Ricorso per la regione  Lazio,  in  persona  del  presidente  della
 giunta  regionale  dott.  Pietro Badaloni, rappresentata e difesa dal
 prof.  avv. Achille Chiappetti ed elettivamente domiciliata presso il
 suo studio in Roma, alla via Paolo  Emilio  n.  7,  come  da  procura
 speciale  a  margine  del  presente  ricorso contro il Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri   pro-tempore   per   la   declaratoria   di
 incostituzionalita'  dell'art.  11  del  d.-l. 8 agosto 1996, n. 440,
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  199  del  26  agosto  1996  e
 portante   "Differimento   di   termini   previsti   da  disposizioni
 legislative in materia di interventi in campo economico e sociale".
                               F a t t o
   Per  avere  contezza  della  evidente illegittimita' costituzionale
 delle disposizioni impugnate,  deve  essere  tenuto  presente  quanto
 segue.
   1.  -  Con  la  legge  26  novembre  1992, n. 468, portante "Misure
 urgenti  nel  settore  lattiero-caseario",  lo  Stato   italiano   ha
 formulato   alcune   disposizioni   relative   alle   modalita'   per
 l'attuazione  del  c.d.  "prelievo  supplementare"  introdotto  dalla
 Comunita'  europea  a  carico  dei  produttori  o degli acquirenti di
 latte.
   Detto prelievo e' stato previsto dall'art. 5-quater del Regolamento
 CEE 856/1984 del 31 marzo  1984  con  lo  scopo  di  mantenere  sotto
 controllo  la  crescita  della  produzione  lattiera  e si applica ai
 predetti operatori di settore che superino il proprio quantitativo di
 riferimento.
   Lo stesso regolamento n. 856/1984 ha pure previsto che  "il  regime
 del  prelievo  e'  attuato  in  ciascuna Regione del territorio degli
 Stati membri...".
   Su tale normativa e su quella del regolamento n. 857/1984, di  pari
 data  del  precedente,  si e' fondato il legislatore italiano che ha,
 appunto, previsto all'art. 5 della legge n. 468 del  1992  il  regime
 per il prelievo supplementare organizzato su base regionale.
   Nello  stesso  art.  5 (commi V, VI, VII, VIII e IX) il legislatore
 italiano ha previsto un  meccanismo  di  compensazione  interno  alle
 Associazioni  di  produttori  del  latte, riconosciute (e volute) dal
 Regolamento CEE, n. 1360/1978 e ribadita dall'art. 12, lett.  c,  del
 Regolamento CEE n. 857/1984 del 31 marzo 1984.
   2.  -  Sulla  base  di  tale  normativa  nazionale si e' svolto "il
 periodo" (o campagna produttiva) 1995-1996.
   Tant'e' che sono intervenute per tale "periodo" le Associazioni  di
 produttori   che   avevano   tempo   fino   al  31  luglio  1996  per
 l'effettuazione delle compensazioni  tra  associati  prevista  dal  V
 comma dell'art.  5 della legge n. 468/1992.
   Di   talche'   ne  e'  conseguito  che,  per  tale  "periodo",  gli
 splafonamenti individuali che si sono verificati nell'intera  Regione
 Lazio  e  che  non sono stati assorbiti nonostante tale meccanismo di
 compensazione, ammontano soltanto a 105.500  quintali  (pari  ad  "un
 prelievo  supplementare" di circa 8 miliardi di lire) a fronte di una
 produzione complessiva di 4 milioni 900 mila quintali circa.
   Cio' mentre in alcune altre Regioni i produttori hanno  enormemente
 sfondato il complesso delle quote assegnate.
   3.  -  E'  pero'  avvenuto  che  le  disposizioni  del  Regolamento
 comunitario n. 857/1984, cui  ha  fatto  riferimento  il  legislatore
 nazionale   nel  dettare  la  legge  n.  468  del  1992,  sono  state
 rielaborate,  con  effetto  dal  1  aprile   1993,   dal   successivo
 regolamento CEE n. 3950/1992 del 28 dicembre 1992.
   Quest'ultima   fonte   comunitaria  ha  modificato  il  regime  del
 "prelievo supplementare", prevedendo  all'art.  2,  paragrafo  1,  II
 comma,  che  "a  seconda  della  decisione  dello  Stato  membro,  il
 contributo  dei  produttori  al  pagamento  del  prelievo  dovuto  e'
 stabilito,   previa   riassegnazione   o  meno  dei  quantitativi  di
 riferimento  inutilizzati,  a  livello  dell'acquirente  in  base  al
 superamento   sussistente  dopo  la  ripartizione,  proporzionale  ai
 quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore, dei
 quantitativi di riferimento inutilizzati oppure a  livello  nazionale
 in base al superamento del quantitativo di riferimento a disposizione
 di ciascun produttore".
   Poiche', praticamente fino ad oggi, il regime vigente in Italia per
 il  "prelievo  supplementare"  e'  rimasto  fermo  alle  disposizioni
 dell'art. 5  della  legge  n.  468  del  1992,  e'  avvenuto  che  la
 Commissione  europea ha ritenuto con lettera D/771 del 20 maggio 1996
 (e  quindi  a  "periodo"  1  aprile  1995/31  marzo  1996  ampiamente
 concluso)  di  aprire  una  procedura  di  infrazione  nei  confronti
 dell'Italia.
   Detta procedura e' stata aperta perche'  la  Commissione  considera
 non  piu'  ammessa  dall'ordinamento  europeo  la compensazione degli
 esuberi,  e  quindi  del  prelievo  supplementare,  a  livello  delle
 associazioni di produttori.
   La  Commissione  ha  pure richiamato l'attenzione sulla circostanza
 che la vigente normativa comunitaria prevederebbe, ai sensi dell'art.
 2 del Regolamento n. 3950/1992, che "la compensazione delle  consegne
 puo'  essere  operata  esclusivamente  a  livello dell'acquirente o a
 livello nazionale" e che, pertanto,  "la  sfera  di  discrezionalita'
 lasciata agli Stati membri ... e' chiaramente circoscritta e consiste
 nella scelta tra i due suddetti modelli di compensazione.
   4.  -  Di  fronte  all'ingiustizia  ed  infondatezza  dei  richiami
 formulati  dalla  Commissione,  il  Governo   italiano,   invece   di
 contrastare  nelle  opportune sedi comunitarie, anche giudiziarie, le
 argomentazioni poste a fondamento della diffida, ha adottato il d.-l.
 8 agosto 1996, n. 440,  credendo,  in  tale  modo,  di  risolvere  la
 procedura di infrazione comunitaria.
   Infatti,  l'art.  11  del  menzionato decreto-legge ha previsto che
 "con  effetto  dal  periodo  1995-1996  di   regolamentazione   della
 produzione   lattiera,   cessa   l'applicazione  della  procedura  di
 compensazione prevista dall'art. 5, commi 5, 6, 7, 8 e 9, della legge
 26 novembre 1992, n. 468 e gli adempimenti gia' svolti ai sensi delle
 predette disposizioni non hanno effetto" (I comma).
   Detto  art.  11  stabilisce  altresi'  che  "i  versamenti   e   le
 restituzioni  delle  somme  trattenute  dagli  acquirenti a titolo di
 prelievo supplementare, previsti dalla legge 26 novembre 1992, n. 468
 e   successive   modificazioni,    sono    effettuati    a    seguito
 dell'espletamento delle procedure di compensazione nazionale da parte
 dell'AIMA. Sulle somme residue spettanti ai produttori restano dovuti
 gli  interessi  calcolati  al  tasso  legale"  (II  comma) e che "gli
 acquirenti che hanno gia' disposto la  restituzione  delle  somme  ai
 produttori ai sensi dell'art. 5, ottavo comma, della legge n. 468 del
 1992,  procedono  a  nuove  trattenute  nei  confronti dei produttori
 interessati, pari all'ammontare delle somme restituite. Ove cio'  non
 fosse  possibile,  si  applicano  le disposizioni di cui all'art.   7
 della suddetta legge n. 468 del 1992" (III comma).
   Tale atto legislativo e' palesemente illegittimo per i seguenti
                              M o t i v i
   Violazione degli artt. 5, 11, 97, 117,  e  118  della  Costituzione
 anche  con  riferimento  all'art.  12  della legge 23 agosto 1988, n.
 400.
   Violazione del principio di leale cooperazione tra lo  Stato  e  le
 Regioni.
   1.  -  In  primo  luogo  va  rilevato che l'art. 2, paragrafo 1, II
 comma, del regolamento CEE n. 3950  del  Consiglio  del  28  dicembre
 1992,  lascia  allo Stato membro una scelta discrezionale nell'ambito
 della  riassegnazione  dei  quantitativi   di   latte   inutilizzato,
 consentendo  di  scegliere  il  livello  -  "livello dell'acquirente"
 oppure "livello nazionale" - in cui operare la compensazione  fra  le
 maggiori  o  minori  produzioni  consegnate  e,  quindi, stabilire il
 contributo dei produttori al pagamento del  "prelievo  supplementare"
 dovuto.
   Inoltre,   lo   stesso  art.  2  non  esclude  assolutamente  forme
 organizzative per operare la compensazione a "livello nazionale"  con
 l'esclusione    della    partecipazione   regionale.   Partecipazione
 regionale, peraltro, che risulta  perfino  prevista  se  non  imposta
 dalla  legislazione  comunitaria laddove, all'art. 5-quater, I comma,
 del Regolamento n.  804/1968,  come  modificato  dal  Regolamento  n.
 856/1984,  non  abrogato,  sancisce  che  "il  regime del prelievo e'
 attuato in ciascuna regione del territorio degli Stati membri..."
   La discrezionalita' demandata al legislatore  nazionale,  attenendo
 ad  indirizzi  di  politica  generale suscettibili di incidere in una
 materia attribuita alla competenza regionale dagli artt.  117  e  118
 della  Costituzione, avrebbe dovuto essere utilizzata coinvolgendo le
 Regioni - titolari di poteri propri, costituzionalmente  garantiti  -
 di  programmazione e vigilanza nel settore lattiero-caseario, secondo
 quanto previsto dall'art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400.  Del
 resto, la stessa normativa comunitaria, nel disciplinare il regime di
 "prelievo supplementare" a carico dei produttori o  degli  acquirenti
 di  latte,  fa  riferimento alle singole Regioni del territorio degli
 Stati membri (cfr. Corte costituzionale sentenza  n.  520  del  15-28
 dicembre 1995).
   Appare   dunque  costituzionalmente  illegittimo  l'estemporaneo  e
 scarno II comma dell'art. 11 impugnato che si limita a  prevedere  lo
 "espletamento  delle  procedure  di  compensazione nazionale da parte
 dell'AIMA".
   Il  non  avere  previsto  in   questa   procedura   la   necessaria
 partecipazione  delle  Regioni  comporta  che il Governo ha del tutto
 obliterato il ruolo  e  le  competenze  costituzionalmente  garantite
 delle  Regioni, non prevedendo la loro partecipazione al procedimento
 neppure  nella   forma   minimale   del   parere   della   Conferenza
 Stato-Regioni.
   Per  il  vero,  il  procedimento  avrebbe dovuto comportare (in una
 materia cosi' delicata e nella quale  sorgono  necessariamente  netti
 contrasti   tra  le  varie  Regioni:  si  pensi  che  alcune  Regioni
 settentrionali  hanno  avuto  un'enorme   eccedenza   di   produzione
 lattearia e si contrappongono alle altre Regioni, quali il Lazio, che
 non   hanno   superato   complessivamente   le   quote  concesse)  la
 partecipazione al procedimento di tutte le singole Regioni.
   Risulta,  pertanto,  evidente,  anche  per   questa   ragione,   la
 violazione  del  principio  di leale cooperazione nei rapporti tra lo
 Stato e le Regioni che rende necessario, ai  fini  del  rispetto  del
 riparto  delle  competenze  tra  Stato  e  Regioni, il coinvolgimento
 paritario dei due livelli di governo per la gestione dei  settori  di
 comune competenza (Corte costituzionale 25 luglio 1994, n. 338).
   2.  - Va d'altra parte tenuto presente il contenuto provvedimentale
 insito  dell'art.  11  medesimo  nelle   parti   in   cui   determina
 l'automatica   caducazione   di  tutte  le  operazioni  compiute  nel
 "periodo" 1995-1996 ("gli  adempimenti  gia'  svolti  ...  non  hanno
 effetto").
   Tale circostanza evidenzia vieppiu' che le Regioni avrebbero dovuto
 essere  quantomeno  sentite anche nel procedimento per l'adozione del
 decreto-legge impugnato.
   Non essendo stato  acquisito  il  parere  della  Conferenza  per  i
 rapporti  tra  Stato  e  Regioni  deve ritenersi che il decreto-legge
 impugnato  sia  -  pure  per  questa  ragione  -   costituzionalmente
 illegittimo per violazione delle disposizioni costituzionali indicate
 nell'epigrafe del presente motivo, nonche' dell'art. 2 della legge n.
 400/1988.
                                  II
   Violazione degli artt. 3, 5, 116, 117, 118 e 97 della Costituzione.
   Violazione degli artt. 3 e 50 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
   Violazione art. 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
   1.  -  Deve  essere  pure  denunciata  l'assoluta  incongruita'  ed
 illogicita' del  meccanismo  di  compensazione  a  livello  nazionale
 previsto dal II comma del l'art. 11 del decreto-legge n. 440/1996.
   La compensazione effettuata dall'AIMA a livello nazionale penalizza
 fortissimamente,  ingiustamente  ed  illogicamente proprio le Regioni
 piu' meritevoli, ripartendo con esse  il  surplus  causato  da  altre
 Regioni.
   In  altre  parole,  vengono  sacrificati  i  produttori lattieri di
 quelle Regioni che hanno svolto - nell'ambito delle loro attribuzioni
 istituzionali in materia agricola e di sviluppo economico - programmi
 di razionalizzazione e di ristrutturazione delle aziende di  settore.
 Programmi  ed interventi che restano sostanzialmente privi di effetti
 o comunque sono in buona parte  vanificati,  per  quanto  attiene  al
 prelievo  supplementare,  in  quanto  la compensazione nazionale come
 prevista dal decreto-legge impugnato ripartisce tale prelievo in modo
 paritetico tra le varie Regioni.
   2. - Il meccanismo  "secco"  della  compensazione  dei  prelievi  a
 livello   nazionale,  determina  altresi'  una  grave  disparita'  di
 trattamento dei singoli produttori di latte, laddove essi si  vengono
 a  trovare  artificiosamente  "parificati" in un coacervo complessivo
 nazionale di compensazione. Cio' mentre sarebbe bastato, ad  esempio,
 applicare    il    meccanismo    della   compensazione   a   "livello
 dell'acquirente",  previsto  espressamente  dal  Regolamento  CEE  n.
 3950/1992 per evitare la violazione dell'art. 3 della Costituzione.
                                  III
   Violazione  degli  artt.  5,  117 e 118 della Costituzione, nonche'
 dell'art. 11 della Costituzione per violazione dell'art. 2, paragrafo
 1, II comma, del regolamento CEE n. 3950/1992 del  28  dicembre  1992
 nonche'  dell'art.  5-quater,  paragrafo 1, II comma, del regolamento
 CEE n. 856/1984 del 31 marzo 1984.
   Il meccanismo di compensazione a livello nazionale  affrettatamente
 introdotto  dal  decreto-legge  n. 440/1996 non rispetta, in realta',
 neppure  la  voluntas  espressa  dal  legislatore  comunitario   come
 evidenziata, in particolare, nelle disposizioni indicate in epigrafe.
   In   effetti,   la   normativa   comunitaria   ha  sempre  ritenuto
 preferenziale  la  valorizzazione  della  dimensione  regionale  come
 unita'  operativa degli interventi dettati allo Stato nello specifico
 settore.
   Tale preferenza ha ricevuto per lo specifico ambito  del  "prelievo
 supplementare"  l'espresso  riconoscimento  di cui all'art. 5-quater,
 paragrafo 1 del Regolamento n. 856/1984, che e' tutt'oggi in vigore.
   Cio'  significa  che  la  previsione  normativa  comunitaria  di un
 "ivello nazionale"  di  compensazione  non  esclude,  anzi,  da'  per
 scontato   che   il   meccanismo  stesso  debba  tenere  presente  la
 ripartizione del territorio statale in regioni, potendo queste ultime
 valere come bacini da tenere presenti nella complessiva  ponderazione
 a livello nazionale.
   Numerose   regioni   italiane   hanno  fatto  presente  al  Governo
 l'assoluta necessita' di prevedere una  siffatta  strutturazione  del
 meccanismo  di  compensazione a livello nazionale, che si articoli in
 primo  luogo  sulla  base  di  bacini  regionali,   derivanti   dalla
 sommatoria  delle  quote  individuali  assegnate  ai produttori delle
 singole regioni.
   Di talche' l'affrettata e pertanto errata  scelta  governativa  che
 configura  il  sistema  di compensazione a "livello nazionale" con un
 bacino  unico  e   non   differenziato   "cancella   totalmente"   la
 configurazione  regionale  dello  Stato  italiano  e viola perfino le
 disposizioni comunitarie indicate in epigrafe.
                                  IV
   Violazione dell'art. 3, 97, 117 e 118 della Costituzione.
   Particolarmente irrazionale ed illegittima  si  denota  la  portata
 retroattiva  della  disposizione  impugnata  che  lede  le  posizioni
 soggettive piene consolidate acquisite  dai  produttori,  siano  essi
 associati che singoli.
   Nel  contempo viene pure vanificata la programmazione regionale nel
 settore.
   Il decreto-legge, emanato l'8 agosto 1996, da' infatti disposizioni
 da applicare in relazione  alla  campagna  di  produzione  1995/1996,
 chiusa  il  31  marzo  1996.  Da  sottolineare infatti che le aziende
 agricole hanno fatto conto, per determinare il livello da raggiungere
 con la propria produzione lattiera,  sulle  indicazioni  previsionali
 date dalle proprie associazioni che, in vigenza dei commi dell'art. 5
 della  legge n. 468/1992 la cui applicabilita' e' stata fatta cessare
 dal  decreto  (compensazioni  per  associazione),  potevano  valutare
 anticipatamente,  anche  in  virtu'  dei  compiti  e  degli  obblighi
 operativi sanciti dal Regolamento CEE n. 1360/1978,  il  monte  quote
 non  utilizzato da trasferire in compensazione. In sintesi, in virtu'
 della  propria  retroattivita',  il  decreto  interviene  in  maniera
 fortemente  peggiorativa  su  decisioni  attuate  sulla base di norme
 vigenti al momento dell'assunzione di  dette  decisioni,  ledendo  in
 maniera sostanziale il principio di libera imprenditorialita'.
                                   V
   Violazione dell'art. 3 della Costituzione sotto altro profilo.
   1.  -  Il provvedimento legislativo impugnato e' pure evidentemente
 viziato  per  sviamento  di  potere  legislativo,  irrazionalita'  ed
 incongruita' con i fini esplicitamente perseguiti dal legislatore.
   Deve,   infatti,   essere  tenuto  presente  che  il  provvedimento
 legislativo, adottato d'urgenza dal  Governo,  e'  stato  palesemente
 mirato  -  per  quanto  concerne  l'art. 11 impugnato - a superare la
 procedura  di  infrazione  recentemente  avviata  dalla   Commissione
 europea  in  ragione della pretesa illegittimita' (dal punto di vista
 comunitario) del procedimento di compensazione previsto  dalla  parte
 dell'art.  5  della legge n. 468 del 1992 che e' stata inopinatamente
 abrogata.
   Orbene,  non  sembra  proprio  che  il  decreto-legge  -  nella sua
 illegittima formulazione - sia il necessario e logico  strumento  per
 superare la contestazione europea.
   In effetti la pretesa lesione del regolamento n. 3950/1992, ove mai
 sussistente,  pendeva  sin  dalla  data  di decorrenza del vigore del
 regolamento stesso, ossia dal 1 marzo 1993.
   L'intervento correttivo apportato  oggi  dal  Governo  e'  comunque
 tardivo.
   Tale  circostanza  non  solo  denota  l'assoluta  irrilevanza di un
 eventuale  richiamo  all'urgenza  per  giustificare  la  lesione  dei
 principi  costituzionali  denunciata  nei  motivi  che  precedono, ma
 dimostra   come   l'adozione,   sin    dal    "periodo"    1995-1996,
 dell'affrettato  ed  incongruo  decreto-legge - provvedimento sia, in
 realta', inutile.
   Sarebbe infatti bastata l'approvazione  di  un  decreto-legge,  ben
 piu'  meditato  e  anche  con  decorrenza  sin  dal  prossimo periodo
 1996-1997 per presentare alla Comunita' europea l'accettazione  delle
 sue contestazioni e per transigere l'insorgente contenzioso.
   2.   -  D'altra  parte  l'intempestiva  formulazione  dell'art.  11
 contestata, va ben al di la'  delle  richieste  comunitarie  che  non
 hanno  mai imposto il solo "livello nazionale" per la compensazione e
 tanto meno un "livello  nazionale"  che  sacrifichi  il  ruolo  delle
 regioni italiane e le loro attribuzioni costituzionalmente garantite.
   Il  decreto-legge n. 440/1996 contrasta non solo con il regolamento
 n.  3950/1992  del  Consiglio,  laddove,  al  secondo   considerando,
 evidenzia  che la nuova regolamentazione intende "rispettare esigenze
 di semplicita' e chiarezza atte a garantire la certezza giuridica dei
 produttori  e  degli  altri  operatori  economici",  ma   soprattutto
 contrasta (e in tal senso la competenza a sindacare e' di certo della
 Corte  costituzionale  -  sentenza  C.C.  n. 286/1986) con i principi
 fondamentali dell'ordinamento comunitario che,  agli  articoli  38  e
 seguenti del Trattato di Roma del 25 marzo 1957, come successivamente
 modificato,  delineano  le  finalita'  e  le modalita' della politica
 agricola comune.
   La  prima  finalita'  della  politica   agricola   comune   e'   di
 "incrementare  la  produttivita'  dell'agricoltura ... assicurando lo
 sviluppo razionale della produzione agricola", mentre  l'elaborazione
 della  stessa politica dovra' considerare le "disparita' strutturali"
 e naturali fra le  diverse  regioni  agricole  e  "la  necessita'  di
 operare  gradatamente gli opportuni adattamenti" (v. art. 39 Trattato
 di Roma, come modificato).  E' evidente che la normativa  retroattiva
 del  decreto-legge penalizza ogni sviluppo razionale perseguito dalle
 aziende agricole e penalizza altresi' la dimensione  regionale  delle
 attivita' produttive agricole.
   D'altra  parte  il  meccanismo  introdotto  dall'art. 11, II comma,
 impugnato, non risolve ed  anzi  aggrava  il  paventato  ritardo  dei
 versamenti del prelievo straordinario al FEAOG.
   2.  - Ne deve mancarsi di osservare come del tutto illogicamente il
 Governo italiano abbia improvvisamente ed immotivatamente  rinunciato
 a  fare  valere  le proprie ragioni, contestando nelle opportune sedi
 comunitarie le osservazioni della Commissione europea e  sacrificando
 senz'altra  motivazione  le  attribuzioni  delle proprie ragioni e le
 posizioni dei singoli produttori italiani.
   Cio'  mentre,  per  addivenire  ad  un accordo in sede comunitaria,
 sarebbe bastato - oltre alla introduzione di correttivi alla legge n.
 468 del 1992 per i futuri "periodi"  -  sanare  le  attivita'  finora
 svolte  per  il  periodo  1995-1996  in base a tale legge, eliminando
 buona parte dei rischi paventati dalla Commissione  europea  (sarebbe
 bastato  ad  esempio  lo svolgimento di una verifica per garantire la
 trasparenza delle compensazioni  all'interno  delle  Associazioni  di
 produttori  e  l'accelerazione  delle procedure per il versamento del
 "prelievo supplementare" al FEAOG).
   3. - Ne', infine,  va  tralasciato  che  la  normativa  comunitaria
 consente  anche  la  scelta degli Stati membri per la compensazione a
 "livello dei produttori" una scelta questa che non  comporterebbe  la
 lesione delle prerogative regionali.
   E' quindi palese lo sviamento di potere legislativo denunciato.