ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
   nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 70 del  codice
 di  procedura civile promossi con due ordinanze emesse il 20 dicembre
 1994 dal Tribunale di  Roma  nei  procedimenti  civili  vertenti  tra
 D'Alessandro  Olivia e De Angelis Andrea e Maffei Patrizia e Morosini
 Marco, iscritte ai nn. 741  e  742  del  registro  ordinanze  1995  e
 pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 46, prima
 serie speciale, dell'anno 1995.
   Udito nella camera di consiglio  del  15  maggio  1996  il  giudice
 relatore Renato Granata.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Con due ordinanze di identico contenuto, in data 20 dicembre
 1994, emesse in altrettanti giudizi promossi dalla madre di un minore
 per ottenere dal padre  naturale  l'aumento  del  contributo  per  il
 mantenimento  del  medesimo,  l'adito  Tribunale di Roma ha sollevato
 d'ufficio questione incidentale di legittimita' costituzionale -  per
 contrasto con l'art.  30, comma terzo, della Costituzione - dell'art.
 70  del codice di procedura civile nella parte in cui detta norma non
 prevede,  anche  in  tali  giudizi,  l'intervento  obbligatorio   del
 pubblico ministero.
   Premessa   la   rilevanza   della   questione   (che,  se  accolta,
 comporterebbe  nel  giudizio  a  quo  la  necessita'   della   previa
 trasmissione degli atti al pubblico ministero per il suo intervento a
 norma  dell'art.    71 del codice di procedura civile, in luogo della
 immediata spedizione della causa a sentenza),  il  tribunale  ha  poi
 sottolineato - in punto di non manifesta infondatezza della questione
 cosi'  prospettata  -  che  l'intervento  obbligatorio  del  pubblico
 ministero e', allo  stato,  prescritto  nelle  cause  di  separazione
 personale  tra coniugi (art.  70, primo comma, numero 2 del codice di
 procedura civile), in quelle di scioglimento o  di  cessazione  degli
 effetti  civili  del  matrimonio(art.   5, primo comma, della legge 1
 dicembre 1970, n. 898), nonche' nei procedimenti di  revisione  delle
 relative  pronunce,  ove si tratti di modificazioni dei provvedimenti
 riguardanti la prole (art. 710 del codice  di  procedura  civile  nel
 testo   risultante  dalla  sentenza  n.  416  del  1992  della  Corte
 costituzionale e art. 9, primo comma, della legge 1 dicembre 1970, n.
 898).
   Ha rilevato ancora come, gia' nella sentenza n. 185  del  1986,  la
 Corte  abbia  individuato  la ragione del riferito intervento proprio
 nell'"esigenza di assicurare una  particolare  tutela  nell'interesse
 morale e materiale dei minorenni". Per cui la mancanza di una analoga
 salvaguardia  per  i  figli  nati  fuori  del matrimonio, nelle cause
 vertenti tra genitori naturali e relative alla misura del  contributo
 di  mantenimento,  in  cui  pur  v'e'  un uguale interesse del figlio
 minore, darebbe appunto luogo  ad  una  irragionevole  disparita'  di
 trattamento  in  danno  dei  figli  naturali,  in  contrasto  con  il
 principio enunciato dall'art.  30, terzo comma, della Costituzione.
   2. - In nessuno dei menzionati giudizi vi e' stata costituzione  di
 parti,  ne'  ha  spiegato  intervento il Presidente del Consiglio dei
 ministri.
                        Considerato in diritto
   1. - I due giudizi vanno previamente riuniti per l'identita'  della
 questione che ne forma oggetto.
   2.  -  Con  detta questione - sollevata in altrettante controversie
 fra genitori naturali relative alla misura del rispettivo obbligo  di
 mantenimento   nei   confronti  del  figlio  -  il  Tribunale  a  quo
 sostanzialmente  rivendica  ai  figli  naturali  la   stessa   tutela
 accordata  dall'ordinamento  ai  figli  legittimi. E - sulla premessa
 interpretativa che nelle cause, di  analogo  contenuto,  tra  coniugi
 divorziati  o  separati, l'interesse dei figli legittimi sia tutelato
 dall'intervento del pubblico  ministero  ai  sensi,  rispettivamente,
 dell'art. 9 della legge n. 898 del 1970, come sostituito dall'art. 13
 della  legge n. 74 del 1987, e dell'art.  710 del codice di procedura
 civile, nel testo  risultante  dalla  sentenza  n.  416  del  1992  -
 denuncia  l'art. 70 del codice di procedura civile, che elenca i casi
 di intervento obbligatorio del pubblico ministero, nella parte in cui
 detta  norma  non  prescrive  un  siffatto  intervento  anche   nelle
 controversie    relative    alla   determinazione   dell'assegno   di
 mantenimento in favore dei figli naturali, per contrasto  con  l'art.
 30 della Costituzione.
   3.  -  Preliminarmente, rileva la Corte che l'esegesi del Tribunale
 rimettente in  ordine  al  contenuto  delle  disposizioni  assunte  a
 tertium comparationis appare non in linea con alcune recenti sentenze
 della  Corte  di cassazione che sembrerebbero piuttosto orientate nel
 senso di escludere che l'intervento del pubblico ministero, quale ivi
 prescritto,  sia  riferibile   anche   alle   statuizioni   puramente
 economiche  (sia pur) relative ai figli (cfr. Cass. 4273/1991, 7774 e
 9157/1993).
   Peraltro - poiche', per la non univocita' di  dette  pronunzie,  un
 "diritto  vivente" sul punto non puo' dirsi ancora formato, ne' in un
 senso ne' nell'altro - la Corte non ravvisa motivi  per  discostarsi,
 in  punto  di  rilevanza dalla interpretazione, non implausibile, del
 Tribunale a quo. La cui impugnativa supera  quindi  il  controllo  di
 ammissibilita'.
   4.  -  Nel merito, pertanto, la questione si risolve, propriamente,
 nello stabilire se nelle  controversie  tra  genitori  naturali,  per
 l'adozione  dei  "provvedimenti relativi ai figli", debba intervenire
 il pubblico ministero, similmente  a  quanto  prescritto  dai  citati
 artt.  9  della  legge  n. 878 del 1970 e 710 del codice di procedura
 civile per gli analoghi provvedimenti concernenti i  figli  legittimi
 di  genitori divorziati o separati: restando viceversa impregiudicato
 il problema ermeneutico - che, una volta  superato  il  vaglio  della
 rilevanza,  riguarda  non  piu' la Corte ma il giudice a quo - se tra
 tali provvedimenti, "relativi ai figli",  rientrino,  o  meno,  anche
 quelli   concernenti   (unicamente)   l'an  e  il  quantum  del  loro
 mantenimento.
   4.1. - In questi termini, la questione e' fondata.
   Infatti,  il  parametro  costituzionale  (art.  30,  comma  terzo),
 correttamente  invocato,  effettivamente  postula  che  ai figli nati
 fuori dal matrimonio sia assicurata tutela eguale a quella attribuita
 ai figli legittimi, compatibilmente con i diritti  dei  membri  della
 famiglia legittima (cfr. sentenza n.55 del 1979).
   Ora,  appunto, l'intervento del pubblico ministero, nei giudizi tra
 coniugi (separati o divorziati) che comportino provvedimenti relativi
 ai figli, innegabilmente risponde - come del resto gia' ritenuto  con
 sentenza  n.  416  del  1992  - ad una particolare esigenza di tutela
 degli interessi di questi ultimi. Identica tutela va quindi garantita
 ai figli naturali, non ricorrendo, nella specie,  ragione  alcuna  di
 incompatibilita', ostativa ad una siffatta equiparazione.
   4.2.  -  Va  pertanto  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  70 del codice di procedura civile nella parte in  cui  non
 prescrive   l'intervento  del  pubblico  ministero  nei  giudizi  tra
 genitori  naturali  che  comportino  l'adozione   di   "provvedimenti
 relativi  ai figli", nei sensi di cui agli artt. 9 della legge n. 898
 del 1970 e 710 del codice di procedura civile (nel  testo  risultante
 dalla sentenza n. 416 del 1992).