ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 309,  comma  7,
 del  codice  di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 24
 maggio 1994 (pervenuta alla Corte costituzionale il 22 febbraio 1995)
 dal tribunale di Alessandria sulla richiesta di riesame  proposta  da
 Carlo  Mantelli,  iscritta  al  n.  131 del registro ordinanze 1995 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  11,  prima
 serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera  di  consiglio  del  6  marzo  1996  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
   Ritenuto che con ordinanza emessa il 24 maggio 1994 (pervenuta alla
 Corte costituzionale il 22 febbraio 1995) il tribunale di Alessandria
 ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 97 e 3 della Costituzione,
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  309,  settimo
 comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede che
 sulla  richiesta  di  riesame  dell'ordinanza  che dispone una misura
 coercitiva decide il tribunale del capoluogo  della  provincia  nella
 quale  ha  sede l'ufficio del giudice che ha emesso il provvedimento,
 anziche' il tribunale nel  cui  circondario  ha  sede  l'ufficio  del
 giudice che ha emesso il provvedimento;
     che  il  dubbio di legittimita' costituzionale e' stato sollevato
 nel corso di un procedimento di riesame dell'ordinanza con  la  quale
 il  giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Casale
 Monferrato  aveva  disposto  la  misura  coercitiva  della   custodia
 cautelare in carcere a carico dell'imputato;
     che,   secondo   il   giudice  rimettente,  l'attribuzione  della
 competenza al tribunale del capoluogo di provincia contrasterebbe con
 il principio di buona amministrazione, stabilito dall'art.  97  della
 Costituzione,  sia perche' dilaterebbe l'attivita' di tale tribunale,
 rendendola quindi piu' difficoltosa, sia  perche'  la  necessita'  di
 trasmettere  gli atti da una sede giudiziaria all'altra ostacolerebbe
 la rapidita'  del  procedimento,  che  deve  concludersi  in  termini
 ristretti;
     che  la  norma denunciata sarebbe inoltre irragionevole, giacche'
 atti emanati dallo stesso organo e di  identico  contenuto  sarebbero
 assoggettati  ad  una  disciplina differenziata quanto al riesame: da
 richiedere ad un  giudice  territoriale  diverso,  se  emessi  da  un
 tribunale  non  provinciale; da richiedere invece ad un giudice della
 stessa sede, se emessi da un tribunale provinciale;
     che nel giudizio dinanzi alla Corte e' intervenuto il  Presidente
 del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
 generale dello Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata
 inammissibile o infondata.
   Considerato che il dubbio di legittimita' costituzionale investe la
 competenza  a  decidere  sulla  richiesta di riesame, che l'art. 309,
 settimo comma,  del  codice  di  procedura  penale  -  mantenendo  la
 disciplina gia' prevista dall'art. 263-ter primo comma, del codice di
 procedura  penale  abrogato  - attribuisce al tribunale del capoluogo
 della provincia in cui ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso il
 provvedimento,  mentre  l'ordinanza  di  rimessione  ritiene  che  la
 competenza  debba  essere  del  tribunale nel cui circondario ha sede
 l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza impugnata;
     che   il   principio   di   buon   andamento    della    pubblica
 amministrazione,   stabilito   dall'art.  97  della  Costituzione  ed
 invocato dal giudice rimettente, pur  potendo  riferirsi  anche  agli
 organi  dell'amministrazione  della giustizia, attiene esclusivamente
 alle leggi concernenti l'ordinamento degli uffici  giudiziari  ed  il
 loro  funzionamento  sotto  l'aspetto  amministrativo,  mentre e' del
 tutto   estraneo   alla   materia   dell'esercizio   della   funzione
 giurisdizionale nel suo complesso e quindi ai criteri di ripartizione
 delle competenze tra organi giudiziari (tra le molte, sentenza n. 313
 del 1995; ordinanze n. 69 del 1996 e n. 257 del 1995);
     che  la  scelta  del  legislatore  di attribuire al tribunale del
 capoluogo di provincia la competenza sul  riesame  dei  provvedimenti
 coercitivi, operata in base al bilanciamento tra l'esigenza di facile
 accesso  all'organo  di  controllo  delle  misure  restrittive  della
 liberta' personale e l'opportunita' di evitare che  vi  possa  essere
 una  eccessiva  vicinanza tra giudice dell'impugnazione e giudice che
 ha disposto la  misura  coercitiva,  non  appare  irragionevole  ne',
 quindi,  determina  disparita' di trattamento, tenuto anche conto del
 ristretto numero di giudici addetti al tribunale  non  provinciale  e
 dell'incompatibilita' tra la partecipazione al giudizio di riesame ed
 il successivo giudizio di merito (sentenza n. 131 del 1996);
     che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.