IL PRETORE
   Visti:
     l'atto introduttivo del giudizio depositato in  data  11  gennaio
 1996;
     il d.-l. 28 marzo 1996, n. 166;
     l'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903;
     la sentenza n. 495 della Corte costituzionale;
     l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
     l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1;
     l'art. 1 della legge cost. 11 marzo 1953, n. 1;
     gli artt. 24, 25 e 134 Costituzione.
   Ha pronunciato, dandone integrale lettura, la seguente ordinanza ai
 sensi  dell'art.  1  della  legge  cost.  9  febbraio  1948,  n. 1, e
 dell'art.  23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,  di  rimessione  alla
 Corte  costituzionale  di  questione  di legittimita' costituzionale,
 rilevata d'ufficio nella  causa  r.g.  n.  104/1996,  in  materia  di
 previdenza  ed  assistnza  obbligatoria,  promossa  da  Puppo Teresa,
 elettivamente domiciliata in Brescia presso l'avv.  Danilo  Mina,  il
 quale  la  rappresenta  e  difende  in forza di procura a margine del
 ricorso, ricorrente, contro l'I.N.P.S.  -  Istituto  nazionale  della
 previdenza sociale, in persona del presidente pro-tempore, convenuto.
                    Brevi note sul presente giudizio
   1.  -  La ricorrente, dopo aver ricordato che l'art. 22 della legge
 n.   903/1965   e'   stato   dichiarato   illegittimo   dalla   Corte
 costituzionale  (sentenza n. 495/1993) nella parte in cui non prevede
 che la pensione di riversibilita' sia calcolata in  proporzione  alla
 pensione  diretta  integrata  al trattamento minimo gia' liquidata al
 pensionato o che  l'assicurato  avrebbe  comunque  avuto  diritto  di
 percepire,  nelle  sue  conclusioni  ha  chiesto  a questo pretore di
 dichiarare  il  diritto  di  parte  ricorrente   alla   pensione   di
 riversibilita' in ragione del 60% della pensione diretta integrata al
 minimo, goduta o che sarebbe comunque spettata al coniuge deceduto e,
 per  l'effetto,  di  condannare l'Istituto nazionale della previdenza
 sociale al pagamento di  tale  prestazione  nella  misura  risultante
 dovuta  a  seguito  della riliquidazione suddetta, con gli arretrati,
 oltre la  rivalutazione  monetaria  e  gli  interessi  legali  e  con
 vittoria  di  spese,  diritti  ed onorari di giudizio da distrarsi in
 favore del difensore antistatario.
   2. - La ricorrente non ha provveduto alla notifica del ricorso  per
 un disguido, come dichiarato dal suo difensore all'odierna udienza, e
 ha chiesto l'emissione di nuovo decreto di fissazione di udienza, con
 istanza allo stato inaccoglibile.
                                Premessa
   Nelle  more  del giudizio, con il recentissimo d.-l. 28 marzo 1996,
 n. 166, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 75, parte  prima,  del
 29  marzo 1996 ed in vigore dal 30 marzo 1996, e' stato modificato il
 quadro normativo di riferimento e, poiche' l'art. 1 di  tale  decreto
 risulta   non  conforme  alla  Costituzione,  si  impone  il  rilievo
 d'ufficio della questione di legittimita' che  verra'  nel  prosieguo
 sviluppata.
   Prima  deve  essere  chiarito  che la presente ordinanza e tutte le
 innumerevoli altre che questo giudice dovra' emettere in  ogni  altra
 singola causa avente il medesimo oggetto e' solo una versione ridotta
 delle  due  precedenti  emesse  in  data  1  aprile 1996, nelle cause
 promosse  da  Rossi  Giacomina  e  da   Marchesini   Antonia   contro
 l'I.N.P.S.,  e  trae la sua stringente necessita' dall'impossibilita'
 di operare dei rinvii "tecnici" in attesa della decisione della Corte
 costituzionale sulle due citate rimessioni, visto  che  l'unico  atto
 residuo  -  oltre  quello  ineludibile della rimessione alla Corte di
 questioni di legittimita' costituzionale, qui posto in  essere  -  di
 giurisdizione  previsto  dall'art.    3 del decreto-legge n. 166/1996
 impone di dichiarare d'ufficio l'estinzione di  tutti  i  processi  a
 spese   compensate,  senza  neppure  ed  in  particolare  per  quanto
 attinente la presente causa lo spazio per emettere nuovo  decreto  di
 fissazione  di udienza (come richiesto dalla ricorrente in carenza di
 notifica all'I.N.P.S. del ricorso).
   La limitazione della presente ordinanza ad una  sola  questione  di
 legittimita'  costituzionale non significa in alcun modo che tutte le
 altre questioni gia' sollevate non siano  piu'  ritenute  fondate  da
 questo  giudice remittente, ma e' dettata dall'esigenza di rendere il
 meno gravoso possibile il  lavoro  degli  uffici  della  cancelleria,
 nonche' da quella di ridurre al minimo i costi del materiale cartaceo
 e l'usura delle macchine (fotocopiatrici e stampanti) dell'ufficio.
     La normativa sopravvenuta art. del d.-l. 28 marzo 1996, n. 166
   Come  si  e'  gia' detto, il Governo ha emanato il decreto-legge n.
 166 del 28 marzo 1996 - entrato in vigore il giorno 30  dello  stesso
 mese  e,  dunque,  applicabile  alla presente controversia - ove sono
 dettate, nell'art. 1, una serie di disposizioni dirette  a  risolvere
 in  via definitiva, sia l'annoso problema della copertura finanziaria
 necessaria per il pagamento del "rimborso" delle somme maturate  fino
 al  31  dicembre  1995  in favore degli aventi diritto in conseguenza
 dell'applicazione  delle  sentenze  della  Corte  costituzionale   n.
 495/1993   e  n.  240/1994,  sia  l'ancora  piu'  antico  contenzioso
 giurisdizionale legato all'accertamento del diritto al calcolo  delle
 pensioni  di  riversibilita'  nella  misura  del  60% del trattamento
 minimo effettivamente goduto dal pensionato deceduto  o  che  sarebbe
 spettato  all'assicurato ed alla "cristallizzazione" delle pensioni a
 decorrere dal 1 ottobre 1983 nella misura  erogata  al  30  settembre
 1983,  sui quali sono intervenute le due citate decisioni del giudice
 delle leggi.
   La realta' del decreto-legge pero'  non  e'  minimamente  idonea  a
 raggiungere  gli scopi sperati, poiche' da' luogo a numerosi dubbi di
 legittimita'   costituzionale,   tutti   traducibili   in   questioni
 rilevabili (e gia' rilevate, come si e' detto prima) d'ufficio.
   Tra le tante qui ne viene sollevata una sola, la seguente:
  Questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi primo,
 secondo e terzo, del decreto-legge n. 166/1996 per  violazione  degli
 artt. 24, comma primo, e 25, comma primo, della Costituzione
   In  primo  luogo  deve  essere  messo  in piena luce che mai si era
 verificato  nella  legislazione  italiana,  pur  tormentata   da   un
 eccessivamente   anomalo  ricorso  alla  decretazione  d'urgenza  del
 Governo, un caso si palesemente evidente di abuso di potere da  parte
 del  Potere  esecutivo  con  grave  violazione delle attribuzioni del
 Parlamento (si vedano a tal proposito gli artt. 70, 72, 76, 77 e 136,
 secondo comma, della Costituzione) e dell'autorita' giudiziaria.
   Questa autorita' giudiziaria non intende sollevare un conflitto  di
 attribuzione  con  il  Potere esecutivo, nonostante la sussistenza di
 fondate ragioni per dar vita a  tale  procedimento,  poiche'  ritiene
 eccessivo ed improprio il ricorso a tale lacerante rimedio giuridico,
 a  fronte  della  ravvisata  possibilita'  di  pervenire  al medesimo
 risultato di cancellare dall'ordinamento  le  parti  illegittime  del
 contestato  decreto-legge  mediante  il  piu' "normale" e fisiologico
 rilievo d'ufficio della presente questione di costituzionalita'.
   Il Governo, invero, ha emanato il  decreto-legge  n.  166/1996  per
 imporre  una  specifica  soluzione  delle  numerosissime controversie
 pendenti in primo e secondo grado dinanzi ai giudici  del  lavoro  di
 tutta Italia e dinanzi alla Corte di cassazione, soluzione che non si
 presenta pero' con i connotati della norma di legge, ma piuttosto con
 quelli tipici della sentenza del giudice ordinario, giacche' risponde
 alle domande formulate dai tanti ricorrenti con accoglimento di molte
 di  esse,  ma  non  di  tutte  (poi se ne parlera' piu' chiaramente),
 giungendo addirittura ad imporre ai giudici competenti di  dichiarare
 d'ufficio  l'estinzione  dei  processi,  con  la compensazione tra le
 parti delle spese di causa: una vera sentenza collettiva, dunque, non
 una norma di legge.
   Inoltre, con specifico riferimento al terzo comma, dell'art. 1  del
 decreto-legge  n.  166/1996,  non  puo'  farsi  a meno di notare come
 disporre che (si riporta testualmente) "I giudizi pendenti alla  data
 di  entrata  in vigore del presente decreto-legge aventi a oggetto le
 questioni  di  cui  al  presente  articolo  sono  dichiarati  estinti
 d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti. I provvedimenti
 giudiziali non ancora passati in giudicato restano privi di effetto",
 a  fronte  di  una  soluzione inidonea a definire in senso positivo o
 negativo per tutti coloro che hanno una controversia in corso in sede
 giudiziaria - in via solo esemplificativa e non  esaustiva,  infatti,
 non  si  comprende perche' gli accertamenti reddituali debbano essere
 spostati in sede amministrativa, quando di  certo  costituiscono  uno
 degli  elementi  da  valutare  per  accogliere o respingere i ricorsi
 giudiziari, ne' si capisce perche' cio' debba avvenire anche  per  la
 decadenza  e  la  prescrizione, come non e' chiaro se realmente si e'
 voluto  escludere  il  diritto  degli  eredi  con la previsione degli
 aventi diritto di cui al secondo comma ("soli"), mentre e' certo che,
 esclusi o meno, agli eredi non puo' essere precluso di  coltivare  le
 azioni  gia'  proposte  o proponende in sede giurisdizionale - viola,
 sia l'art. 24, primo comma, della  Costituzione  poiche'  vieta  agli
 interessati  "di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti",
 sia l'art. 25, primo comma,  poiche',  eliminando  la  giurisdizione,
 distoglie gli odierni ed i potenziali ricorrenti dal giudice naturale
 precostituito per legge.".
   Ulteriori  motivazioni  sulla  presente  questione appaiono davvero
 superflue.
   La questione non e' manifestamente infondata e  rilevante,  poiche'
 il  presente  giudizio  non  puo' "essere definito indipendentemente"
 dalla sua risoluzione: e' piu' che chiaro che la dichiarazione  della
 illegittimita'  costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 del decreto-legge
 n.   166/1996   avrebbe   l'effetto   di   ripristinare   la   tutela
 giurisdizionale   soppressa,   restituendo   nel  contempo  a  questa
 Autorita'  giudiziaria  competente  la  funzione  attribuitale  dalla
 Costituzione   di   amministrare   la   giustizia  secondo  la  legge
 costituzionalmente vigente.