Ricorso della regione del Veneto in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale e legale rappresentante pro-tempore, on. dott. Giancarlo Galan, rappresentata e difesa, come da delega a margine del presente atto, ed in virtu' di deliberazione di giunta regionale n. 4066 del 10 settembre 1996 di autorizzazione a stare in giudizio, dagli avv. proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani e dall'avv. Romano Morra, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del d.-l. 8 agosto 1996, n. 440, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale serie generale, n. 199, del 26 agosto 1996, "Differimento di termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi in campo economico e sociale" (All. 1), quanto all'art. 11, rubricato "Regime comunitario di produzione lattiera", comma 1, nella parte in cui si dispone la cessazione dell'applicazione della procedura di compensazione a livello provinciale di cui all'art. 5, commi 5-9, della legge n. 468/1992; comma 2, nella parte in cui si prescrive che versamenti e restituzioni delle somme trattenute dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare siano effettuati a seguito di compensazione nazionale da parte dell'AIMA, e comma 3, in cui si disciplina in via consequenziale la nuova trattenuta degli acquirenti nei confronti dei produttori interessati, ove i primi abbiano gia' disposto la restituzione delle somme ai produttori ai sensi dell'art. 5, comma 8, della legge n. 468/1992, ovvero, in caso di impossibilita' di operare in tal senso, l'applicazione dell'art. 7 della stessa legge n. 468/1992. 1. - Il regime delle c.d. quote latte, finalizzato al contenimento della produzione, da anni eccedente nel mercato europeo, e' stato introdotto in Italia, dopo lungo contenzioso circa l'effettiva entita' della produzione interna e la irrogazione delle relative sanzioni comunitarie, dalla legge 26 novembre 1992, n. 468. Tale testo normativo, dopo avere demandato all'art. 2, comma 2, la redazione di elenchi dei produttori titolari di quota e la loro pubblicazione in appositi bollettini all'Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA), all'art. 2, comma 2, limitatamente ai produttori di associazioni aderenti alla UNALAT, dispone la articolazione della quota i due parti: l'una (A), commisurata alla produzione di latte commercializzata nel periodo 1988-1989; l'altra (B), rapportata alla maggiore produzione commercializzata nel periodo 1991-1992. Poiche' peraltro il regolamento CEE del Consiglio n. 804/68, del 27 giugno 1968, contemplava la periodica rideterminazione delle quote nazionali spettanti all'Italia, i commi 6-8 dello stesso art. 2 assegnavano alle Regioni il compito di vigilare sulla effettiva produzione dei singoli operatori e di comunicare all'AIMA per l'aggiornamento del bollettino le eventuali situazioni di quota asseganata superiore a quella effettiva, e al Ministro dell'agricoltura e foreste, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e sentite le organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, in caso di eccedenza delle quantita' attribuite ai produttori alla stregua dei commi 2 e 3 rispetto alle quote nazionali individuate in sede comunitaria, di stabilire con proprio decreto i criteri generali per il pieno allineamento con le quote nazionali nell'arco di un triennio. Lo stesso comma 8 imponeva che, con riferimento alle riduzioni obbligatorie della quota B, si tenesse conto "dell'esigenza di mantenere nelle aree di montagna e svantaggiate la maggior quantita' di produazione lattiera". 2. - Il d.-l. 23 dicembre 1994, n. 727, poi convertito con modificazioni in legge 24 febbraio 1995, n. 46 ha poi operato la riduzione delle quote B per singolo poduttore, con l'esclusione degli operatori delle stalle ubicate nelle zone montane di cui alla direttiva del Consiglio CEE 75/268 del 28 aprile 1975, da effettuarsi entro il 31 marzo 1995, con operativita' dalla campagna 1995-1996. La legge di conversione n. 45/1995 ha innovato il decreto come segue: a) ha previsto (art. 2, primo comma, lett. O. a)) la riduzione della quota A non in produzione, almeno qualora essa ecceda il 50% della quota A attribuita; b) dopo avere confermato la riduzione della quota B (lett. a)), ha escluso (lett. b)) da entrambe le riduzioni i produttori non solo titolari di stalle ubicate in zone di montagna, ma anche quelli operanti "nelle zone svantaggiate e ad esse equiparate nonche' nelle isole"; c) ha consentito (art. 2, comma 2-bis) che i produttori che abbiano ottenuto, anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 468/1992, l'approvazione di un piano di sviluppo o di miglioramento zootecnico da parte della Regione e che lo abbiano realizzato, possono chiedere la assegnazione di una quota corrispondente all'obiettivo di produzione indicato nel piano medesimo, in sostituzione delle quote A e B. Piu' in generale il decreto-legge n. 727/1994 e la legge n. 46/1995 hanno soppresso la previa consultazione della Conferenza tra Stato e Regioni, rimettendo l'istruttoria e la predisposizione del piano di rientro esclusivamente all'istanza ministeriale. Inoltre, la normativa ha introdotto un meccanismo di autocertificazione delle produzioni, in base al quale gli acquirenti sono autorizzati a considerare i quantitativi autocertificati dai produttori. 3. - La legge n. 46/1995 i nsieme con il decreto-legge convertito veniva impugnata dalla regione del Veneto con ricorso rubricato 23/1995 (all. 2), con allegazione di numerosi profili di incostituzionalita'. Codesta eccellentissima Corte, a seguito di discussione nella pubblica udienza del 23 novembre 1995, con decisione n. 520 del 28 dicembre 1995 accoglieva il predetto ricorso, in una con quello presentato dalla regione Lombardia e rubricato con n.r.g. 22/1995, sotto il profilo della incostituzionalita' dell'art. 2, comma 1, della legge, nella parte in cui non vi si contemplava il parere delle Regioni interessate nel procedimento di riduzione delle quote individuati spettanti ai produttori di latte bovino. 4. - Il Governo e' poi intervenuto nuovamente con la decretazione di urgenza nel delicato settore de quo, adottando prima il d.-l. 15 marzo 1996, n. 124 e poi, reiterando il primo, adottando il d.-l. 16 maggio 1996, n. 260, impugnati con ricorsi n.r.g. 18 e 27/96, pendenti avanti la ecc.ma Corte per la decisione, e infine con il decreto-legge n. 353/1996. Quest'ultimo in specie: a) demanda all'AIMA, entro il 31 marzo 1996, questa volta "Acquisito da parte del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali il parere del Comitato permanente delle politiche agroalimentari e forestali", la pubblicazione di un bollettino di aggiornamento degli elenchi dei produttori titolari di quota e dei quantitativi loro spettanti delle quote latte 1995-1996 (art. 2, comma 1); b) stabilisce che, ai fini della trattenuta e del versamento del prelievo supplementare per il 1995-1996, gli acquirenti siano tenuti all'osservanza delle risultanze del predetto bollettino di aggiornamento (art. 2, comma 4); c) sospende sino al 31 marzo 1997 l'efficacia dell'art. 2-bis del decreto-legge n. 727/1994 convertito con modificazioni in legge n. 46/1995 (art. 2, comma 2); d) detta disposizioni sulla tutela in via amministrativa dei produttori avverso le determinazioni del predetto bollettino di aggiornamento (art. 2, comma 3). Il decreto-legge n. 353 e' stato impugnato dalla regione Lombardia con ricorso in data 29 luglio 1996. 5. - Senza attendere la scadenza del decreto-legge n. 353, il Governo ha ora fatto ulteriormente ricorso alla decretazione di urgenza (sempre in assenza dei presupposti costituzionalmente prescritti), dettando la disciplina contenuta nell'art.11 del decreto-legge n. 440/1996, inserita inun contesto eterogeneo, il cui minimo comune denominatore si fatica a ravvisare in non meglio specificati "interventi in campo economico e sociale". Il nuovo decreto-legge integra il precedente, senza abrogarlo del tutto, ma limitandosi a sopprimere, a partire dal "periodo 1995-1996 di regolamentazione della produzione lattiera" (rectius, probabilmente, dalla campagna 1995-1996, e dunque retroattivamente, atteso che nel regime comunitario la campagna produttiva non coincide con l'anno solare, ma va dal 1 aprile al 31 marzo) la procedura di compensazione di cui all'art. 5, commi 5-9, della legge n. 468/1992, con conseguente inefficacia (del pari retroattiva) degli adempimenti gia' svolti in base alla normativa abrogata anche per la stagione conclusa (comma 1 dell'art. 11). Il comma 2 dell'art. 11 dispone poi che i versamenti e le restituzioni delle somme trattenute dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare "sono effettuati a seguito delle procedure di compensazione nazionale da parte dell'A.I.M.A.": in altre parole, la compensazione avra' luogo d'ora innanzi in unica operazione, in sede nazionale, senza alcuna preliminare compensazione a livello regionale. Infine, il comma 3 prescrive che, ove, in esito a compensazioni gia' effettuate a livello provinciale, gli acquirenti avessero gia' provveduto al rimborso ai produttori alla stregua dell'abrogato art. 5, comma 8, della legge n. 468/1992, facciano luogo a nuove trattenute, salva, in caso di impossibilita', l'applicazione dell'art. 7 della legge n. 468/1992 (Misure urgenti nel settore lattiero-caseario). Anche la nuova disciplina adottata in via d'urgenza e' tuttavia illegittima per i seguenti M o t i v i Occorre in limine rilevare che con il presente ricorso viene impugnato un decreto-legge, atto provvisorio con forza di legge ai sensi dell'art. 77 della Costituzione. Non e' dato, allo stato, divinare il futuro delle previsioni normative in esso contenute: non si puo', cioe', antivedere se l'atto verra' convertito in legge, se in mancanza di conversione vi sara' sanatoria degli effetti comunque prodotti medio tempore, oppure se il decreto decadra' senza alcun ulteriore intervento. E' dunque necessario sin d'ora richiedere che, nell'eventualita' della sanatoria del decreto non convertito, le questioni di costituzionalita' sollevate con il presente ricorso vengano trasferite, conformemente al principio fissato dalla sentenza n. 84/1996, sulla legge di sanatoria. Analogo trasferimento si richiede, peraltro, nell'eventualita' che il decreto venga semplicemente reiterato, conformemente a quanto codesta ecc.ma Corte ha stabilito con le decisioni nn. 130 e 197 del 1996 e da ultimo ancora con la sentenza n. 270 del 1996. 1. - Nel merito, si deve, in primo luogo, rilevare che l'imputato provvedimento legislativo (asseritamente) d'urgenza utilizza nuovamente, come gia' accadde per altri precedenti, analoghi interventi essi pure (asseritamente) d'urgenza, la "tecnica" della previsione di effetti retroattivi delle nuove disposizioni introdotte nella materia della produzione lattiera. Tanto, infatti, e' gia' avvenuto con i decreti-legge nn. 124, 260 e 353 del 1996, che hanno completamente stravolto la disciplina dei bollettini cui i produttori debbono fare riferimento per dimensionare la propria attivita', incidendo su una campagna di produzione del latte gia' conclusa. Tali illegittimi interventi retroattivi sono stati gia' censurati dalla ricorrente innanzi a codesta ecc.ma Corte costituzionale, che deve tuttora pronunziarsi sui relativi ricorsi. Oggi, il Governo ha nuovamente adottato lo strumento della decretazione d'urgenza per incidere, un'altra volta, su una campagna di produzione del latte gia' conclusa. Oggi come allora, dunque, valgono i seguenti rilievi: a) L'applicazione della procedura di compensazione prevista dall'art. 5, commi 5, 6, 7, 8 e 9 della legge 26 novembre 1992, n. 468 viene fatta cessare "con effetto dal periodo 1995-1996 di regolamentazione della produzione lattiera" (art. 11, comma 1, del decreto impugnato). Poiche' la campagna di produzione lattiera, pero', va dal 1 aprile al 31 marzo, e' evidente che la nuova normativa e' non gia' parzialmente, ma totalmente retroattiva; b) In questo modo si determina una pluralita' di violazioni delle menzionate previsioni costituzionali. Anzitutto, viene violato, in una con gli artt. 117 e 118 della Costituzione (che definiscono l'ambito di attribuzioni delle Regioni) e con l'art. 41 (che impone il controllo e l'indirizzo della produzione privata a fini sociali), l'art. 11 della Costituzione, atteso che la ricordata scansione temporale delle campagne di produzione del latte e' fissata dal Regolamento CEE n. 804/1988. Disciplinare retroattivamente, a campagna da tempo conclusa, le posizioni individuali dei singoli produttori significa violare la lettera e lo spirito della normativa comunitaria. Questa, infatti, prevedendo una data periodizzazione delle campagne di produzione del latte, intende far si' che si realizzi una gestione corretta e programmata della produzione lattiera medesima, che deve essere calibrata proprio su detta periodizzazione. Sconvolgimenti a posteriori della disciplina di settore come quello determinato dalle disposizioni impugnate sono dunque radicalmente contrari alla normativa comunitaria (e conseguentemente all'ordine costituzionale dei rapporti fra Stato e Regioni, che quella normativa contribuisce a definire). E' proprio allo scopo di assicurare quella corretta e programmata gestione, del resto, che la legge n. 468/1992 aveva previsto in via generale un articolato sistema di compensazione, che ora viene travolto e stravolto dalle disposizioni impugnate; c) Si prevede addirittura che "non hanno effetto" gli "adempimenti gia' svolti" ai sensi della legge n. 468 del 1992, determinando cosi' il travolgimento di tutti gli atti volti a far valere il regime ordinario della compensazione; d) I versamenti e le restituzioni delle somme trattenute dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare sono rinviati a dopo la compensazione nazionale da parte dell'AIMA, pretermettendosi cosi' del tutto il livello regionale. La soppressione del livello provinciale di compensazione, non sostituito da alcuna istanza regionale, non solo opera l'ennesimo by-pass del governo regionale, ma reca ancor piu' grave pregiudizio agli interessi degli agricoltori della regione ricorrente - piu' si innalza infatti, il livello della compensazione, meno e' probabile che le eccedenze locali possono trovare aggiustamento e compensazione senza danno per la produzione complessiva a livello provinciale e regionale - e, in modo non indiretto ne' riflesso ma (come rilevo' gia' la sentenza n. 520 del 1995) immediato, all'interesse stesso della regione ricorrente ad esercitare le proprie potesta' programmatorie del settore. Si rifletta invece su come sarebbe piu' semplice e snello il procedimento di compensazione se esso fosse affidato alle Regioni, come livello di programmazione e come Enti. Ciascuna opererebbe per proprio conto e dovrebbe garantire risultati che in sede nazionale avrebbero al massimo bisogno di essere coordinati. Si badi: imboccare tale strada non sarebbe meramente opportuno o conveniente (cio' che puo' non rilevare nel giudizio di costituzionalita'), ma e' costituzionalmente necessario, per porre rimedio ad una situazione ormai paradossale, che vede interventi normativi del Governo, adottati a fini correttivi, determinare illegittimita' ed incoerenze ancor piu' gravi e palesi di quelle pregresse, cui si sarebbe voluto, nelle intenzioni, rimediare; e) Si prevede, infine, che nel caso la restituzione delle somme ai produttori sia gia' intervenuta, gli acquirenti debbano procedere a nuove trattenute, anche qui arrecando illegittimo e retroattivo pregiudizio alla coerenza del governo regionale del settore. Sotto tutti i profili di cui sopra, violati, dunque, sono, in una con l'art. 41, gli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, perche' le regioni - cui pure, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha riconosciuto un ruolo preminente in questo settore - sono totalmente spossessate delle loro attribuzioni programmatorie, in seguito all'applicazione radicale retroattiva della nuova disciplina. 3. - Violato, altresi', e' l'art. 77, in riferimento agli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione. Infatti ove al decreto impugnato fosse stata davvero sottesa un'urgenza, questa non avrebbe potuto che stare nell'intenzione di determinare effetti retroattivi su di una campagna di produzione lattiera gia' da tempo conclusa: proprio questa, e non altra, e' infatti la conseguenza della previsione normativa qui censurata. Cio', pero', in aperta violazione della Costituzione e delle norme interposte che ne integrano le previsioni (in particolare, del menzionato Regolamento CEE n. 804/1968 e della legge n, 468/1992), perche' - come si e' rilevato - la disciplina retroattiva della campagna 1995-1996 ha leso le attribuzioni regionali e violato i precetti comunitari. Se urgenza davvero vi era, dunque, era un'urgenza incostituzionale, e percio' non assumibile quale legittimo fondamento dell'uso di un potere di decretazione d'urgenza. Va del resto considerato che le Regioni vengono illegittimamente spossessate di specifiche competenze loro riconosciute dalla legge n. 468 del 1992 (cfr., in particolare, gli artt. 8, comma 1, e 11, comma 5), che invero non hanno piu' alcun senso una volta che l'originario meccanismo della compensazione e' stato radicalmente cancellato. Cio', pero', in forza di un decreto-legge, e cioe' di un atto che - come traspare dalla piu' recente giurisprudenza costituzionale - e' privo di quelle caratteristiche di stabilita' che dovrebbero assistere gli interventi normativi destinati ad incidere sui rapporti fra enti dotati di competenze costituzionalmente garantite.