Ricorso per conflitto di attribuzione della regione del Veneto,  in
 persona del presidente della Giunta regionale e legale rappresentante
 pro-tempore,  on. dott. Giancarlo Galan, rappresentata e difesa, come
 da delega a margine del presente atto e in forza di deliberazione  di
 g.r. di autorizzazione a stare in giudizio n. 2036 del 7 maggio 1996,
 dall'avv.  Romano  Morra,  dall'avv.  prof. Giuseppe Franco Ferrari e
 dall'avv. prof. Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata  presso
 lo  studio  di  quest'ultimo  in Roma, Lungotevere delle Navi, n. 30,
 contro il Presidente del Consiglio  dei  Ministri  a  seguito  e  per
 l'effetto  della  circolare  del  Ministero  delle  risorse agricole,
 alimentari e forestali, Azienda  di  Stato  per  gli  interventi  nel
 mercato agricolo, 29 marzo 1996, n. 6 Div. I/q.l. prot. n. 521 del 29
 marzo 1996, "Applicazione del decreto-legge n. 124 del 15 marzo 1996,
 contenente disposizioni in ordine al regime comunitario di produzione
 lattiera",  e  per la dichiarazione di non spettanza allo Stato della
 adozione di siffatta misura.
                               F a t t o
   1. - Il regime delle c.d. quote latte, finalizzato al  contenimento
 della  produzione,  da  anni  eccedente nel mercato europeo, e' stato
 introdotto  in  Italia,  dopo  lungo  contenzioso  circa  l'effettiva
 entita'  della  produzione  interna  e  la irrogazione delle relative
 sanzioni comunitarie, dalla legge 26 novembre 1992, n. 468.
   Tale testo normativo, dopo avere  demandato,  all'art.  2,  secondo
 comma,  la redazione di elenchi dei produttori titolari di quota e la
 loro pubblicazione in appositi bollettini all'Azienda  di  Stato  per
 gli  interventi  nel  mercato  agricolo  (AIMA),  all'art. 2, secondo
 comma, limitatamente ai  produttori  di  associazioni  aderenti  alla
 UNALAT, dispone la articolazione della quota in due parti: l'una (A),
 commisurata  alla  produzione  di  latte commercializzata nel periodo
 1988-1989;  l'altra  (B),   rapportata   alla   maggiore   produzione
 commercializzata nel periodo 1991-1992.
   Poiche'  peraltro il regolamento CEE del Consiglio n. 804/1968, del
 27 giugno 1968, contemplava la periodica rideterminazione delle quote
 nazionali spettanti all'Italia, i commi sesto e ottavo  dello  stesso
 art.  2  assegnavano  alle  regioni  il  compito  di  vigilare  sulla
 effettiva produzione dei singoli operatori e di  comunicare  all'AIMA
 per  l'aggiornamento  del bollettino le eventuali situazioni di quota
 assegnata   superiore   a   quella   effettiva,   e    al    Ministro
 dell'agricoltura  e  foreste,  acquisito  il  parere della Conferenza
 permanente per i rapporti tra lo Stato e  le  Regioni  e  sentite  le
 organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, in caso di
 eccedenza  delle  quantita' attribuite ai produttori alla stregua del
 secondo e terzo comma, rispetto alle quote nazionali  individuate  in
 sede comunitaria, di stabilire con proprio decreto i criteri generali
 per  il  pieno  allineamento  con  le quote nazionali nell'arco di un
 triennio. Lo stesso ottavo comma, imponeva che, con riferimento  alle
 riduzioni obbligatorie della quota B, si tenesse conto "dell'esigenza
 di  mantenere  nelle  aree  di  montagna  e  svantaggiate  la maggior
 quantita' di produzione lattiera".
   2. - Il  d.-l.  23  dicembre  1994,  n.  727,  poi  convertito  con
 modificazioni  in  legge  24  febbraio  1995, n. 46 ha poi operato la
 riduzione delle quote B  per  singolo  produttore,  con  l'esclusione
 degli  operatori  delle stalle ubicate nelle zone montane di cui alla
 direttiva  del  Consiglio  CEE  n.  75/268  del  28  aprile  1975, da
 effettuarsi entro il 31 marzo 1995 con  operativita'  della  campagna
 1995-1996.
   La  legge  di  conversione ha innovato il decreto come segue: a) ha
 previsto (art. 2, primo comma, lett. O.a)) la riduzione della quota A
 non in produzione, almeno qualora essa ecceda il 50%  della  quota  A
 attribuita;  b)  dopo  avere  confermato  la  riduzione della quota B
 (lett. a)),  ha  escluso  (lett.  b))  da  entrambe  le  riduzioni  i
 produttori  non  solo titolari di stalle ubicate in zone di montagna,
 ma  anche  quelli  operanti  "nelle  zone  svantaggiate  e  ad   esse
 equiparate  nonche'  nelle  isole";  c)  ha  consentito (art.2, comma
 2-bis)  che  i  produttori  che   abbiano   ottenuto,   anteriormente
 all'entrata  in  vigore della legge n. 468/1992, l'approvazione di un
 piano di sviluppo  o  di  miglioramento  zootecnico  da  parte  della
 Regione e che lo abbiano realizzato, possano chiedere la assegnazione
 di  una quota corrispondente all'obiettivo di produzione indicato nel
 piano medesimo, in sostituzione delle quote A e B.
   Piu' in generale il decreto-legge n. 727/1994 e la legge n. 46/1995
 hanno soppresso la previa consultazione della confrenza tra  Stato  e
 regioni,  rimettendo la istruttoria e la predisposizione del piano di
 rientro esclusivamente  all'istanza ministeriale.
   Inoltre,   la   normativa   ha   introdotto   un   meccanismo    di
 autocertificazione  delle produzioni, in base al quale gli acquirenti
 sono autorizzati a considerare  i  quantitativi  autocertificati  dai
 produttori.
   3.  -  La  legge n. 46/1995 insieme con il decreto-legge convertito
 veniva impugnata dalla regione del Veneto con ricorso rubricato al n.
 23/1995, con allegazione di numerosi profili di  incostituzionalita'.
 Codesta ecc.ma Corte, a seguito di discussione nella pubblica udienza
 del  23  novembre  1995,  con  decisione  n. 520 del 28 dicembre 1995
 accoglieva il predetto ricorso, in una con  quello  presentato  dalla
 regione  Lombardia  e rubricato al n. 22/1995, sotto il profilo della
 incostituzionalita' dell'art. 2,  primo  comma,  della  legge,  nella
 parte   in  cui  non  vi  si  contemplava  il  parere  delle  regioni
 interessate nel procedimento di  riduzione  delle  quote  individuali
 spettanti ai produttori di latte bovino.
   4.  -  Il Governo e' poi intervenuto nuovamente con la decretazione
 di urgenza nel delicato settore de quo, adottando il d.-l.  15  marzo
 1996  n.  124 (Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 64 del 16 marzo
 1996), "Regime comunitario di produzione lattiera". Esso, in  specie:
 a)  demanda  all'AIMA,  entro il 31 marzo 1996, di nuovo senza previo
 parere  delle  regioni  interessate   dagli   eventuali   tagli,   la
 pubblicazione  di  un  bollettino  di aggiornamento degli elenchi dei
 produttori titolari di quota e dei quantitativi loro spettanti  delle
 quote  latte  1995-1996  (art. 1, primo comma); b) stabilisce che, ai
 fini della trattenuta e del versamento del prelievo supplementare per
 il  1995-1996,  gli  acquirenti  siano  tenuti  all'osservanza  delle
 risultanze  del  predetto bollettino di aggiornamento (art. 1, quarto
 comma); c) sospende sino al 31 marzo 1997 l'efficacia dell'art. 2-bis
 del decreto-legge n.  727/1994 convertito con modificazioni in  legge
 n.  46/1995  (art.  1,  secondo  comma);  d) detta disposizioni sulla
 tutela in via amministrativa dei produttori avverso le determinazioni
 del predetto bollettino di aggiornamento (art.1, terzo comma).
   5.  -  Il  bollettino  di cui all'art. 1, primo e quarto comma, del
 decreto-legge  sostituisce  quelli  preveduti  dal  regime  normativo
 precedente,   continua   a   prescindere  dal  parere  delle  regioni
 interessate dai tagli in  violazione  del  disposto  della  decisione
 520/1995, e in piu' assume una natura o almeno una forza particolare,
 in quanto esso ha valore di "accertamento definitivo" delle posizioni
 individuali dei produttori (art. 1, primo comma: v. supra, punto 4.a)
 e del pari di vincolo esclusivo nei confronti degli acquirenti (e per
 conseguenza  delle  aspettative  patrimoniali dei produttori: art. 1,
 quarto comma, e supra,  punto 4.b).
   Inoltre esso interviene a regolamentare con la  predetta  peculiare
 forza i rapporti  produttivi nel settore con efficacia retroattiva, a
 campagna   1995/1996  conclusa,  con  disastrosi  effetti  su  interi
 patrimoni aziendali e,  non  di  mero  riflesso,  sulle  attribuzioni
 regionali,  dato che l'automatismo degli effetti comporta la virtuale
 spoliazione dei  poteri  regionali  di  indirizzo,  programmazione  e
 controllo del settore lattiero-caseario.
   Nella sostanza della disciplina  applicata, poi, va ribadito che la
 regione  ricorrente,  a  differenza  di  altre  regioni,  non  ha mai
 approvato piani di sviluppo e miglioramento  comportanti  aumenti  di
 produzione  del  latte  e  dunque,  a far data dal 12 marzo 1985, non
 annovera operatori in grado di  avvalersi  della  sostituzione  delle
 quote  A e B con i piu' favorevoli obbiettivi dei piani di sviluppo e
 miglioramento.
   Per sovrammercato,  la  introduzione  in  via  di  urgenza  di  una
 disciplina  sfavorevole nella sostanza e con efficacia retroattiva si
 accompagna alla individuazione (art. 1, terzo comma e punto  4.d)  di
 un  regime di autotutela da ricorso estremamente penalizzante per gli
 operatori.
   6. - Con il decreto-legge n.  124/1996  il  Governo  ha  dunque  in
 sintesi  disposto:  a)  la  pubblicazione entro   il 31 marzo 1996 di
 bollettini di aggiornamento degli elenchi dei produttori titolari  di
 quota   e   dei  quantitativi  ad  essi  spettanti,  con  effetto  di
 accertamento definitivo delle posizioni individuali dei produttori  e
 di  vincolo  per  gli  acquirenti;  b)  la  sospensione del regime di
 autocertificazione   introdotto   dalla   legge   n.   46/1995;    c)
 l'introduzione  di  un  sistema  di  ricorsi  in  opposizione;  d) la
 disciplina delle compensazioni.
   Il decreto predetto, in attesa di conversione in  legge,  e'  stato
 impugnato,  dalla regione attuale ricorrente, come pure dalla regione
 Lombardia, con ricorso avanti codesta ecc.ma Corte, pendente  con  n.
 19/1996  (18/1996  quello  della  Lombardia),  per molteplici vizi di
 legittimita' costituzionale, con particolare riguardo agli artt.  77,
 3, 5, 11, 41, 117 e 118, 24 e 113 della Costituzione. Si  attende  la
 fissazione  dell'udienza  di  discussione,  come  pure la conversione
 eventuale del decreto, anzi, ormai, del  nuovo  decreto  "reiterante"
 (d.-l.  16 maggio 1996, n. 260, in Gazzetta Ufficiale 16 maggio 1996,
 n. 113).
   7. - La circolare impugnata con il presente ricorso  per  conflitto
 di attribuzione da' attuazione al primo decreto-legge, dettagliando i
 criteri  per  la formazione del bollettino che, con il numero 2 della
 stagione 1995/1996, e' destinato a disciplinare  retroattivamente  la
 stagione   predetta   e  gli  effetti  per  produttori  e  acquirenti
 nell'ambito temporale di essa.
   La circolare e' tuttavia essa stessa illegittima.
                             D i r i t t o
   1.  - L'impugnata circolare e' illegittima, anzitutto, per assoluta
 carenza di fondamento legislativo primario, e quindi  per  violazione
 degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, che solo ad atti forniti
 di    tale   fondamento   consentono   di   incidere   sull'autonomia
 costituzionalmente  garantita  alle  regioni.   Essa   reca   infatti
 previsioni  concernenti la "applicazione del decreto-legge n. 124 del
 15  marzo  1996,  contenente  disposizioni  in   ordine   al   regime
 comunitario  di produzione lattiera".  Tale decreto, pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 64 del 16 marzo 1996,  non  e'
 stato  tempestivamente converito in legge. Conseguentemente, ai sensi
 dell'art. 77, terzo comma, della Costituzione, la  sua  efficacia  e'
 venuta  meno  "sin dall'inizio", e "sin dall'inizio" e' quindi venuta
 meno la sua forza legittimante gli atti  amministrativi  adottati  in
 sua  attuazione. La circolare risulta pertanto adottata in attuazione
 di un atto normativo non piu' esistente come tale, e  residuato  come
 mero  "comportamento"  (cfr.   sent. Corte costituzionale, n. 161 del
 1995).
   Non varrebbe opporre che il decreto-legge n. 124 del 1996 e'  stato
 "reiterato"  con  d.-l.  16  maggio  1996,  n.  260, pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale di pari data. Il termine "reiterazione",  infatti,
 sta  a  significare  semplicemente che le norme contenute nel decreto
 reiterato sono riprodotte nel decreto reiterante, non  certo  che  le
 norme di quest'ultimo valgano anche retroattivamente, sovrapponendosi
 per  il  passato  alle  norme  del decreto reiterato. A seguito della
 mancata conversione, dunque, tali norme hanno cessato di avere  ("sin
 dall'inizio")    qualunque    efficacia,   e   non   possono   essere
 "resuscitate",  nella  loro  forza  normativa,  da  quale  si  voglia
 "reiterazione". Come e' ovvio, il rimedio alla mancata conversione si
 trova  esclusivamente nell'intervento del Parlamento (ai sensi sempre
 dell'art. 77, terzo comma, Cost.), cui si concede  di  "regolare  con
 legge   i  rapporti  giuridici  sorti  sulla  base  dei  decreti  non
 convertiti". Intervento, questo, che nella specie non  si  e'  avuto,
 come  pure  non si e' avuta alcuna "sanatoria" (che del resto sarebbe
 stata illegittima), da  parte  del  decreto  reiterante,  degli  atti
 adottati sulla base del decreto  reiterato.
   Solo   ad  abundantiam  si  precisa  che  il  fondamento  normativo
 dell'atto impugnato non puo' rinvenirsi nelle previsioni  comunitarie
 (come  pure codesta ecc.ma Corte ha consentito nella sent. n. 451 del
 1995), per la semplice osservazione che la  circolare  non  solo  non
 attua,  ma  addirittura  distorce  dette previsioni comunitarie, come
 risulta anche dalle considerazioni che seguono.
   2. - L'impugnata circolare va, poi, ben oltre quanto  previsto  dal
 decreto-legge che pretende di attuare, irrigidendo il procedimento di
 adozione  dei  bollettini  di  aggiornamento delle quote spettanti ai
 produttori di latte in una  serie  di  previsioni  minuziosissime  ed
 analitiche,  che  -  non  rinvenibili  nel  d.-l.  n.  124 del 1996 -
 comprimono insopportabilmente l'autonomia regionale,  in  violazione,
 nuovamente, degli artt. 5, 117 e 118 Cost., nonche' degli artt. 1 e 2
 del decreto-legge n. 124 del 1996.
   Proprio  perche'  va largamente al di la' di quanto preveduto dalla
 fonte normativa primaria cui si ricollega, l'atto impugnato  risulta,
 anche per tale profilo, ed anche a non voler accogliere la censura di
 cui  al  numero  precedente, privo di qualunque fondamento normativo.
 Ne'  e'  chiara  quale  sia  la  natura  che  a tale atto deve essere
 ascritta.  Esso, infatti, indirizzato com'e' a tutti gli  assessorati
 regionali  all'agricoltura, pretende di dettare una normativa che sia
 per tutte le regioni (e le  province  autonome)  vincolante.  Non  si
 comprende,  pero', su quali basi la pretesa dell'atto impugnato possa
 fondarsi, atteso che mancano i requisiti minimi  perche'  esso  possa
 essere qualificato atto di indirizzo e coordinamento (come dimostrano
 la   sua   provenienza   dall'AIMA   e   la  mancanza  di  fondamento
 legislativo).
   In realta', la circolare espropria del tutto le  regioni  dei  lori
 poteri  di  governo del settore, giungendo a prescrivere (e sono solo
 alcuni dei possibili esempi|) che (p. 8) il  ricorso  in  opposizione
 avverso  le  determinazioni  dei    bollettini  dovra' essere redatto
 esclusivamente utilizzando il modulo allegato alla circolare: che  al
 ricorso  dovra'  essere  allegata obbligatoriamente la documentazione
 indicata dalla stessa circolare; che sul ricorso l'AIMA  si  pronunci
 senza  alcun  intervento  dell'amministrazione  regionale, alla quale
 l'esito del "giudizio" viene semplicemente comunicato.
   Si prevede, poi,  che  le  regioni  (p.  9)  "dovranno"  verificare
 preventivamente  la  completezza  e  la  correttezza  degli allegati,
 pretendendo cosi' di esercitare un vero e proprio  potere  di  ordine
 nei  confronti delle autonomie, mitigato da un "ove possibile" di ben
 oscuro significato.
   Il calcolo delle quote, poi, viene affidato integralmente  all'AIMA
 e  alle  associazioni  dei  produttori,  disegnando  (pp. 9 sgg. ) un
 procedimento dettagliatamente descritto, dal quale  le  regioni  sono
 completamente  escluse. Identico discorso vale per le regole e per il
 procedimento della compensazione (spec. pp. 14 sgg.), nel quale si fa
 conto, praticamente, che le regioni non esistano, per poi riemergere,
 quasi derisoriamente, laddove si dispone (p.  18),  che,  "una  volta
 eseguita  la  compensazione", ogni associazione dei produttori emette
 la delibera di compensazione e "la trasmette all'AIMA ed alla regione
 di competenza".
   L'esclusione delle regioni dal procedimento, a stento comprensibile
 per la compensazione nazionale,  interamente  affidata  all'AIMA  (p.
 21),  viene  dunque  imposta,  per  tutte le fasi del procedimento di
 compensazione.
   3. -  Anche  qualora  si  giudicassero  infondate  le  censure  che
 precedono,   la   circolare  impugnata  dovrebbe  comunque  ritenersi
 illegittima,  perche'  affetta  da  vizi   che   la   accomunano   al
 decreto-legge  n. 124/1996, gia' impugnato, e ora al decreto-legge n.
 260/1996, del quale si riprendono qui le considerazioni.
   3.1. - Specificamente viziata da illegittimita' costituzionale, per
 violazione degli artt. 11, 47, 117 e 118  della Costituzione, e'  poi
 la  circolare  impugnata  anche  in relazione ai commi primo e quarto
 dell'art. 1 del  decreto-legge n. 124/1996 e ora del decreto-legge n.
 260/1996.
   Il primo comma dell'art. 1 del  menzionato  decreto  prescrive  che
 l'AIMA  deve  pubblicare appositi bollettini "di aggiornamento" degli
 elenchi dei produttori titolari di quota nonche' delle quote di  loro
 spettanza  per  il  periodo  1995-1996 "entro il 31 marzo 1996". Tali
 bollettini  costituiscono  accertamento  definitivo  delle  posizioni
 individuali,  e  sostituiscono  "ad  ogni  effetto"  i bollettini che
 l'AIMA ha precedentemente pubblicato per il periodo di riferimento. A
 sua  volta,  il  quarto  comma  dispone  che gli acquirenti del latte
 prodotto, ai fini della trattenuta  e  del  versamento  del  prelievo
 supplementare, devono considerare esclusivamente le quote individuali
 risultanti dai bollettini di cui al primo comma.
   Come  si  evince  gia'  da  una  prima  lettura,  tali disposizioni
 introducono nel nostro ordinamento, ancorche' ad hoc e  per  la  sola
 campagna 1995-1996,
  una  categoria  del  tutto speciale di bollettini, i cui effetti sul
 settore lattiero-caseario e sul governo dello stesso da  parte  delle
 regioni sono devastanti. I bollettini di cui trattasi sono infatti la
 sola  fonte  di  individuzione delle posizioni dei singoli produttori
 per la campagna 1995-1996, e posseggono  valore  definitivo,  nonche'
 sostitutivo di qualunque altra precedente determinazione.
   Tali  bollettini,  pero', riguardano - illogicamente - una campagna
 che sostanzialmente  si  e'  gia'  conclusa  al  momento  in  cui  le
 disposizioni  impugnate  sono divenute operative. Conseguentemente, i
 loro  effetti  sono  da  considerarsi  retroattivi.  La  campagna  di
 produzione  del  latte  non coincide infatti con l'anno solare, ma va
 dal 1 aprile al 31 marzo. Sin dall'inizio, dunque,  i  bollettini  di
 cui  all'art.  1,  commi  primo  e  quarto, erano concepiti come atti
 destinati a produrre effetti pro praeterito tempore (e cioe'  per  la
 campagna  1995-1996  ormai  conclusa),  ed  anzi era addirittura (non
 semplicemente prevedibile ma) scontato che la loro pubblicazione  non
 avrebbe   potuto  praticamente  intervenire  nel  brevissimo  spatium
 temporis  intercorrente   fra   l'entrata   in   vigore   del   primo
 decreto-legge    (17  marzo)  e  il  successivo  31  marzo,  data  di
 conclusione della campagna 1995-1996. A fortiori tali  considerazioni
 valgono  per il secondo decreto-legge, che viene addirittura adottato
 quasi due mesi dopo il 31 marzo ed ha la pretesa di disporre per  una
 campagna   interamente  eseguita.  In  realta',  il  nuovo  strumento
 introdotto dal decreto ("nuovo" perche', nonostante il nomen iuris di
 "bollettino", produce effetti assolutamente inediti) era dall'origine
 - appunto - destinato ad operare solo per il  passato,  senza  alcuna
 possibilita' di utilizzazione per il futuro.
   La circolare impugnata, in pretesa attuazione di una norma primaria
 rimasta  temporaneamente  in vigore e poi svanita nel nulla, vorrebbe
 ora introdurre le ulteriori vessatorie innovazioni di cui supra,  sub
 2.
   In  questo  modo  si  determina  una pluralita' di violazioni delle
 menzionate previsioni costituzionali. Anzitutto,  viene  violato,  in
 una  con  gli  artt.  117  e  118  Cost. (che definiscono l'ambito di
 attribuzioni delle regioni) e con l'art. 41 (che impone il  controllo
 e  l'indirizzo  della  produzione  privata a fini sociali), l'art. 11
 Cost. atteso che la ricordata scansione temporale delle  campagne  di
 produzione  del  latte  e'  fissata  dal regolamento CEE n. 804/1968.
 Disciplinare retroattivamente, a campagna  sostanzialmente  conclusa,
 le  posizioni individuali dei singoli produttori significa violare la
 lettera e lo spirito della normativa  comunitaria.  Questa,  infatti,
 prevedendo una certa periodizzazione delle campagne di produzione del
 latte,  intende  far  si'  che  si  realizzi  una gestione corretta e
 programmata della  produzione  lattiera  medesima,  che  deve  essere
 calibrata   proprio   su   detta  periodizzazione.  Sconvolgimenti  a
 posteriori della disciplina di settore come quello determinato  dalle
 disposizioni   impugnate   sono  dunque  radicalmente  contrari  alla
 normativa comunitaria (e conseguentemente  all'ordine  costituzionale
 dei rapporti fra Stato e regioni, che quella normativa contribuisce a
 definire).
   E'  proprio  allo scopo di assicurare quella corretta e programmata
 gestione, del resto, che l'art. 4,  secondo  comma,  della  legge  n.
 468/1992  aveva  previsto  in  via  generale che i bollettini fossero
 pubblicati entro il 31 gennaio di ciascun  anno:  che  senso  avrebbe
 avuto  una  pubblicazione successiva alla conclusione della campagna,
 quando i produttori hanno gia' determinato i loro  obiettivi,  ovvero
 li hanno gia' raggiunti?
   Coerentemente,  invero,  la stessa disposizione normativa prevedeva
 (e prevede) che i bollettini da pubblicarsi "entro il 31  gennaio  di
 ciascun  anno"  contenessero  "gli  elenchi aggiornati dei produttori
 titolari di quota e dei quantitativi ad essi  spettanti  nel  periodo
 avente inizio il 1 aprile successivo". Il bollettino aveva dunque (ed
 ha)  la  (ovvia)  funzione  di  determinare le quote spettanti per il
 futuro, non certo quella di  riferirsi  a  quantitativi  relativi  al
 passato.  Le  disposizioni  del decreto-legge n. 124/1996 determinano
 dunque una vera e propria deroga alla previsione generale della legge
 n. 468/1992, ma senza alcuna giustificazione reazionale e in  spregio
 della  stessa  normativa comunitaria. Ancor piu' illegittima, dunque,
 ne e' la "attuazione" in forza dell'impugnata circolare.
   Violati, parallelamente, sono, di  nuovo,  in  una  con  l'art.  41
 Cost., gli artt. 117 e 118. Le regioni, alle quali la stessa sent. n.
 520/1995  riconosce  un  ruolo  preminente  nel  governo  del settore
 lattiero-caseario,   sono   totalmente   spossessate    delle    loro
 attribuzioni  programmatorie  dagli  effetti  retroattivi  dei  nuovi
 bollettini, che determinano conseguenze del tutto incontrollabili sia
 per i produttori che per l'ente territoriale preposto - come detto  -
 al governo del settore. Il paradosso di uno strumento concepito quale
 mezzo  di programmazione (il bollettino che si trasfigura in mezzo di
 registrazione di realta' pregresse (il nuovo  bollettino  creato  dai
 commi primo e quarto dell'art. 1) e' evidente. Ed e' un paradosso che
 determina   una  palese  illegittimita'  costituzionale  delle  norme
 primarie che lo determinano e degli atti  amministrativi  che  queste
 attuano,  nella  misura  in  cui da esso consegue la sottrazione alle
 regioni di qualunque  facolta'  di  governo  e  programmazione  della
 produzione  lattiera,  che  viene  assunta  come un dato, riferito al
 passato, e non come un obbiettivo proiettato (come  dovrebbe  essere)
 nel futuro.
   3.2. - Violazione degli artt. 3, 24, 113 Cost., in riferimento agli
 artt. 117 e 118 Cost.
   L'art.   1,   terzo  comma,  dei  due  decreti-legge  definisce  un
 discutibile - sotto tutti i profili - regime di ricorsi. La circolare
 impugnata lo attua, per giunta discostandosene in pejus, come  si  e'
 dimostrato sub 2.
   Le  lacune  e piu' ancora gli sviamenti di potere del sistema cosi'
 configurato sono molteplici e gravissimi, proprio per i loro  effetti
 sulle  prerogative regionali, tanto piu' che esse vengono ora lese da
 un atto privo di fondamento normativo.
   Si considerano infatti le seguenti anomalie:
    il  dies  a  quo  dei  ricorsi  amministrativi  in  opposizione da
 proporre all'AIMA e' incerto, non essendo chiaro se la  pubblicazione
 menzionata  nel  terzo  comma  dell'art.  1  sia  la  diffusione  del
 bollettino a cura della regione (la conoscenza  degli  operatori  non
 puo' certo avere luogo nello stesso giorno) o la riproduzione di esso
 in Bollettino ufficiale della Regione;
    il  termine  assegnato  e'  brevissimo,  ben  piu'  di  quanto non
 contempli la revisione dei rimedi amministrativi operata con  decreto
 del Presidente della Repubblica n. 119/1971;
    il  ricorso giurisdizionale sembra essere possibile sia in caso di
 silenzio-rigetto da parte dell'AIMA che di reiezione esplicita,  solo
 dopo  la  pronuncia sul ricorso amministrativo in opposizione, con il
 risultato che si tenta di  operare  una  restrizione  neppure  troppo
 occulta  della  tutela  giurisdizionale,  in  spregio  non  solo alle
 disposizioni  costituzionali  citate  in  epigrafe,  ma  altresi'  ai
 principi  della riforma del processo amministrativo operata con legge
 n. 1024/1971. E' chiaro trattarsi di misura sostanzialmente collegata
 alle massicce soccombenze giudiziali subite sin qui da AIMA,  EIMA  e
 MIRAAF  avanti  i  giudici  amministrativi  di  primo  grado  come di
 appello, sia in sede cautelare  che  di  merito.  In  altri  termini,
 sembra   reintrodotto   il  superato  principio  della  definitivita'
 dell'atto   amministrativo   quale   presupposto    dell'impugnazione
 giurisdizionale;
    la sospensione per circa un anno della autocertificazione prevista
 dall'art.  2-bis  della  legge n. 46/1995 (secondo comma dell'art. 1)
 esclude  che  la  proposizione  del  ricorso  in  opposizione   possa
 consentire pur provvisoriamente la percezione da parte dei produttori
 del  compenso da parte degli acquirenti pur con riferimento - si badi
 - alla campagna gia' conclusa, sicche' chi vanta crediti per consegne
 operate legittimamente in tempi  in  cui  la  disciplina  retroattiva
 sfavorevole  non  era  vigente non ha alcuna speranza di riscuoterli,
 nonostante la proposizione del rimedio amministrativo;
    infine, poiche' gli  accertamenti  da  effettuare  a  seguito  dei
 ricorsi  in  opposizione e dei ricorsi giurisdizionali amministrativi
 richiederanno tempi medio-lunghi, le compensazioni previste dall'art.
 2 dello stesso decreto-legge n. 124/1996 (e ora del decreto-legge  n.
 260/1996)  non  potranno  essere  effettuate  nei tempi stabiliti dal
 secondo comma.  Gli operatori si troveranno dunque  nell'alternativa,
 distruttiva  dei  loro  diritti  di  difesa,  di  non  impugnare  per
 incassare le compensazioni, anche in presenza di errori o abusi, o di
 impugnare, correndo il rischio di restare privi di incassi per mesi o
 per anni, pur con riferimento a consegne gia' eseguite nella campagna
 conclusa.
   Le gravi disfunzioni processuali sopra sommariamente descritte, che
 la circolare impugnata  certo  non  elimina,  ma  anzi  ulteriormente
 determina,  non  potranno  non  trasformarsi in elementi di ulteriore
 lesivita' per le regioni della disciplina contestata; queste  ultime,
 gia'  private ancora una volta di qualunque potere di intervento, pur
 solo consultivo, sui tagli da operare, dovranno  cosi'  subire  anche
 l'onta   della   impossibilita'   virtuale  di  governare  sul  piano
 programmatorio un comparto della politica agraria che non potra'  non
 venire percorso da un contenzioso capillare, diffuso e squassante.
   4.1.  -  Violazione  degli  artt.  11,  5, 117 e 118 Cost. sotto il
 profilo della contarieta' a norme comunitarie e della invasione della
 sfera di competenza legislativa e  amministrativa  regionale.  I  due
 decreti-legge,  non  introducendo alcun nuovo criterio per il riparto
 dei  tagli  alla sovrapproduzione nazionale di latte, non possono non
 sottendere il richiamo alla disciplina contenuta  nell'art.  2  della
 legge  n.  46/1995, pur calandola in uno strumento amministrativo (il
 "nuovo" bollettino) dotato  -  come  si  e'  detto  -  di  una  forza
 assolutamente peculiare.  Ne deriva che contro la circolare attuativa
 del d.-l. n. 124/1996 devono essere riproposte in questa nuova ottica
 censure a suo tempo formulate contro l'art. 2 della legge n. 46/1995,
 e ora rilegittimate e dotate di nuovo vigore, nonostante la decisione
 n. 520/1995, anche alla luce della retroattivita' contestata sub 2.
   La  regione ricorrente non ha adottato, dopo il 12 marzo 1995, data
 di entrata in vigore del  regolamento  CEE  797/85,  che  insieme  al
 successivo 2328/91 disciplina i piani di sviluppo e di miglioramento,
 alcun  piano  contenente  previsioni  di  incremento della produzione
 lattiero-casearia.   Tale correttezza di  comportamento  viene  cosi'
 penalizzata,  e al contrario l'illecito comunitario commesso da altre
 regioni viene premiato, anziche' sanzionato.
   Si violano cosi' l'art. 11 Cost., e gli artt. 5, 117 e  118,  sotto
 il profilo della competenza legislativa e amministrativa regionale, a
 suo  tempo  correttamente  esercitata  nel  rispetto  degli  obblighi
 comunitari e ora penalizzata sia per il futuro  che  retroattivamente
 per   il   passato  dal  premio  accordato  ad  altre  regioni,  gia'
 responsabili di illecito comunitario nella approvazione di  piani  in
 aumento.  Si  intende  documentare  specificamente  che  il Ministero
 dell'agricoltura  a  suo  tempo  richiamo'  espressamente  le   rbadi
 regioni,  e  in  specie  la  ricorrente,  al  rispetto del divieto di
 approvazione di  piani  in  aumento.  Sicche'  ora  il  comportamento
 dell'esecutivo non si limita a tenere conto di uno stato di fatto, ma
 legalizza  con  nuovo  illecito  comunitario  un precedente illecito,
 dandogli dignita' di presupposto fattuale da cui trarre le mosse. Ne'
 l'aspettativa della regione  ricorrente  e  dei  suoi  produttori  al
 rispetto della legalita' da parte di tutti i soggetti coinvolti nella
 disciplina   di   settore   puo'  venire  prospettata  come  generico
 affidamento travolgibile, per giunta in via di  urgenza  e  in  forma
 retroattiva.
   4.2.  -  Violazione  degli  artt. 3 e 41 Cost., in riferimento agli
 artt. 5, 117 e 118 Cost.
   L'illegittimita' costituzionale prospettata sub  4.1.,  conseguente
 alla  attuazione da parte della circolare impugnata delle illegittime
 previsioni del  d.-l.  n.  124/1996,  puo'  configurarsi  anche  come
 violazione   degli  artt.  3  e  41  per  la  discriminatoria  quanto
 ingiustificata penalizzazione degli operatori  agricoli  del  settore
 lattiero-caseario  della  regione  ricorrente,  non  fondata su alcun
 ragionevole parametro classificatorio, ed anzi imperniata  su  di  un
 parametro espressamente vietato e configurato come un disvalore dalla
 normativa comunitaria. La compressione o peggio la soppressione della
 attivita'   produttiva  pregiudica  non  solo  gli  stessi  operatori
 colpiti, ma anche, e non di riflesso, la effettivita' della  funzione
 legislativa   e   amministrativa   regionale,  vanificata  nella  sua
 sostanza.