ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  34,  comma
 secondo, del codice  di  procedura  penale,  promossi  con  ordinanze
 emesse  il  1  dicembre 1995 dal pretore di Prato, il 2 dicembre 1995
 dal pretore di Ascoli Piceno ed il 20 gennaio  1996  dal  pretore  di
 Saluzzo,  rispettivamente iscritte ai nn. 156, 271 e 344 del registro
 ordinanze del  1996  e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica nn. 9, 13 e 17, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  26  giugno  1996  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
   Ritenuto  che il pretore di Prato, dopo avere convalidato l'arresto
 e  disposto  la  misura  cautelare  degli  arresti  domiciliari   nei
 confronti  degli  imputati  condotti  a  giudizio  direttissimo,  con
 ordinanza emessa il 1 dicembre 1995 (reg. ord. n. 156  del  1996)  ha
 sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3, primo comma, 24, secondo
 comma,  e  101,  secondo  comma,  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.    34, comma 2, del codice di
 procedura penale, nella parte  in  cui  non  prevede  che  non  possa
 partecipare  al  giudizio  direttissimo il giudice che, all'esito del
 giudizio di convalida o comunque  prima  della  fase  dibattimentale,
 abbia   applicato   una  misura  cautelare  personale  nei  confronti
 dell'imputato;
     che il pretore di  Prato  richiama  i  principi  enunciati  dalla
 giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 432 del 1995), secondo cui
 la  valutazione  dei  gravi  indizi  di  colpevolezza, necessaria per
 applicare misure  cautelari  restrittive  della  liberta'  personale,
 costituirebbe  una  anticipazione  del  giudizio  idonea  ad incidere
 sull'imparzialita' del giudice;
     che il pretore di Ascoli Piceno, dopo aver convalidato  l'arresto
 dell'imputato, con ordinanza emessa il 2 dicembre 1995 (reg. ord.  n.
 271 del 1996) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 101
 della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art. 34, comma secondo, del cod. proc. pen., nella parte in  cui
 non  prevede  l'incompatibilita'  a  partecipare alla successiva fase
 dibattimentale del giudice che ha convalidato l'arresto dell'imputato
 prima di procedere a giudizio direttissimo;
     che, ad avviso del giudice rimettente, la mancata  previsione  di
 questa  causa di incompatibilita' contrasterebbe con il principio del
 giusto processo e  con  le  garanzie  di  indipendenza  del  giudice,
 giacche'  con la pronuncia sulla legittimita' dell'arresto si avrebbe
 un approfondito giudizio  di  colpevolezza  dell'indagato,  che  puo'
 compromettere  la genuinita' e correttezza del processo formativo del
 libero convincimento del giudice;
     che anche il pretore di  Saluzzo,  con  ordinanza  emessa  il  20
 gennaio   1996  (reg.  ord.  n.  344  del  1996),  ha  sollevato,  in
 riferimento agli artt. 3, primo comma, e  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34,
 comma 2, del cod. proc.  pen., nella parte in cui non prevede che non
 possa celebrare il giudizio direttissimo il pretore che all'esito del
 giudizio  di  convalida  dell'arresto  abbia  adottato   una   misura
 cautelare nei confronti dell'imputato;
     che nell'ordinanza di rimessione specifico sviluppo argomentativo
 e'  dato al profilo della pratica identita' tra la situazione dedotta
 e quella oggetto della sentenza n. 432 del 1995;
     che in tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
 Stato, chiedendo che le  questioni  siano  dichiarate  manifestamente
 infondate;
   Considerato   che   le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
 riguardano la stessa disposizione e sono poste da tutte le  ordinanze
 di  rimessione  in  termini  e  con  argomenti identici o analoghi; i
 relativi giudizi possono pertanto essere riuniti  per  essere  decisi
 con la medesima pronuncia;
     che  con la sentenza n. 177 del 1996 e' stata gia' dichiarata non
 fondata, in riferimento agli artt. 24 e 101  della  Costituzione,  la
 questione   di  legittimita'  costituzionale  dell'omessa  previsione
 dell'incompatibilita' per il giudizio  di  merito  del  pretore  che,
 investito  del  giudizio  direttissimo, abbia convalidato l'arresto e
 disposto una misura cautelare nei confronti dell'imputato;
     che nel giudizio direttissimo  dinanzi  al  pretore,  configurato
 dall'art. 566 del cod. proc. pen., il giudice, al quale e' presentato
 l'imputato  per  il  giudizio, si pronuncia pregiudizialmente, con la
 convalida  dell'arresto,  sull'esistenza  dei  presupposti  che   gli
 consentono  di  procedere immediatamente al giudizio ed e' competente
 ad  adottare  incidentalmente  misure   cautelari,   attratte   nella
 competenza per la cognizione del merito;
     che  la  convalida  dell'arresto,  pur implicando una valutazione
 sulla  riferibilita'  del  reato  all'imputato,   non   comporta   la
 formulazione di un giudizio di merito, neppure prognostico, sulla sua
 colpevolezza,  essendo  volta  a  verificare  la  legittimita' o meno
 dell'arresto (e pertanto se questo e' avvenuto nei casi o  fuori  dei
 casi  in  cui  e'  permesso,  nonche'  se sussiste o meno lo stato di
 flagranza);
     che  non  puo'  essere,  dunque,  configurata   una   menomazione
 dell'imparzialita'  del  giudice  che adotta decisioni preordinate al
 proprio giudizio o incidentali rispetto ad esso, ne'  una  violazione
 del  principio  di  eguaglianza,  essendo  tale situazione diversa da
 quella, presa in considerazione dalla sentenza di questa Corte n. 432
 del 1995, del giudice  del  dibattimento  che  in  precedenza,  quale
 giudice  per  le  indagini  preliminari,  abbia  adottato  una misura
 restrittiva della liberta' personale;
     che  le  questioni   vanno   quindi   dichiarate   manifestamente
 infondate;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.