ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8, n. 1, della
 legge della regione Sicilia  20  marzo  1951,  n.  29  (Elezione  dei
 deputati  dell'Assemblea regionale siciliana), promosso con ordinanza
 emessa il 18 ottobre  1996  dal  Tribunale  di  Palermo  sul  ricorso
 proposto da Camillo Oddo contro la regione Sicilia ed altri, iscritta
 al  n.   1313 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 50,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1996;
   Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Camillo  Oddo  e di Ottavio
 Navarra, nonche' l'atto di intervento della regione Sicilia;
   Udito nell'udienza pubblica del 22 aprile 1997 il giudice  relatore
 Piero Alberto Capotosti;
   Uditi  l'avvocato  Domenico Galata' per Camillo Oddo e gli avvocati
 Giovanni Lo Bue e Laura Ingargiola per la regione Sicilia.
                           Ritenuto in fatto
   1. -   Il tribunale di  Palermo,  adito  per  la  dichiarazione  di
 ineleggibilita'  a consigliere dell'assemblea regionale siciliana del
 candidato  Ottavio  Navarra  -  eletto  nella  medesima   lista   del
 ricorrente  e  primo  dei  non  eletti,  Camillo  Oddo - ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  8,  n.  1  della
 legge  della  regione  Sicilia  20  marzo  1951,  n. 29, e successive
 modificazioni in riferimento agli artt. 3, 51 e 122 Cost.
   La norma stabilisce che non sono eleggibili all'assemblea regionale
 siciliana i membri del Parlamento nazionale, salvo che effettivamente
 abbiano cessato dalle loro funzioni in conseguenza  di  dimissioni  o
 altra causa, almeno novanta giorni prima di un quinquennio dalla data
 della  precedente elezione regionale, ovvero, in caso di scioglimento
 anticipato dell'assemblea, entro dieci giorni dalla data del  decreto
 di convocazione dei comizi elettorali.
   2.  - I giudici a quibus osservano che e' incontestato nel giudizio
 che  il  candidato  eletto  non  ha  rassegnato  le   dimissioni   da
 parlamentare  nazionale  almeno  novanta  giorni prima della scadenza
 della precedente assemblea regionale e deducono  che  e'  irrilevante
 che  le  Camere erano state sciolte anteriormente a detto termine. La
 prorogatio prevista dall'art. 61, secondo comma,  della  Costituzione
 fa,  infatti,  escludere  che  tale  ultima  circostanza determini la
 "cessazione  dalle  funzioni"  richiesta   dalla   legge   elettorale
 siciliana  per  la  valida  presentazione  della candidatura a membro
 dell'assemblea regionale.
   I  giudici  rimettenti  precisano,  quindi,  che  la   legislazione
 nazionale  stabilisce  una  ragione  di  mera incompatibilita' fra le
 cariche  di  membro  del  Parlamento  nazionale  e   di   consigliere
 regionale.  La  norma  in esame prevede, invece, una piu' restrittiva
 causa di ineleggibilita', benche' - a loro avviso  -  non  sussistano
 ne'  "condizioni  del  tutto peculiari alla regione interessata", ne'
 "motivi adeguati e ragionevoli, e finalizzati comunque alla tutela di
 un interesse generale", che possano legittimarla.
   L'art. 8, n. 1, della legge regionale  n.  29  del  1951,  sostiene
 infine  il  tribunale,  nel  disciplinare  il  diritto  di elettorato
 passivo, "riconosciuto e garantito con  carattere  di  inviolabilita'
 dall'art.   2 della Costituzione", riconducendo la fattispecie tra le
 cause di ineleggibilita' anziche' di incompatibilita', viola quindi i
 principi di quella statale,  che  limitano  la  discrezionalita'  del
 legislatore  siciliano,  e  quindi  gli  artt.  3,  51  e  122  della
 Costituzione.
   3. - Si e' costituito in giudizio (fuori termine) il resistente nel
 processo   di   merito,   svolgendo   argomentazioni    a    conforto
 dell'ordinanza di rimessione.
   4.  -  Si  e' costituito in giudizio anche il ricorrente, il quale,
 nell'atto di costituzione e nella memoria depositata  in  prossimita'
 dell'udienza  pubblica,  ha  chiesto  che la questione sia dichiarata
 infondata.
   Camillo Oddo sostiene che  nel  caso  in  esame  si  versa  in  una
 fattispecie  riservata  alla  disciplina della legislazione regionale
 esclusiva e, quindi, legittimamente  possono  essere  valorizzate  le
 notorie,  particolari,  condizioni  esistenti  in  Sicilia,  le quali
 rendono ragionevole la previsione che  la  funzione  di  parlamentare
 possa  essere  indebitamente  diretta  alla  formazione  di clientele
 elettorali.
   5. - La regione Sicilia  e'  intervenuta  nel  giudizio,  eccependo
 l'inammissibilita', per irrilevanza, della questione.
   Lo  scioglimento  delle Camere integrerebbe, infatti, la cessazione
 dalle funzioni di parlamentare, che  costituisce  condizione  per  la
 valida presentazione della candidatura. La mera prorogatio dei poteri
 delle Camere scadute e' del tutto ininfluente, in quanto detti poteri
 sono  limitati  alla  ordinaria  amministrazione  e  resta  "preclusa
 qualsiasi attivita' politica, anche la piu' elementare".
   Nel merito, la regione deduce che non e' possibile  invocare  quale
 parametro  l'art.  122  della  Costituzione,  in considerazione della
 specialita'  dell'autonomia  regionale  siciliana  che,  secondo   la
 giurisprudenza   della  Corte,  legittima  il  legislatore  regionale
 siciliano ad introdurre cause di ineleggibilita' non  previste  dalla
 legislazione  statale,  qualora "le stesse trovino giustificazioni in
 condizioni ambientali particolari". La  valutazione  del  legislatore
 siciliano  che  la  carica di deputato nazionale si presti a divenire
 centro di raccolta di voti e sia incompatibile con  la  presentazione
 della  candidatura  a  consigliere  dell'assemblea regionale, rientra
 appunto   nell'ambito    della    discrezionalita'    riconosciutagli
 nell'apprezzamento delle condizioni ambientali e consente, quindi, di
 escludere  sia  fondata  la  questione di legittimita' costituzionale
 sollevata dal tribunale di Palermo.
   6. - Nel corso della discussione orale le  parti  costituite  hanno
 insistito nelle conclusioni rassegnate nelle difese scritte.
                        Considerato in diritto
   1.  -    La  questione di legittimita' costituzionale sollevata con
 l'ordinanza indicata in epigrafe ha ad oggetto l'art. 8, primo comma,
 n. 1, della legge della regione  Sicilia  20  marzo  1951,  n.  29  e
 successive  modificazioni,  ai  sensi del quale non sono eleggibili i
 parlamentari nazionali che, per tempestive  dimissioni  o  per  altra
 causa,  non abbiano cessato effettivamente la loro funzione almeno 90
 giorni prima della scadenza della precedente legislatura.
   Questa norma, ad avviso  del  giudice  rimettente,  violerebbe  gli
 artt.  3,  51  e  122  della  Costituzione.  Ed  infatti,  mentre  la
 legislazione nazionale prevede una causa di mera incompatibilita' tra
 la carica di componente di una delle Camere del Parlamento  e  quella
 di  consigliere  regionale, la legge elettorale siciliana stabilisce,
 invece, una piu' restrittiva causa di ineleggibilita', senza peraltro
 che, secondo il giudice a quo siano riscontrabili quelle  "condizioni
 del   tutto  peculiari  alla  regione  interessata",  ovvero  "motivi
 adeguati e  ragionevoli,  finalizzati  comunque  alla  tutela  di  un
 interesse generale", che la giurisprudenza costituzionale ha ritenuto
 condizione di legittimita' della legislazione regionale in materia.
   La  norma regionale impugnata, ad avviso del rimettente, violerebbe
 in tal modo, nel disciplinare il diritto costituzionale di elettorato
 passivo,  i  principi  della  legislazione  statale,  da  cui  quella
 regionale    e'    strettamente    limitata,    e    sarebbe    anche
 ingiustificatamente discriminatoria rispetto ad essa.
   2.  -  In  via  preliminare,   va   dichiarata   inammissibile   la
 costituzione in questo giudizio della parte resistente nel processo a
 quo  in  quanto il relativo atto e' stato depositato oltre il termine
 perentorio stabilito dagli articoli 25, secondo comma, della legge 11
 marzo 1953, n. 87 e 3 delle norme integrative per i  giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale (sentenza n. 237 del 1997).
   Ancora  in  via  preliminare,  deve essere esaminata l'eccezione di
 inammissibilita' - peraltro gia' proposta e rigettata nel giudizio  a
 quo  -  sollevata  dall'interveniente regione Sicilia, secondo cui lo
 scioglimento   anticipato    delle    Camere    avrebbe    comportato
 automaticamente  -  per  il  resistente  nel  giudizio  a  quo  -  la
 cessazione dalle funzioni di membro del Parlamento in tempo utile per
 una   valida   presentazione  della  candidatura  regionale,  essendo
 ininfluente al riguardo la prorogatio delle Camere. L'eccezione  deve
 essere  pero'  respinta  perche'  proprio l'istituto della prorogatio
 prevista dall'art. 61 della Costituzione, esclude  che  si  determini
 una  automatica  ed  effettiva  "cessazione" dalle funzioni di membro
 delle Camere,  come  significativamente  e'  confermato  anche  dalla
 prassi parlamentare in materia.
   3. - Nel merito, la questione non e' fondata in riferimento a tutti
 i profili prospettati.
   In  primo  luogo  va  individuato il tipo di competenza legislativa
 regionale, che e' stato esercitato  nella  specie.  L'ineleggibilita'
 all'assemblea  regionale siciliana, oggetto del presente giudizio, si
 fonda sull'art. 3 dello statuto, che appunto  dispone  che  la  legge
 elettorale  per  la  regione  e' emanata "in base ai principi fissati
 dalla Costituente in materia di elezioni politiche". In proposito, la
 Corte non puo' che confermare  il  convincimento  che  si  tratta  di
 previsione  statutaria che vincola il legislatore regionale "anche in
 una  materia,   come   quella   dell'elezione   dell'assemblea,   non
 disciplinata   direttamente   dalla  Costituzione,  al  rispetto  dei
 principi ricavabili dalla Costituzione stessa in materia  elettorale"
 e  non  gia' al rispetto dei principi - e tanto meno delle specifiche
 discipline - fissati nelle leggi che regolano l'elezione delle Camere
 (sentenza n. 372 del 1996).
   Ribadita  quindi  l'ampia  competenza  legislativa   regionale   in
 materia,  risulta  dai  lavori  preparatori che l'Assemblea regionale
 siciliana, durante la discussione della legge elettorale, il cui art.
 8 e' oggetto dell'attuale denuncia,  ebbe  quale  costante  punto  di
 riferimento  la  legislazione  statale in tema di elezioni politiche,
 quale derivava anche dalla disciplina  che  l'Assemblea  costituente,
 operando  in  sede  legislativa,  aveva  introdotto  con  la legge 20
 gennaio 1948, n. 6.   Proprio questa legge,  infatti,  innovando  sul
 punto  il previgente d.lgs.lgt. 10 marzo 1946, n.74, aveva affrontato
 il problema dei rapporti tra il mandato rappresentativo al Parlamento
 nazionale e quello espletato nelle assemblee degli  appena  istituiti
 enti  regionali, risolvendolo nel senso di considerare quale causa di
 ineleggibilita' alla Camera dei deputati la carica di consigliere  (o
 deputato) regionale, non dismessa prima dei novanta giorni precedenti
 il  decreto di convocazione dei comizi elettorali. In particolare, il
 dibattito  all'Assemblea  costituente  pose  in  luce   l'intento   e
 l'effetto  di  "distacco" che da quell'impedimento elettorale sarebbe
 derivato fra le assemblee nazionali e quelle regionali,  se  e'  vero
 che  il  Ministro  di grazia e giustizia di allora ebbe formalmente a
 dichiarare: "a nome del Governo, per dare una  serieta'  alle  future
 assemblee legislative e per distaccarle da quelle regionali, prego di
 dichiarare  la  ineleggibilita'"  (Atti Assemblea costituente, seduta
 del 15 dicembre 1947).
   Tale   "modello"   di   ineleggibilita'   evidentemente    esplico'
 un'influenza   notevole  nel  momento  in  cui,  qualche  anno  dopo,
 l'assemblea   regionale   siciliana   introdusse    un    impedimento
 corrispondente,  anche se speculare, a quello vigente per le elezioni
 politiche nazionali, se e' vero  che  qualche  componente  non  pote'
 tacere  l'impressione che l'articolo in oggetto fosse ispirato da "un
 tono di ripicco" nei confronti della legge nazionale,  ritenendo  che
 "essa fosse stata creata su misura e con un fine determinato: evitare
 che  rappresentanti  del  Parlamento  regionale  partecipassero  alle
 elezioni politiche nazionali, giovandosi dell'ascendente che  avevano
 riscosso   in   campo   regionale"   (Atti  dell'Assemblea  regionale
 siciliana, seduta del 12 febbraio 1951).
   Non solo si interpreto' la predetta  causa  di  ineleggibilita'  al
 Parlamento  nazionale  come  divieto di utilizzazione per le elezioni
 nazionali dell'ascendente elettorale conseguito  in  sede  regionale,
 ma,  nel  corso  della  discussione  sulla  corrispondente  anche  se
 speculare causa di ineleggibilita' a livello regionale,  emerse,  sia
 pure  come conseguenza della propensione per il collegio uninominale,
 l'opportunita' di un  collegamento  con  la  garanzia  dell'autonomia
 regionale.   Ed   infatti   fu  sostenuta,  con  particolare  vigore,
 l'esigenza  di  "differenziare  la  base  elettorale   dei   deputati
 regionali  da  quella  dei  deputati  nazionali",  ritenendo  "questa
 differenziazione necessaria ed  importantissima  soprattutto  per  il
 consolidamento   dell'autonomia",  dal  momento  che  le  prospettate
 difficolta' per l'autonomia siciliana sono provocate  "dalla  gelosia
 dei  deputati  nazionali per l'interferenza intercorrente tra il loro
 ed il corpo elettorale dei deputati  regionali",  dato  che  "con  la
 elezione  dei  deputati regionali si e' venuto a creare una specie di
 diaframma tra il corpo elettorale siciliano ed i deputati nazionali e
 tutto questo deriva dalla comunanza della base che  noi  abbiamo  con
 loro" (Atti dell'assemblea regionale siciliana, seduta del 9 febbraio
 1951).
   4. - Le considerazioni che precedono, unitamente alla significativa
 constatazione  che,  sia  pure successivamente, lo stesso legislatore
 statale, con la legge 5 agosto 1962, n. 1257 e successive  modifiche,
 ha  introdotto  la  stessa  causa  di  ineleggibilita'  a  carico dei
 deputati e dei senatori per la elezione al consiglio regionale  della
 Valle d'Aosta, inducono a ritenere che il legislatore siciliano abbia
 esercitato,  in  modo  non  irragionevole,  la  propria competenza in
 materia, nell'ambito dello spazio di autonomia  fissato  dall'art.  3
 dello Statuto.
   D'altra  parte,  questa  Corte  ha  gia'  sottolineato come sia "lo
 stesso sistema costituzionale che, richiedendo leggi particolari  per
 le  singole  Regioni  a  statuto  speciale  (secondo  i  casi,  legge
 regionale o statale) da un lato e una legge (statale)  per  quelle  a
 statuto   ordinario,   implica  necessariamente  la  possibilita'  di
 regolamentazioni differenziate anche per quanto riguarda  i  casi  di
 ineleggibilita'"  (sentenza  n.  134 del 1975 ed anche sentenze n. 20
 del 1985 e n. 130 del 1987).
   Lo scrutinio di costituzionalita' delle  cause  di  ineleggibilita'
 non  puo'  peraltro,  in  linea  di principio, limitarsi al parametro
 dell'art. 3 della Costituzione, senza una contestuale  considerazione
 del parametro rappresentato dall'art. 51 della Costituzione. A questo
 proposito, va rilevato che l'art. 51, nel riferirsi, come gia' l'art.
 40 dello Statuto albertino, ai "requisiti" per l'accesso alle cariche
 elettive,  sottintende il bilanciamento di interessi, cui la relativa
 legislazione primaria e' direttamente  chiamata  dalla  Costituzione;
 bilanciamento tra il diritto individuale di elettorato passivo, da un
 lato,  e,  dall'altro  lato,  la  tutela delle cariche pubbliche, cui
 possono accedere solo coloro che sono in  possesso  delle  condizioni
 che  tali  cariche,  per  loro natura, appunto "richiedono". Tra tali
 condizioni  richieste  all'aspirante  candidato  possono  ben  essere
 comprese non solo l'inesistenza  di  incarichi  tali  da  determinare
 indebite  influenze sulla par condicio della competizione elettorale,
 ma anche l'inesistenza di incarichi la cui titolarita'  sia  ritenuta
 incompatibile con la candidatura in questione.
   5.  -  Nel  quadro,  quindi,  di  una  complessiva  regolazione dei
 rapporti tra i due mandati rappresentativi - nazionale e regionale  -
 non e' irragionevole che il legislatore siciliano, nell'apprezzamento
 discrezionale  delle  specifiche  condizioni  che  sono alla base del
 riconoscimento  costituzionale  della  "specialita'"   dell'autonomia
 della  regione,  abbia  stabilito  che  questi  due distinti piani di
 interessi debbano restare  separati  sin  dalla  fase  elettorale  di
 accesso  alla carica di rappresentante della regione. In questo senso
 si puo' dire, quindi, che, rispetto  al  diritto  costituzionale  del
 singolo  di  elettorato  passivo,  si  e' considerata prioritaria, in
 quanto  finalizzata  alla  garanzia  delle  condizioni  di  autonomia
 speciale  della  regione, la tutela di quel particolare carattere del
 mandato  rappresentativo  regionale,  consistente  nel  riferirsi  ad
 interessi differenti rispetto a quelli la cui cura e' affidata invece
 al mandato rappresentativo nazionale.
   La  legge  regionale siciliana de qua che si e' conformata a questi
 criteri di fondo, ha dunque osservato il vincolo  del  "rispetto  dei
 principi  ricavabili  dalla Costituzione in materia". E' pertanto non
 irragionevole la scelta del legislatore siciliano di tenere  conto  e
 di adeguarsi, nei limiti della propria competenza, alla complessita',
 sia  dal  punto  di vista funzionale, sia da quello territoriale, del
 fenomeno  della  rappresentanza  politica,  specialmente   sotto   il
 profilo,  particolarmente  rilevante  per  la garanzia dell'autonomia
 politico-istituzionale  della  regione,  del  reclutamento  e   della
 legittimazione  della  classe  politica, eventualmente articolata per
 livelli di governo.
   6.  -  La  indicata  finalita'  legislativa  della  disciplina   in
 questione  induce  a  respingere anche il dubbio di costituzionalita'
 inerente al profilo della difformita' rispetto al regime vigente  per
 le  regioni  a  statuto ordinario, che trova la sua fonte nella legge
 statale.  E' pertanto non irragionevole la complessiva  conformazione
 del  mandato  rappresentativo  adottata,  nella  sua autonomia, dalla
 regione siciliana; conformazione che si ispira al criterio di evitare
 ogni  intreccio  di  interessi,  tra  livello  nazionale  e   livello
 regionale,  attuando  una  rigorosa  separazione dei relativi mandati
 rappresentativi sin dalla fase delle candidature, come, del resto, ha
 operato  lo  stesso  legislatore  statale  rispetto   agli   identici
 impedimenti  elettorali  stabiliti per le elezioni regionali in Valle
 d'Aosta.
   Ne', in contrario, puo' valere la decisione, speculare in  materia,
 di  questa  Corte  n.  344 del 1993, poiche' il nucleo fondante della
 ratio decidendi di quella sentenza, come di quella analoga, anche  se
 di  contenuto  opposto,  n. 5 del 1978, puo' essere circoscritto alla
 palese irragionevolezza della disposizione impugnata "in  conseguenza
 della  eccessiva e, comunque, sproporzionata ampiezza del campo degli
 effetti ad essa  collegabili",  costituiti  dall'ineleggibilita'  del
 consigliere  regionale  anche  nel caso di candidatura in altra parte
 del territorio nazionale diversa dal territorio in  cui  esercita  il
 mandato  regionale.  E' evidente, infatti, che in quel caso si era al
 di   fuori   dell'area   problematica   qui  affrontata,  poiche'  la
 prospettata  logica  sottostante   alla   separazione   dei   mandati
 rappresentativi  non  poteva  essere  invocata, in quanto, come anche
 denunciato  dal  giudice  a  quo  di  allora,  era  irragionevolmente
 sproporzionata  la  conseguenza  dell'ineleggibilita' in relazione ai
 rischi  di  captatio  benevolentiae  degli  elettori  da  parte   del
 consigliere regionale candidato parlamentare.
   7.  -  Parimenti  infondata  e'  infine la questione in riferimento
 all'art.  122  della  Costituzione,  in  quanto  tale   disposizione,
 prevedendo  di  per  se'  sola  che  l'appartenenza  ad  un consiglio
 regionale sia incompatibile  con  l'appartenenza  ad  una  delle  due
 Camere, non impedisce tuttavia che il legislatore possa ulteriormente
 considerare   l'una   delle   due   cariche   anche   come  causa  di
 ineleggibilita' rispetto all'altra.