LA CORTE DEI CONTI Visto il decreto della Legione della Guardia di finanza di Palermo n. 1171 del 20 luglio 1995, concernente la liquidazione della pensione in favore dell'appuntato Salvatore Martuscelli; Vista la relazione n. 274/6 del 10 aprile 1996 del consigliere delegato al controllo sugli atti delle amministrazioni dello Stato aventi sede in Sicilia; Vista l'ordinanza in data 7 maggio 1996, con la quale il presidente della sezione di controllo, per la regione siciliana ha deferito alla sezione stessa la pronuncia sul visto e sulla registrazione del decreto suindicato, all'uopo convocandola per l'adunanza odierna; Vista la nota dell'8 maggio 1996 con cui la segreteria della sezione ha dato comunicazione di tale ordinanza alla Legione della Guardia di finanza di Palermo e alla Ragioneria regionale dello Stato, trasmettendo, al contempo, copia della predetta relazione del sonsigliere delegato; Visti l'art. 24, secondo comma, del testo unico approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, nel testo sostituito con l'art. 1 della legge 21 marzo 1953, n. 161, l'art. 2 del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655, e l'art. 3, undicesimo comma, della legge 14 gennaio 1994, n. 20; Udito, nell'odierna adunanza, il relatore, consigliere Salvatore Cilia; non rappresentate la Legione della Guardia di finanza di Palermo e la Ragioneria regionale dello Stato. F a t t o Venuta a cessare, col 31 dicembre 1993, la sospensione dei pensionamenti di anzianita', a suo tempo introdotta col primo comma dell'art.1 del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, e' subentrato, a decorrere dal 1 gennaio 1994, un sistema di penalizzazioni percentuali per i collocamenti in pensione con anzianita' di servizio inferiore a trentacinque anni (art. 11, comma sedicesimo, e tabella "A", della legge 24 dicembre 1993, n. 537), al quale peraltro non soggiacciono i dipendenti la cui domanda di pensionamento anticipato era stata regolarmente accolta entro il 15 ottobre 1993 (art. 11, comma diciottesimo). Cio' premesso, e considerato che le penalizzazioni operano, per espressa disposizione di legge, con riferimento ad anzianita' di servizio inferiori a trentacinque anni, il primo problema che, a giudizio del consigliere delegato, l'interprete si deve porre e' quello del travaso di tale sistema generale nelle normative di settore che, per determinate categorie di dipendenti, prevedono il raggiungimento della misura massima di pensione (80%) al compimento non di quaranta anni di servizio (art. 44, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092) ma bensi' di trenta anni (per il caso di specie, comb. disp. dei commi primo, sesto e settimo dell'art. 54 dello stesso d.P.R.), e rispetto alle quali la legge n. 537/1993 niente dispone. Orbene, in relazione a tale silenzio normativo, la circolare 15 febbraio 1994, n. 19, del Ministero del tesoro (pubblicata sulla G.U.R.I. n. 46 del 25 febbraio 1994) ha precisato che, in tali casi, mentre, rispetto ad anzianita' di servizio di trenta anni, "non trova applicazione la riduzione di cui al comma sedicesimo", per contro, "con anzianita' inferiore a trenta anni la operativita' della tabella A, per ovvie ragioni equitative, va in via interpretativa stabilita... prendendo in considerazione il numero degli anni mancanti al raggiungimento del requisito contributivo di trenta anni". E cosi', in ottemperanza a tale circolare, la Legione della Guardia di finanza di Palermo ha applicato la riduzioni dell'1% alla pensione liquidata all'appuntato Salvatore Martuscelli, che ha prestato ventinove anni di servizio utili e la cui domanda di pensione (recante peraltro la data del 31 gennaio 1994) e' stata accolta (ovviamente) in data successiva al 15 ottobre 1993 (e precisamente, il 10 agosto 1994, come risulta dalla determinazione n. 99779 del Comando generale della Guardia di finanza). Senonche', stante che tale criterio applicativo ha fatto sorgere al competente consigliere delegato delle perplessita' nell'ottica della legittimita' costituzionale e considerato che la problematica assumeva le caratteristiche della questione di massima per la sua portata generale a livello nazionale, il medesimo consigliere ha chiesto al presidente della sezione di controllo per la regione siciliana il deferimento dell'esame del decreto alla sede collegiale, ai sensi dell' art. 24, comma secondo, del t.u. delle leggi sulla Corte dei conti (r.d. 12 luglio 1934, n. 1214) e dell'art. 3, comma undicesimo, della legge 14 gennaio 1994, n. 20. D i r i t t o La sezione tendenzialmente condivide la circolare 15 febbraio 1994, n. 19, del Ministero del tesoro (citata in narrativa), nella parte in cui afferma che nessuna penalita' e' da applicare - in corrispondenza di una anzianita' di servizio di trenta anni - per quelle categorie di dipendenti che con tale anzianita' raggiungono il livello massimo di pensione (80% degli elementi retributivi utili per la quiescenza), ma non poche perplessita' fa nascere, per contro, l'ulteriore affermazione della stessa circolare secondo cui "per ovvie ragioni di equita'") in tali casi le penalita' comincerebbero ad operare a partire dall'anzianita' di ventinove anni (criterio al quale - come si e' gia' visto - si e' adeguata la Legione della Guardia di finanza di Palermo col provvedimento indicato in epigrafe, stante che la domanda di pensionamento dell'appuntato Martuscelli e' stata accolta in data successiva al 15 ottobre 1993). Cio' in quanto, proprio volendo (e dovendo) applicare la legge in base a criteri che non confliggano con parametri costituzionali (e "l'equita'" - intesa in questa sede come principio di eguaglianza - e' sicuramente uno di essi), la sezione - partendo dalla considerazione che il d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (non intaccato, sul punto, dalla legge 24 dicembre 1993, n. 537), nell'individuare identiche percentuali pensionistichi (80%) rispetto a differenti anzianita' di servizio (quaranta anni per i dipendenti civili: art. 44, comma primo, d.P.R. n. 1092/1973; trenta anni per talune categorie di personale militare: art. 54, comma sesto, stesso d.P.R.) ha evidentemente effettuato una (ragionevole) ponderazione del diverso "tipo" di attivita' - e' dell'avviso che sia alquanto riduttivo volere limitare per (il personale "militare") alla sola anzianita' di trenta anni la non operativita' del sistema delle "penalizzazioni", e riterrebbe indispensabile - nel silenzio della legge - individuare un meccanismo che consentisse di ascrivere coerentemente (e, cioe', rispettando il principio di eguaglianza) il sistema particolare al sistema generale. Per un approccio ermeneutico che tale finalita' possa conseguire, la sezione ritiene utile, conducente e necessario mettere in evidenza che in corrispondenza (nel sistema generale) dell'anzianita' di trentacinque anni - che consente a prescindere dalla data di accoglimento della domanda di pensionamento anticipato) di evitare le penalizzazioni di cui sopra - la quota di pensione e' pari al 71%, per cui sembrerebbe proprio "non equo" applicare (nel sistema particolare cui si e' fatto riferimento in precedenza) tali riduzioni a partire dall'anzianita' di ventinove anni, in corrispondenza della quale la percentuale di pensione e' del 76,4 (e lo stesso dicasi per l'anzianita' di ventotto anni, rispetto alla quale tale percentuale e' del 72,8, sempre, cioe', superiore al 71). E se l'interprete deve ritenere (come - in linea di principio - non puo' non ritenere) che tutto il sistema pensionistico (cosi' come, d'altronde, tutto il sistema normativo) abbia una sua coerenza complessiva e quindi che il legislatore, se ha valutato che trenta anni di servizio per i dipendenti di cui al sesto comma dell'art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 (sottufficlali e appuntati dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza; sottufficiali e militari di truppa del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza e del Corpo degli agenti di custodia) equivalgano - almeno in termini pensionistici - ai quaranta anni di servizio dei dipendenti civili (art. 44 stesso d.P.R.) e dei militari di cui ai commi primo e secondo del medesimo art. 54, non puo', poi, non trarne tutte le conseguenze, che consistono proprio nel ritenere non conforme al principio di eguaglianza costituzionalmente garantito il criterio di applicare, per i dipendenti di cui al sesto comma dell'art. 54 (e lo stesso discorso puo' essere fatto per i dipendenti di cui al 4 comma dell'art. 61, che pure non rilevano in questa sede), le penalizzazioni a partire dall'anzianita' di ventinove anni; e l'omogeneita' delle situazioni di cui il giudice delle leggi ha sempre preteso la sussistenza al fine di potere in concreto e correttamente invocare la violazione dell'art. 3 della Costituzione e' dalla Sezione individuata proprio nell'equivalenza "quaranta anni-trenta anni" dei due sistemi. D'altra parte - al fine di individuare in modo ancora piu' specifico il favorevole orientamento del legislatore riguardo alle normative speciali nei settori di cui si sta qui trattando - appare certamente non irrilevante la circostanza che l'art. 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (attuativo della delega contenuta, in materia di "riordino del sistema previdenziale dei lavoratori dipendenti pubblici e privati", nell'art. 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nell'individuare, con riferimento all'art. 1, i limiti di eta' per il pensionamento di vecchiaia e quelli per il collocamento a riposo d'ufficio per raggiunti limiti di eta' (primo comma), confermi, ai commi secondo e terzo, la disciplina previgente in materia di limiti di eta' per il pensionamento nei confronti di particolari categorie di dipendenti pubblici (fra cui, per cio' che interessa in questa sede, gli appartenenti alle Forze armate e gli appartenenti alle Forze di polizia ad ordinamento civile); cosi' come non si puo' sottacere che, coerentemente, l'art. 2, comma ventitreesimo, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (contenente la "riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare"), nel lasciare immutata tale disciplina normativa, ha delegato il Governo ad emanare - lett. a) - norme intese a prevedere, proprio per i lavoratori di cui all'art. 5, commi secondo e terzo, del decreto legislativo n. 503/1992, "requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici, nel rispetto del principio di flessibilita' come affermato dalla presente legge, secondo criteri coerenti e funzionali alle obiettive peculiarita' ed esigenze dei rispettivi settori di attivita' dei lavoratori medesimi; con applicazione della disciplina in materia di computo dei trattamenti pensionistici secondo il sistema contributivo in modo da determinare effetti compatibili con la specificita' dei settori delle attivita'". Infatti, le disposizioni contenute nell'art. 5 del decreto legislativo n. 503/1992 e nell'art. 2, comma ventitreesimo, della legge n. 335/1995, appena citate, stanno a dimostrare la piena consapevolezza del legislatore in ordine alle peculiarita' che contraddistinguono il rapporto di lavoro di determinate categorie di dipendenti pubblici e rendono ancor piu' evidente (e ancora meno comprensibile) il "vuoto" normativo che e' stato di sopra segnalato. Conclusivamente, il provvedimento indicato in epigrafe, nel mentre si conforma alla gia' citata circolare n. 19/1994 del Ministero del tesoro (disponendo, cioe', la riduzioni dell'1% alla pensione spettante all'appuntato Martuscelli, che al 14 febbraio 1994 ha maturato ventinove anni di servizio "utile" e la cui domanda di pensionamento anticipato e' stata accolta in data successiva al 15 ottobre 1993), e, anzi, proprio perche' si conforma ad essa, mette chiaramente in evidenza - in base alle considerazioni svolte in precedenza - come la "lacuna" rilevabile sul punto nell'art. 11, comma sedicesimo, della legge n. 537/1993 prospetti, relativamente al caso qui esaminato, un contrasto con il principio di cui all'art. 3 della Costituzione, che la predetta circolare riesce a superare, in via interpretativa, solo con riferimento (nel sistema particolare dei "militari") alle anzianita' di trenta anni, lasciando cosi' "scoperte" le anzianita' di ventinove e di ventotto anni, che peraltro, facendo maturare - come gia' messo in evidenza - il diritto ad una percentuale di pensione del 77,4 e del 72,8, sono da considerare - in un ragionevole rapporto "qualita'-quantita'" - di entita' superiore a quella che nel sistema generale si ottiene con trentacinque anni di anzianita' (che produce una quota pensionistica del 71% e che, come gia' si e' visto, non da' luogo - a prescindere dalla data di accoglimento della domanda di pensionamento anticipato - ad alcuna riduzione); ne', d'altra parte, la Sezione ritiene possibile colmare il silenzio della legge mediante il ricorso alla integrazione analogica, in quanto il risultato dell'eventuale non applicazione delle riduzioni della pensione per le anzianita' di ventinove e di ventotto anni risulterebbe, in definitiva, estremamente empirico, cosi' come, d'altronde, e' empirica, sul punto, la piu' volte citata circolare del Ministero del tesoro, la cui impostazione complessiva rende in effetti scarsamente comprensibili i motivi in base ai quali essa ha limitato alla (sola) anzianita' di trenta anni il punto di riferimento idoneo a non dare luogo alla applicazione di tali riduzioni. E' chiaro che quello del Ministero del tesoro si configura come un commendevole tentativo - nel silenzio della legge - di attenuare almeno parzialmente) gli effetti negativi, per i "militari", del travaso del sistema generale nel sistema particolare, ma la soluzione di escludere da tale impostazione - quanto meno - le anzianita' di ventinove e di ventotto anni induce a ritenere che anche a livello ministeriale fosse presente la consapevolezza che l'adottata soluzione (di carattere intermedio) facesse permanere margini di dubbio e di perplessita', tali comunque da sconsigliare ulteriori estrapolazioni sul piano interpretativo. A valutazioni diverse sarebbe stato forse possibile pervenire ove, nel sistema generale, le penalizzazioni previste dalla legge n. 537/1993 avessero cominciato ad operare immediatamente al di sotto della anzianita' di quaranta anni (invece che di trentacinque), perche', allora, l'equivalenza "quaranta anni-trenta anni" dei due sistemi sarebbe venuta in evidenza in modo immediato e coerente, di tal che l'integrazione analogica avrebbe potuto essere piu' agevolmente invocata e piu' correttamente applicata, mentre le diverse percentuali di pensione spettanti in corrispondenza delle anzianita' inferiori ai quaranta anni e, rispettivamente, ai trenta anni, avrebbero verosimilmente assunto, in tale ipotesi, una rilevanza secondaria. In base a tutti le argomentazioni che precedono, la Sezione ritiene di sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, dell'art. 11, comma sedicesimo, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e dell'annessa tabella A, nella parte in cui, con riferimento al personale contemplato dall'art. 54, sesto comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, non prevedono che le riduzioni percentuali ivi indicate non si applichino con riguardo a quelle anzianita' che danno luogo ad una percentuale di pensione superiore a quella che nel sistema generale e' collegata all'anzianita' di trentacinque anni, e d'altra parte non consentono - a giudizio del collegio - che al medesimo risultato si possa pervenire in via di interpretazione. La rilevanza della questione deriva dal fatto che, ove le prospettazioni di questa Sezione fosseo accolte dalla Corte costituzionale, a carico del sig. Salvatore Martuscelli non dovrebbe operare la riduzioni dell'1% della pensione spettante, che e' stata invece applicata col decreto indicato in epigrafe. La non manifesta infondatezza e' a sua volta da ricercare nelle argomentazioni svolte in precedenza.