IL PRETORE
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza a scioglimento della riserva
 formulata nel procedimento n. 139/1994  r.g.  tra:  Marchetti  Terzo;
 Bussi  Cesare; Orlandi Ottavio; Masotti Gianfranco; Antonini Antonio;
 Toni Angelo; Imperatori Mario;  Paolucci  Tito;  Calderini  Pietro  e
 l'Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari.
   Con  il  ricorso  in epigrafe i ricorrenti chiedono lo accertamento
 della inesistenza di obblighi contributivi nei  confronti  dell'ENPAV
 per  gli  anni 1991, 1992 e 1993 ove del caso previa remissione degli
 atti alla Corte costituzionale in ipotesi di delibata rilevanza e non
 manifesta infondatezza da parte di questo Pretore della questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 11, ventiseiesimo comma, della
 legge 24 dicembre 1993 n. 537 (finanziaria 1994), in  relazione  agli
 artt. 2, 3, 38 e 97 della Costituzione.
   Cio' rilevato, e
                           Premesso in fatto
     che  i  ricorrenti  si  trovano  tutti  nella condizione prevista
 dall'art.  24,  undicesimo comma, della legge n. 136/1991;
     che in base alla  previgente  disciplina  di  cui  allo  art.  2,
 secondo  comma,  della  legge  18  agosto  1962  n. 1357 l'iscrizione
 all'ENPAV era obbligatoria per tutti i veterinari iscritti agli  albi
 professionali,  anche  se svolgenti esclusivamente lavoro dipendente,
 con conseguente obbligo di contribuzione all'Ente (art. 16  legge  n.
 1357);
     che con legge n. 136/1991 l'iscrizione all'ENPAV per i veterinari
 svolgenti  esclusiva  attivita'  lavorativa dipendente e autonoma con
 altra forma di  previdenza  obbligatoria  era  stata  resa  meramente
 facoltativa;
     che,  in  ottemperanza alla facolta' loro concessa da tale ultima
 normativa,  tutti  i  ricorrenti  hanno   rinunziato   all'iscrizione
 all'ENPAV;
     che, successivamente, l'art. 11, ventiseiesimo comma, della legge
 n.  537/1993,  ha  di  fatto  ripristinato  l'obbligo  di  iscrizione
 all'ENPAV per  tutti  i  medici  veterinari  iscritti  all'albo,  con
 conseguente nullita' di diritto dei provvedimenti di cancellazione ed
 obbligo  di  pagamento  dei  contributi  maturati  a  far  data dalla
 cancellazione stessa;
     che l'ENPAV ha pertanto richiesto a tutti gli iscritti agli  albi
 professionali  l'adeguamento a tale ultima normativa, ed avverso tale
 richiesta sono insorti i  ricorrenti,  dando  luogo  al  giudizio  in
 epigrafe;
                         Considerato in diritto
   I.  -  La  questione  prospettata  a  questo  Giudice e' senz'altro
 rilevante stante la posizione soggettiva di lavoratori dipendenti dei
 ricorrenti, i quali, in quanto tenuti ad altra forma di contribuzione
 obbligatoria,  avevano  tutti  esercitato  il  diritto  di   rinunzia
 all'iscrizione  all'ENPAV,  di talche' l'eventuale accoglimento della
 prospettata  questione  di  incostituzionabilita'   avrebbe   diretta
 incidenza sul presente giudizio.
   II.  - In ordine al requisito della non manifesta infondatezza puo'
 osservarsi   quanto   segue:   la   norma   in    esame,    di    la'
 dall'autoqualificazione  come  norma  interpretativa,  ha  senz'altro
 efficacia innovativa, non foss'altro che per la previsione  contenuta
 nella  norma  in esame, della "nullita' di diritto" dei provvedimenti
 di cancellazione; e' noto, difatti,  che  la  nullita'  si  distingue
 dagli altri vizi dei negozi per la sua incidenza sul momento genetico
 del    negozio,    con   conseguente   retroattivita'   dal   momento
 dell'accertamento  fino  al  momento  della  (apparente)  venuta   ad
 esistenza  del  negozio  stesso.    Dunque,  la  norma  in  esame  e'
 senz'altro innovativa, e (come sembra innegabile) essa e'  dotata  di
 efficacia   retroattiva;   ora,  per  autorevole  insegnamento  della
 giurisprudenza costituzionale (Corte costituzionale 4 aprile 1990  n.
 155),  il  principio  di  irretroattivita'  della  legge  ex  art. 11
 preleggi,  sia  pure   non   costituzionalizzato   per   la   materia
 extrapenale,  costituisce  principio  ontologico  del diritto, cui il
 legislatore  deve  attenersi  secondo  il   generale   principio   di
 ragionevolezza,  discostandosene,  dunque,  solo  in  presenza di una
 ragionevole causa giustificatrice.
   Nel caso di specie, non sembra infondato ritenere la  insussistenza
 di cause giustificatrici di sorta.
   Inoltre,  andando  piu'  specificamente  ad  osservare  la  tecnica
 attraverso la quale il legislatore ha prodotto  l'effetto  innovativo
 di  cui  si  diceva,  si  deve  affermare  che esso e' stato ottenuto
 mediante una norma abrogatrice; l'effetto di abrogazione e',  di  per
 se',  inconciliabile  con  quello  di  interpretazione autentica, dal
 momento che quest'ultima determina la coesistenza temporale delle due
 norme   (quella   intepretativa   e   quella   interpretata)   mentre
 l'abrogazione  ha  come  effetto  tipico  quello  di  determinare  la
 successione temporale di diverse norme.
   Quanto sopra costituisce ulteriore manifestazione  del  difetto  di
 razionalita'  della  disciplina,  denunciato  dai ricorrenti sotto il
 profilo della violazione dell'art. 3 della Costituzione.
   L'art. 3 della Costituzione puo' ritenersi altresi'  violato  sotto
 il  profilo  della  disparita'  di  trattamento  operato  dalla norma
 impugnata tra coloro che si trovano nella posizione  dei  ricorrenti,
 ed  i  veterinari  liberi  professionisti,  essendo  i  primi  tenuti
 rispetto agli altri ad un "raddoppio"  dei  contributi  previdenziali
 senza alcuna ragionevole giustificazione.
   Anche  sotto  il  parametro  dell'art.  38  della  Costituzione  la
 sollevata questione di incostituzionalita' non sembra  manifestamente
 infondata;  e,  invero,  l'assicurazione  obbligatoria e' vista dalla
 norma costituzionale come diritto, e  non  gia'  come  dovere,  sotto
 questo  profilo,  l'obbligo  della  doppia  contribuzione puo' essere
 visto come  vincolo  che,  andando  oltre  il  disposto  della  norma
 costituzionale, di fatto ne viola lo spirito, imponendo ai lavoratori
 oneri  ulteriori  rispetto a quelli ragionevolmente necessari perche'
 sia loro garantito un equo trattamento previdenziale.
   Ancora, puo' ritenersi non manifestamente  infondata  la  questione
 sollevata in relazione al parametro dell'art. 97 della Costituzione.
   Cio'  in  quanto  l'art.  11,  ventiseiesimo  comma, della legge n.
 537/1993  limita  la  propria  efficacia  agli  iscritti  agli   albi
 professionali  in  epoca  anteriore all'entrata in vigore della legge
 stessa.
   In tal modo, l'Ente di previdenza  puo'  legittimamente  pretendere
 prestazioni  previdenziali  nei  confronti  di  una  sola  parte  dei
 soggetti  che  si  trovano  nelle  condizioni   soggettive   previste
 dall'art. 24 e 11 della legge n. 136/1991, e cioe' solo nei confronti
 di coloro che si siano iscritti all'albo prima dell'entrata in vigore
 della legge n. 537/1993.
   Cio' (oltre a costitutire ulteriore profilo di violazione dell'art.
 3)  induce  a  ritenere  violato  anche l'art. 97 della Costituzione,
 laddove impone l'imparzialita'  della  condotta  dell'Amministrazione
 nei confronti della generalita' dei consociati, e dunque vieppiu' nei
 confronti  di  coloro tra i consociati che si trovino in una identica
 posizione soggettiva.