LA CORTE DI APPELLO
   Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento di ricusazione del
 giudice   per   l'udienza  preliminare,  ufficio  quinto,  presso  il
 tribunale di Napoli, dott. Luigi Esposito, per  incompatibilita',  ai
 sensi  dell'art.  34,  secondo  comma,  c.p.p.  a partecipare a detta
 udienza, avendo in  precedenza  emesso  ordinanza  applicativa  della
 misura cautelare della custodia in carcere.
                            Fatto e diritto
   Esposito  Margherita  e  Cioffi  Eduardo, a seguito di richiesta di
 rinvio a giudizio avanzata nei loro  confronti  dal  p.m.  presso  il
 tribunale   di  Napoli  e  di  fissazione  dell'udienza  preliminare,
 depositavano in data 25 gennaio 1996 dichiarazione di ricusazione del
 g.u.p. dott.  Luigi Esposito, motivata dal  fatto  che  questi  aveva
 emesso   a   loro   carico,   nello  stesso  procedimento,  ordinanza
 applicativa  della  misura  cautelare  della  custodia  in   carcere:
 eccepivano  l'incompatibilita'  del giudice a partecipare all'udienza
 preliminare,  ai  sensi  dell'art.    34,  comma   secondo,   c.p.p.,
 trattandosi  di ipotesi analoga a quella decisa con la sentenza della
 Corte costituzionale n. 432 del  6-15  settembre  1995,  dichiarativa
 della  incompatibilita' a partecipare al dibattimento del giudice per
 le indagini  preliminariche  abbia  applicato  una  misura  cautelare
 personale  e, gravatamente, l'illegittimita' costituzionale dell'art.
 34, comma secondo c.p.p., nella parte in  cui  non  prevede  che  non
 possa  partecipare all'udienza preliminare il giudice per le indagini
 preliminari che abbia adottato la misura della custodia cautelare nei
 confronti dell'imputato.
   Procedutosi con le forme di  cui  all'art.  127  c.p.p.,  all'esito
 dell'odierna udienza in camera di consiglio osserva la Corte:
     1)  l'istanza  e'  ammissibile  in  quanto  proposta  da Esposito
 Margherita e Cioffi Eduardo nei termini e con le forme  dell'art.  38
 c.p.p., nell'ambito del procedimento penale pervenute a carico loro e
 di altri presso l'ufficio quinto del g.i.p. (n. 8579/1994);
     2)  non  sussiste  la ragione di incompatibilita' sollevata dagli
 imputati,   atteso   il   carattere   tassativo   delle   cause    di
 incompatibilita'  previste  dall'art.  34  c.p.p., che rende la norma
 stessa insuscettibile di interpretazione estensiva  ed  analogica,  e
 non  potendo  la  stessa  farsi discendere dalla sentenza della Corte
 costituzionale  n.  432/1995,  per  l'assenza  di  disposizioni   che
 consentano di estendere la dichiarata costituzionalita' dell'art. 34,
 secondo comma c.p.p. a fattispecie diversa da quella esaminata;
     3) va invece ritenuta, conformemente all'orientamento espresso da
 altre  Sezioni di questa Corte, la rilevanza ai fini del procedimento
 di ricusazione  in  corso  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma secondo,
 c.p.p.,    come   sollevata   dagli   imputati,   per   le   seguenti
 considerazioni:
      a)  la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 432/1995,
 ha affermato il principio che il giudice per le indagini preliminari,
 nel disporre una misura cautelare di qualsiasi  tipo,  deve  compiere
 valutazioni  comportanti  la  formulazione di un giudizio non di mera
 legittimita', ma di merito - sia pure prognostico ed allo stato degli
 atti - sulla colpevolezza dell'indagato: una valutazione  nel  merito
 della res iudicanda.
   A  tale  conclusione  la  Corte costituzione e' pervenuta anche per
 l'intervenuto mutamento del quadro normativo a seguito della legge  8
 agosto  1995, n. 332 che impone al giudice, per l'applicazione di una
 misura cautelare personale, un  piu'  pregnante  apprezzamento  degli
 elementi a carico ed a favore dell'indagato, emersi dall'attivita' di
 indagine  del  p.m.,  e l'obbligo di dar conto dei motivi per i quali
 ritiene che assumano rilevanza, pena la  nullita'  del  provvedimento
 applicativo;
      b)  nell'udienza  preliminare  l'accertamento  che il giudice e'
 tenuto a compiere, pur essendo di ordine processuale per la finalita'
 di introduzione o meno del giudizio,  non  puo'  prescindere  da  una
 valutazione  di  merito  di  tutti gli elementi probatori: la legge 8
 aprile  1993,  n.  105,  abrogatrice  del  criterio   dell'"evidenza"
 richiesto  dall'art.  425  c.p.p.,  ha ampliato i poteri decisori del
 g.u.p.,  tenuto  ora  a  valutare   la   ricorrenza   di   cause   di
 proscioglimento  non  piu'  con  esclusivo  riferimento  al parametro
 dell'evidente infondatezza dell'accusa, bensi' utilizzando piu' ampie
 regole di giudizio attraverso il controllo di merito  degli  elementi
 probatori.  Detti  poteri  valutativi, in quanto non piu' limitati al
 mero controllo di legittimita' e correttezza delle  fonti  di  prova,
 possono   essere  assimilati  a  quelli  attribuiti  al  giudice  del
 dibattimento, allorche' rimanga immutato  il  quadro  probatorio;  la
 diversita' di apprezzamento di quest'ultimo, nel caso di acquisizione
 di  ulteriori  prove,  e' del resto solo di ordine quantitativo e non
 qualitativo;
      c) consegue che il g.i.p. il quale abbia  applicato  una  misura
 cautelare   personale,   cosi'   compiendo   una   prima  valutazione
 contenutistica  dei  risultati  delle  indagini,  ha   adottato   una
 pronuncia  suscettibile  di  influenzare  lo  svolgimento  della  sua
 successiva attivita' di g.u.p.  e, in particolare, di condizionare la
 valutazione circa la sussistenza delle  condizioni  per  assoggettare
 l'imputato  al giudizio di merito, che andra' ad affermare in sede di
 emissione del provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare;
      d) cio' posto, appare in contrasto con gli artt. 3, 24, 25 della
 Costituzione l'art. 34, comma secondo c.p.p. nella parte in  cui  non
 prevede detto caso d'incompatibilita'.
   La  diversita'  di  trattamento  e'  ravvisabile  nei  confronti di
 coimputato  dello  stesso  reato  nel  medesimo   procedimento,   non
 raggiunto  da  misure  cautelari  personali,  rispetto  al  quale  la
 decisione del g.u.p. sara' frutto  di  un  approccio  valutativo  non
 pregiudicato.
   La  lesione  del  diritto  di difesa e' conseguenza inevitabile del
 possibile condizionamento che  puo'  inquinare  il  convincimento  di
 detto  giudice  per la ridotta valenza che assumono le argomentazioni
 difensive di fronte alla naturale tendenza a  mantenere  un  giudizio
 gia' espresso.
   L'identita' soggettiva tra il g.i.p. che ha disposto l'applicazione
 di  una  misura  cautelare  personale,  esprimendosi  in  termini  di
 valutazione di alta probabilita' di  fondamento  dell'accusa,  ed  il
 g.u.p.  chiamato  a  decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio e'
 idoneo a determinare (o far paventare) un pregiudizio atto  a  minare
 la garanzia costituzionale di imparzialita' del giudice, riflessa nel
 presidio della precostituzione del giudice naturale.