IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente  ordinanza  nel  proc.pen.  n.  159/1996
 reg.gen.  contro Santoro Santo, imputato del delitto di ricettazione,
 all'udienza dell'11 luglio 1996.
   La direttiva di cui all'art. 2 n. 12 della legge delega dispone che
 la competenza per materia sia determinata  tenendo  conto  sia  della
 pena   edittale  -  con  esclusione  degli  aumenti  derivanti  dalla
 recidiva, dalla continuazione  e  dalle  circostanze  aggravanti,  ad
 eccezione  di  quelle  per  le  quali la legge stabilisce una pena di
 specie diversa e di quelle ad effetto speciale - sia  della  qualita'
 del  reato.  In  particolare  dispone  che  vengano  attribuiti  alla
 competenza del pretore le contravvenzioni e i delitti punibili con la
 pena della multa o con quella  della  reclusione  non  superiore  nel
 massimo   a   quattro  anni,  nonche'  altri  delitti  specificamente
 indicati. In attuazione di detta direttiva l'art.  7  c.p.p.  dispone
 l'attribuzione alla competenza del pretore del reato di ricettazione,
 per  cui  si procede, punito nel massimo con la pena della reclusione
 di otto anni. La competenza per  materia  del  pretore  viene  quindi
 individuata  non piu', come per l'art. 31 c.p.p. 1930, sulla base del
 solo criterio  quantitativo,  ma,  seguendo  la  tendenza  ampliativa
 espressa  nelle  modifiche  apportate  a  detta  norma dalla legge 31
 luglio 1984, n.  400  anche  sulla  base  del  criterio  qualitativo,
 fondato sul titolo del reato.
   Prescindendo  dal  caso della ripartizione della competenza in base
 al criterio qualitativo con riferimento alla situazione del  soggetto
 attivo  del  reato  (che  determina la competenza del Tribunale per i
 minorenni, giudice ordinario specializzato chiamato  a  conoscere  di
 tutti i reati commessi da minori degli anni 18), il codice vigente ha
 dunque  adottato  un  criterio  misto,  ponendo a base del sistema il
 criterio  quantitativo,  ampiamente  derogato  da  numerosi  casi  di
 competenza   qualitativa:   alla  Corte  d'assise  e'  attribuita  la
 competenza  per  i  delitti  per  i quali la legge stabilisce la pena
 dell'ergastolo  o  della  reclusione  non  inferiore  nel  massimo  a
 ventiquattro  anni;  al  tribunale  quella per i reati per i quali la
 legge stabilisce la pena della reclusione nel  massimo  inferiore  ai
 ventiquattro  anni  e  superiore  ai quattro, al pretore quella per i
 reati per i quali la pena della reclusione non superiore nel  massimo
 a  quattro  anni,  ovvero  una  pena pecuniaria sola o congiunta alla
 predetta pena detentiva; la Corte d'assise inoltre estende la propria
 competenza a reati che secondo il criterio quantitativo sarebbero  di
 competenza  del  tribunale  o  del  pretore, il tribunale a reati che
 sarebbero di competenza  della  Corte  d'assise  o  del  pretore,  il
 pretore  a  reati  che  sarebbero  di  competenza  del  tribunale. Il
 criterio misto adottato nel codice vigente non estende quindi sola la
 competenza del giudice "superiore" a reati che  secondo  il  criterio
 quantitativo  sarebbero  di  competenza  del  giudice "inferiore", ma
 anche la competenza di quest'ultimo a reati che secondo  il  predetto
 criterio  sarebbero  di  competenza del giudice "superiore". Se pero'
 detto criterio, cosi' come attuato, puo' rispondere alla  particolare
 configurazione  della  Corte  d'assise  che  giustifica  la scelta di
 devolvere ad un organo  -che  per  la  composizione  mista  attua  la
 diretta partecipazione popolare all'amministrazione della giustizia -
 materie  di  particolare rilievo per la coscienza collettiva, sia per
 la speciale gravita' della pena che per la natura  e  le  conseguenze
 dell'illecito, non altrettanto puo' dirsi in ordine alla ripartizione
 della  competenza  tra  pretore  e  tribunale,  caratterizzandosi  la
 differenza  tra  questi  due  organi  giurisdizionali  non   per   la
 particolare  natura  della loro composizione, ma per la collegialita'
 del secondo, cui  consegue  una  maggiore  garanzia  in  ordine  alla
 decisione ed a cui si accompagna una procedura non semplificata, come
 quella  pretorile,  che  esclude  l'udienza preliminare. Ed invero la
 legge 10 aprile 1951 n. 287 aveva correttamente regolato  secondo  il
 criterio   qualitativo  solo  la  competenza  della  Corte  d'assise,
 ricorrendo quantitativo per la determinazione  della  competenza  del
 pretore  e  riservando  a  quella  del tribunale (secondo un criterio
 misto) anche la cognizione di reati che, pur essendo puniti con  pena
 inferiore  ai  quattro  anni  di reclusione, si caratterizzano per la
 particolare rilevanza del bene giuridico  tutelato,  ovvero  per  una
 maggiore  pericolosita'  diffusiva  (come nel caso dei reati commessi
 con mezzo della stampa); ne' puo' fondatamente  argomentarsi  che  il
 problema delle minori garanzie sia sostanzialmente venuto meno per la
 raggiunta  integrale "giurisdizionalizzazione" del pretore realizzata
 attreverso la separazione delle  funzioni  requirenti  e  giudicanti,
 essendo  connesse (le minori garanzie), come si e' appena detto, alla
 monocraticita' dell'organo ed alla semplificazione  della  procedura.
 In  realta',  come  e'  stato  osservato,  l'esigenza di fondo che ha
 ispirato la normativa sulla competenza del pretore "e'  stata  quella
 di  sottrarre agli organi "superiori" un volume cospicuo di processi,
 cosi' da riservare l'attivita' dei tribunali e delle corti d'assise a
 quelle vicende rispetto  alle  quali  si  presenta  piu'  marcata  la
 necessita'  della  cognizione  di  un organo collegiale" (A. Macchia,
 Commentario del nuovo codice di procedura penale, vol.  I  pag.  33).
 Il  rapporto  tra  reato  e  composizione  monocratica  o  collegiale
 dell'organo   giudicante   non   puo'   pero',   per   le   superiori
 considerazioni,   prescindere   dalla   gravita'   del   primo,  come
 chiaramente  desumersi  anche  dal  fatto  che  l'art.  2 n. 12 della
 legge-delega pone come criterio generale per la  deroga  al  criterio
 quantitativo  sola  la  recidiva,  la  continuazione  e le aggravanti
 comuni, escludendo quelle per le quali la legge stabilisce  una  pena
 di  specie  diversa e quelle ad effetto speciale, che per loro natura
 implicano connotazioni di accentuata gravita'.  Appare  pertanto  non
 manifestamente  infondata, e rilevante in ordine alla decisione sulla
 competenza per materie la questione  di  legittimita'  costituzionale
 delle  norme di cui agli artt. 2, n. 12 della legge 16 febbraio 1987,
 n. 81 e 7 lett. n) c.p.p. in relazione all'art.  3 cost.,  in  quanto
 detta norma crea una disparita' di trattamento tra cittadini imputati
 del delitto di ricettazione e cittadini imputati di delitti di minore
 gravita' per cui e' stabilita la competenza del tribunale.