IL PRETORE
   Sciogliendo la riserva assunta in data 7 marzo 1996;
                             O s s e r v a
   Con  decreto  in  data  16  giugno  1995  il  pretore  di  Rho,  in
 accoglimento del ricorso ex art. 28 legge n. 300/1970, presentato dal
 sindacato Federazione  Lavoratori  Metalmeccanici  Uniti  (F.L.M.U.),
 dichiarava  antisindacale  il comportamento tenuto dalla G.F. Sistemi
 Avionici S.r.l. consistito, tra l'altro, nell'impedire alla  F.L.M.U.
 di  costituire  R.s.a.,  di  indire  assemblee  con partecipazione di
 sindacalisti esterni, e di partecipare alle assemblee  indette  dagli
 altri  sindacati,  ed  ordinava  alla predetta societa' di cessare la
 condotta antisindacale  tenuta  e  di  riconoscere  le  R.s.a.  della
 F.L.M.U.,  il  diritto  delle  stesse  di indire assemblee ex art. 20
 st.lav. e il diritto di  pertecipare  alle  assemblee  indette  dagli
 altri sindacati.
   Contro  il  citato  decreto  veniva proposta opposizione dalla G.F.
 Sistemi Avionici e dalla F.L.M.U. I giudizi di  opposizione  venivano
 riuniti.
   In  relazione  all'avvenuta abrogazione, per effetto del referendum
 indetto con d.P.R. 5 aprile 1995, dell'art. 19 lett. a) e dell'inciso
 "nazionali e provinciali" dell'art. 19 lettera b) dello  Statuto  dei
 Lavoratori,   il   sindacato  F.L.M.U.  sostiene  in  via  principale
 l'inoperativita'  dell'abrogazione referendaria nel presente giudizio
 di opposizione, per essere  i  fatti  denunciati  avvenuti  in  epoca
 antecedente  all'entrata  in vigore del d.P.R. 28 luglio 1995 (che ha
 recepito  i  risultati  del  referendum).  In  via  subordinata,   il
 sindacato  opponente  sostiene  l'inapplicabilita'  del  nuovo  testo
 dell'art. 19 legge n. 300/1970 alle R.s.a. gia'  costituite.  In  via
 ulteriormente  subordinata,  il  sindacato  denuncia l'illegittimita'
 costituzionale, in relazione agli artt. 2, 3 e 39 Cost., dell'art. 19
 legge n. 300/1970 che, nella formulazione conseguente  all'esito  del
 referendum  indetto  con  d.P.R.    5  aprile  1995, in vigore dal 29
 settembre  1995  (d.P.R.  28   luglio   1995,   n.   312),   dispone:
 "Rappresentanze  sindacali  aziendali  possono  essere  costituite ad
 iniziativa dei lavoratori di ogni unita' produttiva nell'ambito delle
 associazioni sindacali che siano firmatarie di  contratti  collettivi
 di lavoro applicati nell'unita' produttiva".
   Nella  prospettazione del sindacato l'illegittimita' costituzionale
 della citata norma deriverebbe dal fatto che la stessa legittimerebbe
 alla costituzione di R.s.a. esclusivamente le associazioni  sindacali
 che  abbiano  stipulato  contratti  collettivi  applicati nell'unita'
 produttiva; in tal modo verrebbero  sovvertite  le  ragioni  che,  in
 passato,  avevano  portato  la  Corte  costituzionale ad affermare la
 legittimita' della norma. Secondo la  F.L.M.U.  il  contrasto  con  i
 principi   costituzionali   deriverebbe   dalla   subordinazione  del
 riconoscimento delle R.s.a. a unilaterali determinazioni  del  datore
 di  lavoro (la stipulazione di contratti collettivi), circostanza che
 costituirebbe  un   attentato   alla   liberta'   sindacale   ed   un
 condizionamento  dell'attivita'  del  sindacato,  indotto a stipulare
 contratti collettivi al  fine  (solo  o  prevalentemente)  di  potere
 usufruire  delle  prerogative  di cui al titolo III dello Statuto dei
 Lavoratori,  pur  senza  il  possesso  di  un  effettivo   grado   di
 rappresentativita' all'interno o all'esterno dell'azienda.
   La questione prospota appare rilevante nel presente giudizio.
   In  primo  luogo, non puo' condividersi la tesi, prospettata in via
 principale dal  sindacato,  della  inapplicabilita'  dell'abrogazione
 referendaria nel presente giudizio di opposizione ex comma terzo art.
 28 legge n. 300/1970. Invero, poiche' il giudizio ex art. 28 st. lav.
 si    conclude    con    una    pronuncia   non   solo   dichiarativa
 dell'antisindacalita' della condotta del datore di lavoro,  ma  anche
 con  l'ordine,  per  il  futuro,  di  cessazione  di tale condotta, e
 poiche' il giudizio di opposizione ex art. 28  si  conclude  con  una
 pronuncia  di conferma o di revoca della prima pronuncia, ne discende
 che il pretore, adito in opposizione ex art. 28, non e' chiamato solo
 ad affermare la legittimita' del decreto al momento in cui  e'  stato
 pronunciato  ma  anche  a verificarne la persistente legittimita', in
 base alle norme in vigore al momento della  seconda  pronuncia.  Tale
 verifica e' resa necessaria dal fatto che la sentenza di conferma del
 decreto   opposto   contiene  essa  stessa  (seppure  implicitamente)
 l'ordine di cessare la condotta antisindacale accertata; un  siffatto
 ordine   non  puo'  prescindere  dall'accertamento  della  perdurante
 connotazione antisindacale di tale condotta.
   Formulata tale premessa,  la  rilevanza  della  questione  proposta
 consegue  al  rilievo  che,  essendo  pacifico che la F.L.M.U. non e'
 firmataria di contratti collettivi applicati nell'unita'  produttiva,
 il  suo  diritto  a  costituire  R.s.a.  affermato  dal  pretore  con
 l'opposto  decreto, deve ritenersi venuto meno per effetto del citato
 referendum.
   Non  puo'  in  proposito  condividersi  l'assunto  della  F.L.M.U.,
 secondo  cui la nuova formulazione dell'art. 19 legge n. 300/1970 sia
 inoperante  in  relazione   alle   R.s.a.   gia'   costituite   prima
 dell'entrata  in vigore dell'art. 2 del d.P.R. n. 312/1995: non viene
 infatti in questione nel caso di specie il principio, invocato  dalla
 F.L.M.U.,  per  cui  la  legge  sopravvenuta  non puo' incidere sugli
 elementi     costitutivi     della     fattispecie     perfezionatasi
 precedentemente.  La nuova disciplina, invero, non ha modificato tali
 elementi costitutivi, in quanto la costituzione di  R.s.a.  deve  pur
 sempre  avvenire  "ad  iniziativa  dei  lavoratori" nei modi espressi
 dalla  sola  autonomia  sindacale.  La  nuova  disciplina  ha  invece
 modificato i criteri di attribuzione del potere di costituzione delle
 R.s.a.  e  del  godimento  della  legislazione  di sostegno di cui al
 titolo III dello  Statuto  dei  Lavoratori.  In  tale  situazione  la
 caducazione  delle  vecchie  R.s.a. deriva dall'essere venuta meno la
 norma sulla quale quelle fondavano la propria legittimazione (in  tal
 senso  cfr.  decreto  ex  art. 28 emesso dal pretore di  Milano il 13
 novembre 1995, estensore De Angelis).
   Inoltre, la disciplina di sostegno di cui al citato titolo  III  si
 applica proprio alle rappresentanze sindacali che si costituiscono in
 conforrnita'  dell'art.  19  e  la speciale tutela viene riconosciuta
 proprio  in  forza  del  collegamento  con   i   soggetti   sindacali
 individuati  dal  legislatore.  E'  quindi  la  stessa funzione della
 legislazione  di  sostegno  che  comporta  la   necessita'   che   il
 collegamento con i sindacati individuati dall'art. 19 sia sussistente
 non  solo  al momento della costituzione della R.s.a. ma permanga per
 tutta la  vita  della  R.s.a.;  cio'  implica  che,  venuto  meno  il
 collegamento   previsto   dall'art.      19,   viene  meno  anche  il
 corrispondente diritto di svolgere l'attivita' sindacale prevista dal
 titolo  III  dello  Statuto.  Pertanto,  ogni  volta  che  una  delle
 associazioni  sindacali  costituite  nei  luoghi  di lavoro chiede di
 potere esercitare uno dei diritti previsti  dal  citato  titolo  III,
 occorre  verificare  se essa presenti i requisiti richiesti dall'art.
 19 nella formulazione in quel momento  vigente  (in  tal  senso  cfr.
 pretore di Padova, decreto 13 ottobre 1995, estensore Campo).
   Per   tutte   le   considerazioni  esposte,  il  pretore  adito  in
 opposizione,  preso  atto  dei  risultati  del  referendum,  dovrebbe
 revocare  il  decreto  emesso.  Per  contro,  ove  venisse accolta la
 questione di legittimita' costituzionale prospettata  dal  sindacato,
 il  decreto  del  primo giudice dovrebbe essere confermato, ritenendo
 questo pretore di condividere le valutazioni espresse da tale giudice
 circa la legittimazione ad agire del sindacato ricorrente ex art. 28,
 circa la rappresentativita' della CUB cui appartiene  la  F.L.M.U.  e
 circa il carattere antisindacale del comportamento denunciato.
   Quanto  alla  valutazione  di  "non  manifesta  infondatezza" della
 questione proposta, si osserva come la stessa non  coincida  con  una
 valutazione  di  fondatezza  della  questione  (che  e'  demandata al
 giudice delle leggi), ma esprima il convincimento che l'eccezione sia
 assistita da quel fumus (di accoglibilita'), che  l'ordinamento  pone
 come  filtro minimale per evitare l'indiscriminata sottosposizione di
 questioni  alla   Corte   costituzionale.   In   presenza   di   tale
 convincimento,  e'  affidato  al  giudice,  non  tanto  il compito di
 sancire la fondatezza del dubbio di costituzionalita', quanto  (solo)
 di  investire  della questione la Corte costituzionale, alla quale e'
 affidata, dall'ordinamento,  la  compiuta  e  definitiva  valutazione
 della stessa.
   Cio'   premesso,   la   questione   di   legittimita'   prospettata
 dall'opponente F.L.M.U. non appare manifestamente infondata,  per  le
 ragioni di seguito esposte.
   Innanzitutto  una tale conclusione non e' preclusa dal fatto che la
 norma sospettata  di  incostituzionalita'  sia  il  risultato  di  un
 referendum  popolare  abrogativo.  Invero  il  referendum costitusice
 fonte di norma primaria, avente forza di legge, e come tale  soggetta
 al  sindacato  della  Corte  costituzionale,  non essendo ravvisabile
 nell'ordinamento  alcun  principio,  che  escluda  dal  novero  delle
 questioni  sottoponibili alla Corte costituzionale, quelle aventi per
 oggetto norme legiferate (in qualche misura) dal popolo con le  forme
 del referendum abrogativo.
   Inoltre  non  puo'  ritenersi  che  la Corte costituzionale, con la
 dichiarazione di ammissibilita' del referendum abrogativo  effettuata
 il 12 gennaio 1994, abbia implicitamente riconosciuto la legittimita'
 costituzionale  della  disciplina  "di  risulta" conseguente alla (in
 allora  eventuale)  abrogazione;  invero  una  tale  valutazione   e'
 estranea  al  giudizio  preventivo  della  Corte costituzionale, come
 dalla stessa Corte rilevato nella sentenza 2 febbraio 1990, n. 63.
   Nel merito, si osserva che la riferita nuova formulazione dell'art.
 19 pone quale unico requisito per la costituzione di R.s.a. e per  il
 godimento  dei  diritti  di  cui  al  titolo  III  dello  Statuto dei
 Lavoratori,  la  circostanza  che  il  sindacato  sia  firmatario  di
 contratti   collettivi   applicati  nell'unita'  produttiva:  poiche'
 l'abrogazione ha riguardato anche l'inciso "nazionali o provinciali",
 riferito ai contratti collettivi stipulati, se ne desume che anche la
 stipulazione di contratti collettivi aziendali consenta al  sindacato
 di  costituire  R.s.a.  e,  in  generale, di godere delle prerogative
 all'interno dell'azienda, riconosciute dal titolo III  dello  Statuto
 dei Lavoratori.
   Innanzitutto  il  giudicante  condivide  il  dubbio  che  la citata
 disposizione "di risulta" dell'art. 19 possa contrastare con l'art. 3
 della Costituzione:  cio' per l'irragionevolezza della disparita'  di
 trattamento   tra   associazioni  sindacali,  firmatarie  o  meno  di
 contratti collettivi. Il contrasto puo'  cogliersi  in  relazione  al
 caso  di  un'associazione  sindacale  che,  pur  capace  di un'azione
 sindacale diffusa e sorretta da un ampio consenso dei  lavoratori  di
 una  data  unita'  produttiva,  non  sia addivenuta, per i motivi piu
 vari,  alla  stipulazione  di  alcun  accordo  collettivo   applicato
 all'unita'  medesima; in tale caso l'esclusione di detta associazione
 sindacale dalla tutela privilegiata di cui agli artt.    19  e  segg.
 dello  Statuto  dei  Lavoratori appare ingiustificata, se confrontata
 con il riconoscimento di tale tutela ai sindacati  che,  pur  essendo
 firmatari   di   un   contratto  collettivo  (soprattutto  nazionale)
 applicato  all'unita'  produttiva,  in  concreto  non  raccolgono  il
 consenso dei lavoratori a livello aziendale.
   Peraltro   la   (probabile)   irragionevolezza  ditale  scelta  del
 legislatore  puo'  cogliersi  anche  comparando  la  situazione   del
 sindacato,  a  suo  tempo firmatario di un accordo aziendale, tuttora
 applicato, il quale, nel tempo, abbia perso ogni consenso nell'unita'
 produttiva.
   In  definitiva,  il  sistema  legislativo  residuato  all'esito del
 referendum  ha  interrotto  il  collegamento,  prima  esistente,  tra
 applicabilita'  della legislazione di sostegno ed effettiva capacita'
 del   sindacato   destinatario   della   stessa,   di   rappresentare
 effettivamente   gli   interessi   sindacali;  cio',  d'altra  parte,
 contrasta con i principi affermati dalla stessa Corte  costituzionale
 con  la  sentenza  n. 54/1974, la quale aveva desunto la razionalita'
 del  criterio  selettivo,  posto  dal  legislatore  del   1970,   dal
 collegamento  esistente  tra  accesso  alla  tutela  differenziata  e
 capacita' effettiva di rappresentanza da parte del sindacato.
   La diagnosi circa un possibile contrasto con gli artt. 2 e 39 della
 Costituzione  appare  altresi'  plausibile,  coerentemente   con   la
 prospettazione   del   sindacato  opponente,  in  considerazione  dei
 possibili  effetti,  sulla  liberta'  e   sull'attivita'   sindacale,
 dell'individuazione  della  stipulazione di contratti aziendali quale
 unico presupposto, per i sindacati che non siano  gia'  firmatari  di
 contratti   nazionali   e   provinciali,   dell'accesso  alla  tutela
 differenziata dei diritti sindacali nell'azienda.
   Un tale requisito comporta che il datore di lavoro, scegliendo  con
 quale   sindacato  trattare  e  concludere  il  contratto  collettivo
 aziendale, sia in grado d'interferire, di fatto,  nell'individuazione
 dei   soggetti  destinatari  della  tutela  differenziata.  Una  tale
 possibilita'  rischia  di  compromettere   la   liberta'   sindacale,
 inducendo  il  sindacato a ricercare, al limite anche contro i propri
 interessi e, soprattutto, contro gli interessi dei  propri  iscritti,
 il  consenso (non dei lavoratori, ma) del datore di lavoro; e cio' al
 fine  di  stipulare  accordi  legittimanti  l'accesso   alla   tutela
 differenziata.  In  tale  prospettiva puo' avanzarsi il dubbio che il
 nuovo art. 19 dello Statuto dei  Lavoratori  contrasti,  sia  con  il
 principio   di  liberta'  sindacale,  garantito  dall'art.  39  della
 Costituzione,  sia  con  il  principio  della  tutela   dei   diritti
 inviolabili  dell'uomo,  all'interno  delle  associazioni  di  cui fa
 parte, dettato dall'art. 2 Costituzione;  in  particolare,  quanto  a
 quest'ultimo  profilo  di  incostituzionalita',  si  osserva  che, in
 relazione  al  lavoratore  iscritto  al  sindacato,  il  nuovo  testo
 dell'art.  19  potrebbe  risolversi in una compromissione dei diritti
 del  singolo,  come  parte  dell'associazione  sindacale,   inducendo
 quest'ultima  a  privilegiare  l'interesse al proprio riconoscimento,
 rispetto agli interessi del lavoratore ad essa associato.