ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 11, quinto e nono comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonche' per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), promosso con ordinanza emessa il 1 dicembre 1995 dalla Commissione tributaria di primo grado di Roma sul ricorso proposto da Elena Verrone contro la Direzione regionale delle entrate per il Lazio, iscritta al n. 410 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1996; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 10 luglio 1996 il giudice relatore Massimo Vari; Ritenuto che, con ordinanza emessa il 1 dicembre 1995 (r.o. n. 410 del 1996) nel giudizio su ricorso proposto da Elena Verrone contro il silenzio-rifiuto dell'amministrazione finanziaria relativo all'istanza di rimborso delle somme versate ai sensi dell'art. 11, quinto comma e seguenti, della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonche' per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), la Commissione tributaria di primo grado di Roma ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, in riferimento agli artt. 3, 53 e 42 della Costituzione; che, ad avviso del giudice rimettente, detta disposizione, nel prevedere l'estensione della disciplina delle plusvalenze, di cui all'art. 81 del d.P.R. n. 917 del 1986, alle somme percepite, da parte di soggetti che non esercitano imprese commerciali, a titolo di indennita' di esproprio o a seguito di cessioni volontarie nel corso di procedimenti espropriativi nonche' alle somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni di urgenza, anche in riferimento a somme percepite successivamente al 31 dicembre 1988 e sino all'entrata in vigore della legge n. 413 del 1991, quando l'incremento di valore non sia stato assoggettato ad INVIM, violerebbe: l'art. 3 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza, in quanto, incidendo sul realizzo di plusvalenze in corrispondenza di atti traslativi necessitati, equiparerebbe "l'espropriazione alla speculazione che attiene all'autonomia privata", "colpendo sia i pagamenti conseguenti all'esercizio del proprio potere di supremazia da parte delle pubbliche autorita' che i guadagni connessi all'incremento di valore che l'immobile, oggetto di libera contrattazione, ha acquistato in ragione del decorso del tempo unito ad altri elementi (miglioramenti in genere)"; l'art. 53 della Costituzione, sia perche' l'imposizione riguarderebbe "somme che non rappresentano 'ricchezza nuova', cioe' redditi o guadagni, ma un mero ristoro della soggezione a procedimenti ablatori", sia perche', riferendosi anche ad "eventi pregressi che hanno esaurito nel tempo i loro effetti economici o patrimoniali", si opererebbe "una dissociazione temporale tra imposizione e presupposto"; l'art. 42 della Costituzione, "nella parte in cui dispone la tassazione anche nell'ipotesi di cessioni volontarie nel corso di procedimenti espropriativi anteriori all'entrata in vigore della legge", poiche' "l'espropriando, al momento della determinazione consensuale dell'indennizzo, non poteva supporre l'ulteriore compressione del proprio diritto di proprieta' dovuta alla diminuzione derivante dall'imposizione"; che la disposizione denunciata risulterebbe, altresi', "illogica ed irrazionale" per il fatto di riferirsi ad un evento che, "non ritenuto idonea manifestazione di capacita' contributiva ai fini dell'INVIM, e' reputato tale per l'IRPEF"; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione venga dichiarata non fondata, risultando "ripetutamente esaminata dalla Corte sotto tutti i profili enunciati nell'ordinanza di rimessione (sent. n. 315 del 1994 e ord. n. 473 del 1994)"; Considerato che l'ordinanza di rimessione, ancorche' non identifichi espressamente, all'interno dell'art. 11 della legge n. 413 del 1991, le disposizioni oggetto di censura, risulta tuttavia chiaramente investire quelle di cui al nono e quinto comma, del medesimo art. 11, sollevando questione che, nei termini e sotto i profili in cui viene proposta, ha gia' formato oggetto di esame da parte di questa Corte; che, in particolare, per quanto riguarda l'asserita equiparazione di atti traslativi necessitati alla speculazione che attiene all'autonomia privata, gia' la Corte ha chiarito che opportunamente e legittimamente le diverse ipotesi di cui all'art. 11 denunciato sono state ricondotte allo schema dell'art. 81 del testo unico delle imposte sui redditi (sentenza n. 315 del 1994), anche per una esigenza di coerenza fra le nuove ipotesi impositive e quelle gia' disciplinate dal d.P.R. n. 917 del 1986 (sentenza n. 410 del 1995), atteso oltretutto che l'indennita' di esproprio dei terreni localizzati in zone urbane e' divenuta un serio ristoro del bene espropriato, commisurato ai valori di edificabilita' che i terreni avrebbero avuto se non fossero stati vincolati ed espropriati (sentenza n. 533 del 1995); che per quanto attiene alla asserita illogicita' e irrazionalita' della disposizione denunciata, sotto il profilo che lo stesso evento, non ritenuto idonea manifestazione di capacita' contributiva ai fini INVIM, e' invece reputato tale per l'IRPEF, la Corte ha gia' affermato che, nel quadro della discrezionalita' spettante al legislatore, non appare irragionevole la tassazione delle plusvalenze di cui trattasi proprio perche' non assoggettate ad INVIM (sentenze nn. 14 e 410 del 1995; ordinanza n. 100 del 1996); che, del pari, la proposta questione risulta gia' ripetutamente definita nel senso dell'infondatezza sotto gli altri profili attinenti alla violazione sia dell'art. 53 della Costituzione (sentenze nn. 315 del 1994; 14 e 410 del 1995; ordinanze n. 473 del 1994 e 452 del 1995), che dell'art. 42 della Costituzione (sentenza n. 410 del 1995); che l'ordinanza in epigrafe non introduce profili ne' argomenti nuovi rispetto a quelli gia' esaminati o, comunque, suscettibili di indurre questa Corte a diverso avviso, sicche' la questione va dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.