IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza nel giudizio promosso da Mezzacapo Nicola con l'avv. Di Stefano, Petrilli Giuseppe con l'avv. Perna, contro l'Asl Napoli 1, distretti 46 e 47 in persona del legale rappresentante pro-tempore. Visti gli artt. 1 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 e segg. legge cost. 11 marzo 1953, n. 87. Il ricorrente Mezzacapo Nicola, medico di medicina generale di libera scelta, ha promosso giudizio cautelare ex art. 700 c.p.c. avverso il provvedimento della Asl di Napoli 14 marzo 1995 con cui, a norma dell'art. 11, punto a), del d.P.R. n. 314/1990, gli era stata comunicata la cessazione del rapporto convenzionale per compimento del settantesimo anno di eta'; con ordinanza del 3 maggio 1995 questo pretore ha sospeso la deliberazione della Azienda sanitaria locale - distretto n. 47 di cessazione del rapporto convenzionale di medico generico - relativa al ricorrente per sopraggiunti limiti di eta', disapplicando la norma regolamentare dell'art. 11 d.P.R. cit. Analogo ricorso cautelare ha proposto il Petrilli centro il provvedimento della Asl 1, distretto n. 47 del 12 luglio 1995 ed analoga ordinanza e' stata emessa in data 28 agosto 1995. L'Azienda sanitaria locale pur avendo ricevuto notifica del ricorso, non si e' costituita in entrambi i procedimenti cautelari. Con ricorsi depositati il 1 giugno 1995 ed il 21 settembre 1995 i ricorrenti hanno iniziato il procedimento di merito domandando l'accertamento del proprio diritto a rimanere in servizio oltre il settantesimo anno di eta'. La convenuta e' rimasta contumace. Nelle more del giudizio e' pero' intervenuta la legge 28 dicembre 1995, n. 549, che all'art. 2, quarto comma, ha stabilito che il rapporto tra le unita' sanitarie locali ed i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta, convenzionati con il Servizio sanitarie nazionale ai sensi dell'art. 8 d.-l. n. 502/1992 e succ. mod. ed integrazioni, cessa al compimento del settantesimo anno di eta'. All'udienza del 10 giugno 1996 la parte attrice Mezzacapo ha sollevato la questione di costituzionalita' dell'art. 2, comma quarto, legge n. 549/1995 per contrasto con gli artt. 3, 4, 32, 33 e 35 della Costituzione. Quindi i giudizi, vertendo su identica questione, sono stati riuniti a norma dell'art. 151 disp. att. c.p.c. La questione di costituzionalita' della norma sopra indicata (art. 2, comma quarto, della legge n. 1995/549), sollevata dalla parte attrice, e' rilevante per i giudizi, in quanto la presenza della norma, di chiarissimo tenore, elimina in radice il diritto dei ricorrenti a continuare il proprio rapporto con il servizio sanitario nazionale avendo essi compiuto il settantesimo anno di eta', mentre l'eventuale declaratoria di incostituzionalita' consentirebbe la prosecuzione dell'attivita' professionale. In proposito, stante la contumacia della Asl, non sono emerse altre possibili cause del venir meno del rapporto convenzionale o altri ostacoli di fatto alla prosecuzione dello stesso, dopo le ordinanze ex art. 700 c.p.c. di sospensione dei provvedimenti di cessazione del rapporto. La questione, ad avviso del giudicante, non e' manifestamente infondata in quanto la norma appare in contrasto con l'art. 3, della Costituzione in relazione agli artt. 4, Cost. 32, Cost., 33, quinto comma, Cost. Prima di esaminare la questione di costituzionalita', e' utile soffermarsi un attimo sulle caratteristiche del servizio offerto dal medico di medicina generale e dai pediatri. Essi esercitano l'assistenza sanitaria con propri mezzi, nei propri studi professionali, non sono in alcun modo sussidiati dalle ASL che si limitano ad erogare i compensi e a fornire loro i timbri ed i ricettari; discorso diverso va fatto per i medici specialisti cenvenzionati che operano invece nell'ambito delle strutture sanitarie pubbliche ed erogano le proprie prestazioni avvalendosi dei mezzi e delle strutture del servizio sanitario pubblico. Occorre inoltre accennare alle norme in materia di rapporto medici di base-servizio sanitario nazionale, tenendo presente che l'evoluzione legislativa in materia ha come tappe principali la legge n. 833/1978 e le recenti leggi 23 ottobre 1992, n. 421, d.-l. 30 dicembre 1992, n. 502, e d.-l. 7 dicembre 1993, n. 517. In proposito si deve premettere che gia' nella legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale, legge n. 833/1978, il rapporto dei medici di base e dei pediatri era concepito come un rapporto libero-professionale, cosi' come il rapporto medico-paziente era fondato sul diritto di libera scelta da parte del cittadino utente del servizio (cfr. art. 19 legge n. 833/1978). La legislazione sanitaria, coerentemente con la contrazione di compiti dello Stato sociale in materia sanitaria dovuto ad esigenze di contenimento della spesa pubblica e con la conseguente modificazione dell'organizzazione delle USL, ha accentuato recentemente sia l'aspetto libero-professionale del rapporto tra medico e servizio sanitario, sia il diritto di scelta dell'assistito, nel momento in cui, alla esigenza di organizzare un servizio efficiente si e' affiancata quella forse prevalente di contrazione della spesa sanitaria, che ha comportato una minore erogazione di servizi sanitari da parte del sistema pubblico soprattutto nei confronti dei soggetti con fasce di reddito superiori a certi tetti. Il rapporto medico generale di base-servizio sanitario e' quindi un rapporto libero-professionale e quello tra il medico ed il paziente e' fondato sulla liberta' di scelta dell'assistito. Queste caratteristiche appaiono senz'altro piu' accentuate nel nuovo sistema, laddove nell'ambito del sistema delineato dalla legge n. 833/1978, il primo appariva piu' sfumato per la presenza di controlli da parte delle USL a mezzo di commissioni paritetiche; controlli oggi affidati agli ordini professionali. Quanto poi al principio della liberta' di scelta esso era comunque previsto dall'art. 19 legge n. 833/1978 nei limiti oggettivi della organizzazione del servizio sanitario. La legge 30 dicembre 1991, n. 412, la legge 23 ottobre 1992, n. 421 d.-l. 30 dicembre 1992, e d.-l. 7 dicembre 1993, n. 517, hanno inciso sulla regolamentazione dei rapporti convenzionali con i medici di medicina generale. L'art. 8 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, stabilisce che il rapporto tra i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta e' disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali che devono tener conto dei seguenti principi: a) prevedere che la scelta del medico e' liberamente effettuata dall'assistito, nel rispetto dei limiti massimi di assistiti per medico, ha validita' annuale ed e' tacitamente rinnovata; b) regolamentare la possibilita' di revoca della scelta da parte dell'assistito nel corso dell'anno nonche' la ricusazione di scelta da parte del medico quando ricorrano eccezionali ed accertati motivi di incompatibilita'; c) prevedere le modalita' per concordare livelli di spesa etc.; d) prevedere che l'accertato pagamento non dovuto da parte dell'assistito determina il venir meno del rapporto con il S.S.N.; e) concordare unitamente alle organizzazioni sindacali, i compiti e le prestazioni da assicurare; f) definire la struttura del compenso spettante; g) disciplinare l'accesso alle funzioni di medico di medicina generale (cfr. art. 8 cit.); h) prevedere la cessazione degli istituti normativi previsti dalla vigente convenzione riconducibili direttamente o indirettamente al rapporto di lavoro dipendente. L'art. 1-bis del decreto-legge cit. al comma terzo prevede che gli ordini ed i collegi professionali sono tenuti a valutare sotto il profilo deontologico i comportamenti degli iscritti all'albo che si siano resi inadempienti agli obblighi convenzionali. L'art. 48 della legge n. 1978/833 demandava invece agli accordi collettivi nazionali l'uniformita' del trattamento economico e normativo del personale sanitarie a rapporto convenzionale, disponendo la regolamentazione del rapporto convenzionato attraverso gli accordi collettivi aventi durata triennale e stabiliva in tredici punti gli aspetti del rapporto che dovevano essere oggetto di disciplina degli accordi stessi. L'elencazione delle materie devolute agli accordi collettivi contenuta nell'art. 48 riguardava il rapporto convenzionale nella sua interezza sia nel momento iniziale (punti 2, 3, 4) che nello svolgimento: (punti 6, 7, 10) sia infine nella fase risolutiva (cfr. punto 8). Invero, gli accordi collettivi dovevano, a norma dell'art. 48, prevedere: le istituzioni e i criteri di formazione degli elenchi unici dei medici generici; la disciplina delle incompatibilita' e delle limitazioni al rapporto convenzionale; le forme di controllo sull'attivita' dei medici convenzionati, nonche' le ipotesi di infrazione da parte dei medici degli obblighi derivanti dalla convenzione, le conseguenti sanzioni, compresa la risoluzione del rapporto; le modalita' per assicurare l'aggiornamento professionale; le modalita' per assicurare la continuita' dell'assistenza anche in caso di assenza o impedimento del medico tenuto alla prestazione e cosi' via. Nell'ambito delle materie devolute agli accordi collettivi non vi era un limite di eta' massimo. Ma il d.P.R. n. 314/1990 da ultimo aveva ugualmente previsto tale limite di eta' a settanta anni e sulla legittimita' o meno di tale previsione si era divisa la giurisprudenza di merito in quanto, una parte riteneva tale previsione giustificata dalle esigenze oggettive di organizzazione di un servizio efficiente che, tenendo conto del naturale invecchiamento dell'individuo e del ridursi della sua capacita' lavorativa, preveniva possibili cause di inefficienza nella erogazione del servizio (cfr. tra le tante: pretura Roma 20 marzo 1991 Mancini contro USL 1); la parte forse prevalente dei giudici di merito aveva ritenuto, invece, illegittima tale previsione e l'aveva disapplicata, sostenendo che il diritto di scelta del cittadino previsto dall'art. 19 della legge n. 833/1978 dovesse prevalere sulla norma dell'accordo collettivo relativa al limite di settanta anni, non avendo la legge statuito alcunche' riguardo al limite di eta' (cfr. in proposito tra la tante pretura Novara 10 dicembre 1990 USL 54 Borgomanero c. Sadler). Da ultimo la Cassazione nella recente sentenza n. 4746/1995 ha stabilito la conformita' dell'art. 11 d.P.R. n. 314/1990 all'art. 48 legge n. 833/1978 e su tale conformita' nel sistema previgente si deve concordare alla luce delle considerazioni ora svolte. Ma il sistema ora e' cambiato. Pur non abrogando la legge n. 833/1978, le nuove norme hanno comunque inciso su rilevanti aspetti della materia. Ad avviso del giudicante se si pongono a paragone le due discipline (l'art. 48 legge n. 833/1978 e l'art. 8 d.-l. n. 502/1992) si deve convenire che vi sono delle modifiche sostanziali rispetto al regime fissato dalla legge istitutiva del sistema sanitarie nazionale legge n. 1978/833. La sopravvenuta normativa di legge pone in primo piano la liberta' di scelta del medico da parte dell'assistito con il solo limite del massimale di assistiti. Su tale principio va spesa qualche precisazione, ponendo in evidenza che esso deriva direttamente dalla legge-delega. La legge-delega 23 ottobre 1992, n. 421, prevede al punto 1): "la introduzione di norme volte, nell'arco di un triennio, alla revisione ed al superamento dell'attuale regime delle convenzioni sulla base di criteri di integrazione con il servizio pubblico, di incentivazione al contenimento dei consumi sanitari, di valorizzazione del volontariato, di acquisizione delle prestazioni, da soggetti singoli o consortili, secondo principi di qualita' ed economicita', che consentano forme di assistenza differenziata per tipologie di prestazioni, al fine di assicurare ai cittadini migliore assistenza e liberta' di scelta". La liberta' di scelta del cittadino e' stata ribadita dalla stessa legge n. 549/1995 che all'art. 2, comma settimo, conferma "agli assistiti la facolta' di libera scelta delle strutture sanitarie e dei professionisti a norma degli artt. 8 e 14 del d.lgs. n. 502/1992 e succ. mod. ed integrazioni". E' bene sottolineare che la liberta' di scelta del medico non viene piu' concepita, come dall'art. 19 legge n. 833/1978 "nei limiti oggettivi della organizzazione dei servizi sanitari", ma come finalita' stessa della legge, insieme a quella di garantire migliore assistenza al cittadino che viene perseguita attraverso la incentivazione al contenimento dei consumi sanitari, attraverso la valorizzazione del volontariato, l'acquisizione da parte di soggetti singoli e consortili delle prestazioni etc. (ved. art. 1 legge-delega n. 421/1992). I principi fissati dal d.-l. n. 502/1992 cui devono uniformarsi gli accordi collettivi disciplinanti le convenzioni con i medici di medicina generale, riguardano in definitiva, la libera scelta del cittadino, la validita' annuale della scelta del medico, le possibilita' di revoca da parte dell'assistito anche nel corso dell'anno e ricusazione della scelta da parte del medico, le modalita' di accesso alle funzioni di medico di medicina generale (vedi art. 8, lett. g). La legge concepisce, ad avviso del giudicante, in termini del tutto diversi il rapporto tra il servizio sanitario ed i cittadini e tra servizio sanitario e medici; essa accentua i contenuti libero-professionali del rapporto con il medico di base, ponendo in evidenza sia la liberta' di scelta del cittadino senza altro limite che quello del massimo di assistiti, sia la revocabilita' in ogni tempo della scelta. La legge inoltre nel disciplinare i contenuti della convenzione e degli accordi su cui tali convenzioni si baseranno e' molto piu' "leggera" rispetto alla previgente regolamentazione: non prevede, ad esempio, tra i principi guida della regolamentazione collettiva, i controlli sull'attivita' dei medici convenzionati, le forme dell'aggiornamento professionale, le ipotesi di infrazione (cfr. invece punto 8, art. 48, legge n. 833/1978). Alcune materie, come l'incompatibilita', hanno inoltre una nuova disciplina legale come si dira' tra breve. Nel nuovo sistema quindi i controlli e le sanzioni sulla attivita' del medico convenzionato sono devoluti alla competenza degli ordini e consigli professionali e non a commissioni paritetiche di disciplina (vedi invece art. 48, punto 8). Cio' conferma la natura libero-professionale del rapporto; e' concepito inoltre un intervento delle organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti per l'adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini utenti (art. 14 d.-l. n. 502/1992 come modificato dall'art. 15 del d.-l. n. 1993/517). Il diritto di scelta del medico da parte del cittadino era gia' garantito anche dall'art. 19 della legge n. 833/1978, ma era concepito, come si e' detto, come diritto di scelta del medico nel limiti oggettivi dell'organizzazione dei servizi sanitari i quali "devono mirare a garantire la regolarita' e l'adeguatezza dell'assistenza sanitaria" (cosi' art. 19 legge n. 1978/833). Le finalita' di interesse generale della collettivita' a fruire di un servizio regolare ed efficiente potevano quindi giustificare, ad avviso del giudicante, la previsione di limiti massimi di eta' per il medico convenzionato, nel vecchio regime, sulla base di criteri astratti di efficienza; nell'attuale sistema imperniato, invece, sulla libera scelta del cittadino, nel quale e' disciplinato solo l'accesso alle convenzioni ed in cui le materie devolute agli accordi collettivi sono molto piu' ridotte, il limite di eta' per la cessazione del rapporto convenzionato fissato dall'accordo 314/90 appariva, ad avviso del giudicante, del tutto ingiustificato, incoerente con l'accentuazione del carattere libero professionale del rapporto, in conflitto con il principio di liberta' di scelta tout court adottato dalla legge-delega e dal d.-l. n. 502/1992, non conforme all'obiettivo perseguito dalla legge alla personalizzazione ed umanizzazione dell'assistenza sanitaria (cosi' testualmente art. 14 d.-l. n. 502/1992 come modificato dall'art. 15 d.-l. n. 1993/517). Come gia' si e' accennato il sistema legislativo attuale ha posto inoltre l'accento sulle situazioni di incompatibilita': la legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4 comma settimo (richiamata dal nono comma dell'art. 8 d.-l. n. 502/1992 come modificato dall'art. 9 d.-l. n. 1993/517), prevede il principio che con il S.S.N. puo' inter correre un unico rapporto di lavoro e che tale rapporto e' incompatibile con qualsiasi altro rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato e con altre attivita'; le situazioni di incompatibilita' devono cessare entro un anno e cosi' via. Si e' ritenuto, pertanto, di dare molto maggior rilievo, piu' che ad astratti criteri di efficienza del servizio sanitario, a situazioni concrete di incompatibilita' influenti sia sulla efficienza concreta del servizio erogato dal sanitario che, piu' in generale, sul problema della equa distribuzione delle possibilita' di accesso al lavoro. In tale contesto il permanere della convenzione con medici ultrasettantenni, liberamente scelti dal cittadino, incide marginalmente sul problema delle possibilita' di accesso al lavoro dei giovani; possibilita' che si e' inteso gia' garantire attraverso un rigido sistema di incompatibilita'. Quanto poi al controllo sulla qualita' ed efficenza della prestazione offerta dal medico di base, il risultato e' ugualmente raggiunto attraverso la possibilita' di revoca nel corso dell'anno dei medici di base da parte dei cittadini che sono i diretti destinatari delle attivita' del medico da essi liberamente scelto, con possibilita' di revoca infrannuale; ed in proposito si deve sottolineare che, secondo il d.-l. n. 502/1992, la scelta da parte del cittadino ha validita' annuale: nel sistema precedente la scelta del medico era a tempo indeterminato, (cfr. accordo 314/1990) mentre nella nuova contrattazione, secondo i principi del decreto-legge cit. la scelta dovra' avere validita' annuale e questo consente un migliore controllo della qualita' delle prestazioni erogate: i cittadini destinatari dell'attivita' del medico sono i piu' idonei a garantire una concreta realizzazione della efficenza delle prestazioni, mentre il servizio pubblico non ha piu' neppure un ruolo di controllo che e' affidato interamente ai consigli ed ordini professionali. Questo il quadro normativo su cui e' venuta ad incidere la legge finanziaria del 1995. La norma introdotta dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549, nel prevedere un rigido limite legale di eta' all'esercizio delle attivita' di medico di base, non previste nella legge n. 833/1978, appare quindi del tutto incoerente con il precedente sviluppo legislativo, con la "deregulation" in atto, con la evoluzione del sistema verso forme sempre piu' flessibili di organizzazione sanitaria, e soprattutto con i principi sopraindicati vale a dire con il carattere libero-professionale dell'attivita' e con il principio di libera scelta del cittadino gia' posti dalla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale, ma come si e' visto modificati ed accentuati nel nuovo sistema. Questa incoerenza certamente non e' di per se' indice di incostituzionalita' della legge in quanto non vi e' un principio costituzionale di coerenza nella evoluzione del sistema legislativo e pur nell'ambito di una tendenza, piu' volte affermata nella legislazione, e' possibile introdurre successive deroghe, modifiche, norme nuove che esprimano tendenze contrastanti o semplicemente diverse rispetto alle precedenti, secondo scelte di politica legislativa non sindacabili neppure dalla Corte costituzionale, sempre che pero' non si ravvisino lesioni a beni costituzionalmente protetti. Nel caso di specie, ad avviso del giudicante, la lesione di alcuni principi costituzionali risulta evidente. Una volta qualificato ed identificato un rapporto libero-professionale in quello nascente tra la Asl ed il medico di base, non sembra possa mettersi in dubbio che l'introduzione legislativa del limite di eta' crea una ingiustificata disparita' di trattamento con altri soggetti esercenti la professione libera, violando il principio di uguaglianza senza alcuna razionale giustificazione: in generale non e' mai previsto un limite legale di eta' nei rapporti convenzionali di diritto privato, ne' tantomeno e' previsto un limite di eta' per l'esercizio di una libera professione intellettuale. Alla violazione dell'art. 3 della Costituzione si aggiunge quindi quella dell'art. 33, quinto comma, della Costituzione, che pone come unico limite all'esercizio della professione, il superamento dell'esame di abilitazione. Il limite di eta' e' normalmente imposto dalla legge per i rapporti di lavoro dipendente sia pubblico che privato, ma in proposito si deve sottolineare come l'art. 16 del d.-l. n. 503/1992 ha previsto, anche in questo campo, la possibilita' dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di eta' per il collocamento a riposo per essi previsto; analogamente la legge 24 aprile 1993, n. 125, ha esteso tale possibilita' ai magistrati, che possono rimanere in servizio fino a settantadue anni. Quindi da un lato vi e' la tendenza ad ampliare le possibilita' di lavoro negli anziani, anche se lavoratori dipendenti, dall'altra invece, si introducono rigide preclusioni in tema di lavoro del medico di base che e' parte di una convenzione privatistica con il servizio sanitario nazionale, che esercita il proprio lavoro con strutture personali, che e' stato liberamente scelto e non revocato dal cittadino utente del servizio. In definitiva si introduce una limitazione nell'esercizio di una libera professione, sia pure esercitata a mezzo di una convenzione con la struttura pubblica, che non esiste per nessun altro libero professionista, per nessun altro tipo di convenzione. In proposito si deve ricordare che la liberta' di esercizio delle libere professioni intellettuali, come del resto tutte le liberta' o diritti costituzionalmente garantiti, puo' esplicarsi entro l'ambito di tutela di altre liberta' e diritti, secondo il criterio di contemperamento degli interessi piu' volte affermate dalla Corte costituzionale. In tale ambito assumono primaria rilevanza situazioni soggettive riconducibili al valore della persona umana. E' quindi ovvio che la professione sanitaria trovi dei limiti nella esigenza di tutela del diritto alla salute dei cittadini utenti del servizio (art. 32 della Cost.). Ma se il limite di settanta anni si spiega razionalmente con l'esigenza di tutelare la salute dei cittadini utenti del servizio, non si capisce allora perche' la legge non preveda il limite di eta' per l'esercizio della professione di medico specialista ambulatoriale convenzionato. La norma considerata prevede infatti il limite di eta' solo per i medici di medicina generale e per i pediatri di libera scelta, mentre nessun limite legale e' previsto per i medici convenzionati specialisti, i quali, come e' noto hanno un rapporto libero professionale con il servizio sanitario nazionale regolato da una convenzione secondo gli accordi del settore. E' vero che non vi e' una identita' di situazione di fatto in quanto i predetti medici, come si e' detto, pur non essendo pubblici dipendenti, esercitano la loro attivita' professionale non con mezzi propri, come i medici di base, ma all'interno della struttura sanitaria stessa. Ma se il limite di settant'anni deve ritenersi fissato nell'interesse della tutela della salute dei cittadini, sul presupposto che il passare degli anni ed il naturale invecchiamento dell'individuo lo rendono non piu' affidabile sul piano della efficienza professionale, allora non si comprende perche' un tale limite non debba essere introdotto in via generale per l'esercizio della professione di medico e di altre professioni intellettuali, esercitate a mezzo di convenzioni con enti pubblici, ma soprattutto non si vede perche' la legge del 1995 lo abbia previsto solo per i medici di base (e pediatri di libera scelta) e non per i medici specialisti ambulatoriali, in quanto il fatto che essi operino all'interno della struttura sanitaria con mezzi approntati dalle USL, non sembra essere un fattore di diversita' tale da consentire la non previsione di limiti legali all'esercizio dell'attivita' convenzionata, sulla base della ratio sopra individuata di tutela della salute pubblica e realizzazione di un servizio sanitario efficiente. Anzi, se mai, potrebbe sostenersi il contrario, nel senso che la finalita' di realizzare un servizio sanitario efficente appare molto piu' evidente nel caso in cui il servizio venga offerto dal medico specialista nell'ambito della stessa struttura pubblica, con mezzi approntati dalla struttura stessa e quindi con spese sostenute direttamente dal servizio sanitario, rispetto al caso del medico generico che opera nel proprio studio professionale con mezzi propri e che in definitiva, agisce fuori dell'orbita delle strutture pubbliche a diretto contatto esclusivo solo con l'assistito che lo ha scelto. Ne' potrebbe obiettarsi che i medici specialisti svolgono un numero di ore determinate, e quindi sono sottoposti ad un impegno piu' limitato, mentre il medico di base si autorganizza sulla base del numero di assistiti e non ha un numero di ore prestabilito; e' evidente che, se il problema e' quello di graduare l'impegno del medico con il passare degli anni, questa graduazione puo' ottenersi facilmente con la riduzione del numero di assistiti (cosi' come possono ridursi le ore del medico specialista). Se invece la ratio della norma e' semplicemente quella di consentire al servizio pubblico di servirsi della prestazione professionale di medici piu' giovani, piu' aggiornati, non si vede perche' questa stessa esigenza non debba valere per gli specialisti ambulatoriali. E' vero che per essi il limite di settanta anni e' previsto dalla norma finale 8 del d.P.R. n. 316/1990, cosi' come e' previsto dall'art. 11 d.P.R. n. 314/1990 per i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta, ma, a norma dell'art. 2, comma settimo, della stessa legge n. 549/1995, il termine per la cessazione dei rapporti convenzionali in atto tra il servizio sanitario nazionale e la medicina specialistica, ambulatoriale, generale e' prorogato fino al 30 giugno 1996. Il che significa che nuove convenzioni per i medici specialisti ambulatoriali potranno prevedere diversi limiti di eta', mentre tale possibilita' e' preclusa per i medici di base per i quali la legge, con la disposizione della cui legittimita' costituzionale si dubita, ha stabilito rigidamente il limite di eta' a settanta anni, precludendo quindi agli accordi di disporre diversamente. Ne consegue la irrazionalita' della limitazione introdotta solo per i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta. Si deve poi osservare che il limite autoritativo imposto dalla legge espone altresi' il cittadino utente, il quale non ha revocato il medico di base settantenne perche' soddisfatto pienamente delle sue prestazioni, ad essere privato di una assistenza resa, in ipotesi, per anni, con piena soddisfazione. Cio' incide sul rapporto fiduciario medico-assistito, con lesione del diritto all'assistenza medica e violazione quindi dell'art. 32 della Costituzione e cioe' del diritto alla salute degli assistiti, i quali si vedono privati del proprio medico di fiducia dopo anni di assistenza, sulla base di un criterio che non appare sorretto da alcuna razionale giustificazione. E cio' nell'attuale sistema che, almeno ad alcune fasce di cittadini, non offre piu' prestazioni sanitarie se non a pagamento, non puo' neppure giustificarsi con le esigenze di organizzazione del servizio sanitario. La norma citata appare inoltre in contrasto con il dovere riconosciuto dall'art. 4 della Costituzione a tutti i cittadini di svolgere, secondo le proprie possibilita' e la propria scelta un'attivita' o una funzione che contribuisca al progresso materiale e spirituale della societa': orbene privare il medico di base della possibilita' di lavoro per il solo fatto del raggiungimento di un'eta' significa privare un soggetto, che proprio in ragione della eta' non ha verosimilmente altre possibilita' di lavoro e di affermazione della propria personalita', del diritto-dovere al lavoro, secondo un criterio astratto e generale di efficienza che potrebbe confliggere clamorosamente con le possibilita' e lo stato dell'individuo medico settantenne il quale, nonostante l'eta', ben puo' avere quella efficienza e preparazione che lo rendono ancora utile alla collettivita'. E a riguardo viene di nuovo in considerazione la violazione dell'art. 3 della Costituzione in quanto, da un lato, si priva sostanzialmente il professionista medico di base della possibilita' di lavorare, e dall'altro tale possibilita' permane per altri liberi professionisti convenzionati e per i medici specialisti ambulatoriali, per i quali la legge suindicata non ha previsto alcun limite di eta', rimettendo quindi la previsione di un eventuale limite agli accordi e alle convenzioni e cioe' alla autodeterminazione delle parti, e consentendo cosi' una maggiore flessibilita' nella fissazione dei limiti di eta' che e' certamente piu' favorevole ai soggetti in questione. Ne' potrebbe obiettarsi che la legge, al pari di quanto avvenuto per la incompatibilita' con altri incarichi professionali, ha inteso avocare a se' e non lasciare quindi agli accordi collettivi, il problema del limite di eta' perche', mentre nel caso della incompatibilita' con altri incarichi la ratio giustificatrice appare quella di ampliare le possibilita' di accesso al lavoro, evitando la concentrazione di incarichi su una sola persona, riguardo al limite di eta', come si e' visto, tutte le possibili rationes (efficenza della persona, esigenza del servizio pubblico di servirsi di medici piu' giovani e aggiornati) valgono ugualmente per i medici specialisti convenzionati, pur nella diversita' della situazione di fatto. Quindi se la legge ha inteso avocare a se' la determinazione del limite di eta', tale determinazione deve avvenire rispettando il principio di uguaglianza a parita' di situazioni di fatto. Infine si deve considerare che la limitazione introdotta solo per questi medici e non per altre categorie simili (medici specialisti) e comunque affini (altri professionisti), incide sostanzialmente nella loro possibilita' di lavoro: non potrebbe infatti sostenersi ragionevolmente che essi possono continuare a svolgere la libera professione non convenzionata, in quanto, e' evidente che i propri assistiti clienti si vedrebbero costretti a scegliere un nuovo medico convenzionato e, alla eta' di settanta anni e' piuttosto difficile intraprendere una nuova attivita' libero-professionale al di fuori della convenzione. Ne consegue che la norma contenuta nell'art. 2, comma quarto, legge n. 549/1995 deve ritenersi illegittima in quanto introducendo il limite di eta' per i soli medici di medicina generale e pediatri di libera scelta e non per gli altri medici convenzionati contrasta con il principio di uguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.) e con le altre norme costituzionali sopra indicate. Ne consegue la rimessione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del processo.