IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. 1702 r.g. aff. contenz. civ. del 1993 promosso da Pelligra Francesco rappresentato e difeso dall'avv. Saverio La Grua, attore, contro il comune di Vittoria in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Biscari, convenuto; Ritenuto che la causa e' stata posta in deliberazione all'udienza dell'8 febbraio 1996; Letti gli atti e sentito il relatore; Considerato che oggetto della controversia, e' il risarcimento del danno per illegittima occupazione del fondo (con sua successiva radicale trasformazione) da parte della p.a. convenuta; Considerato che la determinazione del danno e' oggi regolata dall'art. 5-bis della legge 8 agosto 1992, n. 359, siccome modificato dall'art. 1 comma 65 legge 28 dicembre 1995, n. 549, e pero' deve dubitarsi della sua conformita' ai precetti costituzionali. Sino alla citata innovazione l'art. 5-bis concerneva l'indennita' di esproprio per le aree edificabili (fino all'emanazione di un'organica disciplina di tutte le espropriazioni) secondo criteri non vantaggiosi per il privato rispetto al valore di mercato. Questo sistema e' stato inopinatamente esteso agli effetti dell'occupazione cd. acquisitiva, istituto ormai consolidato di origine giurisprudenziale (Cass S.U. 26 febbraio 1983 n. 1464, Cass. S.U. 10 giugno 1988 n. 3940, Cass. 11 luglio 1990 n. 7210) di cui il legislatore ha preso atto per la prima volta con l'art. 11 legge 30 novembre 1990, n. 413, in tema di tassabilita', quali plusvalenze, delle somme percepite dal soggetto passivo dell'occupazione. Orbene, l'applicazione dell'art. 5-bis, cit. al risarcimento del danno de quo impone il primo luogo un attento rilievo esegetico poiche' il primo comma prevede la decurtazione del 40% della liquidazione calcolata secondo i parametri ivi stabiliti ma che il privato puo' evitare (secondo comma) mediante la cessazione volontaria del bene alla p.a. Non e' controvertibile che questa seconda evenienza e' estranea all'ipotesi dell'occupazione cd. acquisitiva per l'inconcepibilita' logico-giuridica - oltre che di fatto - di un atto di adesione all'altrui illecito: adesione che, nell'ambito dell'epropriazione, ha una propria concreta ratio: da un lato garantendo il diritto di proprieta' (art. 42 Cost.) inciso dall'interesse pubblico, dall'altro assicurando alla p.a. la rapida definizione del procedimento ablatorio. Nei superiori termini il secondo comma dell'art. 5-bis cit. e' senza dubbio "incoerente" riguardo l'oggetto della presente controversia, per la quale resta applicabile soltanto il primo comma con la conseguente cospicua riduzione del quantum debeatur. In tal senso non e' manifestamente infondato affermare la violazione dell'art. 3, comma primo, Costituzione. Sono infatti disomogenee e non equiparabili la posizione del privato che subisce l'atto illecito della p.a. e quella del soggetto passivo dell'espropriazione, il cui interesse e' di certo tutelato proprio dal rigoroso modello dell'azione amministrativa che si snoda, e' noto, in puntuali adempimenti suscettibili di controllo giurisdizionale: laddove il diritto di proprieta' del primo risulta arbitrariamente denegato salva, per i principi generali del codice civile, la sua forzosa monetizzazione. E' cosi' evidente che l'occupazione cd. acquisitiva penalizza due volte il soggetto privato: con la perdita delle garanzie implicite nel sistema ablatorio e con l'impossibilita' di conseguire la stessa misura del ristoro spettante - per sua insindacabile volonta' - al soggetto passivo dell'esproprio. In definitiva, il profilo di illegittimita' dedotto investe la regola di giudizio o norma (per tutti, Crisafulli, Disposizione e norma, Enc. Dir. vol. XIII, pag. 195) di cui al combinato dei commi primo, secondo e sesto dell'art. 5-bis cit.; Ritenuto che la questione e' rilevante per quanto anziosservato; Provvedendo d'ufficio.