ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 33 del d.P.R.
 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti  lo
 statuto  degli  impiegati  civili  dello  Stato),  promossi  con n. 2
 ordinanze emesse il 4 aprile 1995 e il 15 dicembre 1994 dal Tribunale
 amministrativo regionale per la Puglia, sezione distaccata di  Lecce,
 sui  ricorsi  proposti da Sardelli Raffaele contro la U. S.L. BR/2 di
 Ostuni e da Rizzo Angelo contro la U. S.L. BR/4 di Brindisi, iscritte
 ai nn. 719 e 720 del  registro  ordinanze  1995  e  pubblicate  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  44, prima serie speciale,
 dell'anno 1995;
   Visto l'atto di costituzione di Sardelli Raffaele nonche' gli  atti
 di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica del 9 luglio 1996 il giudice relatore
 Luigi Mengoni;
   Uditi  l'avv.to  Giuseppe  del  Vecchio  per  Sardelli  Raffaele  e
 l'avvocato  dello  Stato  Michele  Di  Pace  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri;
   Ritenuto che,  nel  corso  di  un  giudizio  promosso  da  Raffaele
 Sardelli,  aiuto  ospedaliero,  contro  la  USL  BR/2  di  Ostuni per
 ottenere la  differenza  di  trattamento  economico  spettantegli  in
 ragione  delle  mansioni  superiori  di primario svolte dal 12 maggio
 1985 al 1 luglio 1985 in sostituzione del primario assente  e  dal  2
 luglio  1985  fino  al  9 luglio 1991 in posto vacante, il TAR per la
 Puglia, sezione II di Lecce, con ordinanza  del  4  aprile  1995,  ha
 sollevato,   in   riferimento   all'art.   36   Cost.,  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 33 del d.P.R.  10 gennaio 1957,
 n. 3, nella parte in cui vieta di  corrispondere  al  dipendente  che
 svolge mansioni superiori il trattamento corrispondente alle funzioni
 svolte;
     che,  ad  avviso  del  giudice rimettente, l'applicabilita' della
 disciplina regolamentare prevista dagli artt. 55 e 121 del d.P.R.  28
 novembre  1990,  n.  384,  sarebbe  impedita  dalla  norma  di  legge
 denunciata (richiamata per il personale delle unita' sanitarie locali
 dall'art.  83 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761), la quale sancisce
 un  principio  generale di commisurazione del trattamento retributivo
 dell'impiegato alla  qualifica  funzionale,  anziche'  alle  mansioni
 svolte  di  fatto  come esige l'art. 36 Cost., donde la necessita' di
 rimuovere tale  ostacolo  con  una  dichiarazione  di  illegittimita'
 costituzionale;
     che   nel  giudizio  davanti  alla  Corte  costituzionale  si  e'
 costituito  il  ricorrente  chiedendo  una  sentenza   di   manifesta
 infondatezza,  alla  stregua  sia della lettera della legge impugnata
 sia dei princi'pi dell'ordinamento in materia di  retribuzione  e  di
 indebito arricchimento;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
 sia dichiarata inammissibile o infondata;
     che analoga questione di legittimita' dell'art. 33 del d.P.R.  n.
 3 del 1957, in riferimento al medesimo parametro  costituzionale,  e'
 stata  sollevata,  con  ordinanza  del  15 dicembre 1994, pervenuta a
 questa Corte il 27 settembre 1995, dal TAR per la Puglia,  sezione  I
 di  Lecce,  nel  corso  di  un  giudizio  promosso  da  Angelo Rizzo,
 coadiutore  amministrativo,  contro  la  USL  BR/4  di  Brindisi  per
 ottenere  la  differenza  di trattamento economico da lui pretesa per
 avere svolto, dal 1 settembre 1985, mansioni superiori corrispondenti
 alla qualifica di assistente amministrativo, per la quale,  peraltro,
 non  vi  era  vacanza o disponibilita' di posti nella pianta organica
 dell'ente;
     che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale e' intervenuto
 il   Presidente   del   Consiglio   dei    Ministri,    rappresentato
 dall'Avvocatura  dello Stato, con conclusioni uguali a quelle dedotte
 nel giudizio precedente;
   Considerato che i due  giudizi,  avendo  per  oggetto  la  medesima
 questione, possono essere riuniti e decisi con unico provvedimento;
     che  gli  stessi  giudici  rimettenti precisano che la disciplina
 dell'art. 33 del d.P.R. n. 3 del 1957 si riferisce  "alla  situazione
 fisiologica  degli uffici", cioe' alla situazione normale nella quale
 le mansioni svolte dall'impiegato coincidono  con  la  sua  qualifica
 funzionale,   sicche'   tale  norma  non  pregiudica  il  trattamento
 economico  del  dipendente  nei  casi  eccezionali  di  adibizione  a
 mansioni superiori;
     che  per  il  personale delle unita' sanitarie locali questi casi
 erano disciplinati, all'epoca di svolgimento  delle mansioni  di  cui
 si  controverte,  dall'art.  29  del  d.P.R.  n. 761 del 1979, le cui
 disposizioni in parte qua sono  state correttamente interpretate  dai
 citati  artt.    55 e 121 del regolamento approvato con d.P.R. n. 384
 del 1990, in conformita' delle sentenze di questa Corte  nn.  57  del
 1989  e  296 del 1990, per cui non sussiste alcun contrasto con fonti
 primarie che autorizzi il giudice a disapplicare  dette  disposizioni
 (ora  sostanzialmente  confermate  dall'art. 57 del d.lgs. 3 febbraio
 1993, n. 29, modificato dall'art. 25 del d.lgs. 23 dicembre 1993,  n.
 546: cfr. sentenza n.  101 del 1995);
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.