ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 16 della  legge
 10  dicembre  1981, n. 741 (Ulteriori norme per l'accelerazione delle
 procedure  per  l'esecuzione  di  opere  pubbliche),   promosso   con
 ordinanza  emessa  il  27  aprile  1995 dalla Corte di cassazione sul
 ricorso proposto da Mortini Giovanni contro il  comune  di  Allerona,
 iscritta  al  n.   675 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43,  prima  serie  speciale  -
 dell'anno 1995;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  20  marzo 1996 il giudice
 relatore Fernando Santosuosso.
                           Ritenuto in fatto
   Nel corso di un  processo  civile  tra  il  comune  di  Allerona  e
 l'impresa  di  Mortini  Giovanni,  la Corte di cassazione, in sede di
 regolamento di competenza, ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  16  della  legge  10 dicembre 1981, n. 741
 (Ulteriori norme per l'accelerazione delle procedure per l'esecuzione
 di opere pubbliche),  in  riferimento  agli  artt.  24  e  102  della
 Costituzione;
   La   Corte   rimettente   premette   alcuni   rilievi   in   ordine
 all'applicabilita', nel caso di specie,  della  norma  in  questione,
 conseguente  al  fatto  che,  essendo  stato  il contratto di appalto
 concluso tra le parti nel 1988, ossia prima che l'art. 64,  comma  1,
 lettera  c),  della  legge  n.  142  del  1990 abrogasse una serie di
 disposizioni contenute nel regio decreto 3 marzo 1934, n. 383  (testo
 unico  della  legge  comunale  e provinciale), tra cui l'art. 294, il
 medesimo contratto e' da ricomprendersi ancora sotto il predetto art.
 294,   benche'   successivamente   abrogato,   e   percio'   soggetto
 all'arbitrato;
   Cio'  posto,  la  Corte di cassazione, richiamate alcune precedenti
 sentenze proprie e della Corte costituzionale, osserva che l'art.  16
 in questione, nel sostituire l'art. 47 del d.P.R. 16 luglio 1962,  n.
 1063  (Approvazione del capitolato generale d'appalto per le opere di
 competenza del Ministero dei lavori pubblici), ha istituito un vero e
 proprio arbitrato obbligatorio, rovesciando le  regole  di  procedura
 che regolano normalmente tale istituto;
   Nel caso specifico, infatti, - prosegue l'ordinanza - la competenza
 ordinaria  e'  quella arbitrale, mentre la possibilita' di derogare a
 tale criterio e' consentita solo alla pubblica amministrazione e  nel
 rispetto  di determinate formalita'. L'impossibilita' per le parti, a
 seguito  di  scelta  unilaterale,  di  adire  il  giudice   ordinario
 determina,  secondo  la  Corte  rimettente,  una limitazione che, ove
 posta con atti amministrativi, sarebbe risolubile tramite  l'istituto
 della  disapplicazione,  ma  che,  ove posta con atto avente forza di
 legge, obbliga a sollevare questione di legittimita' costituzionale.
   Sotto il profilo della rilevanza, inoltre,  la  Cassazione  ritiene
 che  la  stessa non sussisterebbe ove ci fosse una valida deroga alla
 competenza giudiziaria; cio' nonostante,  anche  in  presenza  di  un
 generico  richiamo  alla  normativa  statale contenuto nel capitolato
 speciale, la  deroga  non  risponderebbe  al  requisito  della  forma
 scritta,  da  ritenersi  indispensabile  per  dimostrare  l'effettiva
 volonta' delle parti di compromettere in arbitri la risoluzione delle
 controversie tra loro insorte.
                        Considerato in diritto
   1.  -  La   Corte   di   cassazione   sottopone   a   giudizio   di
 costituzionalita'  la  questione se l'art. 16 della legge 10 dicembre
 1981, n. 741, che ha sostituito l'art. 47  del  d.P.R.  n.  1063  del
 1962,  nella  parte in cui stabilisce che la competenza arbitrale non
 puo' essere derogata con atto unilaterale di ciascuno dei contraenti,
 bensi' solo con clausola inserita nel bando o invito di gara,  oppure
 nel contratto in caso di trattativa privata, sia in contrasto con gli
 artt.  24  e  102 della Costituzione, prevedendo un caso di arbitrato
 obbligatorio nel quale la facolta'  di  scelta  del  giudice  sarebbe
 rimessa  solo  ad un atto autoritativo della pubblica amministrazione
 appaltatrice,  senza alcuna possibilita' per il privato che partecipa
 alla gara o alla trattativa, di modificare tale scelta.
   2. - La questione e' fondata.
   La Corte rimettente, adita in sede di  regolamento  di  competenza,
 dopo  aver  ampiamente  motivato sull'applicabilita' alla fattispecie
 (contratto di appalto del 1988  per  opere  pubbliche)  dell'art.  16
 sopracitato,  ha  ritenuto  di  accogliere  la richiesta di sollevare
 incidente di  costituzionalita'  avanzata  dal  Procuratore  generale
 basandosi   sull'orientamento   della  giurisprudenza  costituzionale
 relativo all'illegittimita' dell'arbitrato obbligatorio, quello cioe'
 che non trovi esclusivo fondamento nella libera scelta delle parti.
   Richiamandosi, poi, alla sentenza n. 1458 del  1992  delle  sezioni
 unite  della  stessa  Corte, il giudice a quo osserva che, per quanto
 riguarda "le controversie nascenti dai contratti di appalto di  opere
 pubbliche  soggetti  all'applicazione dell'art. 16 della legge n. 741
 del 1981, la regola della  competenza  del  giudice  ordinario  viene
 rovesciata,  nel senso che la competenza ordinaria in tale materia e'
 quella arbitrale e non quella giudiziaria, e  che  tale  regola  puo'
 essere  derogata  soltanto  in modi che non consentono alle parti - a
 seguito di unilaterale scelta - di adire  il  giudice.  Infatti,  nei
 casi di asta pubblica e licitazione privata la competenza del giudice
 e'  subordinataall'unilaterale  iniziativa  dell'Amministrazione  (la
 quale dovrebbe inserire una specifica disposizione nel bando di  gara
 o  nell'offerta  a  partecipare), iniziativa alla quale il contraente
 privato e' meramente soggetto; nel  caso  di  trattativa  privata  la
 norma  prevede  l'inserimento  nel  contratto  di  apposita  clausola
 derogatoria della competenza  arbitrale,  il  che  comporta  che,  in
 mancanza  di  accordo  delle  parti,  tale competenza non puo' essere
 derogata".
   3. - Va premesso che, nella sua formulazione originaria, l'art.  47
 del d.P.R. 16 luglio  1962,  n.  1063  (Approvazione  del  capitolato
 generale  d'appalto  per  le  opere  di  competenza del Ministero dei
 lavori pubblici), stabiliva che la parte attrice  aveva  facolta'  di
 escludere  la  competenza arbitrale, proponendo la domanda davanti al
 giudice ordinario, e che la parte convenuta  nel  giudizio  arbitrale
 aveva,  a  sua  volta,  facolta'  di  escludere tale competenza. Piu'
 precisamente, nonostante che il capitolato, il bando o  il  contratto
 prevedessero  il deferimento delle controversie a collegio arbitrale,
 era attribuita alla  parte  attrice  la  facolta'  "di  escludere  la
 competenza  arbitrale,  proponendo  la  domanda  davanti  al  giudice
 competente  a  norma  delle  disposizioni  del  codice  di  procedura
 civile",   e  "la  parte  convenuta  nel  giudizio  arbitrale"  aveva
 "facolta', a sua volta, di escludere la competenza  arbitrale"  entro
 30  giorni dalla notifica della domanda di arbitrato, notificando "la
 sua  determinazione  all'altra  parte",  la  quale,  ove   intendesse
 "proseguire   il  giudizio",  doveva  "proporre  domanda  al  giudice
 competente" a norma del medesimo codice di procedura civile.
   Nella  sentenza  n.  127  del  1977  di  questa  Corte,  mentre  si
 menzionava  il  sistema del citato art. 47 come una ipotesi in cui si
 tutelava l'autonomia  delle  parti  in  modo  coerente  coi  principi
 deducibili    dalle    norme    costituzionali,   veniva   dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale della diversa norma che, in  tema  di
 brevetti,  non  prevedeva  la  libera  facolta'  dell'inventore o del
 datore di lavoro di adire il giudice  ordinario.  Si  riaffermava  in
 particolare  che  l'intenzione  del  Costituente  era stata quella di
 tutelare la concentrazione della funzione giurisdizionale, per cui, a
 seguito del congiunto disposto degli artt. 24, primo  comma,  e  102,
 primo comma, della Costituzione, il fondamento di qualsiasi arbitrato
 e'  da  rinvenirsi  solo  nella libera scelta delle parti e non nella
 legge o, piu' generalmente, in una volonta' autoritativa.
   4. - Tali affermazioni facevano seguito ad altre  due  pronunce  di
 questa  Corte:  con  una prima decisione (sentenza n. 35 del 1958) la
 Corte  dichiarava   l'illegittimita'   costituzionale   della   norma
 contenuta   nell'art.  8  della  legge  regionale  siciliana  recante
 "Modifiche alla legge regionale 2 agosto 1954, n. 32", approvata il 4
 luglio 1957 in quanto, con l'affidare  al  giudizio  di  un  collegio
 arbitrale  composto  in  modo predeterminato dalla legge una serie di
 controversie, la norma veniva a "sottrarre preventivamente ed in  via
 generale  tutte  le  controversie  concernenti  i  rapporti  in certe
 materie alla sfera di competenza  delle  autorita'  giurisdizionali";
 con la sentenza n.  2 del 1963, mentre si riconosceva la legittimita'
 dell'arbitrato  secondo la disciplina del codice di procedura civile,
 veniva affermato che "e' la scelta compiuta dalle parti  che  produce
 lo spostamento di competenza dal giudice del procedimento ordinario a
 quello  del  procedimento  di impugnativa del lodo, non il comando di
 una legge elusivo di una aspettativa maturata, o quello di un  organo
 dello  Stato  al quale la stessa legge ha conferito la corrispondente
 potesta'".
   L'illegittimita' costituzionale della imposizione autoritativa  del
 ricorso  all'arbitrato  e' stata ribadita successivamente da numerose
 sentenze di questa Corte (n. 54 del 1996; nn. 493, 232, 206,  49  del
 1994;  n.  488  del 1991). In una di queste pronunce (sentenza n. 232
 del  1994)  si  e'  anche   ritenuto   non   conforme   ai   principi
 costituzionali  il  rinvio  della  controversia  ad  una  commissione
 arbitrale predeterminata direttamente dalla legge.
   5. - Con la disposizione impugnata (art. 16 della legge 10 dicembre
 1981, n. 741), l'originaria formulazione dell'art. 47 del  Capitolato
 disciplinato  dal citato d.P.R. n. 1063 del 1962 e' stata sostituita,
 stabilendosi che la competenza arbitrale, prevista dagli articoli  43
 e  seguenti, "puo' essere esclusa solo con apposita clausola inserita
 nel bando  o  invito  di  gara,  oppure  nel  contratto  in  caso  di
 trattativa privata".
   Siffatta   nuova   formulazione  dell'art.  47,  collegata  con  le
 disposizioni  degli   articoli   precedenti,   prevede   un   sistema
 declinatorio  della  competenza  arbitrale  che  non  si sottrae alla
 censura di incostituzionalita', in quanto sostanzialmente conferma la
 natura  obbligatoria  dell'arbitrato,  ritenuta   illegittima   dalla
 costante giurisprudenza di questa Corte.
   In  effetti,  va  in  primo luogo osservato che il silenzio serbato
 dalla pubblica amministrazione riguardo alla deroga  alla  competenza
 arbitrale  -  pur  a  fronte  di  un rinvio ricognitivo al Capitolato
 generale presente nel bando di gara - o l'inserimento di una clausola
 compromissoria  nella  proposta  di  appalto  a  trattativa  privata,
 attribuiscono, di fatto, alla sola pubblica amministrazione la scelta
 in  favore  della  competenza arbitrale, che la controparte, se vuole
 partecipare alla gara, e' tenuta ad accettare.
   In  altri  termini,  esigendosi  l'accordo delle parti per derogare
 alla competenza arbitrale, si rimette pur sempre alla volonta'  della
 sola  parte  che  non  voglia  tale accordo derogatorio, l'effetto di
 rendere l'arbitrato concretamente obbligatorio per  l'altro  soggetto
 che non l'aveva voluto. Sarebbe infatti sufficiente la mancata intesa
 sulla  deroga  della  competenza arbitrale per vanificare l'apparente
 facoltativita' bilaterale dell'opzione.
   L'arbitrato puo' invece ritenersi non obbligatorio  quando  -  come
 prevedeva   l'originaria  formulazione  dell'art.  47  -  anche  dopo
 l'aggiudicazione dell'appalto e fino alla nomina degli arbitri per la
 decisione sull'insorta  controversia,  sia  consentita  la  facolta',
 all'una  o  all'altra  parte  del  rapporto,  di  scegliere ancora la
 competenza ordinaria.
   Risulta pertanto evidente il contrasto della  norma  impugnata  con
 gli  invocati  parametri  costituzionali  in  quanto  questa,  con il
 prevedere che la competenza arbitrale puo' essere derogata  solo  con
 una clausola inserita nel bando o invito di gara oppure nel contratto
 nel  caso  di trattativa privata, finisce con il rendere obbligatorio
 l'arbitrato, in spregio al principio, piu'  volte  ribadito,  secondo
 cui  solo  a  fronte  della concorde e specifica volonta' delle parti
 (liberamente formatasi) sono consentite  deroghe  alla  regola  della
 statualita' della giurisdizione.
   Lo  stesso  legislatore,  d'altronde, ha dimostrato recentemente di
 cercare giuste soluzioni al problema perche', nel regolare ex novo la
 materia degli appalti pubblici (con la legge  11  febbraio  1994,  n.
 109),   aveva   previsto   (all'art.  32)  che  la  competenza  sulle
 controversie fosse attribuita al  giudice  ordinario,  con  esplicito
 divieto  di  deferire  la controversia agli arbitri; successivamente,
 con il decreto-legge 3 aprile 1995, n. 101, convertito in  legge  con
 l'art.  1,  comma 1, della legge 2 giugno 1995, n. 216, la competenza
 arbitrale e' stata nuovamente introdotta, pero' con il richiamo della
 disciplina contenuta al riguardo nel codice di procedura civile.   La
 legislazione  potrebbe  ancora evolversi tenendo conto, oltre che del
 coordinamento  con  la  legislazione   comunitaria,   del   principio
 essenziale  della  effettiva  libera volonta' di ciascuna parte sulla
 scelta della competenza nei casi in cui il contratto sia  predisposto
 dalla pubblica amministrazione.