ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  275,  secondo
 comma-bis,  del  codice  di  procedura penale, promosso con ordinanza
 emessa il 2 settembre 1995 dal giudice per  le  indagini  preliminari
 presso  il  Tribunale  di Catania nel procedimento penale a carico di
 Muratore Giuseppe, iscritta al n. 239 del registro ordinanze  1996  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 12, prima
 serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  26 giugno 1996 il giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
   Ritenuto che il giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il
 Tribunale   di   Catania   ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 275, comma 2-bis, del  codice  di  procedura
 penale,  inserito  dall'art.  4  della  legge  8  agosto 1995, n. 332
 (Modifiche al codice di procedura penale in tema  di  semplificazione
 dei  procedimenti, di misure cautelari e di diritto di difesa), nella
 parte in cui e' stabilito il divieto  di  applicazione  della  misura
 della  custodia  cautelare  se il giudice ritiene che con la sentenza
 possa  essere  concessa  la  sospensione  condizionale  della   pena,
 deducendo a tal proposito la violazione:
     1)  dell'art. 27, secondo comma, della Costituzione, in quanto la
 disciplina  censurata  finisce  per  fondarsi  esclusivamente   sulla
 previsione  della futura condanna prescindendo totalmente dai criteri
 enunciati dall'art. 274 cod. proc. pen.;
     2) degli artt. 101, secondo  comma,  e  25,  primo  comma,  della
 Costituzione,  in quanto la norma postula una valutazione in concreto
 circa  la  concedibilita'  del  beneficio  che  si  risolve  in   una
 anticipazione  del  giudizio  di merito, sia per cio' che concerne la
 sussistenza dei presupposti per la condanna, sia di  quelli  previsti
 dagli  artt.  163 e 164 cod.  pen; una previsione, dunque, osserva il
 rimettente, che introduce elementi di irrazionalita' e risulta idonea
 ad innescare un meccanismo "tale da sottoporre il giudice al  rischio
 di  essere ricusato da una delle parti del processo", con conseguente
 sistematico  pregiudizio   del   principio   del   giudice   naturale
 precostituito per legge;
     3)  dell'art.  3  della  Costituzione, in quanto dalla scelta del
 giudice possono scaturire  effetti  discriminatori,  "soprattutto  in
 relazione alle strategie processuali";
     che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
   Considerato   che,   come  correttamente  posto  in  risalto  dalla
 Avvocatura  dello  Stato,  la  previsione  oggetto   di   impugnativa
 rappresenta  il  naturale  sviluppo del principio di proporzionalita'
 sancito dal secondo comma dello stesso  art.  275  cod.  proc.  pen.,
 giacche',  alla indefettibile correlazione che deve stabilirsi tra il
 differenziato  livello  di  compressione  della  liberta'  personale,
 tipico  di ciascuna misura, e l'entita' della sanzione che si ritiene
 possa essere irrogata, coerentemente si sovrappone l'inapplicabilita'
 delle piu' gravi misure custodiali nell'ipotesi  in  cui  il  giudice
 ritenga  che  l'irroganda  pena  possa  non  essere  eseguita  per la
 sussistenza  dei  presupposti  che  legittimano  la  concessione  del
 beneficio della sospensione condizionale;
     che,  di  conseguenza, nessuna violazione subisce il principio di
 presunzione di  non  colpevolezza,  svolgendosi  l'apprezzamento  del
 giudice  nel  quadro  di una valutazione prognostica sul merito della
 accusa che e' coessenziale  all'insorgenza  stessa  del  procedimento
 cautelare,  come  d'altra parte stanno a testimoniare le pronunce che
 questa Corte ha avuto modo di adottare in punto  di  incompatibilita'
 (v., da ultimo, la sentenza n. 155 del 1996);
     che  del  tutto  improprio  si rivela il richiamo agli artt. 101,
 secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione,  posto  che  il
 lumeggiato  "rischio" per il giudice "di essere ricusato da una delle
 parti" non presenta alcun tipo di interferenza con i parametri che il
 rimettente  assume  esser  stati  violati  dalla  norma  oggetto   di
 impugnativa;
     che  del  pari  destituita di qualsiasi fondamento e' la supposta
 violazione del principio di uguaglianza, giacche' i riflessi che  una
 disposizione   puo'  generare  sul  piano  delle  singole  "strategie
 processuali" fuoriescono  all'evidenza  dall'ambito  all'interno  del
 quale deve essere condotto lo scrutinio di costituzionalita';
     e   che,   pertanto,   la   questione   deve   essere  dichiarata
 manifestamente infondata;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.