IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3140/1991 r.g.,
 proposto  da  Perrone  Rosario,  rappresentato  e  difeso   dall'avv.
 Salvatore  Saetta,  presso il cui studio in Palermo, via Paisiello n.
 31, e'  elettivamente  domiciliato,  contro  il  rettore  pro-tempore
 dell'Universita' degli studi di Palermo, rappresentato e difeso, come
 per  legge,  dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria
 per l'annullamento, provvedimento di cui alla nota del 1 agosto  1991
 (prot.   P.   8538),  con  il  quale  veniva  respinta  l'istanza  di
 liquidazione di equo indennizzo del ricorrente in adesione al  parere
 del  C.P.P.O. reso il 25 giugno 1990 e pervenuto il 21 giugno 1991 ai
 sensi dell'art. 5-bis della legge 20 novembre 1987, n.  472,  nonche'
 di tutti gli atti presupposti e conseguenziali;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'Avvocatura dello
 Stato per l'amministrazione intimata;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Designato relatore il cons. Calogero Ferlisi;
   Uditi,  alla  pubblica  udienza  del  12  aprile  1996,  l'avv.  V.
 Candiloro,  in  sostituzione dell'avv. S. Saetta, per il ricorrente e
 l'Avvocatura dello Stato per l'amministrazione resistente;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
                               F a t t o
   Con ricorso ritualmente notificato e depositato,  il  sig.  Perrone
 Rosario,  dipendente  del'Universita'  degli  studi  di  Palermo,  ha
 impugnato  il  provvedimento   di   cui   in   epigrafe   chiedendone
 l'annullamento, vinte le spese, deducendo:
     1)  eccesso  di  potere  anche  sotto  il  profilo del difetto di
 motivazione, in quanto il rettore si sarebbe limitato a prendere atto
 del parere negativo espresso (apoditticamente)  dal  C.P.P.O.,  sulla
 non-dipendenza  dell'infermita'  (cardiopatia  ischemica) da causa di
 servizio,  senza  considerare  il  favorevole  giudizio  espresso  in
 precedenza dalla commissione medica ospedaliera (C.M.O.);
     2)  contraddittorieta'  manifesta,  in  quanto il rettore avrebbe
 altresi' disatteso il parere della commissione del personale reso  in
 data  6  marzo  1989,  sul  quale si fonda il decreto rettorale del 5
 aprile 1989 di riconoscimento della causa di servizio.
   Per  resistere  al   ricorso   si   e'   costituita   in   giudizio
 l'amministrazione  intimata  che  tuttavia  non  ha depositato difese
 scritte.
   Alla pubblica udienza del 12 aprile 1996,  presenti  i  procuratori
 delle parti - che si sono riportati agli scritti difensivi insistendo
 nelle relative conclusioni - la causa e' stata posta in decisione.
                             D i r i t t o
   Il  presente ricorso ha ad oggetto il provvedimento con il quale e'
 stata  respinta  l'istanza   proposta   dall'odierno   ricorrente   -
 dipendente  dell'Universita' degli studi di Palermo (con qualifica di
 collaboratore tecnico) - di liquidazione di equo indennizzo.
   Il provvedimento e' motivato in adesione  al  parere  del  C.P.P.O.
 (reso  il  25  giugno  1990,  ai sensi dell'art. 5-bis della legge 20
 novembre 1987,  n.  472),  secondo  cui  l'infermita'  contratta  dal
 ricorrente  (cardipatia  ischemica)  non  e'  dipendente  da causa di
 servizio.
   In precedenza,  la  C.M.O.  aveva  riconosciuto  al  ricorrente  la
 dipendenza di detta infermita' da causa di servizio ed in adesione ad
 esso  si  erano espressi la commissione del personale in data 6 marzo
 1989 e lo stesso rettore, con decreto del 5 aprile 1989.
   Con entrambi  i  dedotti  motivi  di  gravame  il  ricorrente  pone
 l'accento   essenzialmente   sulla   discordanza   esistente  tra  il
 provvedimento impugnato (e quindi del  parere  del  C.P.P.O.)  ed  il
 precedente   giudizio   espresso   dalla  C.M.O.  ed  il  conseguente
 (conforme)  decreto  del  rettore  in  data   5   aprile   1989,   di
 riconoscimento della causa di servizio.
   Cio'   premesso,   il   collegio   osserva  che  tutti  i  predetti
 provvedimenti trovano sostegno normativo e legittimita' (da  qui'  la
 rilevanza  della  questione  di legittimita' costituzionale di cui in
 seguito) nell'art.   5-bis  del  d.-l.  21  settembre  1987,  n.  387
 (convertito  in  legge,  con modificazioni, dall'art. 1, primo comma,
 legge 20 novembre 1987, n. 472), il  quale  dispone  che  "I  giudizi
 collegiali  adottati  dalle  commissioni  mediche ospedaliere sono da
 considerarsi definitivi, nei riguardi del personale  della  difesa  e
 delle  forze  di  polizia nonche', degli altri dipendenti statali, ai
 fini del riconoscimento delle infermita' per la dipendenza  da  causa
 di   servizio,   salvo   il  parere  del  comitato  per  le  pensioni
 privilegiate ordinarie di cui all'art. 166  del  d.P.R.  29  dicembre
 1973,  n. 1092, in sede di liquidazione della pensione privilegiata e
 dell'equo indennizzo" (primo comma).
   Tale  disposizione  ha   profondamente   innovato   il   precedente
 procedimento  (delineato  dal  t.u.  29  dicembre 1973, n. 1092), nel
 quale il decreto di riconoscimento della  dipendenza  dell'infermita'
 da  causa  di servizio (art. 35 e segg. d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686)
 doveva essere  sempre  preceduto  dal  parere  del  comitato  per  le
 pensioni  privilegiate  ordinarie  ai  sensi  dell'art.  177  t.u. n.
 1092/1973 cit. Tanto che i decreti di riconoscimento della dipendenza
 di un'infermita' da causa di servizio, emessi dopo il 1  giugno  1974
 (data  di  entrata  in  vigore  del  detto t.u.) e prima del d.-l. n.
 387/1987 senza l'intervento del comitato per le pensioni privilegiate
 ordinarie, sono stati ritenuti illegittimi per vizi del  procedimento
 (annullabili  dall'amministrazione  in  via  di  autotutela),  ma non
 immediatamente disapplicabili per  negare  l'equo  indennizzo  (Cons.
 St.,  Sez. VI, 13 ottobre 1993, n. 711; ad. plen.  18 aprile 1984, n.
 9; sez VI, 19 settembre 1988, n. 1046, 31 maggio 1989, n. 714).
   Sul punto si e' altresi' precisato  che  con  l'entrata  in  vigore
 dell'art.  5-bis  d.-l.  21  settembre  1987,  n. 387, convertito con
 modificazioni dalla  legge  20  novembre  1987,  n.  472,  il  previo
 annullamento  del  verbale  del  C.M.O.  che  abbia  riconosciuto  la
 dipendenza  dell'infermita'  da  causa  di  servizio  non   e'   piu'
 necessario,  non  essendo  tale  verbale  idoneo  a vincolare, in via
 definitiva,  l'amministrazione  in  sede  di  concessione   dell'equo
 indennizzo  (Cons.  St.  sez.  IV,  n. 826/1993).   Sicche', in forza
 dell'art.  5-bis,  e'  -  ora  -  possibile  rivedere,  in  sede   di
 liquidazione dell'equo indennizzo (e della pensione privilegiata), in
 adesione  al  conforme parere del C.P.P.O., il nesso di dipendenza da
 causa di servizio di una determinata infermita', gia' accertata dalla
 C.M.O. nel relativo procedimento, "senza che con cio' si incorra  nel
 vizio  di  eccesso di potere per contraddittorieta' di provvedimenti"
 (cosi' in Cons. St. sez. IV, n. 826/1993).
   Cio' posto, il collegio, ritiene di dovere sollevare d'ufficio,  in
 conformita' a quanto ritenuto dal Cons. St. sez. VI, con ordinanza 16
 maggio  1995,  n.  466,  questione  di  illegittimita' costituzionale
 dell'art. 5-bis del d-l. n. 387/1987, per contrasto con gli artt.   3
 e  97  della  Costituzione  e  per  eccesso di potere legislativo, in
 quanto la norma denunciata (sulla cui  base  sono  stati  emanati  il
 provvedimento impugnato ed il conforme parere del C.P.P.O.), sancendo
 la  possibile  divaricazione  del  parere  del  C.P.P.O.  rispetto al
 precedente  e  diverso  parere  della  C.M.O.,  (in  funzione  ed  in
 relazione   ai   diversi  fini  del  riconoscimento  della  causa  di
 servizio),  viola  il  (fondamentale)   principio   logico   di   non
 contraddizione.
   E'  ovvio  infatti  che  una  data  infermita'  o  "e"  o  "non e'"
 dipendente da causa di servizio e tale elementare alternativa  logica
 non puo' essere superata per legge, implicando cio':
     la  violazione  del  principio  di eguaglianza con riferimento al
 diverso trattamento che viene riservato ad uno stesso soggetto  e  ad
 una stessa infermita' circa l'etiopatogenesi di quest'ultima;
     la  violazione  del  principio del buon andamento della p.a., che
 viene chiamata ad adottare  provvedimenti  tra  essi  palesemente  ed
 oggettivamente contraddittori.