IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente  ordinanza  nel  procedimento  penale  a
 carico  di  Gaspari  Andrea,  nato  a  Ferrara  il 21 ottobre 1964, e
 Farinella Michele, nato  a  Ferrara  il  9  novembre  1964,  entrambi
 domiciliati  in Tresigallo, via delle Arti 3 presso MA.RI.PLAST snc.,
 imputati del reato p. e p. dagli artt. 10  e  25,  comma  primo,  del
 decreto  del  Presidente  della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915,
 perche',   nella   citata   qualita',  in  assenza  della  prescritta
 autorizzazione regionale, effettuavano fase di smaltimento  (raccolta
 e  trattamento)  di  rifiuti  speciali  prodotti da terzi (cascami di
 materiali plastici).
   Acc.: in Tresigallo, da ultimo nel giugno 1992.
                             O s s e r v a
   Il p.m. ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale  in
 ordine  alla  ipotesi di rilevanza e non manifesta infondatezza della
 questione di legittimita' del d.-l. 8 gennaio 1996, n. 8, nell'intero
 suo testo, per violazione degli artt. 25 e 77 della Costituzione, con
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
   Osserva il pretore che la richiesta e' fondata e ritiene, pertanto,
 di dover dichiarare rilevante e  non  manifestamente  infondata,  per
 violazione degli artt. 3, 25 e 77 della Costituzione, la questione di
 legittimita'   costituzionale   del  d.-l.  8  gennaio  1996,  n.  8,
 nell'intero suo testo.
   A tale proposito, si rileva quanto segue:
   - Nella fattispecie concreta e'  applicabile  il  d.-l.  8  gennaio
 1996,  n.  8  "Disposizioni  in  materia  di  riutilizzo  dei residui
 derivanti da  cicli  di  produzione  o  di  consumo  in  un  processo
 produttivo  o  in  un  processo di combustione, nonche' in materia di
 smaltimento dei rifiuti", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.6 del
 9 gennaio 1996.  Esso reitera, nella  sostanza,  numerosi  precedenti
 decreti-legge  non  convertiti,  l'ultimo  dei  quali  e'  il d.-l. 8
 novembre 1995, n. 463.
   L'art.  25  cpv.  della  Costituzione  fissa,  tra  gli  altri,  il
 principio della riserva di legge in materia penale.
   E'  implicito  in  tale  principio  il fatto che tutte le scelte di
 politica criminale siano monopolio esclusivo del parlamento, cio'  in
 quanto  la  rappresentativita'  del medesimo si impone quale garanzia
 contro la commissione di arbitrii. Il potere legislativo e', infatti,
 un centro  dialettico  della  maggioranza  e  delle  minoranze  e  le
 decisioni prese si fondano sul dibattito parlamentare dopo vari vagli
 critici.
   L'ammissibilita' che nuove norme di diritto penale siano introdotte
 attraverso  decreti  legislativi  o  decreti-legge  e'  connessa alla
 circostanza che, in entrambi i casi, si  realizzi  e  sia  assicurato
 l'intervento del parlamento in posizione sovraordinata.
   Rispetto ai decreti legislativi, il parlamento conserva, attraverso
 la  delegazione, la prerogativa della iniziativa e delle fondamentali
 scelte politiche, con  controllo  della  Corte  costituzionale  anche
 sulla   conformita'   di   tali   atti  normativi  ai  criteri  della
 delegazione.  I decreti-legge sono, invece, provvedimenti provvisori,
 destinati, entro il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 77,
 ultimo comma, Cost., ad  essere  convertiti  in  legge  o  a  perdere
 efficacia ex tunc.
   In   materia   penale   cio'   significa   che  ai  reati  commessi
 anteriormente alla data di entrata in vigore di un decreto-legge  non
 convertito,   si  applica  la  normativa  precedente,  in  quanto  un
 decreto-legge non convertito e' privo di effetto fin dall'inizio.  La
 Corte  costituzionale,  con  sentenza  19  febbraio  1985, n. 51, ha,
 infatti, dichiarato l'llegittimita' costituzionale, del  quinto  come
 dell'art.  2  del  c.p.,  nella parte in cui rendeva applicabili alle
 ipotesi da esso previste (e cioe' al caso di mancata  conversione  di
 un  decreto-legge  recante  norme  piu'  favorevoli)  le disposizioni
 contenute nel secondo e terzo comma di tale articolo. Tale  questione
 rileva  poiche'  il  decreto-legge  in  oggetto  potrebbe  non essere
 convertito.
   Pertanto, alla luce di quanto sopra, il ricorso al decreto-legge in
 materia  penale  oltre  che  talora  inopportuno  in  relazione  alla
 complessita'  e  alla  delicatezza delle questioni trattate, presenta
 dei profili di incostituzionalita' per violazione del principio della
 riserva di legge, se e' fatto al di fuori dei rigorosi e straordinari
 estremi della necessita' ed urgenza. Lo stesso, inoltre,  essendo  in
 una  posizione  precaria,  puo'  far  venir  meno  le  garanzie della
 certezza del diritto.
   Si  osserva  che,   nella   materia   in   questione,   invece,   i
 decreti-legge,  con contenuto parzialmente diverso, si sono reiterati
 a catena per circa un anno, evidenziando, in modo palese, soprattutto
 con specifico riferimento all'ultimo dei decreti emanati, la  carenza
 dei  requisiti  della  "necessita'  ed  urgenza".  Ora se puo' essere
 opinabile il fatto che tali requisiti sussistessero rispetto al primo
 dei decreti emanati in subiecta materia, certamente essi sono  venuti
 meno  ad un anno di distanza e cioe' dopo un periodo di tempo tale da
 consentire la normale legiferazione del Parlamento in via ordinaria.
   Inoltre, con la  continua  ed  ininterrotta  reiterazione  di  vari
 decreti-legge   mai   convertiti  si  e'  realizzata,  di  fatto,  la
 sottrazione al Parlamento della sua esclusiva competenza e dispone in
 materia   penale,   con   l'inammissibile   assunzione    da    parte
 dell'esecutivo  del relativo potere di bilanciamento e di valutazione
 degli interessi che, in materia penale, e'  di  esclusiva  competenza
 dell'organo assembleare rappresentativo della sovranita' popolare.
   Ancora,  la  prassi della reiterazione dei decreti-legge in materia
 penale, ha,  come  nella  specie,  la  conseguenza  di  sottrarre  al
 Parlamento la possibilita' prevista dall'art. 77, ultimo comma, Cost.
 "di  regolare  con  legge  i  rapporti giuridici sorti sulla base dei
 decreti non convertiti".   E' evidente che, se  la  reiterazione  dei
 decreti  nella  stessa  materia  si  protrae per un anno, si potranno
 determinare effetti definitivi quale il giudicato,  non  modificabili
 in  sede  giudiziaria, con la conseguente gravissima compressione dei
 diritti dei singoli, resa ancora piu' incisiva  dalla  disparita'  di
 trattamento  che  potrebbe verificarsi ove due fattispecie identiche,
 ma  commesse  e/o  giudicate  sotto  la   vigenza   di   un   diverso
 decreto-legge, vengono diversamente giudicate.
   Dalle considerazioni esposte si desume che il presente giudizio non
 puo'   essere   definito,   allo  stato  e  vigenti  i  principi  del
 decreto-legge  n.  8/1996  in  esame,  in  modo  indipendente   dalla
 risoluzione della questione di legittimita' costituzionale.