LA CORTE D'APPELLO Ha reso la seguente ordinanza nella causa civile, in appello, iscritta al n. 303 r.g.c. 1993 promossa dal comune di Teramo in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dal dr. proc. Nicola Palma ed elettivamente domiciliato in Teramo presso il suo studio alla via Nicola Palma giusta procura in calce all'atto di citazione e giusta delibera della giunta n. 669 del 26 aprile 1993, appellante, contro Di Saverio Walter, Gilsberto, Gino, Paola e Pistilli Erminia da Teramo, rappresentati e difesi giusta procura a margine della comparsa di risposta dagli avv.ti Gennaro Lettieri e Sebastiano Papa, unitamente ai quali eleggono domicilio in L'Aquila alla via G. D'Annunzio n. 12 presso lo studio dell'avv. Francesco Rossi, appellati. Oggetto: risarcimento danni. Udienza di discussione: 19 marzo 1996. Ritenuto che il presente giudizio attiene alla quantificazione del danno da espropriazione illegittima e conseguente perdita del diritto di proprieta' del fondo per effetto dell'occupazione appropriativa derivata dalla realizzaziore dell'opera pubblica. O s s e r v a L'art. 1, sessantacinquesimo comma, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, di parziale modifica dell'art. 5-bis della legge 8 agosto 1992, n. 359, di conversione del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, risulta del seguente letterale tenore: "le disposizioni di cui al presente articolo si applicano a tutti i casi in cui non siano stati determinati in via definitiva il prezzo, l'entita' dell'indennizzo e/o del risarcimento del danno alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto". La chiara lettera della legge include nel suo ambito di applicazione i casi giudiziari in cui - come nel presente - trattasi di determinare l'entita' del risarcimento del danno (per equivalente) dovuto al proprietario per il fatto illecito che gli ha procurato la perdita del corrispondente diritto sul bene. Il criterio di stima stabilito dell'art. 5-bis della legge 8 agosto 1992, n. 359, siccome modificato dall'art. 1, sessantacinquesimo comma, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che pur impone di attribuire un indennizzo pecuniario sensibilmente inferiore al valore del bene in tutti i casi in cui il procedimento di espropriazione segua legittimamente il suo corso, equipara ora a questi casi anche quello in cui, trattandosi di fatto illecito, sorge nel danneggiato il diritto al risarcimento del danno. La delineata equiparazione, che denunzia ex se l'incongruenza della normativa, non si sottrae al dubbio di incostituzionalita' - al riguardo gia' espresso da altri giudici - con riferimento a piu' d'un parametro. 1. - In relazione all'art. 3 della Costituzione, nel profilo in cui, nella patente violazione del canone primario della ragionevolezza, si equiparano situazioni del tutto diverse tra loro nei presupposti (espropriazione legittima - acquisizione appropriativa da occupazione illegittima) e nelle conseguenze (indennizzo-risarcimento del danno); cosi' pervenendosi all'ingiustificata disparita' di trattamento di quelle situazioni e dei soggetti cui esse mettono capo. Non sono, infatti, logicamente e normativamente equiparabili le posizioni giuridiche del proprietario, legittimamente espropriato del diritto corrispondente, e quella di colui che la perdita subisce per effetto della realizzazione dell'opera pubblica sul proprio fondo illegittimamente occupato, e in definitiva - com'e' ormai acquisito in giurisprudenza per il fatto illecito della p.a. -. Nel primo caso, il diritto all'indennita' di espropriazione, pur dovendo essere ragguagliato a criteri di giusta riparazione e ragionevole compenso per la perdita subita, potra' legittimamente discostarsi dal valore venale del bene, alla cui integralita' - come e' noto - non e' legato il parametro indennitario; nel restante, al contrario, ove trattasi del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, al ristoro della lesione patrimoniale subita rimane estraneo il modulo indennitario, soccorrendo il principio della integralita' della riparazione, almeno nell'equivalente, secondo i principi recepiti nelle disposizioni di cui agli artt. 2056 e 1223 del Codice civile. 2. - Art. 24, secondo comma, della Costituzione, nel profilo in cui l'applicazione in corso di causa della mutata disciplina giuridica, in tema di quantificazione dell'obbligazione risarcitoria, ridonda in menomazione del diritto della difesa, del quale va inevitabilmente a pregiudicare - nel sol caso di danno da acquisizione appropriativa e in assenza d'alcun atto d'imperio della p.a. - come la pienezza della tutela del diritto soggettivo fatto valere in giudizio, cosi' l'esito pienamente vittorioso della lite, con la conseguente attenuazione del principio della soccombenza e della connessa regolamentazione delle spese processuali. Risultando la questione rilevante ai fini del decidere, poiche' dalla sua risoluzione dipende l'attribuzione al danneggiato del risarcimento nella sua integralita' e che, per le ragioni che precedono, non appare manifestamente sottrarsi al rilievo di incostituzionalita' nel punto in cui estende ai casi di risarcimento del danno l'ivi previsto meccanismo di determinazione dell'indennita' di espropriazione.