IL PRETORE
   Rilevato che:
     a) il d.-l. 3 maggio 1996, n. 246, e' l'ultimo di una lunga serie
 di provvedimenti normativi reiterati nell'arco di ben due anni circa,
 con  contenuto sostanzialmente immutato e senza mai essere convertiti
 in legge dello Stato; l'abnorme lasso di tempo attraverso il quale si
 e' protratta siffatta disciplina normativa in materia  di  riutilizzo
 dei  residui  e  di  smaltimento dei rifiuti, si pone in contrasto in
 maniera eclatante con il requisito dell'urgenza  richiesta  dall'art.
 77   della   Costituzione   quale   presupposto  imprescindibile  per
 l'adozione da parte del Governo di provvedimenti provvisori con forza
 di legge; ne' e' dato ravvisare piu' alcun  carattere  provvisorio  a
 siffatto  modo  di  legiferare, poiche' lo stucchevole reiterarsi dei
 decreti-legge  sulla   materia   appare   destinato   a   sostituirsi
 surrettiziamente  alla  legge ordinaria, con cio' violandosi altresi'
 il primo comma dell'art.  77 della Costituzione;
     b)  le  sostanze   oggetto   del   presente   procedimento   sono
 suscettibili   di   essere  qualificate  come  residui  destinati  al
 riutilizzo e quindi soggette alla disciplina  differenziata  prevista
 dal  decreto-legge  n.  246/1996, ivi compresa la disposizione di cui
 all'art. 12, quarto comma, che introduce una causa di non punibilita'
 per chiunque, fino  al  7  gennaio  1995,  abbia  commesso  un  fatto
 previsto  come  reato  dal  d.P.R.  10  settembre  1982,  n.  915,  e
 successive modifiche  ed  integrazioni  nell'esercizio  di  attivita'
 qualificate  come  operazioni  di  raccolta  e  trasporto, stoccaggio
 trattamento o pretrattamento, recupero o riutilizzo  di  residui  nei
 modi  e  nei  casi  previsti  ed in conformita' alle disposizioni del
 decreto del Ministro dell'ambiente in data 26 gennaio 1990 ovvero  di
 norme regionali;
     c)  orbene,  gran  parte  delle  disposizioni  di  detto  decreto
 ministeriale e' stata dichiarata  incostituzionale  con  sentenza  30
 ottobre 1990, n. 512, sotto il profilo della illegittima interferenza
 con  competenze  costituzionalmente  garantite  alle  regioni  e alle
 province autonome, essendo state tali disposizioni adottate senza  la
 dovuta copertura legale e con un atto (decreto ministeriale) inidoneo
 a validamente porre norme diverse da quelle tecniche generali;
     d) successivamente, peraltro, il contenuto normativo del d.m.  26
 gennaio  1990  e'  stato recepito e, per cosi' dire, "legificato" col
 decreto-legge n. 246/1996, all'art. 12, quarto  comma,  sicche'  deve
 ritenersi, senza possibilita' di interpretazione, che la causa di non
 punibilita'  e'  subordinata  all'osservanza  delle  disposizioni del
 decreto ministeriale, ivi comprese quelle gia' dichiarate illegittime
 con la pronuncia 30 ottobre 1990 della Corte costituzionale;
     e) ne consegue che, attualmente, il legislatore esige,  da  parte
 degli  imputati  che  intendano avvalersi della speciale scriminante,
 una condotta di fatto inesigibile  perche'  inattuabile:  e'  logico,
 difatti, presumere che nessun soggetto interessato si sia fatto parte
 diligente nell'ottemperare alle disposizioni del decreto ministeriale
 annullato  dalla  Corte Costituzionale nelle more del vuoto normativo
 venutosi  a  creare  prima  del  recepimento  di  dette  disposizioni
 nell'ambito  dei provvedimenti urgenti in materia di rifiuti; in ogni
 caso, non sussisteva alcun obbligo giuridico di ottemperarvi, sicche'
 appare  del  tutto  irragionevole  esigere,  ora   per   allora,   un
 comportamento  cui  l'imputato  non  era tenuto e che, dunque, non ha
 attuato  in   perfetta   buona   fede,   quantomeno   precedentemente
 all'entrata  in vigore del primo della serie di decreti culminata col
 decreto-legge n. 246/1996;
     f) cio' si traduce in una sostanziale violazione del  diritto  di
 difesa  dell'imputato,  non  posto in grado di dimostrare l'esistenza
 dell'esimente speciale e dunque di avvalersene;