ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nei  giudizi  promossi  con  ricorsi  della  Regione  Liguria e della
 Regione  Lazio  notificati  il  20  febbraio  1995,   depositati   in
 cancelleria  l'8  e  il  9  marzo 1995, per conflitti di attribuzione
 sorti a seguito dell'art. 3, commi 1 e 5,  del  d.P.R.  21  settembre
 1994,  n.  698  (Regolamento  recante  norme  sul  riordinamento  dei
 procedimenti in materia di riconoscimento delle minorazioni civili  e
 sulla  concessione  dei benefici economici), ed iscritti ai nn. 7 e 8
 del registro conflitti 1996;
   Visti gli atti di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 23 gennaio 1996 il giudice relatore
 Riccardo Chieppa;
   Uditi  gli  avvocati  Carlo  A.  Pedemonte  per la Regione Liguria,
 Franco G. Scoca per la Regione Lazio e l'avvocato dello  Stato  Oscar
 Fiumara per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Con ricorso notificato in data 20 febbraio 1995 e depositato
 in data 8 marzo 1995, la Regione Liguria ha  sollevato  conflitto  di
 attribuzione  nei  confronti  dello  Stato  in  ordine  al  d.P.R. 21
 settembre 1994, n. 698, avente ad oggetto: "Regolamento recante norme
 sul riordinamento dei procedimenti in materia di riconoscimento delle
 minorazioni civili  e  sulla  concessione  dei  benefici  economici",
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 298 del 22 dicembre 1994.
   Secondo   la   ricorrente,   l'art.   3  del  predetto  regolamento
 prevederebbe  pesanti  compressioni  dell'autonomia   regionale,   in
 contrasto  con  gli  artt.  115,  117  e  118  della Costituzione. In
 particolare, il primo comma  del  citato  art.  3  costringerebbe  le
 Regioni  ad  esercitare  un  potere  sostitutivo  nei confronti delle
 commissioni mediche  operanti  presso  le  unita'  sanitarie  locali,
 inadempienti all'obbligo di fissazione della data della visita medica
 nei tre mesi decorrenti dall'istanza volta ad ottenere l'accertamento
 sanitario  della  invalidita'.  Potere  sostitutivo che la ricorrente
 ritiene inammissibile.
   Ad  avviso  della  Regione  Liguria   gli   accertamenti   sanitari
 finalizzati  al  riconoscimento  delle invalidita' non rientrerebbero
 nella materia  dell'"assistenza  sanitaria  ed  ospedaliera"  di  cui
 all'art.  117 della Costituzione, trattandosi di attivita' di rilievo
 solo  incidentalmente  sanitario,  ma  diretta,   in   sostanza,   ad
 acquisire,  nell'interesse  dello Stato, un qualche grado di certezza
 sulle  condizioni  fisiche  dell'invalido  tale  da   permettere   la
 concessione  in  suo  favore  dei  benefici  statali spettantigli. Ma
 quand'anche non si aderisse a  questa  tesi,  il  potere  sostitutivo
 regionale  contestato sarebbe, comunque, secondo la ricorrente, privo
 di supporto legislativo. Esso troverebbe, infatti, fondamento in  una
 norma di rango regolamentare, che avrebbe esorbitato dai limiti posti
 dalla  legge  n.  537  del  1993,  in attuazione della quale e' stato
 emanato il d.P.R. n. 698 del 1994. Ne' sarebbe in concreto  possibile
 per  le  Regioni  interferire  nell'attivita'  di  accertamento della
 commissione medica, di tipo eminentemente diagnostico-specialistico.
   Quanto al comma 5 dello stesso art. 3 del regolamento in questione,
 esso viene censurato nella parte in cui individua  la  legittimazione
 passiva  regionale  nei  procedimenti giurisdizionali concernenti gli
 accertamenti sanitari. Anche con riferimento a  tale  previsione,  il
 regolamento  avrebbe  travalicato  gli ambiti ad esso riservati dalla
 legge n. 537 del 1993, e sarebbe  privo  della  necessaria  copertura
 legislativa. Del resto, l'attribuzione di tale legittimazione passiva
 processuale  non  corrisponderebbe alla titolarita' di alcun rapporto
 giuridico sostanziale in capo alla Regione, dovendo, se mai, spettare
 alla unita' sanitaria locale presso la quale  la  commissione  medica
 opera,  tenuto  anche  conto  che  il decreto legislativo 30 dicembre
 1992, n. 502, e successive modifiche ed integrazioni, stabilisce  che
 la   unita'  sanitaria  locale  e'  azienda  dotata  di  personalita'
 giuridica pubblica (art. 3, primo comma), e che "tutti  i  poteri  di
 gestione nonche' la rappresentanza della unita' sanitaria locale sono
 riservati  al direttore generale" (art. 3, sesto comma). Analogamente
 dispone, poi, la legge della Regione Liguria 8 agosto 1994, n. 42.
   2. - Anche la Regione Lazio, con ricorso notificato il 20  febbraio
 1995,  e  depositato  il  9  marzo  1995,  ha  sollevato conflitto di
 attribuzione nei confronti dello Stato in ordine al medesimo art.  3,
 commi 1 e 5, del d.P.R. n. 698 del 1994.
   Rileva    la   ricorrente   che   le   disposizioni   citate,   che
 determinerebbero un preoccupante aumento del  lavoro  delle  Regioni,
 configurando  una ulteriore ipotesi di responsabilita' a carico delle
 stesse,  con  conseguente  obbligo   di   risarcimento   dei   danni,
 violerebbero  la riserva di legge prevista per la delega alle Regioni
 dell'esercizio di funzioni amministrative diverse da quelle  elencate
 nell'art. 117 della Costituzione.
   Sarebbero  state,  infatti,  attribuite alle Regioni nuove funzioni
 con un mero atto regolamentare, emanato a seguito di  una  previsione
 legislativa    che,    pur    circoscrivendo    la   discrezionalita'
 dell'esecutivo nella disciplina della materia, non fa alcun  cenno  a
 nuove competenze regionali.
   Sarebbe,  inoltre,  violata la riserva di legge contenuta nell'art.
 97 della Costituzione,  relativa  alla  organizzazione  dei  pubblici
 uffici.
   Le   contestate  violazioni  inciderebbero  sulla  ripartizione  di
 competenze tra Stato e Regioni, comportando  un  abusivo  ampliamento
 delle attribuzioni regionali come delineate dalla Costituzione.
   3.  -  In  entrambi  i  giudizi  si e' costituito il Presidente del
 Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  che ha concluso per la inammissibilita' o la
 infondatezza dei ricorsi.
   Nelle  memorie  depositate  successivamente,  l'Avvocatura  ha,  in
 particolare,  escluso  che nella specie sia disciplinata un'attivita'
 amministrativa originariamente  spettante  allo  Stato,  sicche'  non
 potrebbe  parlarsi  di una delega di funzioni statali alle Regioni in
 assenza  di  copertura  legislativa,  in  violazione  dell'art.  118,
 secondo  comma,  della Costituzione (adombrandosi, in tal modo, anche
 la inammissibilita' del ricorso).
   L'attivita' relativa agli accertamenti sanitari  delle  minorazioni
 rientrerebbe  nella  materia dell'assistenza sanitaria e ospedaliera,
 assegnata alla competenza regionale dall'art. 117 della Costituzione.
 Al riguardo, l'Avvocatura ha sottolineato l'evoluzione  normativa,  a
 partire   dalla   riforma  sanitaria  del  1978,  nel  senso  di  una
 progressiva "regionalizzazione" delle unita' sanitarie locali, in cui
 si inquadrerebbe anche l'attivita' di  sostituzione  da  parte  delle
 Regioni  alle  commissioni  mediche nella fissazione della data della
 visita medica per l'accertamento delle minorazioni civili.  Ed  anche
 la    legittimazione   passiva   della   Regione   nei   procedimenti
 giurisdizionali conseguirebbe alle competenze regionali  in  materia,
 collegandosi  sia alla responsabilita' per la disciplina, vigilanza e
 controlli, sia ad una  specifica  responsabilita'  finanziaria  della
 Regione  per  spese di giudizio, interessi etc., avuto anche riguardo
 alla rilevanza del contenzioso sviluppatosi in materia.
   In conseguenza, non vi sarebbe alcuna violazione della  riserva  di
 legge  di  cui  all'art.  118,  secondo comma, della Costituzione, in
 quanto  il  regolamento  impugnato  non  attribuirebbe  alcuna  nuova
 competenza   alle  Regioni,  muovendosi,  invece,  nell'ottica  della
 semplificazione  dei  procedimenti  nel   quadro   delle   competenze
 preesistenti.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Preliminarmente  va  disposta  la  riunione  dei giudizi per
 identita' di oggetto.
   2. - Le Regioni  Liguria  e  Lazio  hanno  sollevato  conflitto  di
 attribuzione  nei  confronti  dello  Stato  in relazione al d.P.R. 21
 settembre 1994, n. 698 (Regolamento recante norme  sul  riordinamento
 dei  procedimenti  in  materia  di  riconoscimento  delle minorazioni
 civili e sulla concessione dei benefici economici),  ritenuto  lesivo
 della  sfera  di  competenze  regionali  costituzionalmente  definita
 (artt. 115, 117 e 118 della Costituzione), sotto il  profilo  di  una
 illegittima espansione di essa.
   In  particolare,  le censure delle ricorrenti sono rivolte all'art.
 3 del citato d.P.R. n. 698 del 1994, nella parte in  cui  attribuisce
 alle  Regioni un potere sostitutivo in caso di ritardo da parte delle
 commissioni mediche operanti presso le  unita'  sanitarie  locali  ad
 adempiere  l'obbligo di fissazione della data della visita medica per
 l'accertamento  sanitario  dell'invalidita'  (primo  comma);  nonche'
 nella  parte  in  cui afferma la spettanza in capo alle Regioni della
 legittimazione passiva nei procedimenti  giurisdizionali  concernenti
 gli  accertamenti  sanitari,  allorche'  l'atto  impugnato  sia stato
 emanato dalle commissioni mediche operanti presso le unita' sanitarie
 locali (comma 5).
   I profili di illegittimita' sono articolati  in  modo  parzialmente
 diverso  nei  due  ricorsi, in quanto la Regione Liguria fa anzitutto
 valere  la  spettanza  allo  Stato  delle  attivita'  relative   agli
 accertamenti    sanitari    finalizzati   al   riconoscimento   delle
 invalidita', e, solo  in  via  subordinata,  il  carattere  meramente
 regolamentare   della   norma   che   disciplina  l'attribuzione  del
 contestato potere sostitutivo regionale.  Nel ricorso  della  Regione
 Lazio si lamenta, invece, senz'altro la introduzione nell'ordinamento
 di   nuove  funzioni  amministrative  regionali  attraverso  un  atto
 regolamentare, emanato in assenza  di  una  disposizione  legislativa
 che, anche indirettamente, ne costituisca il supporto necessario.
   Sempre   sotto   il  profilo  della  carenza  di  idonea  copertura
 legislativa, la Regione Lazio sospetta, altresi',  il  contrasto  con
 l'art.  97  della  Costituzione, che fissa il principio della riserva
 (relativa) di legge nella organizzazione dei pubblici uffici.
   3.   -   Deve,   anzitutto,   essere   disattesa   l'eccezione   di
 inammissibilita' formulata dall'Avvocatura generale dello Stato sulla
 base  del  rilievo  che  il  regolamento  in questione non avrebbe la
 funzione  di  delegare  alle  Regioni   un'attivita'   amministrativa
 originariamente  attribuita  allo  Stato,  in quanto gli accertamenti
 sanitari   delle    minorazioni    rientrerebbero    nella    materia
 dell'assistenza  sanitaria  e  ospedaliera, assegnata alla competenza
 regionale dall'art. 117 della Costituzione.
   I conflitti vertono,  infatti,  proprio  sulla  spettanza  di  tali
 attribuzioni,  che,  pertanto,  costituisce  l'oggetto dell'esame nel
 merito dei due ricorsi.
   4. - Questi, sotto il profilo dell'impugnativa dell'art.  3,  primo
 comma, del d.P.R. n. 698 del 1994, sono infondati.
   L'affidamento  alle  commissioni  mediche operanti presso le unita'
 sanitarie locali delle funzioni di cui si tratta trae  origine  dalla
 competenza riconosciuta in via generale a queste ultime nella materia
 degli  accertamenti,  delle  certificazioni e delle altre prestazioni
 medico-legali  spettanti  al  servizio   sanitario   nazionale   gia'
 dall'art.    14,  terzo  comma,  lettera  q)  della  legge di riforma
 sanitaria 23 dicembre 1978, n. 833, e dalla conseguente esistenza  di
 un  apparato  ad  hoc  del quale le stesse unita' sanitarie locali si
 valgono normalmente nell'espletamento di detti compiti.
   Di cio' ha tenuto conto la legge 24 dicembre 1993, n. 537,  recante
 interventi  correttivi  di  finanza  pubblica,  che,  all'art. 11, ha
 previsto l'emanazione di  un  regolamento,  ai  sensi  dell'art.  17,
 secondo  comma,  della legge 23 agosto 1988, n. 400, per disciplinare
 il riordinamento dei procedimenti in materia di  invalidita'  civile,
 cecita'  civile  e  sordomutismo, sulla base di una serie di criteri,
 tra i quali la semplificazione dei procedimenti e la distinzione  del
 procedimento  di  accertamento sanitario da quello per la concessione
 delle provvidenze, con attribuzione della rispettiva competenza  alle
 commissioni mediche, di cui alla legge 15 ottobre 1990, n. 295, ed ai
 prefetti.  Distinzione  resa,  evidentemente,  necessaria  proprio da
 quelle esigenze di snellezza, rapidita' ed efficienza, che sono  alla
 base della previsione del riordinamento della materia. Pertanto, alla
 stregua  di  tali criteri regolatori, contenuti nella citata legge n.
 537 del 1993, il regolamento in questione ha individuato, all'interno
 di  una  complessa   procedura   intesa   al   riconoscimento   delle
 invalidita',   di   sicura  spettanza  statuale,  i  compiti  tecnici
 demandati alle unita' sanitarie locali.
   Va, a questo punto, rilevato che la potesta' di  emanare  le  norme
 per  la  organizzazione, la gestione ed il funzionamento delle unita'
 sanitarie locali e dei loro servizi (art. 15 della legge n.  833  del
 1978)    rientra   nella   materia   dell'"assistenza   sanitaria   e
 ospedaliera",  di   competenza   regionale,   ex   art.   117   della
 Costituzione.  La  struttura organizzativa, intesa come articolazione
 degli uffici e dei  compiti  delle  citate  unita'  sanitarie,  deve,
 pertanto,  ritenersi  ricompresa tra quelle competenze che fanno capo
 alla Regione (sentenza n. 174  del  1991),  come  anche  il  generale
 potere di vigilanza sulle stesse strutture.
   In siffatto quadro, correttamente la norma impugnata ha disposto un
 controllo   sostitutivo   da   parte   della   Regione  relativamente
 all'ipotesi di mancata osservanza dell'obbligo, posto a carico  delle
 commissioni  mediche,  di  fissare  la  data  della visita medica per
 l'accertamento dell'invalidita'.
   L'art. 3, primo comma, del d.P.R. n.  698  del  1994  ha,  infatti,
 previsto  la  facolta'  per  l'interessato,  decorso  inutilmente  il
 termine  di  tre  mesi  dalla  presentazione  dell'istanza  volta  ad
 ottenere   l'accertamento   sanitario   dell'invalidita'  civile,  di
 presentare una diffida  a  provvedere  all'assessorato  alla  sanita'
 della  Regione  territorialmente  competente, che fissa la data della
 visita, da effettuarsi da parte della commissione operante presso  la
 unita'  sanitaria locale di appartenenza entro il termine complessivo
 di nove mesi dalla data di presentazione della domanda (ovvero, se la
 diffida sia presentata oltre il sesto mese dalla data della  domanda,
 non oltre novanta giorni dalla sua presentazione).
   Appare,  pertanto,  evidente, per quanto sopra detto in ordine alla
 organizzazione e ai controlli in materia di unita' sanitarie  locali,
 che  il potere sostitutivo in ordine alla fissazione della data degli
 accertamenti sanitari,  attribuito  dalla  norma  in  questione  alle
 Regioni, e' coerente con il riparto di competenze tra Stato e Regione
 quale  risulta  nell'ordinamento  vigente,  e trova sicuro fondamento
 legislativo nel citato art. 11 della  legge  n.  537  del  1993.  Del
 resto, un intervento statale sostitutivo, da parte di organo estraneo
 all'apparato  sanitario  locale,  in  caso  di inerzia, sarebbe stato
 certamente invasivo  della  sfera  di  competenza  della  Regione  in
 materia  di  organizzazione  attuativa  degli  accertamenti sanitari,
 delle certificazioni relative e delle altre prestazioni medico-legali
 svolte dall'apparato sanitario ad  hoc  esistente  presso  le  unita'
 sanitarie locali.
   5. - A conclusioni di segno opposto deve pervenirsi con riferimento
 all'impugnativa  del  comma 5 dell'art. 3 del d.P.R. n. 698 del 1994,
 nella parte in cui dispone la spettanza in capo  alla  Regione  della
 legittimazione  passiva  nei procedimenti giurisdizionali concernenti
 gli  accertamenti  sanitari  relativi  all'invalidita'  civile,  alla
 cecita'  civile  e  al  sordomutismo,  ove l'atto impugnato sia stato
 emanato dalle commissioni mediche operanti presso le unita' sanitarie
 locali.
   Tale disposizione, che non trova alcun fondamento in una previsione
 legislativa,  pone a carico della Regione una responsabilita' che non
 le compete, in quanto non conseguente ad una  funzione  che  ad  essa
 faccia  direttamente capo, ma ad una attivita' rispetto alla quale la
 Regione  stessa  ha  un  limitato  controllo  sostitutivo  (e  previa
 denuncia    dell'inerzia)   sulla   fissazione   della   data   degli
 accertamenti.
   Per quanto sopra osservato, infatti, lo Stato, al fine di portare a
 compimento la  procedura  diretta  alla  concessione  delle  previste
 provvidenze  statali  in  favore  degli  invalidi,  affida  solo  gli
 accertamenti sanitari strumentali (istruttoria  e  valutazione  delle
 infermita'   invalidanti   e  delle  menomazioni),  rientranti  nelle
 prestazioni medico-legali del servizio  sanitario,  alle  commissioni
 mediche operanti presso le unita' sanitarie locali.
   Del  resto, anche a voler ammettere la possibilita' per lo Stato di
 porre una legittimazione a gestire le liti a carico di una  struttura
 a  livello  regionale  per  esigenze  unitarie  e di coordinamento ed
 economia di spesa (tenuto conto della prevalente mancanza di  ufficio
 legale  nelle  unita'  sanitarie locali), cio' comporterebbe per essa
 struttura anche oneri  rilevanti  (dissociati  dalla  gestione  delle
 provvidenze)  in  relazione  alle  spese processuali e alle eventuali
 condanne per la soccombenza. E questo non potrebbe avvenire se non ad
 opera  di  una  legge  che  contestualmente  indichi  anche  i  mezzi
 finanziari per far fronte a tali nuovi oneri.