IL GIUDICE ISTRUTTORE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa promossa da:
 Eventi
  Comunicazione s.r.l., attrice, (avv. R. Calderone),  contro  Vibicom
 s.r.l., convenuta, (avv. F. Aspesi).
   Letti gli atti ed i documenti di causa.
                               F a t t o
   Con   atto   notificato   in   data  31  gennaio  1997,  la  Eventi
 Comunicazione s.r.l. conveniva in  giudizio  la  Vibicom  s.r.l.  per
 sentirla  dichiarare  responsabile  dell'inadempimento contrattuale e
 condannare al risarcimento del danno subito.
   Si costituiva la convenuta, la quale concludeva, nel merito, per il
 rigetto delle domande, e chiedeva al g.i. il differimento della prima
 udienza onde poter citare in giudizio la Gruppo  Interscambi  s.r.l.,
 concludendo,  per  la  condanna  di  quest'ultima al risarcimento del
 danno per L. 240.000.000 o, in via  riconvenzionale  ed  alternativa,
 per  la  condanna  dell'attrice  al  risarcimento  del  danno  per L.
 120.000.000.
   All'udienza di prima comparizione ex art. 180  c.p.c.  in  data  17
 aprile  1997, proseguita in data 30 aprile 1997, il procuratore della
 convenuta,  sul  presupposto  della   tempestivita'   della   propria
 costituzione in giudizio, insisteva sull'istanza di chiamata in causa
 del  terzo e sulla domanda riconvenzionale; il difensore dell'attrice
 si rimetteva.  Il giudice istruttore riservava la decisione.
                             D i r i t t o
   Questo  giudice  istruttore  solleva  d'ufficio  la  questione   di
 decadenza  della  convenuta  dalla  facolta'  di chiamare in causa un
 terzo e di proporre domanda riconvenzionale, ex art. 167 c.p.c.
   Infatti questo  giudice  ritiene  che  le  decadenze  citate  siano
 rilevabili  d'ufficio e non solamente previa eccezione di parte e che
 le stesse non siano sanabili, salvo il caso di remissione in termini,
 ai sensi dell'art. 184-bis c.p.c.
   Sia pure con molteplici temperamenti, le recenti leggi  processuali
 hanno disciplinato il rito prevedendo diverse decadenze e preclusioni
 finalizzate  ad  una predeterminata scansione delle fasi processuali;
 le stesse, infatti, sono poste in ragione di un interesse pubblico al
 sollecito e corretto svolgimento del processo, estraneo alla volonta'
 delle parti.
   Ma un sistema processuale siffatto non puo' funzionare  se  non  si
 affida  al  giudice, indipendentemente dalla volonta' delle parti, il
 potere di  garantire  l'osservanza  delle  attivita'  e  dei  termini
 processuali, cui sono collegate le decadenze e le preclusioni.
   In  altri  termini (come ha osservato autorevole dottrina) le parti
 possono decidere "se" dare inizio o porre temine  alla  controversia,
 ma  non  possono  influire  sul  come  il  processo  sia  destinato a
 svolgersi (la Suprema Corte ha piu' volte ribadito il principio della
 rilevabilita'  d'ufficio  delle  decadenze  previste  dall'art.   416
 c.p.c.:  Cass.  s.u., 4 dicembre 1981, n. 6423; Cass. 21 aprile 1988,
 n. 3111; Cass., 7 febbraio 1992, n. 1335).
   Cio' premesso, questo giudice solleva  d'ufficio  la  questione  di
 costituzionalita'  degli  artt.  166,  167 secondo e terzo comma, 171
 secondo comma, e 269 secondo comma, c.p.c.
   In particolare l'art. 166 c.p.c. stabilisce che il  convenuto  deve
 costituirsi  non  oltre  venti  giorni  prima  dell'udienza  indicata
 nell'atto di citazione "ovvero almeno venti giorni prima dell'udienza
 fissata a norma dell'art. 168 bis quinto comma".
   L'art. 167 c.p.c. dispone che il convenuto  "a  pena  di  decadenza
 deve  proporre  le eventuali domande riconvenzionali" e (al capoverso
 successivo) che "se intende chiamare un terzo  in  causa  deve  farne
 dichiarazione  nella  stessa comparsa e provvedere ai sensi dell'art.
 269 c.p.c.".
   Il  capoverso  di  quest'ultima  norma  a sua volta dispone che "il
 convenuto che intenda chiamare un terzo in  causa  deve,  a  pena  di
 decadenza,   farne   dichiarazione   nella  comparsa  di  risposta  e
 contestualmente chiedere al giudice istruttore lo  spostamento  della
 prima  udienza  allo  scopo  di consentire la citazione del terzo nel
 rispetto dei termini dell'art. 163-bis".
   L'art. 171 capoverso c.p.c., infine, stabilisce che "se  una  delle
 parti  si  e' costituita nel termine rispettivamente a lei assegnato,
 l'altra  parte  puo'  costituirsi  successivamente  fino  alla  prima
 udienza,  ma  restano  ferme  per  il  convenuto  le decadenze di cui
 all'art. 167 c.p.c.".
   Dal combinato disposto delle predette disposizioni emerge:
     che il termine ultimo, entro il quale il convenuto deve formulare
 la dichiarazione di volere chiamare in  causa  un  terzo  e  proporre
 domande  riconvenzionali,  e'  quello  di  venti  giorni  prima della
 udienza indicata dall'attore nell'atto di citazione;
     che, se vi e' stato differimento della  prima  udienza  ai  sensi
 dell'art.  168-bis  c.p.c.  quinto  comma,  tale  termine deve essere
 computato con riferimento alla nuova udienza;
     che, invece, nell'ipotesi di cui all'art. 168-bis,  quarto  comma
 c.p.c.,  resta  fermo  il  computo  del  termine  della decadenza con
 riguardo alla udienza di prima  comparizione  indicata  nell'atto  di
 citazione.  Rilevanza della questione
   La   rilevanza   della  questione  consegue  all'impossibilita'  di
 ammettere la parte convenuta a chiamare il  terzo  in  causa  nonche'
 all'impossibilita' di esaminare nel merito la domanda riconvenzionale
 proposta   nei  confronti  dell'attore  se,  previamente,  non  viene
 delibata  la  questione  di  costituzionalita'  delle   norme   sopra
 menzionate,   dipendendo   dalla  stessa  la  necessita'  o  meno  di
 dichiarare la decadenza della convenuta  da  potere  di  chiamare  in
 causa un terzo e di proporre domande riconvenzionali.
   Infatti,  nella  fattispecie  concreta, l'attrice ha indicato quale
 data di prima comparizione il 15 aprile 1997 e  la  convenuta  si  e'
 costituita in data 27 marzo 1997.
   Il  giudice  istruttore aveva rinviato la prima udienza ex art. 82,
 primo comma, disp. att. c.p.c. - sul cui contenuto e' stato modellato
 anche  l'art.  168,  quarto  comma,  c.p.c.   -   con   il   seguente
 provvedimento:    "Visto  l'art.  82,  primo comma disp. att. c.p.c.,
 l'udienza di prima comparizione delle parti e' rinviata d'ufficio  al
 17 aprile 1997, ore 10,45. Si comunichi. il giudice istruttore".
   Ne  consegue  che,  qualora il termine ultimo di costituzione della
 convenuta  venga  calcolato  con  riferimento  all'udienza   indicata
 nell'atto  di  citazione, la costituzione della convenuta deve essere
 dichiarata  tardiva.  Qualora  invece  si  ponga  come   termine   di
 riferimento  la  data effettiva dell'udienza, e cioe' quella indicata
 dal giudice a seguito del provvedimento  di  differimento  d'ufficio,
 l'atto  di  costituzione in questione risulterebbe essere tempestivo,
 in quanto anteriore di oltre venti giorni a tale ultima  data.    Non
 manifesta infondatezza
   La  questione  di legittimita' costituzionale degli artt. 166, 167,
 secondo e terzo comma, 171 secondo comma, e 269 secondo comma  c.p.c.
 nella  parte  in  cui  prevedono  che  la decadenza dai poteri di cui
 all'art.  167 c.p.c., in caso di differimento d'ufficio  della  prima
 udienza  ai  sensi  del  quarto  comma dell'art. 168-bis c.p.c., deve
 essere valutata come non  manifestamente  infondata  con  riferimento
 agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
   A) Contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
   Il  contrasto  con  l'art. 3 della Costituzione discende da una non
 giustificata  disparita'  di  trattamento  tra  situazioni  identiche
 relative alla posizione del convenuto.
   Tale disparita' di trattamento non pare giustificata in alcun modo,
 dal  momento  che  la  situazione  sottesa al rinvio ex art. 168-bis,
 quarto comma, c.p.c. (ovvero ex  art.  82,  primo  comma  disp.  att.
 c.p.c.)    e  quella  in  cui opera il rinvio ex art. 168-bis, quinto
 comma, c.p.c.  appaiono del tutto assimilabili e  riconducibili  alla
 medesima ratio.
   Entrambe   le  fattispecie,  infatti,  sono  dirette  a  soddisfare
 esigenze organizzative.
   In particolare il differimento di cui  al  quarto  comma  dell'art.
 168-bis  c.p.c.  consegue  ad  esigenze  di  natura organizzativa che
 coinvolgono l'ufficio giudiziario nel suo complesso  (necessita'  che
 tutte le udienze di prima comparizione si tengano per ciascun giudice
 contestualmente e a cadenza periodica).
   Il  rinvio  previsto  dal quinto comma, invece, dipende da esigenze
 organizzative specifiche del singolo giudice designato, il quale,  in
 ragione  di una piu' razionale gestione del proprio carico di lavoro,
 decida appunto di differire la prima udienza di comparazione.
   Pertanto entrambe le fattispecie riflettono un interesse  omogeneo,
 consistente  nella  migliore organizzazione dell'ufficio e quindi, in
 ultima analisi, del lavoro del giudice.
   Giova evidenziare che il sistema di fissazione della prima  udienza
 e'  disciplinato  dagli  artt. 69-bis, 80 ed 82 delle disposizioni di
 attuazione del c.p.c.
   In base a tali disposizioni (che trovano la  loro  ragion  d'essere
 nel   sistema   della  citazione  ad  udienza  fissa  quale  elemento
 caratterizzante  il  nostro  ordinamento   processuale   civilistico)
 all'inizio  di  ogni  anno  giudiziario viene stabilito il calendario
 delle prime udienze di comparazione con riferimento a ciascun giudice
 istruttore. Successivamente alla iscrizione della causa  a  ruolo  il
 presidente  del  tribunale designa il giudice istruttore della causa.
 Viene  cosi'  fissata  d'ufficio,   quale   prima   udienza,   quella
 immediatamente  successiva  destinata  da  quel  giudice  alle  prime
 udienze di comparazione. Tale data potrebbe, in  ipotesi,  coincidere
 con  quella  gia' indicata dall'attore nell'atto di citazione, oppure
 essere diversa, ai sensi  dei  menzionati  articoli  168-bis,  quarto
 comma, c.p.c. e 82, primo comma, disp. att. c.p.c.
   L'art. 168-bis, quinto comma, c.p.c. prevede una diversa ipotesi di
 differimento    dell'udienza:    il    giudice    istruttore    puo',
 indipendentemente dal verificarsi della situazione sopra evidenziata,
 rinviare discrezionalmente,
  l'udienza di non oltre  quarantacinque  giorni,  per  le  specifiche
 esigenze  organizzative  sopra  enunciate. Probabilmente nella logica
 originaria del sistema si  presupponeva  l'esigenza  che  il  giudice
 istruttore  prendesse  compiuta  cognizione della causa anteriormente
 all'udienza di comparazione.
   Per  entrambe  le  ipotesi  di  differimento,  l'art. 82 disp. att.
 c.p.c.  prevede la tempestiva comunicazione  della  cancelleria  alle
 parti della nuova data di udienza.
   Al  riguardo  si deve tuttavia osservare che l'art. 168-bis, quinto
 comma,  c.p.c.  stabilisce  che  solo  al  verificarsi   dell'ipotesi
 prevista da tale comma e' necessaria la predetta comunicazione.
   Ne  discende  (in  via  interpretativa)  l'abrogazione  tacita, per
 effetto di tale norma, dell'art. 82 disp. att. c.p.c., nella parte in
 cui dispone l'obbligo di comunicazione del  provvedimento  di  rinvio
 d'ufficio  anche  nell'ipotesi  prevista  dall'art.  168-bis,  quarto
 comma, c.p.c.
   Si tratta, infatti, di norma successiva che prevede una  disciplina
 incompatibile  con  quella  previgente (e' appena il caso di rilevare
 che, tuttavia, nella fattispecie concreta, benche'  si  verta  in  un
 caso  di  rinvio ex art. 82, primo comma disp. att. c.p.c. - e quindi
 riconducibile all'ipotesi di  cui  all'art.  168-bis,  quarto  comma,
 c.p.c.  -  la comunicazione alle parti della nuova data di udienza e'
 stata effettuata, anche al fine di  rendere  edotte  le  parti  circa
 l'orario di trattazione fissato per ciascuna causa).
   Con   riferimento   alle  conseguenze  derivanti  dal  differimento
 dell'udienza, giova rilevare che la legge  n. 353/1990 prevedeva, che
 in ogni ipotesi di rinvio d'ufficio dell'udienza, comunque restassero
 salve le decadenze ex art. 167 c.p.c.
   In tale contesto si era da piu' parti lamentato uno  sbilanciamento
 del sistema processuale a vantaggio dell'attore.
   In  particolare  si  era  ritenuto  irragionevole  il  fatto che il
 convenuto dovesse  necessariamente  costituirsi  venti  giorni  prima
 della  data  dell'udienza indicata nell'atto di citazione, e che tale
 termine fosse stabilito  a  pena  di  decadenza  (dalla  facolta'  di
 chiamare  in  causa  un  terzo  e  di  proporre  eccezioni  e domande
 riconvenzionali) anche nel caso di rinvio d'ufficio dell'udienza.
   Ed infatti il  rinvio  dell'udienza  non  avveniva  necessariamente
 causa  cognita,  ovvero  dopo l'esame da parte del giudice istruttore
 dell'atto  di  citazione  e  della  comparsa  di   costituzione   del
 convenuto.    Conseguentemente non poteva condividersi l'opinione per
 cui la completezza di tali atti (dalla quale discendeva il sistema di
 preclusioni  a  carico   del   convenuto)   avrebbe   facilitato   la
 composizione  transattiva  della  controversia  e quindi giovato alla
 sollecita definizione delle cause, giustificando in ragione  di  tale
 interesse la compressione dei poteri del convenuto.
   Invero  appariva  pienamente  condivisibile  l'opinione  secondo la
 quale tale compressione  di  risolveva  in  un  rigore  eccessivo  ed
 ingiustificato:    sul  convenuto  incombeva l'onere della tempestiva
 costituzione, che rimaneva del tutto inutile se ed in quanto la prima
 udienza si fosse svolta a distanza di tempo da quella originariamente
 indicata dall'attore.  Era quest'ultimo, in sostanza,  a  beneficiare
 maggiormente  dello  spostamento  dell'udienza in quanto fruiva di un
 tempo piu' lungo per potere predisporre le repliche alla comparsa  di
 costituzione del convenuto.
   Sulla  base  di  tali  considerazioni il legislatore con il decreto
 legislativo n. 571/1994 ha modificato l'art. 166  c.p.c.,  prevedendo
 che   la  costituzione  del  convenuto  avvenga  venti  giorni  prima
 dell'udienza  indicata  dall'attore,  ovvero,  in  caso   di   rinvio
 dell'udienza  a  norma dell'art. 168-bis, quinto comma, c.p.c., venti
 giorni prima dell'udienza indicata dal giudice istruttore.
   Correlativamente e' stato abolito l'ultimo periodo del quinto comma
 dell'art.  168-bis  c.p.c. che prevedeva che, in caso di differimento
 d'ufficio della prima udienza, restavano comunque ferme le  decadenze
 maturate  con  riferimento  alla data di udienza fissata nell'atto di
 citazione.
   Attualmente, pertanto, in caso di esercizio da  parte  del  giudice
 istruttore  del  potere  discrezionale  di  differimento  della prima
 udienza ex art. 168-bis, quinto comma,  c.p.c.,  il  termine  per  la
 costituzione  del  convenuto  e per l'esercizio dei poteri connessi a
 tale atto processuale deve essere individuato  con  riferimento  alla
 data della nuova udienza fissata dal giudice istruttore.
   Ma  proprio tali considerazioni, ed in particolare le ragioni sopra
 evidenziate, che hanno indotto il legislatore a modificare il sistema
 delle decadenze a carico del convenuto in caso si differimento ex
  art. 168-bis, quinto comma, inducono  a  ritenere  irragionevole  il
 sistema  preclusivo  tuttora vigente per l'ipotesi di differimento di
 cui al quarto comma della medesima disposizione.
   In tale caso, infatti, la norma non consente  la  costituzione  del
 convenuto con riferimento alla data effettiva dell'udienza.
   L'art. 166 c.p.c., cosi' come modificato dal decreto legislativo n.
 571/1994  richiama  solo  l'ipotesi  di cui al quinto comma dell'art.
 168-bis, c.p.c. e non anche l'ipotesi  di  differimento  disciplinato
 dal  quarto  comma  della  stessa  norma,  in relazione al quale deve
 tuttora ritenersi sussistente l'onere per il convenuto di costituirsi
 venti giorni prima dell'udienza indicata  nell'atto  di  citazione  e
 devono  parimenti  ritenersi  sussistenti,  con  riferimento  a  tale
 termine, le decadenze in esame.
   Data  l'identita'  di  ratio  sottostante  alle  due   ipotesi   di
 differimento  previste  dall'art.  168-bis  c.p.c.,  appare del tutto
 irragionevole che il sistema di preclusioni a  carico  del  convenuto
 sia  differente  a  seconda  che  si  verta  nell'una  piuttosto  che
 nell'alltra ipotesi.
   Invero anche nella fattispecie di cui  al  quarto  comma  dell'art.
 168-bis,  c.p.c.  il  rinvio  della  prima  udienza non avviene causa
 cognita, bensi' prima che sia avvenuto l'esame dell'atto di citazione
 e della comparsa di  costituzione  del  convenuto.  Anzi,  a  maggior
 ragione,  tale situazione si verifica nel caso di differimento di cui
 al  quarto  comma  dell'art.  168-bis  c.p.c.  in   cui   il   rinvio
 dell'udienza  avviene  non  in  ragione  della  discrezionalita'  del
 giudice  istruttore  (che  potrebbe  fondarsi  proprio  su   esigenze
 organizzative  dirette a consentire l'esame degli atti iniziali della
 causa) ma a seguito  dell'impossibilita'  materiale  del  giudice  di
 trattare  la  causa,  in conseguenza del fatto che alla data indicata
 dall'attore egli non tiene udienza.
   In conclusione appare irragionevole che la parte convenuta  subisca
 un grave pregiudizio, quale quello di sentirsi dichiarata decaduta da
 rilevanti  poteri  processuali,  esclusivamente in ragione del motivo
 del differimento dell'udienza.
   B) Contrasto con l'art. 24 della Costituzione.
   Le  considerazioni  svolte  da  ultimo  inducono   questo   giudice
 istruttore  a  ritenere  che il sistema previsto dagli artt. 166, 167
 secondo e terzo comma, 171 secondo comma, e 269 secondo comma c.p.c.,
 realizzi anche un'ingiustificata compressione del diritto  di  difesa
 del convenuto, ponendosi in tal modo in contrasto con l'art. 24 della
 Costituzione.
   Preliminarmente si deve osservare che la limitazione del diritto di
 difesa,   in  quanto  diritto  costituzionalmente  garantito,  appare
 giustificata e, di conseguenza, costituzionalmente legittima, solo se
 a sua volta diretta a tutelare un interesse superiore.
   Nel caso di specie le esposte considerazioni  inducono  a  ritenere
 che  la  decadenza  sancita  dal combinato disposto delle norme sopra
 enunciate non sia affatto giustificata.
   Possono richiamarsi  al  riguardo  le  osservazioni  relative  alla
 mancanza  di  un  interesse superiore che giustifichi il differente e
 deteriore  trattamento  riservato  dal  legislatore  all'ipotesi   di
 differimento  di  cui  al  quarto  comma dell'art. 168-bis c.p.c., in
 relazione alle decadenze poste a carico del convenuto.
   Invero la mancanza di una motivazione idonea  a  giustificare  tale
 diversa  disciplina  induce a ritenere che la compressione dei poteri
 processuali del convenuto connessa ad una sola delle due  fattispecie
 si  ponga in contrasto, non solo con il principio di uguaglianza ma -
 trattandosi delle limitazione di una facolta' processuale  diretta  a
 consentire  la  difesa  del  convenuto  -  anche  con l'art. 24 della
 Costituzione.