IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento n. 998/87 rgc. fra Badiani Adolfo Giorgio, Elda Maria Grazia, Anna Elena e Renzo (parte attrice con l'avv. Giorgio Cecchi) e provincia di Pistoia e comune di Agliana (parte convenuta rispettivamente con l'avv. Ermanno Bujani e l'avv. Giovanni Dini); Udita la relazione del dott. Gennaro Lombardi Espone La controversia fra le parti di cui sopra ha, quale petitum di parte attrice, la richiesta di risarcimento danni per la perdita della proprieta' di un terreno a seguito della realizzazione di un edificio scolastico; causa petendi di tale richiesta e' la ricorrenza della ipotesi di cui all'art. 2043 cc ovvero la soppressione del diritto di proprieta' sull'area irreversibilmente destinata all'uso pubblico con la cit. costruzione in assenza di un titolo legittimante l'attivita' ablatoria (decreto di esproprio). Il comune convenuto ha dedotto la carenza di legittimazione in quanto delegatario della provincia di Pistoia la quale ha eccepito la carenza di giurisdizione del giudice ordinario poiche' la dichiarazione di pubblica utilita' dell'opera realizzata avrebbe degradato ad interesse legittimo la posizione di diritto soggettivo di parte attrice. Rileva Non v'e' contestazione circa l'omessa pronunzia del decreto di esproprio da parte dell'organo competente, pertanto - ed all'uopo e' superfluo richiamare la copiosa ed univoca giurisprudenza in materia - il titolare del diritto che si assume leso da un agire della pubblica amministrazione in carenza di potere (sopravvenuta per omessa pronunzia del decreto di esproprio nei modi e termini fissati dalla legge n. 865/71) ha pieno diritto all'integrale risarcimento del danno e cio' in ossequio al principio del neminem laedere; l'aver agito contra ius e' circostanza da sola sufficente a porre di fronte all'ordinamento, in posizione paritaria rispetto a qualsiasi altro soggetto sottoposto alle leggi, il responsabile della lesione quale che sia la sua qualifica soggettiva. Dunque il parametro del risarcimento cui far riferimento non puo' che indistintamente riguardare tutti i soggetti convenuti in giudizio e responsabili della lesione di diritti per cui si e' chiesta tutela ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2043 cc. La constatazione che precede ha indotto il giudice istruttore della presente controversia a disporre CTU per stabilire il valore di mercato del bene al momento della irreversibile destinazione per uso pubblico; cio' sul presupposto - pacifico ed univocamente recepito nella copiosa giurisprudenza di merito e legittimita' - della perdurante inoperativita' dell'accessione ex art. 934 cc. allorche' sul suolo insista un'opera destinata, come nel caso di specie, all'uso pubblico. Osserva A seguito della promulgazione della legge 28 dicembre 1995 n. 549 e, segnatamente, del comma 65, dell'art. 1, l'art. 5-bis del d.-l. 11 luglio 1992 n. 333 convertito, con modificazioni nella legge 8 agosto 1992 n. 359 risulta al sesto comma del seguente tenore: "le disposizioni di cui al presente articolo si applicano in tutti i casi in cui non sono stati ancora determinati in via definitiva il prezzo, l'entita' dell'indennizzo e/o del risarcimento del danno, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto". La lettura della succitata disposizione non lascia alcun margine di interpretazione all'operatore di diritto se non nel senso di ritenere - se le parole hanno un senso - che la misura del risarcimento del danno, ai sensi del primo comma del cit. art. 5-bis, per le aree edificabili "e' determinata a norma dell'art. 13, terzo comma, della legge 15 gennaio 1885, n. 2889, sostituendo in ogni caso ai fitti coacervati dell'ultimo decennio il reddito dominicale rivalutato di cui agli articoli 24 e seguenti del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. L'importo coi' determinato e' ridotto al 40%. La normativa introdotta con la legge n. 549 cit. deve, necessariamente, - sia per l'inoperativita' di ogni altro criterio di commisurazione del risarcimento in questione, sia per l'impossibilita' di interpretare diversamente la disciplina recentemente introdotta - trovare applicazione al giudizio in corso. Il criterio fissato dal legislatore, a parere di questo collegio, si pone in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. La Corte costituzionale con sentenza n. 442 del 1993, nel respingere le censure di illegittimita' costituzionale dell'art. 5-bis cit. per disparita' di trattamento fra la fattispecie dell'espropriazione di aree edificabili e quella dell'occupazione appropriativa, in relazione al fatto che nel primo caso al proprietario viene assicurato solo una parte del valore del bene, mentre nel secondo caso gli e' assicurato il risarcimento equipollente al valore venale, ha chiarito che nella prima ipotesi si realizza un procedimento espropriativo secundum legem, viceversa, nella seconda ipotesi ci si colloca fuori dai criteri di legalita'. Corollario di cio' e' che e' irrazionale, in quanto contrastante con l'art. 3 della Costituzione, ogni disposizione di legge che parifichi, agli eventuali effetti ripristinatori conseguenti alla lesione del diritto verificatasi, situazioni oggettivamente diverse quali, da un parte, quella di chi vede soppresso, previa corresponsione della relativa indennita', il proprio diritto di proprieta' in forza di un procedimento attuativo del dettato costituzionale di cui all'art. 42, terzo comma, e dall'altra, quella di chi, titolare del medesimo diritto di proprieta', subisce la lesione al proprio diritto da comportamenti contrari alle leggi, in spregio all'osservanza dei procedimenti stabiliti e con l'eventuale corresponsione di un risarcimento che quantitativamente e' inferiore al valore del bene "perduto" ed identico alla indennita' fissata dalla normativa che non si e' inteso minimamente osservare. L'applicazione della recente normativa modificativa del sesto comma dell'art. 5-bis legge 8 agosto 1992 n. 359, e della cui conformita' al dettato costituzionale si dubita, introdurrebbe una palese disparita' di trattamento a seconda che il contenzioso (avente quale petitum la richiesta di risarcimento danni per equivalente al bene perduto e/o al quale non si ha piu' interesse e, quale causa petendi, l'avvenuta lesione del diritto di proprieta' ex art. 2043 cc) si instauri innanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria con una pubblica amministrazione - nella veste di convenuta, gia' inosservante della disciplina in tema di esproprio, o con un privato cittadino; il trattamento differenziato, ai fini della commisurazione del risarcimento del danno - che avvenendo per equivalente incide in maniera immediata e diretta sul diritto di cui si era titolari prima del verificarsi dell'illecito - non ha alcuna giustificazione razionale se non quella di ritenere la p.a. non sottoposta alle leggi cui sono sottoposti tutti i cittadini e di ritenere quest'ultima beneficiata di uno ius singolare come tale inaccettabile in uno stato di diritto. L'affermazione del principio di un trattamento differrenziato, e giustificato dalla riconducibilita' dell'illecito di cui all'art. 2043 cc ad un soggetto piuttosto che ad un altro, per una identica situazione causativa di un illecito e' in palese contrasto con il principio di uguaglianza fissato dall'art. 3 della Costituzione. Da quanto sopra si appalesa non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, del sesto comma dell'art. 5-bis legge 8 agosto 1992 n. 359, nalla parte in cui dispone che le disposizioni tutte di cui all'art. 5-bis cit. si applichino allorquando non sia stato determinato in via definitiva il risarcimento del danno. La questione sopra prospettata e' altresi' rilevante ai fini della decisione per quanto si e' chiarito al punto sub a).