ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  8, quinto
 comma, del decreto-legge 21 marzo  1988,  n.  86  (Norme  in  materia
 previdenziale,  di  occupazione  giovanile  e  di mercato del lavoro,
 nonche' per il potenziamento del sistema  informatico  del  Ministero
 del  lavoro  e  della  previdenza sociale), convertito nella legge 20
 maggio 1988, n. 160, promosso con ordinanza emessa il 14 aprile  1995
 dal  Pretore  di  La  Spezia  nel  procedimento  civile  vertente tra
 Conversa Antonio e S.p.a. OTO Melara ed altro, iscritta al n. 497 del
 registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visti gli atti di costituzione della S.p.a. OTO Melara e dell'INPS,
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  15  maggio  1996  il  giudice
 relatore Luigi Mengoni;
   Ritenuto  che,  nel corso del giudizio promosso da Antonio Conversa
 contro la S.p.a. OTO Melara e  altro  per  ottenere  la  restituzione
 della somma di 9.461.000 lire trattenutagli per conto dell'INPS sulla
 liquidazione  del  trattamento di fine lavoro in quanto indebitamente
 percepita a titolo di integrazione  salariale  straordinaria  per  il
 periodo  2  marzo 1992-31 ottobre 1992, avendo il ricorrente prestato
 attivita' lavorativa non comunicata dal 14 settembre  al  15  ottobre
 1992,  il  Pretore di La Spezia, con ordinanza del 14 aprile 1995, ha
 sollevato, in riferimento agli artt. 36  e  38  Cost.,  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 8, quinto comma, del d.-l.  21
 marzo 1988, n. 86, convertito nella legge 20 maggio 1988, n. 160, che
 prevede la decadenza del lavoratore dal  diritto  al  trattamento  di
 integrazione   salariale,   qualora   non  abbia  provveduto  a  dare
 preventiva comunicazione  all'INPS  dello  svolgimento  di  attivita'
 lavorativa,  senza  stabilire  "alcun  limite  per  la  trattenuta in
 considerazione del  lavoro  effettivamente  prestato  e  del  reddito
 effettivamente ricavato";
     che al giudice rimettente la sanzione della decadenza dell'intero
 trattamento  di  integrazione  salariale,  confrontata  con l'analoga
 sanzione prevista  dal  precedente  quarto  comma  nel  limite  delle
 giornate   di   lavoro   effettuate,   appare  eccessiva  e  pertanto
 censurabile alla stregua dei parametri costituzionali richiamati;
     che nel  giudizio  davanti  alla  Corte  costituzionale  si  sono
 costituiti la Societa' OTO Melara e l'INPS chiedendo che la questione
 sia dichiarata inammissibile o infondata;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato  dall'Avvocatura  dello  Stato,  concludendo  per   una
 dichiarazione di manifesta infondatezza;
   Considerato  che  l'art.  8, quarto comma, del d.-l. n. 86 del 1988
 non  prevede   una   sanzione   di   decadenza,   bensi'   stabilisce
 l'incompatibilita'   tra  attivita'  lavorativa  retribuita  (il  cui
 svolgimento deve essere  dal  lavoratore  preventivamente  comunicato
 all'INPS)  e  fruizione  del  trattamento  di integrazione salariale,
 disponendo conseguentemente la sospensione  del  trattamento  per  le
 giornate di lavoro effettuate;
     che,   pertanto,   con  questa  norma  non  e'  confrontabile  la
 disposizione  impugnata,   la   quale   sanziona   l'incompatibilita'
 comminando  al  lavoratore,  che  non  adempia  il  detto  obbligo di
 comunicazione, la decadenza dal diritto all'integrazione salariale;
     che  la natura della sanzione e del fatto sanzionato escludono la
 possibilita' di graduazione secondo un criterio  di  proporzione,  il
 quale    non    potrebbe    essere    attuato    se   non   limitando
 contraddittoriamente la decadenza  alle  giornate  effettuate,  cioe'
 sopprimendo  in  realta'  la sanzione ed equiparando i cassaintegrati
 che svolgono un lavoro retribuito senza informarne  l'INPS  e  quelli
 che correttamente assolvono l'obbligo di comunicazione;
     che  non  puo'  dirsi violato l'art. 38 della Costituzione da una
 norma, come quella in esame, che  si  propone  di  garantire  che  le
 risorse  disponibili  per  gli  interventi  di integrazione salariale
 siano effettivamente destinate al sostegno dei disoccupati;
     che nemmeno e' prospettabile una violazione dell'art.  36,  primo
 comma,   Cost.,   il  quale  in  materia  previdenziale  puo'  essere
 richiamato solo per il tramite dell'art. 38 e nei limiti di questo;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.