IL PRETORE Visti: gli atti difensivi delle parti; l'art. 1 del d.-l. 28 marzo 1996, n. 166; l'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903; la sentenza n. 495 della Corte costituzionale; l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; gli artt. 81 e 134 della Costituzione; Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale di questione di legittimita' costituzionale, rilevata d'ufficio, nella causa r.g. n. 3410/1995, in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria, promossa da: Feroldi Angelina, elettivamente domiciliata in Brescia presso l'avv. Nardino, il quale la rappresenta e difende in forza di procura a margine del ricorso, ricorrente, contro l'I.N.P.S. - Istituto nazionale della previdenza sociale, in persona del presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dai dott. procc. Oreste Manzi e Alfonso Faienza, procuratori per mandati alle liti a rogito del dott. Lupo, notaio in Roma, con domicilio eletto in Brescia, via Cefalonia n. 49, convenuto. Nelle more del presente giudizio - nel quale la parte ricorrente chiede di vedere riconosciuto il proprio diritto al ricalcolo della pensione di riversibilita' in godimento secondo i criteri affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 495 del 1993 - con il recentissimo d.-l. 28 marzo 1996, n. 166, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 75, parte prima, del 29 marzo ed in vigore dal 30 marzo, e' stato modificato il quadro normativo di riferimento e, poiche' l'art. 1 di tale decreto risulta non conforme alla Costituzione, si impone il rilievo della questione di legittimita' che segue. Prima deve pero' essere chiarito che la presente ordinanza (come le altre emesse e da emettere in ogni controversia avente il medesimo oggetto) trae necessita' dall'impossibilita' di operare dei rinvii "tecnici" in attesa della decisione della Corte costituzionale sulle due precedenti rimessioni decise in data 1 aprile 1996 da altro pretore del lavoro di Brescia, dott. Onni, nelle cause promosse da Rossi Giacomina e da Manfredini Antonia contro l'I.N.P.S., visto che l'unico residuo atto di giurisdizione - oltre quello della rimessione alla Corte di questioni di legittimita' costituzionale, qui doverosamente posto in essere - previsto dall'art. 3 del decreto-legislativo n. 166/1996 impone di dichiarare d'ufficio l'estinzione di tutti i processi. Come si e' gia' detto, il Governo ha emanato il decreto-legge n. 166 del 28 marzo 1996 - entrato in vigore il giorno 30 dello stesso mese e, dunque, applicabile alla presente controversia - ove sono dettate, nell'art. 1, una serie di disposizioni (tanto ambiziosamente, quanto vanamente) dirette a risolvere in via definitiva, sia l'annoso problema della copertura finanziaria necessaria per il pagamento "rimborso" e' l'atecnico termine usato nel decreto) delle somme maturate fino al 31 dicembre 1995 in favore degli aventi diritto in conseguenza dell'applicazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 495/1993 e n. 240/1994, sia l'enorme ed ancora piu' antico contenzioso giurisdizionale legato all'accertamento del diritto al calcolo delle pensioni di riversibilita' nella misura del 60% del trattamento minimo effettivamente goduto dal pensionato deceduto o che sarebbe comunque spettato all'assicurato ed alla "cristallizzazione" delle pensioni a decorrere dal 1 ottobre 1983 nella misura erogata al 30 settembre 1983, sui quali sono intervenute le due citate decisioni del giudice delle leggi. La realta' del decreto legge pero' non e' minimamente idonea a perseguire i suoi fini, poiche' da' luogo a numerosi dubbi di legittimita' costituzionale, tutti traducibili in questioni rilevabili (e gia' rilevate, come si e' detto prima) d'ufficio. Tra le tante, qui ne viene sollevata una sola, la seguente: Questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge n.. 166 del 1996 per violazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione Il primo comma dell'art. 1 del decreto-legge n. 166 del 1996 prevede il "rimborso" del quale gia' si e' detto mediante sei annualita', mentre il quarto comma (ove si individuano i mezzi di copertura dell'"onere derivante dall'applicazione del presente articolo") omette totalmente di indicare la copertura finanziaria per gli anni 1999, 2000 e 2001: e' dato certo e non opinabile, poiche' vengono contemplate solo le annualita' dal 1996 al 1998. La violazione dell'ultimo comma dell'art. 81 della Costituzione e', per quanto possa sembrar strano, ammessa e scritta nella stessa disposizione sopra citata, ove il Governo si fa carico di determinare la copertura solo per tre delle sei annualita' previste per il "rimborso", lasciando cosi' palesemente scoperte le restanti, con conseguente incontrovertibile illegittimita' costituzionale dell'intero art. 1 del decreto-legge n. 166/1996. Ne' puo' opporsi alla constatazione appena espressa una ipotetica necessita' di rispettare la previsione triennale di bilancio, poiche', al fine del rispetto dell'art. 81, ultimo comma, della Costituzione, devono essere totalmente individuate e precisate nella legge che prevede nuove spese le risorse finanziarie per la copertura piena delle medesime spese e non puo' ritenersi soddisfatto tale obbligo, qualora, come nel caso qui sottosposto a critica, l'indicazione dei "mezzi per farvi fronte" non sia completa e precisa. Peraltro, sotto altro aspetto, non sembra neppure possibile ritenere che l'assegnazione di titoli di Stato costituisca corretto mezzo di copertura finanziaria degli oneri (di dubbia sussistenza, peraltro) ai quali il decreto-legge vorrebbe dare esecuzione, poiche' altro non e' che nuovo indebitamento dello Stato e quindi non puo' essere considerato come nuova risorsa per finanziare il pagamento del debito: la sostituzione di un debito con un altro debito non e' copertura finanziaria di una spesa, ma solo operazione poco chiara. Se dovesse passare indenne all'esame del giudice delle leggi una siffatta artificiosa e solo apparente copertura delle nuove spese, allora dovremmo riconoscere che l'art. 81, ultimo comma, della Costituzione e' norma inutile, o, peggio, abrogata con il decreto-legge che qui si critica. Puo' anche essere sostenuto che la legge di bilancio non deve rispettare la parita' tra entrate e uscite e puo' essere accettata la tesi secondo la quale e' sufficiente la previsione dei mezzi di finanziamento per la copertura delle nuove spese, per cui vi sarebbe il rispetto dell'art. 81, ultimo comma, anche se la previsione si rivelasse erronea ed ottimistica, ma non si puo' accedere a soluzioni, come quella adottata dal Governo, nelle quali non vi sia neppure l'ombra dell'effettivita' teorica delle nuove risorse, limitandosi l'operazione a spostare la carenza di copertura finanziaria ad un'epoca futura, con una sostanziale rinnovazione del debito, senza estinzione dell'obbligazione reale, la quale resta, comunque, sempre a carico del debito pubblico, sempre priva di copertura finanziaria. La questione non e' manifestamente infondata ed e' rilevante: e' piu' che chiaro, infatti, che la dichiarazione della illegittimita' costituzionale del decreto-legge n. 166/1996 avrebbe l'effetto di ripristinare la vigenza della normativa precedente, restituendo nel contempo a questa autorita' giudiziaria competente la funzione attribuitale dalla Costituzione di amministrare la giustizia secondo la legge costituzionalmente vigente (art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903, nella presente controversia).