IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 439/1994 proposto da Giorgio e Walter Spangher rappresentati e difesi dall'avv. G. B. Verbari e domiciliati presso lo stesso in Trieste, p.zza Tommaseo 4, come da mandato a margine del ricorso; contro il comune di Trieste in persona del rappresentante legale pro-tempore, costituitosi in giudizio e rappresentato e difeso dagli avv.ti A. Cognito e S. Giraldi e legalmente domiciliato presso l'Avvocatura Comunale, in Trieste, piazza Unita' d'Italia 4; per l'annullamento del provvedimento SAIU 94 10523/28/1991/42; Visto il ricorso, notificato il 13 maggio 1994 e depositato presso la segreteria il 24 maggio 1994 con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune depositato il 6 giugno 1994; Viste le memorie prodotte dalle parti costituite a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Data per letta alla pubblica udienza del 12 ottobre 1995 la relazione del consigliere dott. Carlo Luigi Cardoni ed uditi altresi' gli avv.ti Verbari e Giraldi: Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: F a t t o Con l'atto impugnato e' stata irrogata una sanzione pecuniaria di L. 14.256.000 per abuso edilizio (edificazione di veranda a vetri su terrazzo) ex art. 104 l.r. 52/1991. Di cio' i ricorrenti si dolgono lamentando: 1) la l.r. n. 52/1991 non avrebbe potuto trovare applicazione all'abuso di cui trattasi risalente al 1958 e noto all'amministrazione fin da tale epoca in virtu' del disegno presentato all'amministrazione stessa da tale arch. Smareglia; 2) il provvedimento impugnato non sarebbe motivato ne' in ordine ai suoi presupposti giuridici ne' con riguardo a quelli di fatto con conseguente violazione del'art. 3 legge n. 241/1990; 3) nella logica della normativa sanzionatoria si presume che il sanzionato abbia ricevuto un vantaggio dall'abuso, mentre nel caso di specie, a tutto concedere, il vantaggio si sarebbe verificato in capo alla dante causa dei ricorrenti, risalendo l'abuso ad epoca anteriore all'acquisto dell'immobile da parte di questi: la sanzione, dunque, e stata erroneamente applicata. L'amministrazione si e' costituita controdeducendo. La causa e' stata ritenuta per la decisione nell'udienza del giorno 12 ottobre 1994. Con sentenza n. 416/1994 sono stati disposti incombenti istruttori. D i r i t t o Dall'istruttoria effettuata e' emerso che le opere oggetto dell'atto impugnato sono state accatastate il 30 giugno 1958, fatta eccezione per una piccola porzione delle stesse che e' stata accatastata il 30 giugno 1966. Gli accatastamenti in parola costituiscono, ad avviso del Collegio, prova presuntiva dell'esistenza delle opere in questione quanto meno fin dalla data dei rispettivi accatastamenti. Ne consegue che l'atto sanzionatorio impugnato, datato 15 marzo 1994, e' stato adottato rispettivamente dopo circa 36 e 28 anni da detti accatastamenti e, quindi dall'edificazione, sia pure abusiva degli immobili di cui trattasi. Orbene, il Collegio e' consapevole che la l.r. del Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52, non prevede, come del resto tutta la normativa in materia edilizia ed urbanistica, termini di decadenza per l'esercizio del potere di repressione degli abusi edilizi, ma e' altresi persuaso che l'assenza di un termine siffatto contrasti con i principi costituzionali della ragionevolezza (art. 3 Cost.), e dell'affidamento (art. 2 Cost.), della certezza della proprieta' (art. 42 Cost.), dei rapporti giuridici in generale (art. 23 e 25 Cost.) e della difesa giudiziaria (art. 24 Cost.). L'assenza del cennato termine di decadenza appare difatti: a) irragionevole, perche' consente la repressione di abusi edilizi anche quando il lungo tempo trascorso dalla perpetrazione dell'abuso ha cancellato nella coscienza individuale e sociale la percezione dell'illiceita' dell'abuso commesso; b) contrario al principio dell'affidamento poiche' il trascorrere del tempo ingenera l'affidamento circa la "legittimazione" sostanziale dell'opera abusiva in virtu' dell'inerzia della pubblica amministrazione, e circa la rinuncia di fatto all'esercizio dei poteri repressivi; c) contrastante con la certezza della proprieta' poiche' gli interventi repressivi, di natura anche totalmente ablatoria, possono intervenire dopo una articolata serie di trasferimenti della proprieta', effettuati anche nel corso di decenni, con le immaginabili conseguenze; d) avverso ai principi della certezza dei rapporti giuridici poiche' la posizione dei vari acquirenti dell'immobile abusivo non si consolida mai essendo l'immobile stesso perennemente sottoposto al possibile intervento repressivo; e) in contrasto con il diritto alla difesa giudiziaria in quanto a causa del trascorrere del tempo diviene sostanzialmente impossibile una valida difesa dei diritti e degli interessi dei soggetti destinatari dei provvedimenti repressivi nei contronti dei danti causa responsabili dell'abuso. Non sfugge al Collegio che puo' anche essere difficile da parte dell'amministrazione la tempestiva, doverosa ed auspicabile repressione dell'abusivismo edilizio, e che la decadenza del potere repressivo potrebbe lasciare "impuniti" alcuni abusi. Non sfugge tuttavia nemmeno che il permanere di situazioni di perenne incertezza genera guasti ancora peggiori cui si cerca periodicamente di porre rimedio con norme straordinarie di generale remissione le quali finiscono per porre in forse la credibilita' delle norme sanzionatorie e delle correlate attivita' repressiva e giudiziaria. Sembra quindi ragionevole ritenere che anche in materia di abusivismo edilizio operino gli istituti di carattere generale (decadenza e prescrizione) che nelle altre branche del diritto assicurano la certezza delle situazioni giuridiche e cioe', segnatamente, l'istituto della decadenza del potere sanzionatorio, analogamente a quanto accade, ad esempio in materia tributaria. Al riguardo il Collegio precisa di essere persuaso che la presente ordinanza di remissione non concretizzi una richiesta di sentenza additiva, in quanto non si pretende che la Corte indichi entro quali termini debba verificarsi la decadenza del potere di repressione degli abusi edilizi, ma si chiede che la Corte verifichi la costituzionalita' della l.r. Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52, che qui interessa, nella parte in cui non prevede un termine di decadenza del potere di repressione degli abusi edilizi. Quanto alla rilevanza della sollevata questione di costituzionalita' essa e' di tutta evidenza: il provvedimento oggetto del presente giudizio e' infatti basato sulla norma della cui costituzionalita' questo tribunale dubita, per cui il ricorso non puo' essere deciso senza che venga previamente risolta la questione di legittimita' costituzionale qui prospettata.