Il Tribunale Amministrativo Regionale Ha pronunziato la seguente ordinanza sul ricorso r.g. n. 956/96 proposto dal comune di Milano, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Rita Surano ed Elena Savasta, presso il cui studio in Milano, via della Guastalla 8, e' elettivamente domiciliato; contro la DIRCOM - Federazione nazionale dirigenti enti locali, sezione di Milano, in persona del legale rappresentate pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Marcantonio Guerritore, presso il cui studio in Milano, via S. Antonio 2, e' elettivamente domiciliata; e con l'intervento di Premoselli Carlo, rappresentato e difeso dall'avv. Lorenzo Biglia, presso il cui studio in Milano, via De Amicis 40, e' elettivamente domiciliato; nel giudizio di opposizione al decreto n. 262/96, ex art. 28 della legge n. 300/1970, del tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sez. II, che ha accolto il ricorso proposto dalla DIRCOM per l'annullamento del trasferimento del sig. dott. Carlo Premoselli; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della DIRCOM e del dott. Premoselli; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti della causa; Uditi all'udienza del 23 aprile 1996 (relatore dott. Rita Cerioni) i procuratori della parte ricorrente, dell'Amministrazione resistente e dell'interveniente; Ritenuto in fatto e diritto quanto segue: f a t t o Il comune di Milano impugna il decreto del tribunale amministrativo di cui all'enigrafe emesso nella procedura d'urgenza disciplinata dall'art. 28 della legge n. 300/1970, per reprimere un comportamento antisindacale dell'ente consistente nel trasferimento ad altra circoscrizione del dirigente sindacale dott. Carlo Premoselli. Il comune di Milano chiede la revoca del decreto, con la conseguente dichiarazione della legittimita' del trasferimento 1) per essere stata omessa l'audizione delle parti, 2) perche' l'amministrazione ignorava la qualifica di dirigente sindacale del dott. Premoselli, 3) preche' il sindacato del quale quest'ultimo e' dirigente non avrebbe alcun iscritto tra i dipendenti del comune di Milano e/o non sarebbe sufficientemente rappresentativo, ed infine 4) perche' l'assegnazione ad altra circoscrizione non costituirebbe un vero trasferimento e comunque non impedirebbe al dott. Premoselli di svolgere attivita' sindacale. Resiste la DIRCOM che reputa il ricorso irricevibile e comunque infondato, cosi' come l'intervento dott. Premoselli. d i r i t t o In via di fatto va premesso che nella fattispecie due dei componenti il collegio chiamato a decidere sull'opposizione al decreto hanno fatto parte del collegio che si e' pronunziato in via d'urgenza, compiendo in quella sede una valutazione di merito che ora dovrebbero reiterare. Tale circostanza, secondo il collegio, deve far dubitare della legittimita' costituzionale dell'art. 28, ultimo comma, della legge n. 300 del 20 maggio 1970, introdotto dalla legge 12 giugno 1990, n. 146, laddove affida l'opposizione al decreto al medesimo tribunale che lo ha emesso in via d'urgenza. L'ipotesi disciplinata dall'ultimo comma dell'art. 28 ripropone i medesimi dubbi di legittimita' costituzionale evidenziati dalla Corte costituzionale nell'ordinanza n. 24/1996, nella quale e' stato ravvisato un possibile vizio nell'ipotesi in cui un medesimo giudice debba comprendere due successive valutazioni di merito, con il rischio, anche solo teorico, che la seconda possa essere influenzata dalla prima. Poiche' il decreto emesso in via d'urgenza ex art. 28, come indicato nella stessa norma, comporta un vero e proprio pronunciamento circa la sussistenza della violazione delle norme poste a tutela della liberta' ed attivita' sindacale, ed e' destinato a diventare giudicato in assenza dell'opposizione, non appare privo di fondamento l'ipotizzato rischio. Ne' il rito abbreviato muta la sostanza del procedimento, che investe sempre e comunque il merito della controversia, anche quando e' decisa in base a sommarie informazioni. Del possibile condizionamento della "forza della prevenzione" sulla valutazione che il medesimo giudice e' chiamato a compiere su un provvedimento da lui stesso emesso in precedenza, la Corte si e' gia' fatto carico nella sentenza n. 432 del 6/15 settembre 1995, con la quale e' stato dichiarato incostituzionale l'art. 34, secondo comma, del c.p.p, laddove non prevede la non partecipazione al giudizio dibattimentale del g.i.p. che abbia applicato misure cautelari. La presente fattispecie non differisce in linea teorica da quelle gia' esaminate dalla Corte; infatti, qualunque sia il significato da attribuire alla prima fase processuale di cui all'art. 28 della legge 20 magio 1970, l'ultimo comma di detta norma appare, secondo il tribunale remittente, in ogni caso, contrastante con gli artt. 3 e 24 della Costituzione dal momento in cui affida al medesimo organo giudicante l'esame, in sede di opposizione, della controversia sulla quale si e' gia' pronunziato, stante "la naturale tendenza a mentenere un giudizio gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento", come ha esattamente rilevato la Corte nella richiamata decisione n. 432/95. Del resto la prospettata questione di legittimita' e' rilevante ai fini del giudizio in quanto ove fosse fondata comporterebbe l'obbligo di astensione e costituirebbe motivo di ricusazione.