ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale   dell'art.   2   del
 decreto-legge 21 giugno 1995, n. 238 (Interventi urgenti nel processo
 civile  e  sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990,
 n. 353, relativa al medesimo processo), dell'art. 15, secondo  comma,
 legge  23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e
 ordinamento  della  Presidenza  del  Consiglio  dei   ministri),   in
 relazione all'art.  2 del decreto-legge n. 238 del 1995, promosso con
 ordinanza  emessa  il  20  luglio 1995 dal Pretore di Padova, sezione
 distaccata  di  Monselice  sul  ricorso  proposto  da  Cementeria  di
 Monselice  S.p.a.  contro  Strumet  S.p.a.,  iscritta  al  n. 753 del
 registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1995.
   Visto  l'atto  di costituzione della Cementeria di Monselice S.p.a.
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri.
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  29 maggio 1996 il giudice
 relatore Enzo Cheli.
   Ritenuto che nel corso del procedimento instaurato  a  seguito  del
 ricorso  della  Cementeria  di Monselice S.p.a., avente ad oggetto la
 richiesta di emissione di un decreto ingiuntivo per la somma di lire.
 21.391.002, il Pretore di Padova, sezione  distaccata  di  Monselice,
 con  ordinanza  del 20 luglio 1995, ha sollevato, in riferimento agli
 artt. 77 e  97  della  Costituzione,  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2 del decreto-legge 21 giugno 1995, n. 238
 (Interventi  urgenti  nel  processo   civile   e   sulla   disciplina
 transitoria  della  legge  26  novembre  1990,  n.  353,  relativa al
 medesimo processo) e, in riferimento agli artt. 72, quarto comma,  76
 e  77 della Costituzione, dell'art. 15, secondo comma, della legge 23
 agosto  1988,  n.  400  (Disciplina  dell'attivita'  di   Governo   e
 ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri);
     che  il  giudice rimettente osserva che a seguito dell'entrata in
 vigore dell'art. 2 del decreto-legge n. 238 del  1995  la  competenza
 del  pretore  e' stata piu' che decuplicata, nel breve lasso di tempo
 di meno di due mesi, passando da 1-5 milioni a 5-50 milioni di  lire,
 e  che  a  tale evenienza si sommano gli effetti della "restituzione"
 alla competenza pretorile delle cause di opposizione alle ingiunzioni
 di cui alla legge 24 novembre 1981, n.  689,  nonche'  di  quelle  di
 opposizione  alle  sanzioni  amministrative  irrogate  ex art. 75 del
 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309;
     che - secondo quanto si espone  nell'ordinanza  -  le  richiamate
 modifiche  della competenza causano un eccezionale aumento del carico
 di lavoro per gli uffici di pretura, che - sommato agli effetti delle
 carenze di organico - sarebbe in grado di  "travolgere  il  complesso
 della   giurisdizione  civile",  in  violazione  dell'art.  97  della
 Costituzione;
     che, inoltre, il giudice a  quo  rileva  che  l'incremento  della
 competenza  pretorile  e'  stato  perseguito  con  lo  strumento  del
 decreto-legge, per il quale sarebbero mancati, nel caso in  esame,  i
 requisiti  di  necessita' e urgenza, sia perche' il decreto impugnato
 non contiene nel preambolo l'indicazione di  tali  requisiti  che  ne
 avrebbero giustificato l'adozione, sia perche' il contenuto dell'art.
 2  in questione non risulterebbe necessitato dall'esigenza di colmare
 eventuali vuoti normativi in tema di  ripartizione  delle  competenze
 tra giudice di pace, pretura e tribunale;
     che  il  giudice  rimettente prospetta altresi' l'eventualita' di
 una  reiterazione  dello  stesso   decreto-legge   per   la   mancata
 conversione nel termine sanzionato dall'art. 77 della Costituzione, e
 afferma   che,  anche  in  questa  ipotesi,  i  rilievi  esposti  non
 perderebbero  la  loro  validita',  dal  momento  che   mediante   la
 reiterazione   del   decreto   impugnato   il  Governo  perpetuerebbe
 l'efficacia di questo atto per un periodo di gran lunga  superiore  a
 quello  previsto  dallo  stesso art. 77, attribuendosi la facolta' di
 legiferare nella materia del processo civile in violazione dei limiti
 indicati dal citato parametro costituzionale;
     che,  in  relazione  all'eventualita'  di  una  reiterazione,  il
 giudice a quo impugna anche l' art. 15, secondo comma, della legge n.
 400  del  1988, osservando che tale disposizione, pur disciplinando i
 limiti alla decretazione d'urgenza, nulla prevede in riferimento alla
 reiterazione dei decreti-legge, cosi' violando, nella  parte  in  cui
 non   fa   divieto  al  Governo  di  reiterare  i  decreti-legge  non
 convertiti, gli artt.  72, quarto comma, 76 e 77 della Costituzione;
     che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata  inammissibile  o
 infondata,  e che si e' costituita la Cementeria di Monselice S.p.a.,
 chiedendo che la medesima questione sia  dichiarata  inammissibile  o
 infondata.
   Considerato  che  questa  Corte, con la sentenza n. 84 del 1996, ha
 gia' dichiarato infondata, in relazione agli  artt.  77  e  97  della
 Costituzione,  una  identica questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 2 del decreto-legge 21 giugno 1995, n. 238,  questione  che
 la  stessa  sentenza  ha  trasferito  dal  decreto-legge  richiamato,
 decaduto per mancata  conversione,  alla  disposizione  di  sanatoria
 contenuta  nell'art.  1, secondo comma, della legge 20 dicembre 1995,
 n. 534,  dove  si  e'  confermata  la  validita'  degli  atti  e  dei
 provvedimenti  adottati e si sono fatti salvi gli effetti prodotti ed
 i rapporti giuridici sorti sulla base  dei  decreti-legge  21  aprile
 1995, n. 121, 21 giugno 1995, n. 238, e 9 agosto 1995, n. 347;
     che  la  questione,  cosi'  come trasferita in quella concernente
 l'art. 1, secondo comma, della legge n. 534 del 1995,  va  dichiarata
 manifestamente  infondata, dal momento che non sono stati prospettati
 nell'ordinanza di rimessione del presente  giudizio  profili  diversi
 rispetto a quelli gia' esaminati nella richiamata sentenza;
     che  la  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 15,
 secondo comma, della legge n. 400 del 1988, nella parte in  cui  tale
 disposizione   non   prevede   un   divieto  di  reiterazione  per  i
 decreti-legge   non   convertiti,   va   dichiarata    manifestamente
 inammissibile,  in  quanto prospettata in via meramente ipotetica, in
 relazione ad una reiterazione non ancora avvenuta  al  momento  della
 proposizione della stessa questione.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.