IL PRETORE Nello sciogliere la riserva formulata all'udienza del 7 giugno 1996, nelle cause riunite promosse con ricorso ex art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 da Allegranzi Mario, con l'avv. F. Brusa di Venezia-Mestre e l'avv. B. Tomasini di Pordenone per mandato a margine dei ricorsi, contro Unita' sanitaria locale n. 9 "Del Sanvitese" e contro il comune di San Vito al Tagliamento, entrambi non costituitisi, emana la seguente ordinanza. Con ricorso ex art. 22 legge n. 689 del 1981, depositato nella cancelleria della pretura circondariale di Pordenone in data 3 ottobre 1994, il rag. Mario Allegranzi, in proprio e quale legale rappresentante della omonima ditta obbligata solidale, proponeva opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione emesso dalla U.S.L. n. 9 "Del Sanvitese" - Settore igiene pubblica - n. 3/1994 del 9 maggio 1994 con la quale gli veniva comminata a titolo di obbligato in solido sanzione amministrativa per la violazione degli artt. 28, 30 e 36, siccome puniti dall'art. 44, della legge 4 luglio 1967, n. 580, in relazione al d.m. 27 settembre 1967 perche', quale titolare della omonima ditta di vendita all'ingrosso di alimentari con sede in Cordignano (Treviso), "... commercializzato pasta alimentare prodotta e confezionata da altre ditte, contenente ingredienti non consentiti (aglio e prezzemolo) dalle vigenti disposizioni di legge ed evidenziati in etichetta, rinvenuta esposta per la vendita presso la ditta "Pastificio La Casalinga" corrente in San Vito al Tagliamento (Pordenone) ...", cosi' contestato il fatto nel verbale di accertamento dei N.A.S. di Udine n. 888/6-10 "P" del 16 marzo 1994 cui l'ordinanza opposta faceva espresso riferimento. Analogo ricorso proponeva in data 31 ottobre 1994 l'Allegranzi avverso l'ordinanza-ingiunzione n. 1267 del 26 luglio 1994 emessa nei suo confronti dal sindaco del comune di San Vito al Tagliamento, con la quale gli veniva applicata diversa sanzione amministrativa per la violazione degli artt. 4 e 18 del d.lvo 27 gennaio 1992, n. 109 per avere (v. verbale di accertamento dei N.A.S. di Udine n. 888/6-5 "P" del 16 marzo 1994 espressamente richiamato dall'ordinanza), commercializzato pasta alimentare prodotta e confezionata da altre ditte, recante in etichetta denominazioni di fantasia in luogo della denominazione di vendita prevista per quel prodotto da specifiche disposizioni di legge e da usi e consuetudini. Depositati gli atti relativi alle ordinanze impugnate, le cause venivano riunite all'udienza del 6 novembre 1994, ed era disposta la sospensione dell'esecutivita' dei provvedimenti impugnati. All'udienza del 3 ottobre 1995 acquisiti nel frattempo alcuni documenti offerti dalla ricorrente, veniva esaminato il maresciallo Paolo Dazzan, appartenente ai N.A.S., che aveva eseguito gli accertamenti presso il punto vendita "Pastificio La Casalinga" di Catto Luigi di San Vito al Tagliamento (Pordenone) dove era stato commercializzato l'alimento. Come emerge dalla deposizione testimoniale e dal rapporto del 26 maggio 1994 dei N.A.S., l'alimento era stato prodotto da "Pastificio Volpato - La Spiga S.n.c." di Venezia-Mestre con la denominazione, riportata in etichetta "Specialita' gastronomica alle erbe aromatiche", l'etichetta (successivamente acquisita) indicava tra gli ingredienti l'aglio ed il prezzemolo in polvere; l'Allegranzi era il grossista e il prodotto era stato ritenuto non conforme alla legge n. 580/1967 in quanto, in base alle caratteristiche esteriori, agli ingredienti, al tipo di confezione, alle modalita' di utilizzo ed alle indicazioni contenute nei documenti fiscali (fattura), si trattava di "... comunissima pasta alimentare secca", contenente per altro ingredienti, quali appunto l'aglio ed il prezzemolo, non consentiti dal d.m. 27 settembre 1967 (artt. 1 e 2) richiamato dall'art. 30 legge citata. Inoltre, con riferimento al d.lgv. n. 109/1992, si riteneva che la denominazione utilizzata costituisse "denominazione di fantasia", come tale vietata dall'art. 4, secondo comma, laddove per l'alimento esisteva una denominazione di legge o comunque consuetudinaria. E' utile riferire come lo stesso maresciallo Dazzan, anche delegato del comune di San Vito a presenziare all'udienza, affermava: "... se il medesimo alimento con la dicitura "pasta all'aglio e prezzemolo" fosse stato prodotto in un altro Paese CEE, non saremmo intervenuti sempre che in regola con le norme del Paese in cui e' stato prodotto ...". Parte ricorrente, tra l'altro, ha eccepito la illegittimita' costituzionale degli artt. 28, 30 e 36 della legge n. 580 del 1967 in quanto idonei a creare una ingiustificata dispari di trattamento tra i produttori nazionali di pasta - cui si applica il divieto di usare ingredienti diversi da quelli espressamente consentiti dall'art. 1 del d.m. 27 settembre 1967 in aggiunta a quelli previsti dall'art. 28 (semola o semolato di grano duro ed acqua) e, nella specie, 31 della legge 580 (visto che l'alimento contiene pure "uova fresche") - e gli importatori nazionali, nonche' gli altri produttori esteri, che possono invece liberamente commercializzare in Italia pasta prodotta con altri ingredienti. Il ricorrente ha invocato generale la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunita' europee (avviata con la sentenza 20 febbraio 1979 - Cassis de Diion secondo la quale un prodotto realizzato in conformita' alla legislazione di uno Stato membro deve poter essere liberamente commercializzato in ogni altro Stato membro sempreche' non vi ostino ragioni di tuela del consumatore o altre esigenze di carattere imperativo; ed in particolare la sentenza 14 luglio 1988 della Corte di giustizia, con la quale veniva affermato il principio secondo cui "l'estensione ai prodotti importati di un divieto di vendere pasta prodotta con grano tenero o con una miscela di grano tenero e di grano duro, come quello contenuto nella legge italiana sulle paste alimentari, e' incompatibile con gli artt. 30 e 36 del trattato CEE". Sulla base di tali pronunce il ricorrente ha affermato il carattere meramente protezionstico del divieto contenuto nella normativa denunciata. Ritiene il pretore che la questione sollevata dal ricorrente sia infondata e rilevante nel giudizio incorso (quanto meno in relazione all'opposizione avverso l'ordinanza emessa dalla U.S.L. per violazione della normativa in tema di pasta alimentare).