ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  2,  3  e  7
 della  legge  29  giugno  1939,  n.  1497  (Protezione delle bellezze
 naturali), promosso con ordinanza emessa  il  30  novembre  1995  dal
 Tribunale  amministrativo  regionale del Veneto, sul ricorso proposto
 da De Vallier  Andrea  contro  la  Provincia  di  Belluno  ed  altri,
 iscritta  al  n.  541  del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  25,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di costituzione di De Vallier Andrea, nonche' l'atto
 di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica dell'8 aprile 1997 il giudice  relatore
 Riccardo Chieppa;
   Udito l'avvocato Alberto Borella per De Vallier Andrea e l'Avvocato
 dello  Stato  Pier  Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei
 Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Nel corso del processo amministrativo promosso da De  Vallier
 Andrea  per l'annullamento del decreto del presidente della provincia
 di  Belluno  avente  ad  oggetto   il   diniego   di   autorizzazione
 all'esecuzione  dei  lavori  di costruzione di un fabbricato, sito in
 Belluno di proprieta' del ricorrente e ricompreso  nell'elenco  delle
 bellezze  d'assieme,  redatto  dalla Commissione provinciale ai sensi
 dell'art. 2, secondo comma, della legge 29 giugno 1939, n.  1497,  il
 Tribunale  amministrativo  regionale del Veneto, seconda sezione, con
 ordinanza  del  30  novembre  1995,   ha   sollevato   questione   di
 legittimita' costituzionale in riferimento agli artt. 41, 42, 44 e 97
 della  Costituzione, degli artt. 2, 3 e 7 della legge 29 giugno 1939,
 n. 1497 nella parte in cui consentono l'imposizione  del  vincolo  di
 durata  indefinita  sull'immobile di proprieta' del ricorrente, senza
 che alla redazione dell'elenco delle bellezze  d'assieme  debba  fare
 seguito,  entro  un  termine  determinato, l'approvazione dell'elenco
 medesimo da parte dell'autorita' amministrativa  competente  (art.  3
 della legge n. 1497 del 1939).
   Secondo   il  giudice  remittente,  alla  stregua  del  consolidato
 orientamento giurisprudenziale  di  cui  alle  recenti  sentenze  del
 Consiglio  di  Stato,  VI  sezione, 3 ottobre 1994, n. 1473 e 1 marzo
 1995, n. 212, l'imposizione del vincolo si perfeziona gia' al momento
 in cui l'elenco delle localita' predisposto dalla  Commissione  viene
 pubblicato nell'albo del comune interessato.
   Pertanto,  sempre  ad  avviso  del  giudice  a  quo, fin nella fase
 infraprocedimentale si sostanzia il vincolo di carattere provvisorio,
 e conseguentemente la mancata  predeterminazione  del  dies  ad  quem
 entro  il  quale  deve  essere  approvato (definitivamente) l'elenco,
 viola non solo il principio di buon andamento e d'imparzialita' a cui
 deve  essere  informata  l'azione  dell'amministrazione unitamente al
 dovere della ponderazione  degli  interessi  contrapposti  a  cui  e'
 diretto  il  procedimento  di approvazione degli elenchi, ma altresi'
 impinge nella lesione degli artt. 41 e 42 della Costituzione. Cio' in
 quanto  il  diritto  di  iniziativa  economica  -  avente   tangibile
 esplicazione  nel  diritto  di  costruire  -  e  lo stesso diritto di
 proprieta' vengono indefinitivamente conculcati senza il rispetto  di
 tutte  le  formalita' all'uopo previste dalla legge, ed oltretutto in
 mancanza di un termine finale di durata del vincolo provvisorio.
   Si e' costituito nel giudizio incidentale il ricorrente  il  quale,
 ribadito  quanto  gia' sostenuto dal collegio remittente, ha concluso
 nel senso che, in mancanza di rinvenimento  nell'ordinamento  di  una
 disposizione di diritto positivo espressione di un principio generale
 della   durata   necessariamente   limitata  nel  tempo  dei  vincoli
 provvisori (cfr. art. 2 della legge n. 1187  del  1968  sulla  durata
 infraquinquennale  dei  vincoli preordinati all'espropriazione) ed in
 carenza di un  meccanismo  procedimentale  che  preveda  l'intervento
 sostitutivo di cui esemplificativamente all'art. 1-bis della legge n.
 431  del  1985, si deve, conseguentemente, giungere alla declaratoria
 di incostituzionalita' delle norme denunciate.
   2. - E' intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato  e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, in
 limine, ha concluso per l'inammissibilita' della questione cosi' come
 dedotta  dal  giudice  a  quo,  ritenendo  generica  la   definizione
 dell'oggetto devoluto all'esame della Corte.
 nel merito l'Avvocatura deduce l'infondatezza della
   questione   poiche'   nessuna   assimilazione   puo'  astrattamente
 prospettarsi fra i vincoli che conseguono dall'inclusione delle  aree
 negli  elenchi  delle  bellezze  naturali e quelli urbanistici, ed in
 quanto  l'approvazione   non   modifica   gli   effetti   conseguenti
 all'adozione  degli  elenchi,  sicche'  non  appare "appropriato" ne'
 giuridicamente corretto definire provvisorio il vincolo scaturente da
 detti elenchi in attesa dell'approvazione.
                        Considerato in diritto
   1. -  Il Tribunale amministrativo regionale del Veneto solleva,  in
 riferimento  agli artt. 41, 42, 44 e 97 della Costituzione, questione
 di legittimita' costituzionale degli artt. 2, 3 e 7  della  legge  29
 giugno  1939,  n.  1497  (Protezione  delle bellezze naturali), nella
 parte  in  cui  consentono  l'imposizione  del  vincolo   di   durata
 indefinita   su   immobili   ricompresi  nell'elenco  delle  bellezze
 d'assieme, redatto ai sensi dell'art. 2 della medesima legge senza la
 previsione di un termine  per  la  conclusione  del  procedimento  di
 imposizione del vincolo definitivo (approvazione dell'elenco da parte
 del  Ministro,  ora  Regione  competente)  e  senza il rispetto delle
 formalita' previste dalla legge a tutela del diritto di proprieta'  e
 del diritto di costruire.
   2.  -  L'eccezione  di inammissibilita', sollevata dalla Avvocatura
 generale dello Stato in ordine alla genericita' dell'oggetto devoluto
 all'esame della Corte, non puo' essere accolta, in quanto l'ordinanza
 di  rimessione  individua  sia  le  norme  oggetto  della   questione
 (combinato disposto degli artt. 2, 3, e 7 della legge 29 giugno 1939,
 n.  1497),  sia  i  parametri di costituzionalita', circoscrivendo il
 vizio  denunciato  che  in  sostanza  si  incentra  sulla mancanza di
 termine di durata del  vincolo  provvisorio,  decorrente  dalla  data
 della  pubblicazione degli elenchi delle localita' ai sensi dell'art.
 2 della anzidetta legge n. 1497 e sulla omessa previsione di  termine
 di  conclusione  del  procedimento mediante l'approvazione definitiva
 degli elenchi.
   3. - La questione  di  legittimita'  costituzionale  e',  nei  vari
 profili prospettati, priva di fondamento.
   Infatti  l'efficacia  del  vincolo  paesaggistico  su  bellezze  di
 insieme, nei confronti dei proprietari, possessori  o  detentori,  ha
 inizio  - secondo una interpretazione ormai pacifica ed accolta anche
 dal giudice a quo - dal momento in cui, ai sensi dell'art. 2,  ultimo
 comma,  della  legge  citata,  l'elenco  delle localita', predisposto
 dalla commissione ivi prevista e nel quale e' compresa la bellezza di
 insieme, viene pubblicato nell'albo dei comuni interessati.
   Dal momento della pubblicazione  dell'elenco  sono  esperibili  dai
 soggetti  interessati  rimedi  giuridici,  quali  le opposizioni e le
 osservazioni secondo la originaria previsione dell'art. 7; inoltre, a
 seguito   dell'abolizione   del   presupposto    processuale    della
 definitivita'  dell'atto  impugnabile,  e'  possibile avvalersi della
 tutela giurisdizionale  avanti  al  giudice  amministrativo,  pur  in
 carenza   di  puntuali  atti  applicativi  del  vincolo  (diniego  di
 autorizzazione, ex art. 7;  provvedimenti  inibitori,  ex  art.  8  o
 prescrizioni,  ex  art.  11  della legge citata), attesa la immediata
 operativita' della protezione delle bellezze di insieme.
   Il vincolo, inizialmente provvisorio, e' destinato  a  trasformarsi
 in  definitivo  allorche' viene concluso l'iter procedimentale con il
 provvedimento finale (un tempo del Ministro ed ora  della  Regione  o
 eventuale  autorita'  subdelegata). Di conseguenza esso esplica tutti
 gli effetti di  costituzione  di  obblighi  (art.  7)  a  carico  dei
 soggetti
  proprietari,   possessori   o   detentori,   a   qualsiasi   titolo,
 dell'immobile il quale sia  stato  compreso  nei  pubblicati  elenchi
 delle localita'
  ed  e'  destinato  a  venire  meno  quando l'autorita' preposta alla
 approvazione definitiva rifiuti  l'approvazione  (anche  parzialmente
 eliminando  l'efficacia rispetto a taluni immobili) ovvero intervenga
 una successiva modifica dell'elenco suddetto.
   4. - Nella legge n. 1497 del 1939 non era previsto  un  termine  di
 durata  del vincolo, ne' era contemplato quello entro il quale doveva
 concludersi il procedimento; vi erano,  peraltro,  gia'  nel  sistema
 amministrativo  allora  vigente,  strumenti giuridici di tutela delle
 posizioni dei soggetti interessati, quali, in primo luogo, la diffida
 a   provvedere   e,   di   seguito,   l'istituto   processuale    del
 silenzio-rifiuto,   con   i   conseguenti   rimedi   della  giustizia
 amministrativa  fino  al  giudizio   di   ottemperanza,   una   volta
 intervenuta la pronuncia giurisdizionale con valore di giudicato.
   Con  la  legge  7  agosto  1990,  n. 241 (Nuove norme in materia di
 procedimento amministrativo e  di  diritto  di  accesso  a  documenti
 amministrativi)   i   rimedi  risultano  rafforzati  dalla  esplicita
 previsione normativa (art.2, comma 1)  del  dovere  per  la  pubblica
 amministrazione  di  concludere  i  procedimenti iniziati d'ufficio -
 come quello in  esame  -  mediante  l'adozione  di  un  provvedimento
 espresso,   restando  cosi'  aumentata  l'efficacia  dell'obbligo  di
 provvedere  gia'  esistente  nell'ordinamento, con esclusione di ogni
 forma  di   insabbiamento   di   procedimenti,   anche   nelle   fasi
 subprocedimentali.
   Nello  stesso  tempo per qualsiasi procedimento amministrativo, sia
 ad iniziativa d'ufficio che di parte,  a  prescindere  dall'efficacia
 ampliativa  o  restrittiva  della  sfera  giuridica  dei  destinatari
 dell'atto, vi deve essere la previsione (per legge o regolamento) del
 termine  entro  il  quale  esso  deve  concludersi  a  seconda  della
 tipologia   del   procedimento;   detto   termine   -   ove  non  sia
 specificamente  determinato  da  ciascuna  Amministrazione  -   resta
 fissato  nella  misura  standard  (in via suppletiva ed in una misura
 tale da indurre le Amministrazioni a  provvedere)  di  trenta  giorni
 (art. 2, commi 2 e 3).
   Inoltre   la  pubblica  amministrazione  e'  tenuta  ad  assicurare
 trasparenza sulla sfera  della  competenza  attribuita  alle  proprie
 unita'  organizzative  responsabili  per ciascun tipo di procedimento
 (art. 4) e ad attuare l'istituto del "responsabile del  procedimento"
 del quale deve essere assicurata la conoscenza esterna (artt. 5 e 6).
   Infine sono configurabili una serie di effetti e di responsabilita'
 in  conseguenza  di  inerzia  con l'inosservanza dei termini (arg. da
 artt. 5 e 6 della legge n. 241 del 1990;  art.  3-ter  del  d.-l.  12
 maggio 1995 n. 163 recante "Misure urgenti per la semplificazione dei
 procedimenti  amministrativi  e  per il miglioramento dell'efficienza
 delle pubbliche amministrazioni", introdotto in sede  di  conversione
 in legge 11 luglio 1995, n. 273).
   Peraltro,   con  riguardo  alla  specifica  argomentazione  su  cui
 insistono sia il collegio rimettente che il ricorrente, va  precisato
 che    il    mancato    esercizio   delle   attribuzioni   da   parte
 dell'amministrazione entro il termine per provvedere non comporta  ex
 se,  in  difetto di espressa previsione, la decadenza del potere, ne'
 il  venir  meno  dell'efficacia  dell'originario  vincolo.  In   tali
 ipotesi,   sempre   che   il  legislatore  non  abbia  attribuito  un
 particolare    significato    all'inerzia-silenzio,    si    verifica
 un'illegittimita'  di  comportamenti  derivante  da  inadempimento di
 obblighi.
   5. - Con l'anzidetto sistema (v. legge n. 241 del 1990 e successive
 integrazioni e, per quanto  riguarda  la  Regione  Veneto,  v.  legge
 regionale  10  gennaio  1996, n. 1, Capo IV) il legislatore ha voluto
 dare applicazione  generale  a  regole  -  in  in  buona  parte  gia'
 enucleate  in  sede  di elaborazione giurisprudenziale e dottrinale -
 che  sono  attuazione,  sia  pure  non   esaustiva,   del   principio
 costituzionale  di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 della
 Costituzione)  negli  obiettivi  di  tempestivita',   trasparenza   e
 pubblicita'   dell'azione   amministrativa.rasparenza,   pubblicita',
 partecipazione  e  tempestivita'  dell'azione  amministrativa,  quali
 valori essenziali in un ordinamento democratico.
   Tale impostazione e' stata reculteriormente accentuata dallo stesso
 legislatore  che ha inserito, tra i principi e i criteri direttivi di
 una serie di deleghe legislative  rilevanti  in  settori  di  riforma
 dell'amministrazione,  i  "principi generali desumibili dalla legge 7
 agosto 1990, n. 241" (legge 15 marzo 1997, n. 59, artt. 12,  14,  17,
 20,  comma  11,  recante  "Delega  al  Governo per il conferimento di
 funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma  della
 pubblica  amministrazione  e per la semplificazione amministrativa"),
 ovvero  i  "principi contenuti nella legge n. 241" (legge 24 dicembre
 1993, n. 537 recante "Interventi  correttivi  di  finanza  pubblica",
 art. 1, comma 2; legge 28 dicembre 1995, n. 549 relativa a "Misure di
 razionalizzazione  della  finanza  pubblica",  art.  2, comma 47), ha
 richiamato la stessa legge n.  241  (legge  3  aprile  1997,  n.  94,
 "Modifiche  alla  legge  5  agosto  1978,  n.  468  recante  Norme di
 contabilita' generale dello  Stato",  art.  5),  ovvero  ha  altresi'
 indicato  tra  i criteri posti ad un regolamento delegato i "principi
 generali previsti dalla legge anzidetta (legge 3 aprile 1997, n.  94,
 cit., art. 6)".
   6.  -  L'ordinanza  pone altresi' il problema di costituzionalita',
 sotto il profilo della violazione degli  artt.  41,  42  e  44  della
 Costituzione,  in  quanto  il  diritto  di iniziativa economica ed il
 diritto di proprieta' sarebbero compromessi dalla  durata  indefinita
 del  vincolo  provvisorio  in  mancanza  di  un termine finale. Nello
 stesso senso la parte privata insiste nel richiamare la legge n. 1187
 del 1968 -  approvata  a  seguito  della  dichiarazione  parziale  di
 illegittimita'  costituzionale  dei numeri 2, 3 e 4 dell'art. 7 della
 legge 17 agosto 1942, n. 1150, contenuta nella  sentenza  n.  55  del
 1968 - che ha stabilito un termine di durata quinquennale dei vincoli
 urbanistici  preordinati all'espropriazione.  La stessa parte privata
 si richiama alla legge n. 902 del 1952 per la previsione di efficacia
 quinquennale degli strumenti urbanistici in  itinere  ai  fini  della
 applicazione delle c.d. misure di salvaguardia.
   Tali  impostazioni  partono da un presupposto di diritto errato, in
 quanto diversa e' la natura dei vincoli previsti dalla legge n.  1497
 del  1939  rispetto  ai  vincoli  urbanistici  derivanti  dai   piani
 regolatori comunali e dagli altri strumenti urbanistici.
   Infatti  i  beni immobili soggetti a vincoli paesistici per il loro
 intrinseco valore in "- virtu' della loro localizzazione o della loro
 inserzione in un complesso che ha in modo  coessenziale  le  qualita'
 indicate - dalla legge costituiscono una ''categoria originalmente di
 interesse  pubblico'',  la  cui disciplina e' del tutto estranea alla
 materia  dell'espropriazione  di  cui  all'art.  42,   terzo   comma,
 rientrando,  invece,  a  pieno  titolo nella disciplina dell'art. 42,
 secondo  comma"  (sentenza  n.  417  del   1995   che   si   richiama
 all'indirizzo  giurisprudenziale  scaturente dalla sentenza n. 56 del
 1968).
   Di conseguenza deve essere riconfermata la non assimilabilita'  dei
 vincoli   paesistici  a  quelli  urbanistici  e  la  inconferenza  di
 qualsiasi richiamo o raffronto rispetto all'art.  2  della  legge  n.
 1187  del 1968 (sentenza n. 417 del 1995): i beni paesistici, al pari
 dei beni vincolati dalla legge n. 431  del  1985,  sono  inscrivibili
 nella   disciplina   posta   dall'art.   42,   secondo  comma,  della
 Costituzione (sentenze nn. 56 del 1968 e successive fino alla recente
 n. 417 del 1995), alla quale e'  del  tutto  estranea  -  come  sopra
 sottolineato  -  la  materia delle espropriazioni. Pertanto sul piano
 costituzionale non si profila neppure una esigenza di inefficacia dei
 vincoli paesistici oltre un certo tempo, quando non  sia  intervenuto
 un  primo  atto  collegato  alla  previsione  di un indennizzo ovvero
 strettamente preordinato all'espropriazione.
   Neppure si pone un problema di durata della  misura  cautelativa  o
 anticipatoria,   ne'   un   profilo  di  indennizzabilita'  anch'esso
 collegato alla durata, in quanto  il  legislatore  ha  attribuito  un
 effetto   immediatamente   vincolante   per  i  soggetti  contemplati
 dall'art.  7  della  legge  n.    1497 del 1939 fin dal momento della
 ricognizione delle "qualita' connaturali secondo  il  regime  proprio
 del bene", cioe' dalla compilazione e pubblicazione dell'elenco - con
 valore  costitutivo  del  regime  giuridico  dell'immobile - da parte
 delle commissioni al termine del primo subprocedimento.  Cio' al fine
 di impedire che il  lasso  di  tempo  necessario  per  l'approvazione
 definitiva   degli   elenchi  possa  rendere  possibili  manomissioni
 incontrollate dei beni immobili ricompresi nell'elenco delle bellezza
 di insieme e quindi compromettere il paesaggio, valore tutelato dalla
 Costituzione (art. 9).