LA CORTE DI APPELLO
   Ha   deliberato  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  civile
 d'appello iscritto a ruolo il 23 ottobre 1991  sub  n.  503/91  r.g.,
 promosso  dall'Italposte - Edilizia di interesse pubblico S.p.a. (ora
 Servizi tecnici S.p.a.) rappresentata e difesa dagli avv.ti Angelo R.
 Schiano di Roma e Paolo Devigili di Rovereto, il primo domiciliatario
 in via delle Carrozze n. 3, Roma, per delega a margine  dell'atto  di
 citazione    d'appello,   appellante,   contro   Giovannazzi   Oscar,
 Giovannazzi Gianni, Giovannazzi Ada,  Zeni  Anita  ved.  Giovannazzi,
 rappresentati  e  difesi  dall'avv.to  Alessioo Pezoller di Rovereto,
 domiciliatario in corso Rosmini, 78/a, per delega a margine dell'atto
 di citazione di primo grado, appellati, oggetto: risarcimento  danni;
 appello  avverso  la  sentenza  del  tribunale di Rovereto in data 30
 maggio/13 giugno 1991 n. 186.
   Questa corte e' consapevole del fatto che, sul piano ontologico, le
 aree  fabbricabili  costituiscono  un  bene  del  tutto  particolare.
 Infatti  esse  incorporano  un surplus di valore che perviene ad esse
 dalla collettivita' (cfr. Corte costituzionale 16 giugno 1993 n.  283
 punti 6.3, 6.6, Corte costituzionale 16 dicembre 1993  n.  442  punto
 3.3).  Tale plusvalenza di certo autorizza il legislatore a procedere
 a severe riduzioni delle  indennita'  di  quelle  espropriazioni  che
 abbiano ad oggetto tali sorta di beni (cfr. cit. Corte costituzionale
 1993  n. 283): e cio' "anche al fine di recuperare alla collettivita'
 il plusvalore del fondo espropriato" (Corte costituzionale  19  marzo
 1996  n.  80).  Ma  non  lo  autorizza  invece  a  procedere anche ad
 ulteriori interventi che  si  spingono  all'irrazionale.  L'art.  42,
 terzo   comma,   della  Costituzione  bensi'  consente  all'autorita'
 pubblica di dar luogo ad ablazioni delle proprieta' dei  privati,  ma
 cio' solo mediante "espropriazioni".
   Quanto sopra in via generale premesso, osservasi che, nella specie,
 vertesi  in materia di "risarcimento danni" da "accessione invertita"
 (occupazione appropriativa di parte  delle  p.f.  54/3  e  54/6  C.C.
 Brentonico).
   Il  T.A.R.  di  Trento, con decisione di data 17 febbraio/12 aprile
 1989 n. 95 passata in giudicato, ha annullato il titolo giuridico che
 legittimava la occupazione per p.u.  disposta  dall'autorita'  e  che
 quindi supportava la costruzione dell'opera pubblica che e' stata ivi
 realizzata. Il T.A.R. ha infatti annullato il "decreto di occupazione
 d'urgenza"  che  era  stato emesso (a scopo di costruzione di ufficio
 postale) dal commissario del governo di Trento il 24 giugno  1986  al
 n. 2008.
   Dette occupazioni e costruzioni sono cosi' rimaste prive del titolo
 giuridico  (amministrativo) che le supportava, e quindi sono divenute
 abusive. Cio' ha dato luogo al corrispondente insorgere, in testa  ai
 proprietari  rimasti privati del loro bene, del diritto soggettivo al
 relativo risarcimento danni.
   In questa causa, costoro per l'appunto agiscono ex art.  2043  c.c.
 Il  C.T.U.  nominato in primo grado, ha stimato un determinato valore
 (ovviamente, a "libero mercato" del fondo stesso (L. 190.000 al  mq).
 Ma  ora,  alla  conclusione  di questo secondo grado del giudizio, la
 p.a. (rectius la concessionaria S.p.a. Italposte ora divenuta  S.p.a.
 Servizi   tecnici)   eccepisce   la   sopravvenienza   dell'art.   1,
 sessantacinquesimo comma, legge 28 dicembre 1995, n. 549, il quale ha
 sottoposto, alle riduzioni indennitarie dettate dall'art. 5-bis d.-l.
 11 luglio 1992, n. 333, come conv. da legge 8 agosto  1992,  n.  359,
 anche i risarcimenti danni da accessione invertita.
   Dati i notori assai bassi valori delle rendite dominicali dei fondi
 rustici,   concludesi,  in  punto  a  rilevanza  della  questione  di
 legittimita' costituzionale, nel senso che la applicazione  del  cit.
 art.  5-bis  porterebbe,  nella  specie,  ad un notevole abbattimento
 (quasi una dimidiazione, ex prima parte  del  primo  comma  dell'art.
 stesso) dell'ammontare del risarcimento dovuto ai privati Giovannazzi
 attori.
   In punto fondatezza della questione di legittimita' costituzionale,
 osservasi   che   il   sottoporre  ad  uguale  trattamento  giuridico
 situazione diametralmente opposte (una lecita, l'altra illecita)  non
 appare  rispettoso  del  disposto dell'art. 3 della Costituzione. "Le
 fattispecie a confronto sono infatti assolutamente divaricate  e  non
 comparabili":  giusta testuale espressione in Corte costituzionale 16
 dicembre  1993 n. 442 punto 3.4.). La inedificante immoralita' insita
 in una parificazione  del  lecito  e  dell'illecito  (a  patrimoniale
 vantaggio  della  p.a.)    si  traduce,  sul  piano giuridico, in una
 maggiore   evidenza   della   intriseca   violazione   della    norma
 costituzionale stessa.
   Distintamente osservasi che il collegare all'"indennizzo", cioe' al
 serio  ristoro,  non  le  sole  legittime (e garantistiche) procedure
 espropriative,  cosi'  come  fa  l'art.  42,   terzo   comma,   della
 Costituzione,  ma  anche  le  apprensioni  illegittime  eventualmente
 commessse dalla p.a., contemporaneamente pone,  a  parere  di  questa
 Corte,  problema  di  costituzionalita'  anche  in riferimento a tale
 norma.