sua infondatezza nel merito, non potendosi procedere alla revoca della domanda di riscatto dopo il formale provvedimento di ammissione a riscatto dei periodi richiesti, periodi nella specie riconosciuti valutabili al dipendente con il ridetto decreto ministeriale del 18 febbraio 1981. Comunque la questione della revocabilita' o meno della domanda di riscatto sarebbe inconferente, in quanto la specifica legge regionale della Puglia n. 16 del 31 dicembre 1991 nel prevedere la possibilita' di permanenza in servizio del personale regionale con qualifica dirigenziale che non abbia maturato il massimo della pensione, considera espressamente, al fine del raggiungimento del massimo pensionabile, tutti i periodi "ricongiungibili e riscattabili", con conseguente irrilevanza della domanda di revoca presentata, nella fattispecie, dal dipendente. Parte istante ha controdedotto alle affermazioni della difesa regionale, considerando che alcuna prova vi era in atti della notifica della nota regionale del 19 aprile 1995, solo essendo stata apposta sulla copia prodotta dall'Ente una "annotazione", circa l'avvenuto inoltro della nota stessa in data 21 aprile 1995, e che dall'altro l'espressione "servizi riscattabili e ricongiungibili" dovesse essere interpretato nel senso coerente con le disposizioni della legge statale disciplinante la materia, anche attesa l'annotazione apposta in calce al provvedimento legislativo regionale per volonta' del Commissario del Governo della regione Puglia, e pubblicata di seguito alla legge regionale sia nel Bollettino ufficiale della regione Puglia n. 1 del 2 gennaio 1992 che nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica (3 serie speciale) n. 20 del 23 maggio 1992. In caso di diversa interpretazione, parte istante ha formulato eccezione di incostituzionalita' della speciale normativa regionale, non coerente con quella statale e fonte di evidente disparita' di trattamento fra dirigenti regionali e dirigenti statali, come tale confliggente con l'art. 3 della carta costituzionale. Orbene rileva il Collegio in via preliminare che le due impugnative vadano riunite al fine di essere decise con unica sentenza. Esse infatti, proposte dallo stesso ricorrente avverso la medesima amministrazione regionale, riguardano la stessa fattispecie sostanziale avendo la Giunta regionale, per vero unica competente, confermato, con nuova ed autonoma valutazione e con propria motivazione il provvedimento di dinego gia' formulato dal dirigente del settore con la nota 19 aprile 1995 e con il successivo fonogramma del 6 luglio 1995. Ne' puo' dubitarsi nella specie dell'ammissibilita' e tempestivita' dell'impugnativa, posto che da un canto nessuna prova e' stata fornita della notifica e/o della data di piena conoscenza, da parte del ricorrente, della nota 19 aprile 1995 (che l'amministrazione, in virtu' di una mera annotazione sulla minuta, assume "trasmessa" in data 21 aprile 1995), e che dall'altro, il primo vero provvedimento che ha disposto il collocamento a riposo - sia pure da parte di organo non competente - e' stato il succinto fonogramma del 6 luglio 1995, atto con il quale il dirigente regionale in parola ha comunicato all'istante che la cessazione dalla permanenza in servizio attivo sarebbe avvenuta in data 31 agosto 1995. Ma altri argomenti soccorrono a fondamento della reiezione delle eccezioni regionali. E' infatti da ricordare che un recente orientamento del Consiglio di Stato, espresso dalla VI Sezione, sent. 15 luglio 1993, n. 537, ha affermanto che "le determinazioni che l'amministrazione adotti in tema di esercizio della facolta' da parte del pubblico dipendente di protrarre il proprio lavoro fino al raggiungimento del massimo della pensione ... non si configurano come provvedimenti autoritativi, assunti nell'eserzizio della potesta' di organizzazione del proprio operato, alla quale corrisponda una condizione di soggezione del dipendente, ma concretano atti relativi ad un mero obbligo di legge, cosicche' alla predetta facolta' va riconosciuta natura di vero e proprio diritto soggettivo perfetto, cme tale azionabile nel termine di prescrizione". Sulla base di tale orientamento autorevole e condivisibile, pertanto sarebbe del tutto ininfluente la questione della tempestivita' dell'impugnativa della nota 19 aprile 1995, non configurabile come atto autoritativo necessitante di impugnativa nell'ordinario termine decadenziale. Del resto, a prescindere anche dalle considerazioni dianzi esposte e dalla per se' sola assorbente considerazione che alcuna prova e' stata fornita della notifica della detta nota del 19 aprile 1995, va considerato che il primo atto che ha disposto, dopo l'istanza del dipendente volta al suo trattenimento in servizio, il suo definitivo congedamento e' stato il fonogramma del detto dirigente regionale, in data 6 luglio 1995, e nei confronti del quale l'impugnativa e' sicuramente tempestiva. Va infine ed inoltre considerato che la regione Puglia, a mezzo del suo organo di governo (la Giunta) unico competente a deliberare in materia di cessazione dal servizio dei dipendenti (e nel caso specifico, trattavasi di provvedimento avente margini di opinabilita' e discrezionalita', attesa la connessione con la domanda di revoca del riscatto del corso legale degli studi), ha nuovamente disposto in ordine alla materia con il deliberato n. 3686 dell'8 agosto 1995, tempestivamente impugnato dal Guido. Nel medesimo atto infatti, dopo la premessa dedicata alla domanda del Guido ed alla nota del dirigente del Settore (che, per vero, aveva rigettato la domanda sulla diversa ed errata considerazione che non fosse applicabile la legge regionale n. 16/1991 bensi' solo la legge n. 421/1991) si legge testualmente: "Dovendo tuttavia la G. R., nell'ambito delle competenze proprie ed esclusive, pronunciarsi in ordine all'accoglimento o meno dell'istanza dell'ing. Guido di trattenimento in servizio, va preliminarmente individuata la norma che, sulla base dell'ordinamento giuridico regionale, consentirebbe tale trattenimento". Trattasi di nuovo atto che, con nuova ed autonoma motivazione, e per vero fondandosi su nuovi e diversi presupposti normativi (la legge regionale n. 16/1991 e non la legge statale n. 421/1991) ha nuovamente (e in via definitiva) disposto e la reiezione della domanda di permanenza in servizio del Guido e la sua definitiva cessazione dal servizio a far data dal 1 settembre 1995. Tale atto e' stato tempestivamente impugnato dal Guido con il ricorso n. 2006/1995, notificato, a pochissimi giorni dall'adozione dell'atto stesso, in data 11 agosto 1995. Ne' puo' dirsi, con la difesa regionale, che entrambe le impugantive proposte siano inammissibli in quanto la data di cessazione dal servizio sarebbe stata fissata in precedente delibera della Giunta regionale n. 2059 del 21 giugno 1993) con la quale al Guido era stata gia' accordata la permanenza in servizio per due anni oltre il sessantacinquesimo anno di eta', e quindi fino al 31 agosto 1995 sulla base della sua domanda di avvalersi dei benefici di cui all'art. 16 del d.P. R. n. 503/1992, applicativo della legge n. 421/1991. E' evidente infatti che quella delibera si pronunciava (favorevolmente) in ordine ad altra istanza del dipendente, che si prescindeva del tutto dalla domanda di revoca della domanda di riscatto del periodo legale del corso degli studi universitari. Impugnare una siffata delibera, favorevole all'istante (al quale concedeva due anni di proroga del servizio), sarebbe stata cosa del tutto irrazionale. Solo i provvedimenti impugnati con il presente ricorso hanno preso in esame la detta domanda (inoltrata in data 6 marzo 1995) per respingerla e determinando cosi', con nuova valutazione amministrativa sulla base di un diverso diritto azionato dal ricorrente e, quindi, sulla base di nuovi presupposti di fatto e di diritto, il collocamento a riposo del Guido a far data dal 1 settembre 1995. Nel merito va considerato che in effetti la giurisprudenza della Corte dei conti si e' recentemente attestata sulla revocabilita' delle domande di riscatto dei servizi comunque ammissibili, ai sensi del t.u. sulle pensioni civili dei dipendenti dello Stato, e tale giurisprudenza si fonda sulla basiliare considerazione che quello al riscatto e' un beneficio accordato al dipendente su sua espressa richiesta, come tale sempre revocabile fin tanto che non soggiunga il provvedimento definitivo di concessione della pensione, provvedimento che, determinando in concreto l'entita' del trattamento pensionistico, rende irrevocabile la domanda dal dipendente a suo tempo presentata. L'orientamento della Corte dei conti, espresso sia dalla Sezione di controllo Stato, sia dalle Sezioni giurisdizionali pensionistiche, e' stato fatto proprio dal Consiglio di Stato, nel parere della II Sez. n. 186 del 30 gennaio 1991, ove si ammette la facolta' di revoca della domanda di riscatto "nei limiti in cui detta revoca sia ammessa secondo la giurisprudenza della Corte dei conti". Tale parere e' stato reso proprio in tema di interpretazione di norme che consentivano il trattenimento in servizio del dipendente per il raggiungimento del massimo della pensione (ex art. 15 legge n. 477/1973 secondo le norme interpretative di cui al d.-l. 27 dicembre 1989, n. 417), ancorche' nella specie l'istanza del dipendente fosse stata respinta proprio per la mancanza di una domanda di revoca dei servizi gia' riscattati. Del resto, posto che il riscatto di servizi pre-ruolo e di periodi di studi necessari per il conseguimento dell'impiego e' un beneficio che la legge accorda all'interessato al fine di prolungare la sua anzianita' figurativa di servizio e dietro pagamento di un determinato contributo, non avrebbe senso logico non ammettere la revocabilita' della domanda per quei dipendenti che, re melius perpensa e valutate le successive necessita' previdenziali, a quella domanda vogliano di poi rinunciare. Essendo il riscatto volontario ed oneroso, al medesimo dipendente non e' affatto obbligato, come del resto sapientemente osservato dalla sovrana Corte costituzionale nella sentenza n. 208 del 24 luglio 1986, ove si e' affermata la incostituzionalita' dell'art. 9, comma 4, del d.-l.C.p.S. n. 207/1947 in tema di indennita' di anzianita' riferita ai periodi pre-ruolo non riscattati. Ebbe ad osservare in quell'occasione la Corte: "Ne' e' possibile opporre al diritto del dipendente non di ruolo di percepire l'indennita' per cessazione dal servizio, in caso di passaggio in ruolo, il fatto che gli sia consentito - per l'art. 12 legge n. 152/1968 - di riscattare ai fini del diritto alla indennita' di premio di servizio (acquisito col passaggio in ruolo) il periodo di servizio prestato prima del passaggio in ruolo e in ogni caso prima dell'entrata in vigore della citata legge del 1968... Il legislatore non ha cioe' inteso sostituire l'indennita' per cessazione dal servizio di cui all'art. 9 del d.-l.C.p.S. n. 207/1947 con il beneficio accordato dall'art. 12 di riscattare, con contributo ad esclusivo carico del dipendente non di ruolo. Una tale sostituzione puo' in determinati casi comportare un netto peggioramento per il dipendente, tenuto conto dell'entita' dei contributi a suo carico connessi all'esercizio del riscatto e quindi contrasterebbe con l'intento perseguito dal legislatore di migliorare e non di peggiorare il trattamento di fine rapporto". Tali considerazioni, rese dalla Corte in quella sede in riferimento alla indennita' di anzianita' spettante al dipendente di ruolo per il precedente periodo non di ruolo, per avventura non riscattato, possono valere come guida anche nella fattispecie in esame, valendo esse ad evidenziare la giurisprudenza del giudice delle leggi in materia di servizi ammessi a riscatto. La riscattabilita' dei medesimi non incide in fatti sulla circostanza che il dipendente non e' affatto tenuto ad avvalersi del relativo beneficio. Nella legislazione statale il beneficio del trattenimento in servizio e' per vero collegato al fatto che il dipendente non raggiunga il massimo della pensione, ed a tal fine vanno computati tutti i servizi utili, compresi quelli riscattati o ricongiunti con provvedimento formale (art. 4-quinquies del d.-l. n. 413/1989, convertito in legge n. 37/1990, in riferimento all'art. 10, sesto comma, del d.-l. n. 357/1989, convertito in legge n. 417/1989). Tuttavia, secondo l'interpretazione della Corte dei conti che si e' sopra riportata, la circostanza che il dipendente si sia avvalso del beneficio del riscatto non esclude che il dipendente medesimo possa rinunciarvi, fino al momento in cui il riscatto non si sia attualizzato nel provvedimento di liquidazione della pensione. Del resto non si vede quale potrebbe essere il concreto interesse dello Stato ad opporsi alla rinuncia al beneficio del riscatto, posto che dal prolungamento della vita lavorativa del dipendente deriva in effetti allo Stato un onere assai minore connesso alla mancata erogazione dei corrispondenti ratei di pensione. Nella specie e' evidente che si e' creato uno hiatus fra la legislazione statale, che ha inteso innalzare per i dirigenti statali l'eta' massima per il pensionamento onde consentire ai dirigenti di conseguire il massimo della pensione, e potendo peraltro il dirigente rinunciare alla domanda di riscatto gia' presentata (secondo quello che e' il diritto vivente determinato dall'interpretazione data alla normativa dalla Corte dei conti) e i dipendenti della regione Puglia, cui tale facolta' non e' consentita, sol che abbiano periodi di studi o di servizio "riscattabili o ricongiungibili" da far valere ai fini pensionistici. E' evidente infatti che in questa chiave si obbligano indirettamente i dipendenti interessati ad avvalersi del riscatto o del ricongiungimento oneroso, penalizzandoli, con la mancata attribuzione del beneficio del trattenimento in servizio ove i medesimi di tale norma non intendano avvalersi. Ed e' notorio che attualmente le norme che regolano il riscatto dei servizi prevedono contributi molto onerosi, di talche' ben potrebbe il dipendente trovare conveniente non avvalersi del beneficio del riscatto oneroso, ma continuare a prestare servizio al fine di incrementare, senza ulteriori oneri, la sua base contributiva. E' ben vero che - come piu' volte statuito dal giudice delle leggi - il legislatore in materia di determinazione dell'eta' massima di servizio gode di ampia discrezionalita' - ma non puo' disconoscersi come oramai il sistema si sia evoluto nel senso di consentire l'innalzamento dell'eta' massima del servizio in correlazione con l'endamento demografico della popolazione, consentendo, se non addirittura obbligando il dipendente a prestar servizio per il maggior tempo possibile, al fine di contenere gli altissimo costi della previdenza. In tali le norme cosiddette catenaccio sul blocco delle pensioni (d.-l. 26 novembre 1994 n. 654, legge 23 dicembre 1994 n. 724) e in tali sensi e' il recente sistema delineato dalla legge 8 agosto 1995 n. 335, la quale all'art. 1, comma secondo, sancisce che "le disposizioni della presente legge costituiscono principi fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica". Nella specie all'esame, comunque, la discrezionalita' del legislatore regionale non era illimitata, ma era tenuta alla coerenza con i principi cardini della legislazione statale a sensi degli articoli 117 e 118 della Costituzione. Va anzi osservato come nella specie il Governo centrale, forse convinto della coerenza della legge regionale con il sistema in vigore per i dipendenti statali, abbia apposto una espressa riserva, apponendo in calce alla pubblicazione della legge (per mano del commissario di Governo) la seguente clausola: "Il Governo ha peraltro osservato che le disposizioni di cui all'art. 1 devono trovare applicazione nel rispetto delle condizioni di cui alla normativa statale di riferimento, in relazione anche ai principi riferiti dalla Corte costituzionale con sentenza n. 186/1990". Orbene e' difficile valutare quale possa essere la portata normativa e precettiva di una "osservazione" siffatta. Essa e' orientata ovviamente nel senso di assicurare una perfetta consonanza delle disposizioni della legge regionale con la normativa statale di riferimento, che e' quella, chiaramente indicata nella rubrica legis dell'"adeguamento alle disposizioni di cui al decreto-legge 27 dicembre 1989 n. 413, convertito in legge 28 febbraio 1990 n. 37. Elevazione dei limiti di eta' per il collocamento a riposo dei dirigenti della regione Puglia". Si e' visto tuttavia come la legge regionale, nel prendere a base del computo tutti i servizi non ha riprodotto la lettera della legge statale, che si riferisce a tutti i servizi riscattati o ricongiunti con provvedimento formale (ammettendo quindi che, in caso di tempestiva revoca della domanda di riscatto, tali servizi non vadano computati), ma ha fatto riferimento a tutti i servizi "riscattabili e ricongiungibili", cosi' prevedendo una base computabile che la legislazione statale di certo non prevedeva. Si e' sopra osservato che, peraltro, non e' chiara la effettiva portata normativa ed interpretativa della "osservazione" apposta dal Governo. Posto che il sindacato dello Stato sulle leggi regionali deve esercitarsi nella forma dell'eventuale rinvio motivato al consiglio regionale (art. 127, terzo comma, della Costituzione), con possibilita' di impugnativa della legge riapprovata dalla regione per conflitto di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale (ovvero per conflitto di merito innanzi alle Camere, art. 127, quarto comma, della Costituzione), ogni diversa "osservazione" non puo' avere valore precettivo ne' eversivo del testo della legge, da interpretarsi secondo i normali canoni ermeneutici (artt. 12-15 disp. prel. al codice civile). Il che ovviamente non toglie che una "osservazione" formulata dal Governo, ma non tradotta in ricorso per conflitto di attribuzione in via principale, possa essere presa a base di un incidente di costituzionalita' qualora la difforme portata normativa postulata dal Governo sia rilevata e fatta propria dal "giudice a quo" in una controversia che veda in questione la interpretazione della norma regionale. Nella specie, come si e' piu' volte evidenziato e ribadito, la lettera della norma regionale e' piu' restrittiva di quella statale di riferimento (d.-l. n. 413/1989 convertito in legge n. 37/1990) in quanto pone a base del computo degli anni utili a pensione anche quelli "riscattabili e ricongiungibili" e non gia' solo quelli "riscattati e ricongiunti con atto formale" (art. 10, sesto comma, del d.-l. n. 357/1989, convertito in legge n. 417/1990, richiamato dall'art. 4-quinquies del d.-l. n. 413/1989, convertito in legge n. 37/1990) e per i quali, secondo l'orientamento costante della Corte dei conti (pienamente condiviso da questo giudice remittente) la domanda di riscatto puo' essere revocata anche successivamente all'emanazione del formale provvedimento di ammissione a riscatto. Ragioni di opportunita' possono infatti consigliare il dipendente a chiedere il riscatto dei servizi fin dal principio della carriera, e cio' proprio per incrementare da subito quella base contributiva necessaria al conseguimento della pensione, e che puo' avvenire, oltre che per l'esaurimento del normale periodo di servizio ovvero per il raggiungimento del limite massimo di eta', anche per eventi non dipendenti dalla sua volonta' (morte, malattia inabilitante, destituzione, ecc.). E' peraltro indubbio che nel corso del servizio il dipendente possa valutare differentemente le proprie esigenze e, ancorche' abbia ricevuto un provvedimento favorevole di ammissione a riscatto ed abbia anche pagato i contributi figurativi, piu' non abbia bisogno del computo degli anni riscattati, vuoi perche' il prolungarsi del suo servizio in relazione alla sua eta' anagrafica piu' non gli rende necessario il computo dei servizi o degli studi riscattati, vuoi perche' nuove norme successive abbiano determinato in senso a lui piu' favorevole l'eta' massima del pensionamento, rendendo quindi non piu' necessario il ricongiungimento di quegli anni di servizio, ricongiungimento o riscatto che sono stati onerosi per il dipendente. Si e' quindi creata fra dirigenti regionali della Puglia e dirigenti statali una disparita' di trattamento normativo tanto piu' grava quanto immotivata ed irrazionale, posto che nessuna ragione e' stata fornita della diversita' della disciplina fra le due categorie (che invero nelle intenzioni della legge regionale dovevano essere completamente uniformate) con evidente violazione dell'art. 3 della Carta costituzionale. D'altro canto appare violato il limite della competenza legislativa regionale che deve attuarsi secondo le linee guida della legislazione statuale e non porsi in contrasto con la stessa, a sensi dell'art. 117 della Costituzione. Nella specie lo stesso Governo centrale aveva per vero intuito che la legge regionale si poneva non in linea con la legislazione statale di riferimento, ma ha adoperato un rimedio, quello dell'osservazione scritta in calce alla legge, non previsto dalla Costituzione e non avente valore normativo, e nemmeno interpretativo, posto che l'interpretazione non puo' essere effettuata in palese contrasto con la lettera della legge. Tutto questo in un momento in cui, per l'allungarsi della vita media pensionati e per arginare la rilevantissima spesa pubblica in materia previdenziale lo Stato italiano ha dettato una disciplina severa dei pensionamenti, volta a scoraggiare il pensionamento anticipato e ad incoraggiare, di converso, il mantenimento in servizio dei pubblici dipendenti fino all'eta' massima consentita dal sistema. E poiche' l'erogazione dei trattamenti pensionistici non spetta alle Regioni ma allo Stato, direttamente (pensioni erogate dal Tesoro) o tramite i suoi organi previdenziali (nella specie, la C.P.D.E.L.), mentre l'erogazione del trattamento di attivita' dei dipendenti regionali spetta alla Regione, si e' avuta una indiretta compromissione degli interessi finanziari dello Stato, il quale, dal prolungamento dell'attivita' del dipendente, avrebbe risparmiato le corrispondenti somme dovute a titolo di pensione, mentre alcun beneficio ne risentirebbe la Regione, tenuta, nella specie, ad occupare comunque il posto (apicale) che si renda vacante con la preposizione di altro dipendente cui dovrebbe corrispondere il trattamento retributivo relativo. La questione di costituzionalita' innanzi riportata, non manifestamente infondata secondo quanto sopra si e' osservato, e' poi intuitivamente rilevante ai fini della decisione, in quanto, ove risolta dalla Corte nel senso della incostituzionalita' della normativa regionale per contrasto con quella statale, essa imporrebbe l'accoglimento dell'impugnativa per il principio della revocabilita' della domanda di riscatto. Il ricorso, invece, ove fosse confermata la legittimita' della previsione regionale, dovrebbe essere respinto nel merito, rimanendo ininfluente l'operata revoca da parte del ricorrente, del riscatto degli anni di laurea e dovendosi a tal fine computare tutti i servizi (anche figurativi) ricongiungibili e riscattabili, indipendentemente dall'esercizio del riscatto e quindi da qualsivoglia revoca del medesimo. Vanno quindi sospesi i due giudizi come sopra riuniti e va rimessa alla Corte costituzionale la questione di costituzionalita' dell'art. 1 della legge regionale della Puglia 31 dicembre 1991 n. 16 (pubblicata sul Bollettino Ufficiale della regione Puglia n. 1 del 2 gennaio 1992) nella parte in cui prevede che nella base di computo degli anni di servizio attualmente richiesti per il massimo della pensione vadano compresi "i servizi riscattabili e ricongiungibili" e non gia' quelli effettivamente "riscattati e ricongiunti con provvedimento formale", per violazione degli artt. 117 e 3 della Costituzione, in quanto in palese contrasto con la disciplina dettata dal d.-l. n. 417/1989 convertito in legge n. 37/1990 per i dirigenti statali e in contrasto con i principi cardini del sistema pensionistico statale espressi dalla successiva legislazione statuale.