IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza; Premesso: che con decreto del 27 dicembre 1995 veniva disposto il giudizio nei confronti di Rossani Antonio, Grande Ivo, Dragone Domenico e Leoci Claudia, imputati: A) dei reati di cui agli artt. 81, 110, 112, n. 1) del c.p., 216, comma primo, nn. 1) e 2), 216, comma terzo, 219, commi primo e secondo, n. 1) del regio decreto n. 267/1942, tutti gli imputati; B) dei reati di cui agli artt. 81, 110, 112, n. 1) del c.p., 223, comma primo, n. 1) del regio decreto n. 267/1942 in relazione all'art. 2621 del c.c., i primi tre (Rossani, Grande e Dragone); che nell'udienza dibattimentale del 9 luglio 1996 gli imputati Rossani, Dragone e Leoci hanno chiesto applicarsi la pena ai sensi dell'art. 444 e ss. del c.p.p., nella misura di anni 1 e mesi 8 di reclusione i primi due e nella misura di anni 1 e mesi 6 di reclusione la terza; Osservato che il tribunale, dopo avere separato i processi, ha pronunciato nei confronti del Rossani, del Dragone e della Leoci sentenza di applicazione (previo consenso del pubblico ministero) di pena da ciascuno degli stessi richiesta: Considerato: che la resa pronuncia nei confronti del Rossani, del Dragone e della Leoci determina, ad avviso di questo giudice, la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma secondo, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' del giudice che proceda al dibattimento nei confronti del coimputato degli stessi reati in ordine ai quali esso ha espresso il proprio convincimento provvedendo sulla richiesta di applicazione di pena; che la suddetta questione di illegittimita' costituzionale e' ictu oculi rilevante nel caso di specie, in quanto dalla risoluzione della stessa dipende se questo collegio possa o no procedere al dibattimento nei confronti del Grande, coimputato - a titolo di concorso - dei medesimi reati in ordine ai quali per il Rossani, il Dragone e la Leoci e' intervenuta sentenza ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale; Evidenziato che il tribunale non ignora le sentenze n. 186/1992 e n. 439/1993 con le quali codesta Corte ha dichiarato non fondata analoga questione di illegittimita' costituzionale sollevata rispettivamente dal tribunale di Bari e dal tribunale di Torino; Rilevato tuttavia che, con riferimento alla compatibilita' del giudice pronunciatosi ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale nei confronti di uno dei coimputati di uno stesso reato a procedere al dibattimento nei confronti del coimputato che non abbia richiesto applicazione di pena, la legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma secondo, del codice di procedura penale - vieppiu' alla luce di quanto e' stato considerato a fondamento di recentissime sentenze della Corte costituzionale (n. 131/1996 e n. 155/1996) "guardando alla sostanza", come si precisa nella prima delle due suddette sentenze - merita di essere riesaminata sotto profili diversi da quelli gia' vagliati dalla medesima Corte con riferimento agli art. 25, 76, 77 e 101 della Costituzione nelle sentenze n. 186/1992 e n. 439/1993; Ritenuto, invero: che appare quantomeno parzialmente (il che non significa necessariamente in modo non decisivo) pregiudicato il diritto di difesa del coimputato che non abbia chiesto applicazione di pena in un dibattimento tenuto dal medesimo giudice che, pronunciando sulla richiesta di applicazione di pena del coimputato del medesimo reato, doverosamente - a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale - abbia, non ravvisando l'applicabilita' dell'art. 129 del codice di procedura penale, escluso che il fatto non sussista o che esso non sia previsto dalla legge come reato o che il reato sia estinto o che manchi una condizione di procedibilita', ed altresi' abbia ritenuto corretta la qualificazione giuridica del fatto; che vero e' che, nei riguardi del coimputato del medesimo reato non avvalsosi del procedimento speciale, resterebbero pur sempre da svolgere "autonome statuizioni sotto il profilo tanto materiale che psicologico" (come viene evidenziato nella menzionata sentenza del 1992), si' da essere possibile pervenire ad un accertamento positivo per uno e ad un accertamento negativo per l'altro dei coimputati dello stesso reato, ma che altrettanto vero e' che il diritto di difesa del coimputato che non si sia avvalso del procedimento speciale non rimane pieno ed incondizionato con riguardo alle questioni dianzi elencate e gia' valutate dal giudice ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, laddove ben potrebbe trovarsi detto imputato nella condizione di poter difendersi soltanto sul piano della non partecipazione al reato o del difetto dell'elemento soggettivo del reato o della mancanza di imputabilita', e trovarsi invece nella condizione di non poter efficacemente difendersi sotto il profilo dell'insussistenza o della irrilevanza penale del fatto ovvero della qualificazione giuridica dello stesso (profili gia' sostanzialmente delibati in sede di rito speciale); che, in altre e piu' semplici parole, una volta accertata da parte del giudice la sussistenza del fatto e valutata la qualificazione giuridica dello stesso in sede di delibazione ex art. 444 del c.p.p., ben difficilmente potrebbe il medesimo giudice pervenire a diversa conclusione (quanto meno in ordine a tali elementi: sussistenza del fatto; qualificazione giuridica dello stesso) nei confronti del coimputato a carico del quale si proceda separatamente nelle vie ordinarie (si' da determinare, in buona sostanza, una vera e propria anticipazione del giudizio nei confronti di detto ultimo imputato, sia pure relativamente ai profili indicati); Osservato peraltro che, al riguardo, non si potrebbe neppure far leva sul principio della formazione della prova in dibattimento, militando in proposito i medesimi motivi per i quali, ad onta di tale principio, un imputato non puo' essere giudicato in dibattimento dal giudice che abbia rigettato nel merito una sua richiesta di applicazione di pena (come da codesta Corte acutamente evidenziato con sentenza n. 186 del 22 aprile 1992); Ritenuto, pertanto, non essere manifestamente infondato l'ipotizzato contrasto, con l'art. 24 della Costituzione, dell'art. 34, comma secondo, del codice di procedura penale cosi' come vigente, in quanto suscettibile di ledere l'inviolabilita' del diritto di difesa e la pienezza della tutela del coimputato dello stesso reato in ordine al quale il giudice abbia provveduto ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale con riguardo ad altro(/i) imputato(/i); Atteso che, percio', gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale (alla cui attenzione questo tribunale ha trasmesso analoga questione con ordinanza in data 4 luglio 1996) ed il processo va sospeso nei confronti dell'imputato Grande Ivo, con espletamento da parte della cancelleria dei conseguenti adempimenti di legge (tenendosi da essa peraltro presente che di questa ordinanza viene data lettura in pubblica udienza).